Da Reset-Dialogues on Civilizations
Quest’anno ci sarà anche l’Italia alla decima edizione dell’Al Jazeera Documentary Film Festival: il 23 ottobre alla cerimonia di apertura a Doha ci saranno Francesco Conversano e Nene Grignaffini con Walls, un documentario sui muri ancora esistenti 25 anni dopo la caduta del muro di Berlino. Resetdoc ha voluto farsi raccontare direttamente dal regista questo ‘docu-drama’ made in Italy in concorso in Qatar.
“Ci sono ancora molti muri nel mondo. Noi ne abbiamo scelti due per raccontare tutti gli altri. Abbiamo scelto di raccontare un dramma oggettivo partendo dalle storie soggettive delle persone” spiega Conversano con un centinaio di documentari alle spalle, tra cui anche il premiato Megalopolis, e una casa di produzione cinematografica, Movie Movie, fondata insieme a Grignaffini.
“Spero che al festival venga recepito questo modo di raccontare che mira a restituire una realtà emotiva: raccontare una realtà avendo lo sguardo sulle persone” aggiunge Conversano, pronto ad andare a Doha avendo già in mano il premio per la miglior fotografia, menzione Miran Hrovatin del premio giornalistico televisivo Ilaria Alpi 2013.
Il primo muro di Walls è quello di Nogales in Arizona, al confine tra Stati Uniti e Messico. Nel tempo di una notte e del giorno seguente viene seguito il dramma di un gruppo di persone che decide di giocarsi tutto per passare quel confine e raggiungere gli Stati Uniti. Pagano i coyotes, persone legate ai narcos, che per soldi sono disposte ad aiutarli a passare la frontiera. Emergono così i legami fra immigrazione e traffico di droga, in cui persone disposte a tutto per migliorare la loro vita si ritrovano vittime di abusi e soprusi. Ci sono i racconti di chi dissemina acqua nel deserto tra i due Paesi per le persone che lo attraversano a piedi in cerca di un modo per arrivare negli Stati Uniti, sapendo che il passaggio sarà duro, ma volendolo immaginare possibile. Parla lo sceriffo che a Phoenix detiene i migranti illegali alla frontiera. Ci sono le storie di un gruppo di patrioti americani che pattugliano il territorio per cacciare i clandestini.
“La macchina da presa riprende lacrime e silenzi per restituire dei fatti. Il nostro non è un reportage, non ha finalità giornalistiche, noi raccontiamo tante voci diverse senza pensare che ve ne sia una più giusta di tutte, ma credo sia necessario porsi con umiltà per capire la complessità di questa realtà” spiega Francesco Conversano a Resetdoc.
Il secondo muro scelto in Walls non è un muro: è un ponte che divide invece di unire. Siamo in Kosovo, a Mitrovica, nota anche come la Berlino dell’Est, città del Kosovo divisa tra due amministrazioni, una serba nella parte nord e una kosovara nel sud. Attraverso quattro storie si descrive la tragedia quotidiana di chi vive in questo posto. C’è chi ha la casa al di là del ponte e gli viene espropriata, chi per andare al cimitero serbo nella zona kosovara deve essere scortato dalla polizia lungo il ponte, per poi scoprire che il cimitero è stato distrutto. Insulti e provocazioni sono l’unico mezzo di comunicazione.
“In questi posti si ha l’impressione che il tempo sia sospeso, fermo. Tutto sembra immobile, ci sono una tensione e una densità costanti. Il dolore e l’odio sono trasversali e uniscono generazioni diverse, i vecchi e i giovani” spiega Conversano.
Questi luoghi di divisione, in cui le persone non stanno insieme, ma sono costrette a stare da una parte o dall’altra, sono stati scelti per raccontare quelli che Conversano chiama i muri invisibili, fatti di pregiudizi, odio, paura. Walls dà spazio alle storie di quelle persone che convivono e combattono ogni giorno con questi muri: muri che esistono ancora dopo venticinque anni dall’abbattimento del muro di Berlino, quando si è riusciti a superare quella barriera che per molti divideva il mondo.
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