Da Reset-Dialogues on Civilizations
Lo storico accordo quadro (framework agreement) sul programma nucleare iraniano raggiunto il 2 aprile a Losanna tra l’Iran e le potenze mondiali potrebbe cambiare l’intero panorama politico del Medio Oriente. L’Iran e il gruppo chiamato 5+1 (i membri permanenti del Consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania), insieme all’Unione europea, hanno infatti trovato la formula per dare garanzie alla comunità internazionale circa la natura pacifica del programma nucleare iraniano, e insieme mettere fine a tutte le sanzioni economiche, unilaterali e multilaterali, nei confronti di Teheran. Se come si attende riusciranno a sviluppare questo accordo di principio in un accordo definitivo, entro la fine di giugno, avranno segnato un importante cambiamento geopolitico che aprirà la possibilità di cooperazione tra gli Stati uniti e l’Iran ben oltre il dossier nucleare, su altre questioni di interesse comune.
Certo: la strada resta accidentata, non da ultimo perché l’accordo ha molto nemici sia a Washington che a Teheran – e nella regione mediorientale. È lecito pensare che i diversi accenti usati nelle due capitali per spiegare l’intesa raggiunta a Losanna sia almeno in parte dovuta al bisogno di «venderla» ai contrari nel proprio campo. Con un’importante differenza, però: in Iran le figure più influenti all’interno del sistema politico hanno pubblicamente dichiarato il proprio sostegno agli accordi – a cominciare dal Leader supremo, ayatollah Ali Khamenei, il quale ha espresso il suo solito scetticismo verso gli Stati uniti e ha insistito che Teheran non accetterà nessun accordo senza che siano subito tolte le sanzioni, ma ha significativamente aggiunto che «se la controparte eviterà le ambiguità nei negoziati, ciò dimostrerà che è possibile negoziare con loro su altre questioni» (il corsivo è nostro). A Washington al contrario il Senato degli Stati uniti ha votato (e il presidente Barack Obama ha accettato) una risoluzione che dà al Congresso il potere di revisionare l’accordo finale con l’Iran, di fatto limitando il potere del presidente di revocare le sanzioni americane almeno finché la revisione sarà in corso. È già un compromesso rispetto alle prime proposte circolate al Senato Usa, ma è comunque una battuta d’arresto per il presidente Obama.
Nonostante tutto però, le possibilità di arrivare a un accordo finale restano alte.
«L’accordo di Losanna è senza dubbio un successo storico e senza dubbio questa è la via per la pace, perché l’accordo ha impedito una nuova guerra in medio Oriente», dice l’ambasciatore Seyed Hossein Mousavian in un’intervista con Resetdoc.
Ricercatore alla Woodrow Wilson School dell’Università di Princeton, negli anni ’90 Mousavian è stato ambasciatore della Repubblica Islamica dell’Iran in Germania e poi portavoce del team di negoziatori iraniani tra il 2003 e il 2005, quando Teheran aveva avviato colloqui sul nucleare con l’Unione europea. Negli ultimi anni ha lavorato negli Stati uniti per promuovere il dialogo tra gli Usa e l’Iran (il suo ultimo libro è Iran and the United States: An Insider’s view on the Failed Past and the Road to Peace).
Ambasciatore Mousavian, come giudica l’accordo quadro raggiunto a Losanna tra l’Iran e le potenze mondiali?
Credo che sia un successo della diplomazia. I negoziatori hanno raggiunto conclusioni realistiche e devono andare avanti, fino a un accordo definitivo entro la fine di giugno. Se un tale accordo sarà raggiunto, e sarà pienamente applicato, sarà una situazione win-win, cioè una vittoria per tutte le parti in causa.
Per l’Iran, due punti erano importanti. Primo, che la comunità internazionale accetti e rispetti il diritto dell’Iran all’uso pacifico della tecnologia nucleare, incluso l’arricchimento, in quanto paese firmatario del Trattato di non proliferazione (Tnp). Questa era una priorità già quando abbiamo cominciato i negoziati nel 2003. Ora, secondo questo accordo l’Iran avrà diritto alla tecnologia atomica pacifica. Il secondo punto per l’Iran era togliere le sanzioni: e questo accordo prevede alla fine la revoca di tutte le sanzioni relative al nucleare, unilaterali e multilaterali. Per questo credo che sia un buon accordo per l’Iran.
