Abdelfattah Mourou intervistato da Francesca Bellino – da Reset-Dialogues on Civilizations
“Quello che è successo in Egitto ci ha spinto ad andare nella direzione del compromesso”. Abdelfattah Mourou, avvocato e vicepresidente del movimento islamico Ennahda in Tunisia sintetizza così i motivi per cui il suo partito ha scelto di fare concessioni ai partiti di opposizione e alla società civile e di percorrere la strada del compromesso nel processo costituzionale che ha portato all’approvazione della nuova Costituzione entrata in vigore il 10 febbraio.
Ospite del convegno “La religione e la violenza”, organizzato della Comunità di S. Egidio a Roma, Mourou ha sottolineato che “la scelta del popolo fa arrivare al potere, ma per potervi restare bisogna saper governare il Paese con tutte le componenti della società civile, dal mondo degli affari alla stampa, dagli intellettuali all’opinione pubblica internazionale”.
Mourou, quello che è successo e sta succedendo in Egitto è diverso da ciò che è accaduto in Tunisia, dove la rivolta contro Benali è sfociata in un processo democratico in cui, al di là delle ovvie difficoltà della situazione, le maggiori forze politiche hanno intrapreso la strada del dialogo e del compromesso che ha portato all’approvazione di una costituzione solidamente democratica. Che cosa pensa della destituzione del presidente egiziano Mohammed Morsi?
Non è stata una cosa positiva. Se dopo la sua destituzione fosse iniziato un processo democratico l’avrei pure apprezzata, ma visto quello che è successo, la vedo negativamente. Non condivido quello che ha fatto l’esercito. Tutti i tipi di dittatura non sono accettabili.
Se non verranno fuori figure capaci di guidare il Paese oggi, gente che sappia usare il cervello, l’Egitto continuerà a vivere un periodo difficile. Con il rischio di una guerra civile, perché c’è una parte del popolo egiziano che sta in carcere solo perché appartiene ai Fratelli Musulmani. In Egitto non può esservi democrazia senza i Fratelli Musulmani. E senza i copti e senza i laici. Deve esserci una volontà di dialogo da parte di tutti e mi sembra che né l’esercito né la Fratellanza ce l’abbiano. Serve il dialogo, come c’è stato in Tunisia.
Se lei fosse stato nei panni di Morsi che cosa avrebbe fatto?
Mi sarei rivolto a tutti, giovani, intellettuali, artisti, uomini d’affari, cristiani, laici, chiedendo loro un aiuto per governare.
La Tunisia deve ringraziare gli errori dell’Egitto?
La cultura tunisina è il risultato di una lunga storia che ha visto sempre incrociarsi culture differenti e questo aiuta il dialogo anche oggi. Nel processo costituzionale, per esempio, abbiamo coinvolto anche la società civile, i cittadini. La nuova Costituzione è stata fatta da tutti, riflette la visione di laici e islamici. Ognuno vi si può ritrovare.
E la componente salafita presente in Tunisia?
Noi cerchiamo il dialogo anche con loro, nonostante abbiano minato l’operato del nostro governo. Recentemente hanno ammesso di essere responsabili degli omicidi di Choukri Belaid e Mohamed Brahmi. La polizia è intervenuta e naturalmente con chi ha usato la violenza bisogna applicare la legge. Con gli altri, quelli più pacifici, dobbiamo sforzarci di trovare accordi e forme di dialogo.
Focus Tunisia:
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