Mondiali, nelle favelas ‘pacificate’ di Rio
Il Brasile perde e qui si muore, uccisi

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Rio de Janeiro. I residenti della favela di Marè a Rio de Janeiro, non hanno avuto neanche la possibilità di stringersi l’un con l’altro per affrontare la tristezza causata dalla peggior sconfitta della storia del Brasile a un mondiale. A pochi minuti dalla batosta incassata per 7-1 contro la Germania, nella comunità Nova Holanda, sono stati costretti tutti a mettersi al riparo dal gas lacrimogeno e dalle pallottole vaganti. Le truppe dell’esercito là dislocate per la pacificazione dell’area hanno infatti risposto così a una probabile provocazione dei trafficanti. Per ore i militari hanno continuato a sparare per cercare di riprendere il totale controllo della favela e piegare ogni resistenza. L’episodio rappresenta bene quello che nelle comunidades carioca è accaduto durante questo mondiale.

Mentre nello stadio Maracanã si urlava di felicità per un goal, a poca distanza, le urla erano laceranti: quelle di una madre davanti al corpo del figlio di tre anni, ucciso mentre dormiva in casa, colpito da un proiettile vagante in pieno volto nella favela Costa Barros. Le stesse sentite nella favelas di Manguinhos, dove le vittime della polizia, nei giorni della Coppa del Mondo, sono state due a pochi giorni di distanza. Ma sono molte le comunidades dove si piange. Nel Complexo do Alemão: due omicidi la scorsa settimana in una stessa operazione della polizia, lì dove le morti violente negli ultimi mesi si contano a decine. A Rocinha, dove con il ritorno dei trafficanti in grande stile, le sparatorie, spesso con morti e feriti, fanno parte del triste quotidiano della popolazione. Atmosfera tesa anche a Chapeu Mangueira, dove i poliziotti dopo aver sparato a un giovane alle spalle, ancora vivo, lo hanno infilato in un sacco nero per tentare di farlo sparire.
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A causa del clima infuocato, della spirale inarrestabile di violenza e della paura, dalle favelas si è alzato un grido potente. La rabbia, la disperazione, il dolore dei i residenti, sono esplosi con la voglia di far sapere al mondo quello che sta succedendo nelle aree povere della città, dietro la patina luccicante del Mondiale di Calcio, vista come una delle cause della segregazione e della violenza di queste settimane. Sono in tanti infatti a scagliarsi, oltre che contro le istituzioni nazionali, anche contro la Fifa e la sua Coppa, vista come ragione di quella che in molti definiscono una nuova forma di ghettizzazione portata avanti negli ultimi anni: la pacificazione con la Upp. Quel che è evidente nelle statistiche e nei racconti quotidiani, è che mentre negli stadi faraonici e nei Fan Fest della Fifa in spiaggia ci si diverte, in favela si muore sempre di più. E si muore spesso per mano di quegli agenti di Upp che dovevano rappresentare una soluzione per i residenti e invece si sono rivelati, come tanti sostenevano sin dall’inizio, una forma di contenimento militare del degrado e strumento di speculazione economica.

Per far sentire la propria voce alcuni leader comunitari e associazioni attive nei morros, hanno lanciato una campagna “La festa negli stadi non vale le lacrime in favela”, organizzando iniziative e manifestazioni. La prima si è svolta all’inizio del mondiale a Copacabana: in corteo dalla Favela di Chapeu Mangueira-Babilonia, inizio del lungomare più famoso della citta, fino a Pavão-Pavãozinho, al confine con Ipanema. La prossima, si svolgerà, insieme a tante altre convocate, nel giorno della finale, il prossimo 13 luglio, quando si preannunciano sconti e violenze.
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Il perché della decisione di scendere in strada è stato ben spiegato degli organizzatori. Fransergio della favela Manguinhos e membro del Forum Sociale di quella comunità: “Gli eventi internazionali hanno portato solo più violazioni contro di noi. Quello che abbiamo guadagnato noi con la Coppa, è stata solo la Upp, un piano che si traduce sempre più spesso in oppressione e violenza. In meno di un anno e mezzo di ‘pacificazione’ a Manguinhos abbiamo avuto già cinque morti innocenti per mano della polizia. Almeno trentuno i morti nelle varie favelas pacificate”. L’atmosfera è molto pesante, e i sentimenti emergono forti nelle parole cariche d’ira di Andrè, residente nella favela Babilonia “La storia che Upp sia una polizia diversa è una bugia – dice il giovane – è la stessa polizia militare creata 205 anni fa, la stessa che fu creata all’epoca dell’Impero, per difendere interessi della Corona portoghese, per uccidere e per arrestare neri schiavizzati. Questa finora è l’unica istituzione entrata in favela. Il sociale non è entrato ancora, e non si trasforma una società senza migliore distribuzione di rendita, investimenti nella sanità e nell’istruzione. Non abbiamo bisogno di polizia, ma di altro. Scendiamo in strada per ricordare l’eccidio di Marè, nove morti nella favela nuova Holanda, un altro tra i tanti eccidi cui abbiamo assistito. Siamo qua per ricordare quei morti, perché quei morti hanno voce”.

