Da Reset-Dialogues on Civilizations
BEIRUT – Ogni mattina nella capitale libanese prendo un “service” (un taxi collettivo libanese) per andare al lavoro e attraverso il “ponte Cola” (Jisr Cola, vicino a una delle due stazioni di autobus della città, Cola Station), in un quartiere a maggioranza sunnita. Fino a qualche settimana fa il ponte era “vuoto”, si vedevano e si sentivano le automobili e il rumore, caotico come sempre a Beirut, i pedoni e il movimento della città. Ora un numero sempre crescente di profughi siriani si è insediato sotto questo ponte. Sono famiglie intere, con i bambini che giocano la mattina presto, mentre i loro genitori preparano la colazione come possono.
Questa situazione inquieta e infastidisce molti libanesi: un autista di taxi, sunnita, mi ha detto si essere stufo, di comprendere la guerra in Siria e le motivazioni che spingono a lasciare il paese, ma di auspicare che i profughi siano sistemati nei campi, come in Turchia o in Giordania. Secondo lui la Siria ha già causato troppo male al Libano e bisogna fare qualcosa. Questo genere di commento antisiriano è diventato quotidiano, in tutti i quartieri e le classi sociali. In alcuni villaggi è stato imposto il coprifuoco per i siriani e tutti i problemi sociali, come i furti, l’accattonaggio o persino il fatto di attraversare la strada in modo sbagliato sono addossati a loro. In Libano e a Beirut tutto è cambiato dopo la presa di Qusayr e gli scontri tra l’esercito libanese e lo sceicco Ahmad Al-Assir nelle ultime settimane. L’ombra della Siria si fa sempre più incombente.
Il conflitto siriano si gioca anche qui
La guerra in Siria è sempre più presente e i profughi siriani sono lì per mostrarci l’importanza del conflitto siriano per il Libano e per il mondo arabo. I profughi sono diventati un richiamo costante della crisi siriana, dell’influenza che esercita ancora il paese vicino e della permeabilità dello Stato e della società libanesi alle vicende regionali. La classe e i partiti politici libanesi, che hanno formato due coalizioni, pro e anti siriana, giocano un ruolo pervasivo.
Così, passeggiando per Beirut si possono vedere, nei vari quartieri, i segni delle loro posizioni riguardo alla rivoluzione, alla guerra civile, o, come si dice in Libano, ai “mashaakil” (i problemi): nei quartieri sunniti di Beirut e nei villaggi della stessa confessione (l’ho potuto osservare personalmente nella valle della Bekaa) sono esposte le bandiere dell’esercito siriano libero e drappi di benvenuto e di sostegno ai siriani. I partiti sciiti appoggiano il regime con le bandiere della Siria, di Hezbollah e con le foto di Bashar Al-Assad e riferimenti a Qusayr e ai “martiri” caduti in questa città siriana di frontiera. I cristiani difendono le azioni dell’esercito nazionale (bandiere libanesi nei quartieri cristiani della città, foto di sacerdoti rapiti in Siria) come simbolo di unità nazionale; cercano di prendere il più possibile distanza dalla crisi siriana.
Il celebre quartiere di Hamra è ormai controllato dal Partito nazionalista sociale siriano, a favore del regime siriano e membro della coalizione 8 marzo. Da due anni i suoi esponenti si scontrano con i manifestanti anti regime di fronte all’ambasciata siriana, che prima si trovava in questo quartiere. Gli scontri tra i sostenitori e i detrattori del regime sono sempre più frequenti, come dimostrano gli incidenti tra filo e anti Hezbollah del 18 maggio. I siriani non sfuggono a questi attacchi: più di dieci di loro sono stati feriti da alcuni sconosciuti lunedì 22 giugno mentre erano in autobus per andare a una trasmissione televisiva. Il conflitto siriano e soprattutto i profughi del conflitto dimostrano i limiti del sistema sociale libanese.
I profughi siriani in Libano: un’eccezione?
Il problema dei profughi siriani in Libano ha diverse cause, che dipendono in primo luogo dalla difficoltà per un paese di accogliere entro i propri confini oltre un milione di cittadini stranieri. Soprattutto quando ciò implica per i 4 milioni di abitanti del Libano sobbarcarsi un incremento di popolazione pari al 20 per cento. Il Libano ha problemi economici, di occupazione, di risorse e di disuguaglianze che persistono da decenni. In secondo luogo vanno considerate le particolarità dello Stato e della società libanese, dove uno Stato assente si coniuga a una società civile sicuramente molto attiva e pronta a mobilitarsi, vivace e “moderna”, ma divisa dal comunitarismo e dal patrimonialismo dei suoi dirigenti e leader.
