Da Reset-Dialogues on Civilizations
Già nel 2007 e nel 2010, quando il Brasile si preparava a ospitare la Coppa del Mondo, le forze armate avevano invaso, rispettivamente, le favelas Santa Marta e Complexo do Alemão, controllate da gang della droga. Questi “sforzi di pacificazione” e di occupazione delle favelas, quindi, non sono una novità per gli abitanti, ma, negli ultimi anni, la situazione è drasticamente peggiorata. Come Amnesty International ha riportato, nel solo Stato di Rio de Janeiro, tra il 2013 e il 2014 (anno in cui si sono svolti i Mondiali) il numero delle persone uccise per mano della polizia è aumentato del 39,4% ed è cresciuto ancora nel 2015 passando da 580 a 645 uccisioni. Inoltre l’analisi fa vedere come la quasi totalità delle vittime sono stati uomini, 79% neri e 3/4 avevano tra i 15 e i 29 anni. Nei primi mesi del 2016, ci sono stati 2470 omicidi e numerosi di questi “incidenti” hanno avuto come vittime bambini.
L’esistenza stessa delle favelas è testimonianza della brutale disuguaglianza presente in Brasile. E Rio, come altre città, ha sempre vissuto durante i grandi eventi un aumento della violenza da parte delle forze di sicurezza e di polizia. Queste Olimpiadi lo confermano. L’incremento della violenza non è che uno dei problemi che il governo brasiliano ha dovuto affrontare nell’ultimo periodo: dal virus Zika alla crisi economica, estesa a tutto il Brasile, perfino nello Stato di Rio che ha sfiorato la bancarotta. Cantieri infiniti, sprechi e appalti dubbiosi con un sistema di trasporti che invece di essere uno dei fiori all’occhiello della rinascita della città è ancora uno dei suoi punti più dolenti. La confusa situazione politica non aiuta, con ben due presidenti: Michel Temer e Dilma Rouseff. Il primo è in carica tutt’ora come sostituto della presidente eletta, sospesa dall’incarico il 12 maggio e a cui verrà letto il rapporto di impeachment proprio il 5 agosto.
Lo stato di Rio de Janeiro è uno dei più violenti del Brasile, con una scia di morti da Paese in guerra. Eppure, solo adesso, con migliaia di turisti “olimpici” per le strade, anche le altre nazioni cominciano a preoccuparsi, forse per paura che i loro connazionali vengano coinvolti nelle violenze. In questo momento, si contano 85.000 uomini tra militari e corpi speciali della polizia, il doppio di quanto visto ai mondiali del 2014 e alle Olimpiadi di Londra del 2012.
Impressionante è l’accusa mossa dal Comitato delle Nazioni Unite sui diritti dell’Infanzia, in un rapporto pubblicato nel 2015, in cui si dice “seriamente preoccupato per la violenza diffusa per mano della polizia militare — l’Unidade de Policia Pacificadora e il Batalhão de Operações Policiais Especiais —, in particolare contro i bambini che vivono in strada o nelle favelas” di Rio de Janeiro, citando anche torture e sparizioni. La vicepresidente del Comitato dell’Onu Renate Winter, intervistata dal quotidiano Estadão di San Paolo, ha aggiunto che c’è stata a Rio una vera e propria ondata di pulizia per i Giochi olimpici, con l’obbiettivo di mostrare al mondo una città senza problemi. In Brasile si muore giovani: il rapporto sottolinea che ha uno dei tassi più alti di omicidi di giovani al mondo, vittime della polizia, del crimine organizzato e dei gruppi paramilitari.
Nelle aree di Copacabana e Maracanã, due dei quartieri dove si terranno le Olimpiadi, moltissimi adolescenti e bambini dormono per strada facendo l’elemosina. I maschi solitamente si uniscono alle gang locali e vendono droga per sopravvivere e le femmine diventano prostitute. Questo è il “lato oscuro” del Brasile che il governo sta cercando in tutti i modi di nascondere attraverso detenzioni arbitrarie o, addirittura, facendoli semplicemente sparire. A febbraio 25 associazioni per la tutela dei diritti umani hanno firmato una lettera denunciando le retate compiute nei confronti di questi bambini e dubitando delle giustificazioni date dal governo. Inoltre il Brasile ha il secondo tasso di omicidi di bambini del mondo, secondo solo alla Nigeria. Secondo un report di Unicef, il numero di bambini uccisi in Brasile si è duplicato negli ultimi 20 anni. Nel 2013, il numero di omicidi nel paese ha raggiunto i 10.500 per anno. E Amnesty International sottolinea che circa il 16% delle uccisioni a Rio sono state attuate dalla polizia. “Il numero di omicidi di adolescenti è molto alto, la situazione è davvero drammatica”, ha detto Fabiana Gorenstein, responsabile della protezione di Unicef.
Uccidere i bambini, purtroppo, non è considerato aberrante. Molti brasiliani lo giustificano – denunciano le organizzazioni non governative locali – perché vedono i meninos de rua come criminali e non come bambini che si sono ritrovati per strada perché obbligati a scappare da situazioni familiari di abusi, violenza sessuale e estrema povertà.
È un antico problema. Uno degli episodi più eclatanti è stato quello ricordato come il massacro di Candelária, nel 1993. Numerose associazioni sostengono che questo non fu assolutamente un fenomeno isolato, anzi, dal 1988 al 1991 circa 6.000 bambini di strada sono stati uccisi in Brasile.
I diritti umani possono aspettare, il business no. La clausola approvata dal Comitato Olimpico Internazionale che chiede al paese ospitante come prerequisito per avere i Giochi Olimpici la tutela dei diritti umani entrerà in vigore solo nel 2022. Per ottenere questo risultato c’è voluta una mobilitazione internazionale cresciuta dopo i giochi di Pechino e Sochi.
Ospitare le olimpiadi, quindi, potrebbe richiamare l’attenzione sui diritti umani violati, ma l’esperienza ci dice che fin ora si è fatto il contrario, si è fatto di tutto per nasconderli.