Per rendersi conto dell’enormità di quanto sta accadendo nel mondo ortodosso russo occorre prima di tutto ricostruirne sommariamente la mappa religiosa dell’Ucraina. Dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia il Patriarcato Ecumenico ortodosso di Costantinopoli ha concluso una lunga istruttoria e riconosciuto l’autocefalia della Chiesa ortodossa in Ucraina. Questo significa che gli ortodossi in Ucraina non dipendono più dal patriarcato di Mosca. La decisione è stata respinta da Mosca, che ha rotto ogni relazione ecclesiastica non solo con Costantinopoli ma con tutte le Chiese ortodosse che hanno riconosciuto la sua decisione. Mosca ha così conservato un suo arcivescovo a Kiev e numerosi vescovi ortodossi, ma a differenza degli altri fedeli a Mosca. Vladimir Putin ha fatto riferimento a questa decisione, sostenendo che gli ortodossi russi fedeli a Mosca sono perseguitati e difenderli è lo scopo della sua azione militare in Ucraina.
Secondo i dati ufficiali il 6% degli ortodossi ucraini frequenta la Chiesa ortodossa fedele a Mosca, ma questo dato per molti non è corretto e lo portano al 15%, altre fonti al 20%. Nel complesso il 60% della popolazione ucraina è ortodossa. Il rimanente 40% è costituto soprattutto da cattolici e poi da numerose denominazioni protestanti.
La posizione più delicata e importante è ovviamente quella della Chiesa ortodossa che in Ucraina è rimasta fedele a Mosca, mentre quella autocefala con i cattolici è chiaramente su posizioni di separazione e divergenza da Mosca. Ebbene proprio dalla prima arriva ora una posizione tanto chiara quanto sorprendente: in un suo comunicato di queste ore il metropolita di Kiev di questa Chiesa ha chiesto alle altre Chiese ucraine di mettere da parte le loro differenze e difendere tuti insieme il Paese “dall’invasore”. L’arcivescovo Onofrio, metropolita di Kiev e primate della Chiesa ortodossa russa fedele a Mosca in Ucraina, ha diffuso un comunicato nel quale afferma che Putin sta ripetendo lo stesso peccato di Caino. E nel comunicato ufficiale in effetti si parla di “guerra fratricida”. Il comunicato ufficiale della Chiesa ortodossa ucraina fedele a Mosca afferma che “purtroppo la Russia ha iniziato azioni militari contro l’Ucraina: in questo momento fatidico vi prego di non farvi prendere dal panico, di essere coraggiosi, di dimostrare amore per la patria e amore vicendevole. In questo momento tragico, esprimiamo amore speciale per i nostri soldati, posti a guardia, protezione e difesa della nostra terra e del nostro popolo”.
Tutto questo è di evidente enormità se si considera che il patriarca di Mosca, Kirill, nella sua unica dichiarazione ufficiale, non ha condannato l’invasione del Paese, limitandosi a chiedere di evitare vittime civili. Questa visione per cui esiste solo la Russia, un unico popolo che si vuole separare artificialmente, si basa su una visione che ha al suo cuore l’idea di una Chiesa etnica. E’ questa idea che fonda l’incontro tra potere spirituale e potere spirituale. La mancanza di distinzione tra Chiesa ed etno-nazionalismo è la specificità ecclesiale moscovita.
Per questo è ancor più sorprendente e preoccupante per il patriarca moscovita Kirill il testo firmato da 233 preti ortodossi russi pubblicato ieri, mercoledì delle ceneri, dal portale vaticano Vatican News. Il servizio del portale vaticano pone in evidenza, subito, questa frase: “Piangiamo il calvario a cui nostri fratelli e sorelle in Ucraina sono stati immeritatamente sottoposti.” Prima la citazione di Caino, qui del calvario. Non manca l’espressione di guerra fratricida, ma ancor di più queste parole al riguardo del Giudizio Universale: “Nessuna autorità terrena, nessun medico, nessuna guardia ci proteggerà da questo giudizio. Preoccupati per la salvezza di ogni persona che si considera un figlio della Chiesa ortodossa russa, non vogliamo che arrivi a questo giudizio, portando il pesante fardello delle maledizioni materne. Ricordiamo che il sangue di Cristo, versato dal Salvatore per la vita del mondo, sarà ricevuto nel sacramento della Comunione da coloro che danno ordini omicidi, non per la vita, ma per il tormento eterno.”
Aggiunge il sito della Santa Sede: “In attesa della Domenica del Perdono, i 233 sacerdoti e i diaconi della Chiesa ortodossa russa ricordano che “le porte del cielo saranno aperte a tutti, anche a coloro che hanno peccato pesantemente, se chiederanno perdono a coloro che hanno disprezzato, insultato o ucciso per mano loro o per loro volere.”
I numeri possono essere esigui: 233 preti per la Chiesa ortodossa russa non saranno un corpo d’armata, ma 233 preti del patriarcato ortodosso di Mosca e di tutte le Russie che si esprimono così pubblicamente e tramite il portale informativo vaticano è un fatto enorme. Il Vaticano è definito di solito “compiacente” con Mosca, e anche comprensibilmente visto il pericolo culturale di uno strappo che non pregiudicherebbe solo le relazioni ecumeniche ma che potrebbe anche acuire il nazionalismo ecclesiale di Mosca. La scelta di pubblicare con evidenza questo documento dà il senso di una preoccupazione. Questa preoccupazione è indurre Mosca a capire, a rendersi conto che il rischio è per il cristianesimo in Russia, per la sua anima e la sua fede. Pubblicando il documento del dissenso Roma ha inteso aiutare Mosca a ritornare all’essenza della sua fede, non a tutelare i cattolici ucraini.
Foto: Una messa ortodossa nella Cattedrale dell’Ascensione di Novosibirsk, in Russia (Alexandr Kryazhev / Sputnik via AFP)
Il peccato originale delle chiese ortodosse è l’autocefalia, che conduce irrimediabilmente ogni chiesa a confondersi con lo Stato e a essere più etnica che universale.