Il 12 dicembre 2015 si terranno in Arabia Saudita le elezioni municipali, le terze nella storia del Regno. Queste votazioni si accompagnano a un avvenimento storico: anche le donne, per la prima volta, potranno votare ed essere votate. Sono 900 le candidate. Fu l’ormai defunto re Abdallah ad accordare loro questo diritto nel 2011, a seguito delle numerose richieste e sollecitazioni ricevute dalle intellettuali e attiviste saudite che da circa un decennio aspettavano questo momento, avendo già sperato di poter partecipare alle precedenti tornate elettorali del 2005 e del 2011. In quelle occasioni, però, le loro aspettative furono deluse, poiché il suffragio femminile fu negato dalle autorità, le quali avevano argomentato questa decisione adducendo come cause questioni puramente logistiche. In Arabia Saudita, infatti, vige un rigido sistema sociale di separazione di genere, per il quale uomini e donne non possono occupare gli stessi spazi nei luoghi pubblici e, ancora nel 2011, i seggi elettorali non erano stati dotati di entrate e stanze separate per poter ospitare anche le donne. Una volta giunta la notizia che il tanto sospirato traguardo era arrivato, le attiviste non sono rimaste con le mani in mano e hanno da subito iniziato a organizzarsi per poter arrivare preparate alle imminenti elezioni.
A questo proposito, proponiamo l’intervista fatta da Azzurra Meringolo a Salma Al-Rashid, responsabile del progetto Wataneea dell’Associazione Al-Nahda, un’organizzazione che si occupa del recupero, sostegno e formazione di donne che si trovano in stato di bisogno, o perché provenienti da aree o famiglie indigenti, o perché ripudiate e abbandonate dal proprio marito, in un paese in cui è difficile – se non impossibile – avere un ruolo sociale senza un uomo accanto che faccia da garante legale. All’interno di questa associazione è nato il progetto che porta il nome di Wataneea che vuol dire “cittadina”.
La missione di questo programma è stata far capire alle donne, ma anche agli uomini interessati, l’importanza sociale di poter esercitare il proprio diritto al voto, il ruolo dei consigli municipali nella gestione dei distretti e dei quartieri, l’impatto che una buona o una cattiva amministrazione possono avere sulla propria comunità e sulla vita quotidiana dei cittadini, cosa fare per potersi registrare come elettrici e come scegliere al meglio il proprio candidato.
Come ha reagito la vostra associazione una volta appresa la notizia che alle donne era concesso votare?
Naturalmente eravamo molto emozionate, anche perché allo stesso tempo la decisione è stata proclamata valida anche per l’Assemblea Consultiva della Shura, e per noi è stato qualcosa di eccezionale, ci sentivamo completamente elettrizzate… È stato qualcosa di veramente emozionante perché sentivamo di stare per entrare in una nuova era, non soltanto a livello municipale, ma anche per quanto riguarda la Shura. Dunque, sapevamo di avere cinque anni di tempo, abbiamo riflettuto e abbiamo pensato di poter creare magari qualche progetto inerente all’Assemblea della Shura, ma poi ci siamo rese conto del fatto che i membri della Shura vengono nominati, e non eletti, e quindi non c’era molto che potessimo fare. Così abbiamo pensato che avendo questi cinque anni di tempo, una volta giunte al momento delle elezioni municipali, sarebbe stato il momento di fare qualcosa. Abbiamo iniziato a lavorare a questo progetto quasi due anni fa. Abbiamo cominciato raccogliendo le nostre idee e andando nei vari ministeri per chiedere i permessi necessari per lavorare alla nostra campagna. Tutto quello che sapevamo era che volevamo che questo progetto avesse un grande impatto.
Come si è svolto il progetto?
L’intero programma di formazione è stato diviso in tre parti. La prima ha riguardato il ruolo dei consigli municipali: cosa fanno, perché sono così importanti e quali effetti hanno sulla nostra vita quotidiana. La seconda parte, invece, riguardava il “perché?”: perché è importante partecipare e cosa significa essere un cittadino attivo. Abbiamo parlato tanto di cittadinanza, e di cosa vuol dire essere cittadini: basta possedere una nazionalità o vivere in un determinato spazio geografico? O si devono compiere delle azioni per diventare dei cittadini attivi? Questo è stato lo spirito che abbiamo cercato di infondere. Per quanto riguarda la terza parte, essa si è focalizzata sul “come?”, e abbiamo spiegato come registrarsi, come scegliere i candidati e su che basi. Abbiamo parlato molto della riservatezza del processo di voto e di come si può realmente esprimere una scelta di voto indipendente, come comunicare con i candidati per capire meglio cosa stanno cercando di dire, qual è la loro agenda, se ricalca quello che personalmente noi vogliamo. Insomma, nella formazione abbiamo spiegato tutto ciò. Penso che sia difficile dire come le donne comuni abbiano reagito quando questa chance è stata offerta loro, intendo le donne che non hanno nessun interesse per la politica. Credo che qualsiasi donna comune apprendendo la notizia abbia reagito semplicemente dicendo: “ah bene, sembra che le donne ora abbiano un diritto in più”, ma non sanno in realtà cosa fare…e questo vale anche per molti uomini, non hanno capito qual è il ruolo e l’importanza di questa cosa.
