L’ultimo numero di Rumiyah, la rivista multilingue dell’ISIS, che ha sostituito Dabiq da quando la città che aveva ispirato il nome della rivista è stata persa, ci fornisce nuove indicazioni sulle azioni future, poiché la propaganda dell’ISIS ha spesso anticipato – in particolare sulle pagine delle sue riviste più prestigiose, Dabiq e poi Rumiyah – le campagne militari successive. Mentre l’ISIS fino al 2014 si era concentrata sul cosiddetto “nemico vicino” e su battaglie territoriali, in Siria, Iraq, in Libia, sempre mirando alla costruzione di uno Stato territoriale, Al-Qa’eda al contrario aveva prediletto la battaglia contro il “nemico lontano”, l’Occidente, Usa e Europa in primis. Con la pressione delle forze internazionali della Coalizione in particolare sulle terre controllate da ISIS, la tattica cambiò e si iniziarono a teorizzare gli attacchi in Occidente. Fu proprio Dabiq ad annunciare questo cambio di strategia, nel numero 4 della metà di ottobre 2014, quando nel paragrafo intitolato: “Rush to support your state, o muslim”, si affermò per la prima volta in modo chiaro e inequivocabile: “A questo punto della Crociata contro lo Stato Islamico è molto importante che siano compiuti attacchi in ogni paese che sia entrato nell’alleanza contro lo Stato Islamico, specialmente gli Usa, Gran Bretagna, Francia, Australia e Germania” (Dabiq, 4, p. 44). Nello stesso numero veniva riportata ripetutamente una citazione del portavoce Al Adnani, che tramite il tipico discorso pregno di millenarismo, affermava: “Conquisteremo Roma, distruggeremo le vostre croci, faremo delle vostre mogli delle schiave”. Il numero 3 di Rumiyah, del novembre 2016, invece era dedicato in gran parte alla Turchia, indicata come nemico da colpire e solo un mese dopo ci fu la strage di Capodanno ad Istanbul con 39 morti e gli altri episodi di terrore che funestarono il paese. Sempre nello stesso numero appariva una rubrica a più pagine, “Just terror tactics” (Solo tattiche del terrore) dedicata agli aspiranti militanti impossibilitati a raggiungere i territori di Da’esh, in cui si insegnano operazioni suicide e attacchi mortali in Occidente, arrivando a consigliare i veicoli più efficaci per effettuare stragi, come camion e mezzi pesanti e sconsigliare i meno adatti, come i Suv. Nello stesso pezzo venivano indicati come obiettivi preferibili, i raduni all’aperto, come mercati, feste popolari, concerti, eventi pubblici, manifestazioni politiche. Nel periodo seguente iniziò la stagione degli attacchi suicidi tramite camion: a meno di un mese dalla pubblicazione dell’articolo, il 19 dicembre, si ebbe l’attentato con Tir a Berlino che provocò 12 morti per arrivare all’attacco di Stoccolma del 7 aprile 2017.
La nuova edizione di Rumiyah, del 5 maggio, è dedicata in gran parte all’Egitto – indicandoci quale sarà probabilmente il nuovo fronte caldo dopo che in Siria e Iraq l’ISIS sta perdendo terreno. Il numero 9 della rivista infatti si apre con un articolo di sei pagine intere dedicato alla strage di cristiani in Egitto, con crude immagini delle chiese fatte esplodere e significativamente intitolato “Ruling on the belligerent Christians” (Dominare i bellicosi cristiani). Dopo aver definito i Cristiani in Egitto come harbi, ossia soggetti alla possibilità di essere uccisi in quanto non protetti dalla dhimmah, si insinua sulla loro complicità presunta con il regime di Al Sisi, vengono descritti come “i più sinceri sostenitori del taghut [oppressore] al Sisi in Egitto (Misr) e tra i suoi alleati più stretti e partner più fedeli nella sua guerra contro l’Islam e i musulmani”, con il chiaro intento di dividere la società egiziana. Secondo l’ISIS i cristiani d’Egitto dovrebbero essere combattuti, le loro donne, anziani e bambini imprigionati e resi schiavi e lo spargimento del loro sangue viene definito legittimo per i musulmani.
Che l’attenzione dell’ISIS sia volta all’Egitto lo conferma in chiusura l’intervista sulla rivista Rumiyah all’Emiro dei soldati del Califfato di Misr, d’Egitto, traduzione in inglese dell’intervista riportata nell’ultimo numero del bollettino ufficiale dell’ISIS in arabo, Al Nabaa, n° 79, a ulteriore indicazione del ruolo centrale che pare essere dato dall’ISIS all’Egitto in questa fase. L’Emiro, che parla in forma anonima racconta della loro collaborazione con Wilayah Sina, la formazione ISIS che opera in Sinai, e rassicura sulla capacità operativa del Junud al Khilafat fi Misr.
A conferma del messaggio di divisione nelle società prese di mira dall’ISIS, anche nel numero 9 di Rumiyah si ritrova la rubrica “Just terror tactics”, dove con un lungo articolo si spiega nei dettagli più precisi come uccidere dei miscredenti, in modo casuale. L’articolo a tratti appare quasi grottesco, come quando si invita a cercare connessioni nel mondo criminale per procurarsi delle armi, e si afferma: “Se non si dispone di alcun contatto diretto o informale con qualsiasi commerciante di pistole, ci si dovrebbe astenere dal chiedere aiuto casualmente per acquisirle chiedendo a persone che si considerano ‘affidabili’, poiché in molti casi questo può portare a cadere nella trappola di un’operazione di polizia”. In un paragrafo, intitolato “Ingannare gli obiettivi” si consiglia di usare l’inganno, e si afferma, al fine di uccidere il massimo numero di persone: “Coloro che risiedono nelle terre della miscredenza sicuramente noteranno la semplicità nel raggiungere la fiducia e la fiducia di un miscredente. (…) Questo approccio ingannevole di attirare il kafir [miscredente] è qualcosa che può essere facilmente realizzato attraverso vari metodi, alcuni dei quali saranno resi in dettaglio” e da qui si prosegue a suggerire nei particolari i metodi per uccidere cittadini occidentali. L’articolo è significativamente preciso e propone differenti trucchi per massacrare e spargere il terrore.
L’analisi e lo studio della propaganda dell’ISIS sono fondamentali per capire quali sono le preoccupazioni centrali per l’organizzazione, per prevenirne le future azioni ma anche per capire quali sono i loro scopi ultimi, oltre la contingenza militare. Spaccare le società portando divisioni, odio e razzismo sembra essere più un punto strategico che tattico per l’ISIS e dovremmo tenerne conto.
Complimenti per l’analisi.