Sabra e Shatila, l’archivio di Stato israeliano pubblica il rapporto Kahan

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Pochi giorni dopo il massacro di Sabra e Shatila, il 28 settembre del 1982, il Consiglio dei Ministri israeliano decide di istituire una Commissione d’inchiesta per indagare su quanto accaduto nei campi profughi palestinesi di Beirut e stabilire le responsabilità dell’establishment di Israele. La relazione della Commissione presieduta da Yitzhak Kahan, già a capo della Corte Suprema, insieme a Aharon Barak, Giudice della Corte Suprema, e al generale Yona Efrat, sarà completata l’8 febbraio 1983. Trent’anni dopo l’Archvio di Stato Israeliano ha deciso di pubblicarla integralmente.

Prima del massacro: la guerra civile libanese, i falangisti e i legami con Israele

Il rapporto dedica ampio spazio all’analisi della guerra civile libanese: i cristiani che vi prendono parte comprendono varie organizzazioni armate, fra le quali quelle legate alle famiglie Chamoun e Gemayel. Il capo della famiglia Gemayel, Pierre, aveva fondato l’organizzazione falangista, e il leader di questa organizzazione negli ultimi anni, era diventato suo figlio Bashir.

I falangisti nel corso del tempo diventano l’elemento centrale delle forze armate cristiane, e nel 1982 hanno messo insieme 2mila soldati reclutati a tempo pieno, oltra ad una riserva armata di persone che hanno prestato servizio su chiamata o a tempo parziale. In totale sono circa 5mila uomini. Il comandante è Fadi Frem e la testa della divisione di intelligence è Elie Hobeika.

Il legame tra le forze cristiane e lo stato di Israele, secondo quanto emerge nel rapporto, è nato poco dopo l’inizio della guerra civile. Alle forze cristiane viene promesso che, in caso di bisogno, Israele è pronto a correre in loro aiuto: ed è quanto effettivamente avviene, attraverso il tramite del Mossad.

I palestinesi in Libano

La presenza di forze armate palestinesi sul territorio comincia a radicarsi dopo le diverse ondate migratorie in Libano dal 1948 in poi. Secondo i dati dell’Unrwa nel 1982 ci sono circa 270mila rifugiati palestinesi nel paese dei Cedri, mentre le forze armate cristiane parlano di circa il doppio delle persone presenti; una cifra che sovrastima i numeri reali, secondo quanto riportato dalla Commissione d’inchiesta.

La posizione dominante dei capi falangisti è che nessuno Stato unificato e indipendente libanese sia possibile senza una soluzione al “problema” dei profughi palestinesi, perché il loro numero costantemente in aumento rischia di minare l’equilibrio demografico del paese. Pertanto propongono in diverse occasioni di eliminarli dal loro territorio, con la persuasione o con altri mezzi di pressione, senza nascondere anche un ipotetico ricorso alla violenza per provocarne l’esodo.

Dopo il massacro: le conclusione della Commissione Kahan

Il 6 dicembre 1982, poco meno di tre mesi dopo il massacro di Sabra e Shatila, l’Assemblea delle Nazioni Unite condanna quanto accaduto e lo definisce un atto di genocidio. Due mesi dopo, la Commissione Kahan riporta le conclusioni della sua indagine: i diretti responsabili della strage nei campi sono Elie Hobeika e Fadi Frem, ma i responsabili indiretti per non aver saputo prevedere quanto sarebbe accaduto sono l’allora Ministro della Difesa israeliano Ariel Sharon e altre alte autorità dello stato di Israele.

Né il Mossad né i servizi di informazione dell’esercito avevano avvertito l’Esercito di Difesa di Israele o il potere politico rispetto al fatto che la milizia cristiana avrebbe potuto compiere un massacro se i suoi uomini fossero stati autorizzati a entrare nei campi. Dopo l’assassinio di Bashir Gemayel il 14 settembre 1982, Israele sarebbe stato costretto a entrare a Beirut Ovest per evitare disordini. Questa la premessa, ma la Commissione ha comunque attribuito al Primo Ministro Menahem Begin, al capo di stato maggiore Rafael Eitan e al Ministro della Difesa Ariel Sharon una responsabilità indiretta anche in assenza di avvertimenti dei servizi di informazione.

Su Begin i commissari hanno individuato un’omissione nel non aver considerato nel dovuto modo il ruolo svolto dalle Falangi libanesi: il premier avrebbe dovuto prevedere il rischio di una strage, come pure il Ministro della Difesa Sharon avrebbe dovuto ordinare l’espulsione dai campi delle forze cristiano-libanesi.

Anche il Ministro degli Esteri Yitzhak Shamir non avrebbe preso le opportune misure per accertarsi della veridicità delle informazioni trasmesse dal Ministero delle Comunicazioni sulle azioni delle forze libanesi. Il Capo di Stato Maggiore Raphael Eytan avrebbe rimosso la possibilità che potessero verificarsi atti di vendetta e spargimento di sangue da parte delle forze libanesi nei campi e pertanto non avrebbe verificato la veridicità dei rapporti sull’operato delle Falangi.

Infine il capo del servizio informazioni militari Yehoshua Saguy non avrebbe prestato la dovuta attenzione sul ruolo che le forze libanesi avrebbero svolto dopo l’ingresso dell’esercito israeliano a Beirut ovest e non aver avvertito dopo l’uccisione di Gemayel il rischio di vendette e spargimenti di sangue.

Clicca qui per leggere la versione integrale del Rapporto Kahan

Vai a www.resetdoc.org

Nella foto: La cosiddetta “Green Line” di che divideva Beirut, nel 1982

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