L’intesa dell’Italia coi sindaci libici di fine agosto sull’impegno a frenare gli sbarchi, sebbene degna di apprezzamento nel quadro della pacificazione del Sud, resta un piano ambizioso se non è legato ad una stabilizzazione allargata della Libia che passi attraverso il governo internazionalmente riconosciuto.
L’Italia persevera la lotta al traffico illegale di esseri umani in sintonia con la Libia, aprendo il dialogo al Sud. Lo scorso 26 agosto si sono tenuti a Roma nuovi incontri tra il ministro degli Interni Marco Minniti e i sindaci delle principali città libiche meridionali per proseguire un impegno congiunto avviato a fine marzo con un accordo sui migranti.
L’intesa mira alla riconciliazione delle diverse fazioni, etnie e tribù del Sud del Paese, in cambio di aiuti e sostegno economico alle comunità locali più colpite dal traffico di migranti che si impegnano a contrastare il fenomeno.
Un primo sforzo volto ad includere il Sud libico nelle consultazioni in materia migranti che consentirebbe di controllare le rotte migratorie, gestire l’immigrazione illegale e combattere il business dei trafficanti.
Malgrado la partecipazione di sindaci delle principali città del Fezzan, gli esponenti delle varie tribù che si sono riuniti a Roma con il ministro Minniti né sono veri ‘’rappresentanti’’ né hanno sufficiente autorità o competenza secondo Ibrahim Blqsam, giornalista e direttore di Libya Gate, convinto che l’Italia stia trattando con ‘’la gente sbagliata’’.
A suo avviso, il governo italiano si è rivolto a un nuovo interlocutore nel tentativo di trovare una soluzione al problema del traffico illegale umano. A partire dal confine meridionale del Paese, porta d’accesso alla Libia per rifugiati e migranti provenienti dall’Africa sub-sahariana.
Il giornalista esprime preoccupazione circa il modus operandi dell’Italia, alludendo alla missione navale italiana in acque libiche, su richiesta del governo di accordo nazionale (GNA) di Fayez Al-Sarraj, vista in Libia come un’infiltrazione straniera. Come molti libici, è ben consapevole del passato coloniale italiano in Tripolitania e Cirenaica. Inoltre, osserva Blqsam, l’iniziativa con il Fezzan non può avere luogo se non per via indiretta – cooperando con le autorità di Tripoli – sottolineando che l’Italia non avrebbe al Sud un’autorità centrale con cui dialogare. Trattare direttamente con il meridione, continua, causerebbe ulteriori divisioni all’interno del Paese tenendo conto del possibile intento al Sud di formare un governo autonomo.
Karim Mezran, senior fellow al Centro Rafik Hariri per il Medio Oriente dell’Atlantic Council, accoglie il nuovo patto promosso da Roma con qualche riserva. Se è necessario stabilizzare il Sud della Libia per scoraggiare il contrabbando e il traffico di persone – unica industria a trovare spazio nel caos libico – fermare il commercio illegale a fronte di investimenti promessi, afferma il ricercatore, non è pensabile al momento.
In aggiunta, Mezran nota, un accordo con il Sud non deve prescindere da un’intesa estesa al Nord del Paese per garantire il controllo delle frontiere così come delle acque territoriali di Tripoli nel contrasto all’immigrazione irregolare.
Date alternative di crescita e sviluppo alle comunità meridionali, così come l’intesa prevede, crea aspettative in Libia in termini di pronto sostegno da Italia ed Europa. Il miglioramento delle condizioni dei libici del Fezzan è di difficile realizzabilità nel breve periodo, tenendo conto dei molteplici problemi di questa regione.
Carente di un’autorità centrale e istituzioni di stato funzionanti, e ricco di risorse naturali, il Sud è in mano a fazioni rivali che lottano tra loro per il controllo delle zone strategiche dove non mancano gli incentivi al contrabbando – di armi, carburante, oro, droga e uomini – e lo sfruttamento dei migranti resta un’attività lucrativa.
Dal sud-ovest passano le principali rotte migratorie, che da Niger, Ciad, Sudan e Africa occidentale portano sulle coste libiche e da lì via mare fino all’Italia. A questo si aggiungono forze esterne –potenze regionali, mercenari stranieri e gruppi jihadisti transnazionali- che usano il meridione libico come zona di transito.
Il rapporto dell’International Crisis Group del 31 luglio scorso evidenzia l’importanza di coordinare qualsiasi sforzo per risolvere problemi economici, di sicurezza e governance del Fezzan, con il governo di Al-Sarraj sostenuto dalle Nazioni Unite. Senza un intervento al Sud in queste aree, il rapporto indica, sarà impossibile realizzsare la più ampia normalizzazione politica e militare della Libia.
L’iniziativa italiana di sostegno e sviluppo nel Sud libico potrà dare i suoi frutti soltanto se inserita nel quadro di stabilizzazione del Paese, dove il conflitto tra fazioni armate rivali rimane forse la più grande sfida.
D’altra parte, continuare a trascurare (e isolare) il Sud della Libia, rischierebbe di mantenere il traffico illegale attivo, aumentare i pericolosi viaggi di migranti diretti in Europa, e mettere a dura prova l’Italia e l’UE nella futura gestione dei flussi migratori.
Resta anche da vedere quanto il ministro Minniti sia interessato a mantenere l’impegno con il Fezzan e combattere il traffico nel lungo periodo, o capire se si tratti di una mossa diplomatica per mostrare un qualsivoglia risposta italiana all’emergenza migranti con un occhio alle elezioni politiche del 2018.