Però è anche un buon accordo per gli Stati uniti e le potenze mondiali, dato che per loro la linea rossa era garantire che l’Iran non possa usare il suo programma nucleare per sviluppare armi atomiche. Benché l’Iran non abbia bombe nucleari, e non sia mai stata provata alcuna “deviazione” del programma nucleare verso scopi bellici, pure l’Iran ha accettato di rispondere ai timori dei 5+1 sul rischio di proliferazione atomica. Di fatto l’Iran ha accettato di applicare tutte le misure di “costruzione della fiducia” e si sottoporrà alle verifiche più stringenti mai realizzate nella storia della non-proliferazione, ben al di là di quanto prevede il Tnp.
Lei ha partecipato al primo tentativo di negoziato, nel 2003-2005. A suo parere cosa ha reso possibile un accordo oggi, dopo tanti tentativi falliti?
La narrativa prevalente nel Congresso degli Stati uniti è che siano le sanzioni e pressioni americane ad aver reso possibile l’accordo ora. Ma l’accordo quadro di Losanna ricalca esattamente i principi che avevamo proposto agli europei nel 2003-2005, quando avevo l’incarico di portavoce. Allora l’Iran non era sotto sanzioni. Dopo otto anni di sanzioni, gli Usa accettano gli stessi principi. Perché ora l’accordo si può fare? Per una sola ragione: allora gli Stati uniti non erano pronti a riconoscere il diritto dell’Iran ad arricchire uranio sul proprio territorio secondo quanto prevede il Tnp. Per gli Usa l’arricchimento era la linea rossa, l’Iran doveva avere arricchimento zero.
Se nel 2013 è stato possibile firmare l’accordo preliminare è perché gli Usa hanno moderato la propria posizione, accettato che l’Iran possa fare l’arricchimento sulle basi del Tnp, benché limitato ai suoi “bisogni pratici”.
Insomma, non sono state le sanzioni e le pressioni a rendere possibile l’accordo. Anzi, le sanzioni hanno solo accelerato il programma nucleare iraniano. Considerate: prima delle sanzioni l’Iran aveva poche centinaia di centrifughe, arricchiva sotto il 5% e aveva una riserva di poche centinaia di chili di uranio arricchito a basso livello. Dopo le sanzioni aveva 22 mila centrifughe installate, una riserva di 9.000 chili di uranio arricchito, e aveva alzato l’arricchimento al 20%. Quando gli Stati uniti hanno riconosciuto che l’Iran era ad appena tre mesi dal breakout [il tempo necessario per produrre abbastanza uranio arricchito per una singola bomba atomica, ndr], allora hanno accettato che l’Iran abbia l’arricchimento e optato invece per n sistema di verifiche e ispezioni. Cioè, hanno cambiando la propria linea rossa da “zero arricchimento” a “zero bomba nucleare”.
Naturalmente le sanzioni hanno avuto un impatto negatori sull’economia e sulla nazione iraniana. Non c’è alcun dubbio. Ma se l’obiettivo era limitare il programma nucleare dell’Iran, allora sono state del tutto controproducenti – lo hanno piuttosto accelerato. È una buona lezione: di fronte a più pressioni e minacce l’Iran diventa più aggressivo. Ma se si negozia sulla base del rispetto reciproco e della legalità internazionale, troverete un Iran molto cooperativo e flessibile.
Un accordo tra l’Iran e i 5+1 è apertamente osteggiato da altri protagonisti in Medio Oriente, primo di tutti Israele. Qual pensa che sarà l’impatto di un accordo definitivo nel quadro della regione?
C’è una grande differenza tra l’Iran e Israele. L’Iran è parte del Trattato di non proliferazione e non ha armi atomiche; Israele non ha mai firmato il Tnp e ha circa 400 bombe nucleari. Negli ultimi 10 anni Teheran ha accolto oltre 7000 ispezioni ordinate dall’Agenzia internazionale per l’energia atomica, Aiea: nessun altro paese al mondo ha dato all’Agenzia un accesso così ampio. Israele invece non ha mai accolto neppure una singola ispezione: il paese che ha la bomba nucleare critica l’Iran, che non ce l’ha.
L’Iran ha accettato ogni livello di ispezioni, più di ogni altro paese al mondo e ben oltre ogni regime internazionale di monitoraggio, ispezione e verifica. Sono misure senza precedenti e possono diventare la base per un nuovo sistema regionale di non proliferazione nel Medio oriente.
Di più: se la controversia sul programma nucleare iraniano sarà risolta, questo preparerà senza dubbio il terreno per la cooperazione tra l’Iran e gli Stati uniti su altre questioni. I due paesi hanno interessi comuni in Medio oriente, da combattere il narcotraffico alla stabilità in Iraq e Afghanistan, a contenere e sradicare lo Stato islamico in Iraq e Siria (Isis) e mettere fine alla guerra civile in Siria. Una soluzione globale della questione nucleare, basata sul reciproco rispetto, sarebbe un primo passo molto promettente.
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