Nucleare Iran, accordo “storico” ai negoziati di Losanna

Otto giorni di colloqui estenuanti, lunghe nottate di consultazioni: non è stato facile raggiungere l’accordo annunciato giovedì sera a Losanna dai rappresentanti dell’Iran e di sei potenze mondiali (il gruppo detto 5+1, cioè le 5 potenze del consiglio di sicurezza dell’Onu più la Germania), più l’Unione europea. Un «accordo quadro» (framework agreement), o meglio una «dichiarazione congiunta» (joint statement), che dovrà portare a un vero e proprio accordo sul programma nucleare iraniano, da definire e formare entro il 30 giugno. Ma non bisogna sbagliarsi: per quanto preliminare, il documento letto a Losanna dalla rappresentante europea Federica Mogherini e dal ministro degli esteri iraniano Javad Zarif segna già un fatto politico e perfino simbolico di grande importanza: perché se verrà chiuso il «dossier nucleare» si apre la possibilità di aprire nuovi capitoli di cooperazione politica tra l’Iran e altre potenze ben al di là del nucleare. Non esagerava, il ministro Zarif, quando ha detto «siamo riusciti a fare la storia». Anche il presidente degli Stati Uniti Barack Obama ha parlato di «intesa storica». E però, proprio per questo, si potrebbe aggiungere che il bello viene adesso. Vediamo perché.

L’accordo 

La prima sorpresa è quanto sia preciso il documento diffuso a Losanna, cioè quanti dettagli siano stati rivelati dai negoziatori. In sintesi estrema, l’Iran si è impegnato a ridurre in modo drastico il suo programma nucleare: manterrà in funzione circa 6000 centrifughe per l’arricchimento dell’uranio (un terzo delle attuali quasi 19 mila), solo di prima generazione (e non quelle più sofisticate), solo in un impianto (oggi sono due) e solo per produrre combustibile per le centrali elettronucleari, cioè un arricchimento non superiore al 3,6 percento. Accetta di ridurre in modo drastico lo stock di uranio arricchito attuale, di non costruire nuovi impianti per lo stesso periodo e riconvertire un reattore ad acqua pesante oggi in costruzione in modo che non possa produrre plutonio per eventuali usi militari. E si sottoporrà in modo permanente a un regime di controlli supplementari dell’Agenzia internazionale per l’energia atomica (Aiea). Come ha osservato il presidente Obama giovedì sera, l’Iran sarà sottoposto a più controlli di qualunque paese al mondo.

D’altra parte, le potenze mondiali hanno accettato di revocare le sanzioni sulle banche, assicurazioni e industria petrolifera, via via che gli accordi saranno applicati, e di cancellare le risoluzioni emanate dal Consiglio di sicurezza dell’Onu contro il programma nucleare iraniano a partire dal 2006. Quando e con quale gradualità saranno tolte le sanzioni è stato uno dei punti più complicati (interessante mettere a confronto la sintesi dell’accordo redatta dal Dipartimento di Stato Usa e da un sito ufficioso della diplomazia iraniana).

«Non permetterò che l’Iran acquisisca la bomba nucleare»

Non deve stupire che ciascuna parte usi accenti diversi per descrivere l’accordo – in fondo, ciascuno parla alla propria opinione pubblica, e alla propria politica interna. Il presidente Obama giovedì ha sottolineato che questo accordo era la migliore opzione possibile: perché renderà molto difficile per l’Iran perseguire un programma militare qualora ne avesse l’intenzione: «Ho sempre detto che non permetterò che l’Iran acquisisca la bomba nucleare, e non lo permetterò».

La Casa Bianca però non avrà vita facile, e il presidente lo sa benissimo. Il 14 aprile la commissione esteri del Senato Usa si riunirà ed è possibile che discuta nuove proposte di sanzioni contro l’Iran, o una possibile legge che imporrebbe al presidente Obama di chiedere l’autorizzazione del Congresso al futuro accordo con Tehran. Il mese scorso un gruppo di 47 senatori ha scritto una lettera al Leader supremo dell’Iran, per dire che qualunque accordo possa raggiungere con l’amministrazione Obama, la prossima amministrazione potrà cancellarlo «con un colpo di penna». Una gaffe, dal punto di vista della diplomazia internazionale (che tra l’altro può aver rafforzato la posizione negoziale dell’Iran, al contrario di quanto volevano i senatori Usa). Ma dimostra che nel Congresso c’è una irriducibile opposizione all’accordo, e questa farà di tutto per mettere una seria ipoteca a ogni intesa con l’Iran. Unica nota a favore del presidente, l’opinione pubblica Usa sembra decisamente opposta a nuove guerre in Medio Oriente – e anche i suoi oppositori nel Congresso dovrà tenerne contro.

L’amministrazione Obama deve poi tenere conto della diffidenza di molti paesi del Medio Oriente verso l’Iran. Non è solo diffidenza verso le intenzioni iraniane circa il programma nucleare: molto più importante è la rivalità strategica, il timore di vedere l’Iran tornare sulla scena politica regionale con una nuova influenza. L’opposizione di Israele è ben nota, ma non è da meno quella dell’Arabia saudita. Non per nulla Obama ha subito chiamato il sovrano saudita, re Salman – il quale ha fatto buon viso, ed espresso «la sua speranza che si arrivi a un accordo finale e vincolante che rafforzi la stabilità e la sicurezza della regione». La Casa Bianca ha anche annunciato che riunirà in primavera un summit con i paesi arabi della regione, a Camp David.

Tehran festeggia 

In Iran l’accordo di Losanna è stato accolto con festeggiamenti pubblici nella notte. Per strada, a Tehran, abbiamo sentito slogan che risuonavano quelli del movimento riformista. È stato perfino invocato Mossadeg – il premier nazionalista che nel ’53 aveva nazionalizzato il petrolio. Il ministro degli esteri Zarif è stato accolto come un trionfatore e un eroe. Ma non solo: venerdì, il predicatore ufficiale di Tehran, l’anziano ayatollah Emami-Kashani, ha lodato il team di negoziatori: «Il Leader supremo sostiene questi nostri rappresentanti», ha detto, ed è la frase chiave. Il negoziato ha avuto tutto l’appoggio del Leader, prima autorità dello stato. Ed è ovvio che il successo rafforza il presidente Hasan Rohani e il suo governo. Così, un Rohani raggiante ieri ha dichiarato che l’Iran ha salvaguardato i suoi diritti: continuerà ad arricchire uranio sul territorio nazionale, nessun impianto verrà chiuso. Un discorso molto esplicito quello del presidente iraniano: il programma nucleare iraniano «non sarà contro nessuna nazione, del Medio Oriente o del mondo»; l’Iran «manterrà gli impegni presi nel negoziato». Ma certo, se l’altra parte non manterrà i suoi «anche l’Iran cambierà strada». Soprattutto, Rohani ha insistito che la promessa di risolvere il contenzioso sul nucleare è legata alla promessa di dare benessere e opportunità di sviluppo economico al paese, che significa alleggerire il peso delle sanzioni: «Rimuovere gli ostacoli alle attività economiche, creare lavoro e opportunità per i nostri giovani». Anche Rohani sa che avrà opposizioni interne e ostacoli nella regione, ma ha guadagnato una battaglia.

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