??????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????????Il bilancio dei 5 anni di pacificazione tracciato da Andrè è dunque infausto: “Quello che abbiamo ottenuto da questa coppa, è solo morte di favelados, neri e poveri, e più di 200mila rimozioni. Questo perché – racconta con rabbia – la Upp non è e non sarà mai un progetto di sicurezza pubblica. E’ bensì strumento di un progetto di città ‘elitizada’, ‘mercantilizzata’ e ‘gentrificada’. Dove per ‘gentrification’ si intente l’azione di rendere signorile, nobile. E come avviene questo in favela? Aprendo la strada a nuove costruzioni e nuovi commerci, perché un impresario si senta di poter investire, ha bisogno di sicurezza, la Upp viene come protagonista. In ogni favela con la Upp, insieme con la militarizzazione, sono infatti entrata banche, grandi marchi commerciali, società. Le imprese vedono terreno fertile in favela, un modo per far crescere business e speculazione immobiliare. Qua a Chapeu Mangueira-Babilonia adesso non si affitta per meno di 1000 reali. Così i favelados sono costretti a trasferirsi nei suburbios, la classe media sale in favela, perché soffre i prezzi dei quartieri e questi a loro volta diventano sempre più di élite”.

Al netto delle questioni speculative, in questo momento, il problema della violenza è quello che preoccupa di più. Se è vero che l’unica miglioria iniziale apportata dalla Upp nelle favelas era stata la sensibile diminuzione delle sparatorie, ora con conflitti a fuoco quotidiani e morti innocenti tanto frequenti, è chiaro che non resti molto di buono. La diminuzione della fiducia nei confronti del piano da parte dei residenti e la successiva offensiva lanciata dai trafficanti in alcune comunità, ha messo in crisi i nervi l’intero apparato della sicurezza e in particolare della polizia militare. E la risposta è quella di sempre: violenza. L’unica capacità che la polizia riesca a esprimere, priva di dottrina, strategia e formazione per qualsiasi tipo di attività degna di uno standard di polizia democratica e rispettosa dei diritti umani. Soprattutto in favela dove ce ne sarebbe più bisogno. Ed è questa una delle ragioni principali del fallimento. Gli agenti delle ‘Unità di Polizia di Pacificazione’, secondo la filosofia del piano dovevano rappresentare il modello nuovo della polizia di Rio, con una formazione differente in grado di rendere possibile il lavoro di polizia di prossimità, polizia comunitaria. Questo non è avvenuto e le pratiche restano le stesse di sempre. E quel che risulta evidente è il profilo di una corporazione ancorata al passato e alla vecchia dottrina messa a punto all’epoca della dittatura.

La crisi della Upp è profonda, e un esame serio sul progetto, subito dopo il Mondiale, sarebbe necessario. La situazione è sfuggita di mano e sarà difficile riprendere il controllo del piano. E all’orizzonte una nuova grande sfida, definitiva, è già visibile: le elezioni. Dopo due mandati consecutivi dello stesso governo, e soprattutto dello stesso Segretario di Sicurezza Pubblica, l’ideatore delle Upp Josè Mariano Beltrame, la guida politica dello stato di Rio potrebbe cambiare a seguito della nuova tornata elettorale. Chi verrà dopo cosa vorrà farne della Upp. Quale sarà il destino di un piano, pur sempre valido sulla carta e costato già miliardi di real? Quale quello della favela?
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Twitter: @luigi_spera

Foto di Luigi Spera

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