Da Reset-Dialogues on Civilizations
La Tunisia ha sorpreso tutti per essere giunta all’approvazione del testo della nuova Costituzione in un clima di compromesso, dopo vivaci dibattiti e attraverso un lungo negoziato tra le forze politiche, alla presenza della società civile sempre attenta e vigile. Il risultato raggiunto e festeggiato è una costituzione progressista, unica nel mondo arabo. Un mix di modernità e tradizione che sembra mettere d’accordo laici e islamisti, votata da ben 200 sì e solo 12 contrari e 4 astenuti. I punti salienti del nuovo testo riguardano l’assenza della sharia (pur ricordando che “l’Islam è la sua religione”), la libertà di credo e di coscienza, il divieto di accusa di apostasia, la libertà d’espressione, di stampa ed edizione, d’associazionismo e di sciopero, l’uguaglianza di diritti e doveri tra uomo e donna e le pari opportunità all’interno degli organi elettivi (una novità nel mondo arabo). Ha partecipato al processo di stesura del testo e si è battuta a favore dell’uguaglianza tra generi anche Ferida Labidi, membro del partito islamista Ennahda e dell’Assemblea Costituente, avvocato, nata al Kef nel ’68 e residente a Tunisi col marito e i due figli, presidente della commissione dei diritti e delle libertà nell’Assemblea Costituente.
Madame Ferida Labidi, alcuni analisti hanno sottolineato che Ennahda ha fatto concessioni dolorose, altri hanno detto che non si è trattato di concessioni da parte di Ennahda, ma di una vittoria del lato modernista del partito. Che ne pensa lei?
Le circostanze e gli eventi accaduti in Tunisia hanno messo Ennahda di fronte alle sue responsabilità verso il popolo e il Paese. Il partito ha scelto di fare concessioni per il bene del Paese. Le parole di Cheikh Rached [Ghannouchi] esprimono bene questa posizione: “Chi vuole una costituzione per il suo partito, vuole ristabilire una nuova dittatura”. Il successo di questo periodo transitorio dipende da un consenso di tutte le parti. Ennahda ha scelto di governare in collaborazione con i partiti laici. Ha offerto a tutti i leader dei partiti, compresi quelli non rappresentati nell’Assemblea Costituente, di partecipare al governo, ma la maggior parte ha scelto di allinearsi con il clan dell’opposizione. La visione di Ennahda tiene presente che durante i periodi di transizione non c’è una democrazia stabile in cui vi è una divisione tra la maggioranza di governo e la minoranza che si oppone. Piuttosto si tratta di un periodo costitutivo in cui il Paese ha bisogno di energia e di sforzi da parte di tutti i cittadini, i partiti politici e le ong.
Come è stato possibile arrivare a un clima di compromesso?
Ennahda ha scelto di partecipare al dialogo nazionale organizzato dalle ong (UGTT, UTCA, LTDH, ODA, nda) pur rispettando i passaggi stabiliti nella tabella di marcia al fine di raggiungere un compromesso sulla finalizzazione di tre processi simultanei: il processo di governo (dimissioni del governo presieduto da uno dei leader di Ennahda in favore di un governo indipendente da tutti i partiti politici), il processo costituzionale conclusosi con l’adozione della Costituzione a maggioranza inaspettata (200/216 = 93%) e il processo elettorale che ha avuto inizio con l’elezione di un’Istanza Superiore Indipendente delle elezioni. Ennahda ha ceduto il governo per il successo del processo democratico, per la sicurezza del Paese e per evitare l’anarchia.
È stato particolarmente apprezzato il suo coraggio nel votare a favore dell’uguaglianza di genere. Quali sono le ragioni per cui ha fatto questa scelta?
È stata la nostra posizione in tutte le fasi della discussione del progetto di Costituzione. Si tratta dell’uguaglianza di diritti e doveri di uomini e donne e della loro uguaglianza davanti alla legge. Tale principio è sancito dall’articolo 21 della Costituzione che stabilisce l’uguaglianza dei cittadini. Tale posizione è basata sulla nostra convinzione islamica, che responsabilizza sia la donna sia l’uomo e non fa discriminazioni tra i due. L’articolo 46 della Costituzione afferma che “lo Stato è tenuto a tutelare i diritti acquisiti dalle donne, a sostenerli e a migliorarli. Lo Stato da pari opportunità a donne e uomini in tutti i livelli di responsabilità e in tutti i settori. Lo Stato tende ad assicurare la parità tra donne e uomini nei consigli eletti. Lo Stato adotta le misure necessarie per combattere la violenza contro le donne”.
Qual è la sua idea della società civile tunisina? Che ruolo hanno avuto le rivendicazioni della società civile nei lavori dell’Assemblea Costituente?
Come tutte le istituzioni del Paese, la società civile dopo la rivoluzione ha cercato il suo posto e sta giocando un ruolo rispettoso a livello politico, sociale e di sviluppo. L’approccio partecipativo dell’Assemblea Costituente ha aperto le porte alla società civile per ascoltarla e farla partecipare al dialogo nazionale che ha si è tenuto in tutti i governatorati della Repubblica.
Quali sono le sue previsioni per le prossime elezioni?
Le concessioni fatte da Ennahda e il suo comportamento civile e democratico hanno dato un’idea più chiara sul suo essere un partito moderato. Questo si rifletterà sulla sua immagine tra i cittadini che hanno apprezzato questi comportamenti e le concessioni, anche se si tratta di un partito di maggioranza eletto dal popolo in elezioni trasparenti e credibili. Inoltre, la maggior parte dei tunisini sanno che Ennahda è il partito più organizzato, il più vicino ai cittadini, soprattutto nelle zone popolari. Questo rafforza la fiducia del popolo nel partito per le prossime elezioni e saremo eletti dalla maggioranza dei tunisini, come nel mese di ottobre 2011 e ancora meglio.
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>>Leggi l’intervista con la deputata e attivista laica Selma Baccar
Grazie a giornalisti/e come la Bellino possiamo seguire e conoscere le vicende ‘reali’ dei paesi del mondo arabo e le evoluzioni delle loro politiche e delle loro società civili, laddove le testate della stampa italiana le ignorano completamente, ricordandosi del mondo arabo solo in occasioni di ‘lotte al terrorismo’, attentati e via dicendo…ma il mondo e le nazioni arabe sono anche altro. Chapeau alla Tunisia. Non è che dovremmo imparare qualcosa?