Effetto-Blinken in Medio Oriente.
Ora l’Anp spera in una nuova linea Usa

A Ramallah si ricomincia a respirare. E dalle parti della Muqata, il quartiere generale dell’Autorità nazionale palestinese (Anp) è iniziato il conto alla rovescia, che si concluderà il 20 gennaio 2021, quando il presidente eletto degli Stati Uniti d’America, Joe Biden, diverrà ufficialmente il 46mo presidente degli USA. In attesa di quel fatidico giorno, che segnerà la fine della funesta presidenza Trump, la dirigenza palestinese è impegnata a riallacciare i fili con Washington.

Alti funzionari dell’Anp hanno iniziato i colloqui con i collaboratori di Biden, Lo hanno confermato ad Haaretz diplomatici occidentali che ne hanno avuto confidenza dai loro omologhi palestinesi. Secondo i diplomatici che hanno parlato con il giornale israeliano, si stanno gettando le basi per una conversazione telefonica tra Biden e il presidente dell’Anp, Mahmoud Abbas, dopo che lunedì il presidente eletto americano ha avuto un colloquio telefonico con il re di Giordania Abdullah II. Il vice-capo di Fatah, Mahmoud Alalul, ha confermato che la leadership dell’Autorità palestinese è giunta a diverse intese con lo staff di Biden sulle varie decisioni prese dall’amministrazione Trump sul conflitto israelo-palestinese.

Alalul, considerato uno dei fedelissimi di Abbas, ha detto a radio Voice of Palestine che le intese riguardano la definizione dei prodotti degli insediamenti così fossero “made in Israel” – l’ultimo cadeau a Netanyahu consegnato dal segretario di Stato uscente, Mike Pompeo, nel suo recente, e ultimo, tour diplomatico nello Stato ebraico, e il riconoscimento dei nati a Gerusalemme Est come israeliani.  Allo stesso tempo, Alalul ha descritto Trump come un animale ferito ed ha espresso preoccupazione per le mosse diplomatiche che l’amministrazione uscente potrebbe fare. “Non vogliamo essere precipitosi”, ha aggiunto. “Dobbiamo aspettare che passi la pandemia dell’amministrazione Trump”.

Lo stesso Abbas si era affrettato a congratularsi  con Biden e Kamala Harris per la loro vittoria. Il presidente palestinese ha espresso “la sua aspirazione a lavorare con Biden e la sua amministrazione al fine di rafforzare le relazioni palestinesi-americane e per ottenere libertà, indipendenza, giustizia e dignità per il nostro popolo, nonché per lavorare per la pace, la stabilità e la sicurezza per tutti nella nostra regione e nel mondo”.

Il ministro degli Esteri palestinese Riyad al-Maliki ha descritto l’elezione di Biden come una finestra di opportunità, che l’Anp intende utilizzare per voltare pagina nei rapporti con gli Stati Uniti. In questo contesto, l’ufficio di Abbas ha espresso soddisfazione per la nomina di Anthony Blinken a segretario di Stato americano. Durante l’amministrazione Obama, Blinken è stato il consigliere per la Sicurezza nazionale del Vice Presidente Biden e sottosegretario al Dipartimento di Stato quando a guidare la diplomazia statunitense era John Kerry. Fonti di Ramallah hanno descritto Blinken come “un uomo che sa il fatto suo e conosce i dettagli del conflitto”. La leadership palestinese si è anche rallegrata del fatto che Biden abbia nominato Reema Dodin, figlia di immigrati palestinesi, tra i suoi collaboratori. Una fonte dell’Anp ha parlato di Dodin come di una donna “legata alle sue radici”.

Il primo ministro dell’Anp Mohammad Shtayyeh ha detto lunedì che, secondo gli accordi con Israele, Gerusalemme deve congelare la costruzione degli insediamenti, rilasciare i prigionieri e permettere all’Autorità palestinese di aprire le sue istituzioni a Gerusalemme Est. Shtayyeh ha aggiunto che le intese porterebbero al trasferimento delle tasse che Israele riscuote per l’Anp, che le permetterà di pagare gli stipendi, pagare i debiti e incanalare il denaro nel sistema sanitario. Un appello al presidente eletto Joe Biden affinché inverta “la politica americana ingiusta verso il popolo palestinese” è stato lanciato anche dal leader di Hamas Ismail Haniyeh, secondo la agenzia Maan. Hamas imputa a Donald Trump di aver reso gli Stati Uniti “complici dell’ingiustizia e della aggressione” verso i palestinesi e di aver così impedito agli Usa di mediare alcuna soluzione del conflitto.

Hamas si attende che la nuova amministrazione receda dall'”Accordo del secolo” di Trump, che annulli il riconoscimento di Gerusalemme quale capitale di Israele ed anche il trasferimento della sua ambasciata.

Insomma, Biden, ancor prima di mettere piede alla Casa Bianca, ha già compiuto un primo “miracolo” politico in Terrasanta. In questi tempi grami, non è poco.

Ma se Ramallah torna a respirare, a Gerusalemme regna il nervosismo, soprattutto negli uffici del primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu. La sconfitta dell’amico Donald nelle elezioni presidenziali ha gettato nel panico la leadership israeliana che aveva avuto in Trump e nei suoi più stretti consiglieri sul Medio Oriente – a cominciare dal suo consigliere-genero Jared Kushner – una specie di bancomat politico-diplomatico da cui attingere in continuazione. Con Biden si cambia. Il bancomat chiude. Il premier israeliano sa che con la nuova amministrazione Usa non potrà usare la minaccia iraniana come paravento dietro al quale nascondere forzature unilaterale in Palestina. Netanyahu questo lo sa bene, come ha lasciato intendere qualche giorno fa, quando ha dichiarato che “non bisogna tornare all’accordo sul nucleare del 2015”. Ma questo è esattamente ciò che conta di fare (o di provare a fare) Anthony Blinken, futuro segretario di Stato americano che faceva parte dell’amministrazione Obama quando l’accordo era stato concluso. I giochi si riaprono. E nessuno potrà contare su vecchie rendite di posizione. Neanche il più longevo primo ministro nella storia d’Israele.

Con fonti Associated Press – Haaretz

Foto: C. Khanna / AFP

 

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