In terzo luogo ha rilevanza il particolare sistema statale che caratterizza il Libano. In un sistema in cui diversi gruppi sono compenetrati nello Stato e nella società, in un modo che impedisce il completo sviluppo dello Stato moderno, la comparsa di centinaia di migliaia di nuovi arrivati pone un problema che va oltre il quadro umanitario. Soprattutto quando le relazioni tra i due paesi dopo la creazione dei due stati nazione è tutt’altro che semplice; al contrario è piena di sospetti. La Siria non ha mai veramente riconosciuto il paese dei cedri come uno Stato sovrano, ma l’ha considerato come una delle opere dell’imperialismo europeo per dividere l’antica Grande Siria (Bilad A-Sham in arabo). I ventinove anni di occupazione siriana del Libano pesano ancora fortemente sulla memoria e sulla struttura politica libanese. Ciò spiega il motivo per cui la presenza dei profughi grava su questo paese in maniera più esiziale rispetto agli altri paesi della regione che accolgono i siriani.
Infine occorre considerare che centinaia di migliaia di siriani si sono installati in Libano da molto tempo. Anche se è difficile dire con precisione quanti siriani si trovino sul suolo del paese dei cedri, una buona parte di loro, forse più della metà, era in Libano prima degli avvenimenti siriani del 2011. Molti sono venuti per ricongiungersi ai membri della famiglia che si erano già stabiliti in Libano. Uno dei motivi di confusione è che secondo la versione “libanese” i profughi sarebbero un milione, un milione e mezzo. Ma questa presenza umana siriana risale a molto tempo fa, ed era composta da lavoratori poco qualificati, soprattutto nel settore delle costruzioni e in agricoltura: forza lavoro a buon mercato, senza alcuna protezione legale, che cercava di sbarcare il lunario per mandare i risparmi nel paese natale. Ma si potevano anche incontrare turisti o studenti siriani che svolgevano una parte della loro formazione nel paese dei cedri. Occorre tenere conto della porosità e della facilità di attraversare la frontiera comune.
Diversi studi hanno cercato di calcolare le cifre* della presenza siriana in Libano e si presume che la manodopera siriana ammontasse a quasi un milione di anime. Questa immigrazione è stata a lungo conflittuale e i siriani hanno subito attacchi in diverse regioni del paese, con appelli per la loro espulsione promossi da partiti e gruppi politici, e una costante discriminazione. L’uccisione di Hariri nel 2005 non ha fatto altro che aggravare la situazione per questa popolazione. Anche se per un breve periodo i siriani in Libano sono diminuiti, nel 2007 il loro numero era uguale a prima del 2005. In questo contesto era difficile, se non impossibile, accogliere in modo amichevole una popolazione siriana cresciuta del doppio.
Le sfide per il Libano
Da qualche settimana diversi leader libanesi insistono sul problema dei profughi siriani. Il presidente del Paese, Michel Suleiman, ha insistito sul fatto che occorre trovare soluzioni a questa situazione e in particolare ha chiesto l’aiuto internazionale per ripartire gli oneri finanziari legati all’accoglienza di centinaia di migliaia di profughi. Il ministro della Salute pubblica, Ali Hassan Khalil, ha sottolineato che la capacità delle reti ospedaliere è insufficiente e che la situazione diventa sempre più pericolosa. Walid Jumblatt, il leader druso, ha chiesto l’allestimento di campi profughi per i siriani, per facilitare il loro insediamento. Nel frattempo la politica estera libanese di sostegno al regime siriano, in modo più o meno esplicito, così come le azioni di Hezbollah in Siria, hanno sollevato critiche e reazioni. La milizia islamista creata da Ahmad Al-Assir a Sidone, composta – a quanto sembra – in buona parte da siriani, solleva ulteriori interrogativi sulla stabilità del paese.
La situazione umanitaria, comunque, è pesante, per non dire disastrosa. Anche le Nazioni Unite hanno sottolineato la gravità dei problemi dei profughi siriani in Libano, nel settore dell’istruzione e del mercato del lavoro. Diverse organizzazioni umanitarie, come Association Amel, World Child o Save the Children cercano di aiutare i bambini siriani a proseguire i loro studi. Ma le differenze tra i programmi di studio e le necessità economiche delle famiglie che li spingono a lavorare fanno sì che solo il 25 per cento degli studenti continui a frequentare la scuola. Diverse famiglie siriane danno in sposa le loro figlie adolescenti per cercare di sottrarle a un destino di miseria. Infine bisogna aggiungere la questione palestinese: oltre 60mila palestinesi che originariamente vivevano in Siria sono fuggiti in Libano, diventando così due volte profughi.
L’arrivo dei profughi siriani in Libano ha sconvolto il complesso equilibrio confessionale, la politica estera libanese e le infrastrutture del paese.
In questo articolo ho cercato di mostrare i problemi e i limiti dello Stato e della società libanesi e le difficoltà poste dall’arrivo massiccio dei profughi siriani nel paese. La lunga storia delle relazioni tra i due paesi e tra le loro popolazioni, il comunitarismo libanese e la debolezza dello Stato di fronte agli avvenimenti mediorientali dimostrano la crescente problematicità di questa tragedia regionale e umana.
Traduzione di Francesca Gnetti
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*Vedere per esempio Chalcraft John, Of specters and disciplined commodities: Syrian migrant workers in Lebanon, Middle East Report, n. 236, 2005; Gambill Fall 2005; AFP 23 Ott. 2001; UN 3 Dic. 2007; ibid. 13 Apr. 2009; Daily Star 8 Nov. 2005; IWPR 21 Mag. 2008)