All’interno di questa campagna abbiamo formato dei trainers a Gedda, a Riad e nella Provincia Orientale, è venuta gente da diverse città per usufruire di questa formazione ed è stato proprio interessante notare come le donne provenienti dai villaggi più piccoli siano più attive e interessate ad essere partecipi nella propria comunità e a sostenerla.
Quali sono stati gli ostacoli e le difficoltà che le donne hanno dovuto affrontare per poter partecipare a queste elezioni?
Per esempio, hanno dovuto registrarsi. Tutti hanno dovuto registrarsi, sia uomini che donne (solo 136 mila si sono registrate, ndr). Se un uomo vota per la prima volta deve registrarsi attraverso lo stesso procedimento valido per le donne (1 milione i nuovi registrati, ndr). Ci sono state difficoltà. Alcune donne non hanno potuto dare prova del loro indirizzo di residenza poiché le bollette dell’elettricità non erano intestate a loro nome, quindi hanno dovuto presentare un’identificazione ufficiale che dichiarasse chi fosse il proprio marito e che le bollette dell’elettricità fossero intestate al marito. Per qualcuna dover presentare tutte queste carte è stato scoraggiante, ma è pur vero che quando il processo di registrazione degli elettori è iniziato e le persone hanno cominciato a riscontrare le prime difficoltà, immediatamente le autorità hanno provveduto ad aggiustare alcune regole e alcuni requisiti.
Ho appena visitato Riad e Gedda, che sono due città molto grandi, e come in ogni paese ovviamente ci sono differenze tra le zone rurali e le grandi aree metropolitane. Qui in un modo o nell’altro le donne potranno andare a votare, ad esempio potranno usufruire di Uber?
Abbiamo una partnership con Uber in programma per il giorno delle elezioni: utilizzando il codice promo della nostra campagna, il viaggio in macchina per arrivare al seggio e quello di ritorno saranno gratuiti.
Avete organizzato anche una campagna mediatica?
Sì, la prima parte della campagna mediatica ha avuto il via una o due settimane prima che iniziasse il processo di registrazione degli elettori, ad agosto. Della parte più educativa della campagna facevano parte i workshop e due video a cartone animato, molto divertenti, con dialoghi semplici, ma che veicolano un chiaro messaggio. Il primo riguarda il ruolo dei municipi: ci sono due famiglie, una che vive in un quartiere molto ben tenuto, mentre l’altra no. Nel video si spiega come questa differenza sia dovuta al ruolo del consiglio municipale e ai diversi effetti che questo può avere su un quartiere.
Il secondo video, invece, riguarda la scelta del candidato: spiega in che modo sceglierlo.
Questi erano i video più educativi, mentre ce n’è stato anche un altro, che faceva parte della campagna mediatica apparsa sui giornali, le riviste, in TV, su video e banner per strada, nei centri commerciali, ovunque.
La campagna aveva lo slogan “Sautik yifriq” che in arabo vuol dire “La tua voce fa la differenza”, e abbiamo creato anche l’omonimo hashtag che è stato molto attivo: abbiamo raggiunto i 90 milioni di utenti. Inoltre, abbiamo creato delle magliette, con scritto “anta” (in arabo “tu” al maschile) e “anti” (in arabo “tu” al femminile), nere e bianche a simboleggiare la thawb e l’ abaya, gli abiti tradizionali maschili e femminili sauditi, perché volevamo che la nostra campagna fosse al di sopra delle differenze di genere e che parlasse alla totalità dei cittadini sauditi. Abbiamo creato adesivi, palloncini, braccialetti e tanti altri gadget che abbiamo dato in omaggio alle persone per coinvolgerle. Questa è stata la campagna mediatica che abbiamo organizzato da prima che iniziasse la registrazione degli elettori ad oggi. Abbiamo lavorato duro per incoraggiare le persone a registrarsi e ad andare a votare.
Fino a che punto il 12 dicembre sarà un giorno storico?
Per noi il fatto che ci siano dei candidati donne è già di per sé fantastico, poi ovviamente devono dare prova di loro stesse, così come è fantastico il fatto che le donne siano presenti in quanto elettrici, e anche questa è una responsabilità da prendere seriamente.
Resta però il fatto che noi donne siamo giunte qui e, per me, è una cosa grandiosa. Certo, quello che succederà in futuro dobbiamo costruircelo da sole, nessuno vince immediatamente e nessuno raggiunge i propri scopi immediatamente. Anche gli Stati Uniti, che sono ritenuti una delle nazioni più democratiche al mondo, non hanno ancora mai avuto una presidente donna, e meno del 20 per cento dei membri del Senato e del Congresso sono donne. Quindi, per noi che viviamo in un paese come l’Arabia Saudita, è fantastico essere arrivate fin qui: le donne ora si presentano come candidate, si presentano come elettrici, e sarà nostro compito far sì che siano sempre più partecipi e capaci di essere delle migliori candidate, e di poter rappresentare una scelta migliore in futuro.
Sappiamo che tutto ciò è grandioso, ma non è la linea di traguardo. Il 12 dicembre non sarà la linea di traguardo, ma solo l’inizio.
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