Ormai molti associano il nome Dabiq alla rivista in lingua inglese dell’Isis. Ma non molti hanno compreso che a partire dal nome scelto per la rivista si può comprendere un aspetto centrale della visione dell’Isis e anche molto singolare, in quanto rivela l’impronta millenarista che la differenzia da tutti i gruppi jihadisti che l’hanno preceduta. Infatti è noto che l’intento dell’Isis è quello di costruire un vero e proprio Califfato, diversamente da Al Qa’eda che non aveva mai mirato ad una così spiccata territorializzazione. Si osserva che l’Isis mira più al nemico vicino che a quello lontano, contrariamente ad Al Qa’eda e al jihadismo storico, che hanno sempre puntato sulla lotta all’Occidente con spettacolari attentati, che generalmente non attaccavano i governi arabi.
Tuttavia non molti osservano che tra queste caratteristiche specifiche dell’Isis dal punto di vista tattico, esistono anche delle caratteristiche particolari che contraddistinguono l’Isis dal punto di vista religioso-politico, sebbene il pattern sia sempre quello del jihadismo militante. Infatti l’Isis nei suoi scritti usa le tipiche argomentazioni dei gruppi del jihad globale, dall’illegittimità dei governanti islamici attuali che non seguono la shari’ah o non lo fanno in maniera appropriata, alla denuncia dei crimini dell’Occidente (e le conseguenti minacce di vendetta) condite da versetti coranici e hadith – i detti del Profeta – presi senza alcuna contestualizzazione. Ma l’Isis fa qualcosa di più: elabora una visione messianica da fine del mondo che divulga continuamente attraverso ogni suo format propagandistico. A partire da Dabiq. Infatti Dabiq, secondo un hadith riportato infinite volte negli scritti dell’Isis, è il luogo dove avverrà la discesa del Dajjal, l’Anticristo dell’escatologia islamica, e dove gli eserciti musulmani e cristiani finalmente si fronteggeranno e “i Crociati verranno distrutti”.
L’importanza di questa profezia per l’Isis è stata rivelata nel video in cui si annunciava la decapitazione dell’operatore umanitario americano Peter Kassig. “Eccoci, bruciando il primo crociato americano in Dabiq, in trepidante attesa che arrivi il resto dei vostri eserciti”, dichiarava un combattente nel video. L’importanza di Dabiq è confermata anche da un un miliziano che ha combattuto contro Isis, il quale ha dichiarato al Wall Street Journal: “Dabiq è il paese più importante in tutta la Siria per loro … soprattutto per i combattenti stranieri. Loro prendono (le profezie) molto seriamente”. L’hadith 6924 afferma: “L’ultima ora non verrà fino a quando i Romani arriveranno ad al-A’maq o a Dabiq. Un esercito composto dai migliori (soldati) dei popoli della terra in quel momento verrà da Medina (a contrastarli) … Combatteranno e una terza (parte) dell’esercito scapperà, e Allah non li perdonerà mai. (Un terzo) che sarà costituito da eccellenti martiri agli occhi di Allah, verrà ucciso ed il terzo, che non sarà mai messo alla prova, vincerà e saranno i conquistatori di Rum”. Rum in arabo è Roma ma era anche Costantinopoli e per l’Isis che ha già dimostrato di interpretare la Rum dell’hadith come Roma, la conquista della capitale italiana segnerebbe la fine del mondo con l’inizio del Giorno del Giudizio. Per questo le minacce a Roma sono in primo luogo simboliche. È importante anche ricordare che proprio Dabiq fu teatro della battaglia che originò il Califfato Ottomano, circostanza che conferisce al luogo ulteriore valore simbolico.
Questa lettura degli hadith escatologici ha portato l’Isis a giustificare la schiavitù, quando annunciò al mondo tramite la propria propaganda video – e un accurato articolo sulla rivista Dabiq – la vendita delle schiave yazide, sciite, cristiane, ma anche sunnite finite dalla parte sbagliata, poiché secondo un hadith di questo tipo, il ritorno della schiavitù sarebbe uno dei “segni” della fine del mondo. In questo Isis tocca le corde di molti musulmani che sin da piccoli hanno ascoltato narrare in famiglia gli hadith relativi al Giorno del Giudizio, e che nella confusione del mondo moderno credono di riscontrarne numerosi segni. Infatti gli hadith indicano – come in ogni tradizione millenarista – che il Giorno del Giudizio verrà anticipato da guerre, sconvolgimenti naturali, esseri umani che crederanno al falso e sbugiarderanno il vero, eccetto una piccola comunità di veri credenti.
È importante sottolineare questa vena millenarista dell’Isis, perché è un altro degli elementi che la rendono unica nella storia dei movimenti jihadisti. I giovani che dalle banlieue raggiungono il Califfato, sono talvolta spinti dalla convinzione di scrivere davvero le ultime pagine della Storia: non solo la convinzione di costruire un Califfato sunnita che rivivifichi le antiche glorie dell’Islam e faccia riprendere il posto che spetta alla civiltà islamica, percepita come umiliata e debole, ma anche certezza di essere sulla curva finale della Storia e tra coloro che stanno operando per l’arrivo del Giudizio divino sull’umanità, momento di massimo riscatto per chi pensa di aver subito ingiustizie. L’Isis crede davvero in queste profezie, studiarle e conoscerle diventa perciò importante anche per noi, perché su di esse si baseranno tattiche di battaglia, con le armi e con il pensiero.