Da Reset-Dialogues on Civilizations
È già sceso il buio ad Atene quando salgo su un autobus diretto a Nafplio, antica città greca e prima capitale della Grecia indipendente dal 1829 al 1834. Ho intenzione di prendermi qualche giorno di vacanza, dopo aver viaggiato lungo la rotta dei migranti e dei richiedenti asilo da Smirne a Belgrado, passando per Ayvalik, Lesbos, Atene, Sofia e Dimitrovgrad.
Ma in questi giorni ad Atene sembra non esserci luogo non toccato dal flusso migratorio, dopo la chiusura del confine di Idomeni ai migranti non siriani, afghani e iracheni e dopo che il 9 Dicembre 45 autobus hanno riportato ad Atene i circa 2400 migranti bloccati alla frontiera tra la Grecia e la Macedonia (FYROM). Negli ultimi sedili dell’autobus ci sono cinque migranti pakistani diretti a Nafplio, di certo non una delle destinazioni favorite da coloro che in questi giorni stanno cercando di trovare un modo di raggiungere l’Europa. “Rimaniamo qui fino a che apriranno di nuovo il confine” mi racconta Taieb, con ostentato ottimismo.
Non solo il confine di Idomeni è in questo momento inaccessibile ai cosiddetti “migranti economici”, ma le misure nei loro confronti potrebbero inasprirsi, con il rischio deportazione che si fa sempre più concreto. La speranza di Taieb di penetrare nella fortezza Europa è al momento del tutto vana. Nelle stesse ore infatti, nell’isola greca di Lesbos, luogo d’arrivo della maggior parte dei richiedenti asilo dalle coste turche, la polizia greca ha confermato che al campo di Moria i migranti nordafricani non saranno più registrati, ma detenuti dalle autorità greche e trasportati ad Atene, per poi essere rimandati ai loro paesi d’origine. Lo stesso trattamento verrà molto probabilmente riservato ai pakistani e agli iraniani, che in numero sempre più consistente hanno raggiunto in questi mesi le coste dell’Egeo.
Taieb non ha le carte in regola per essere considerato un rifugiato politico, non scappa da una guerra o da persecuzioni, ma se ne sta andando per riuscire a guadagnarsi dei soldi in maniera rapida e onesta per poi permettere alla sua famiglia di raggiungerlo da qualche parte in Europa nel futuro immediato. Se il viaggio di Taieb dovesse finire prima di raggiungere destinazione, i suoi sforzi e sacrifici di questi mesi sarebbero sprecati. “Sono partito da Lahore più o meno un mese fa con altri cinque amici. Abbiamo speso circa 3000 euro a testa per questo viaggio. Mille euro per attraversare l’Iran e duemila per viaggiare dalla Turchia ad Atene. Dal confine tra Pakistan e Iran a quello tra Iran e Turchia abbiamo viaggiato in quindici in un’automobile, stretti l’uno contro l’altro nel retro e nel bagagliaio dell’auto. Quando sentivo dolore e mi lamentavo mi dicevano di stare zitto. Ci abbiamo messo circa una settimana ad entrare in Turchia. Abbiamo viaggiato fino a Bodrum e da lì in barca, in una cinquantina di persone, fino all’isola di Kos. La barca dondolava di continuo. Ogni tanto chiudevo gli occhi. Immaginavo di essere in un sogno, di non essere in quel luogo realmente, di non rischiare la mia vita in qualsiasi momento. Siamo arrivati a Kos, ci siamo fatti registrare e tre giorni fa siamo sbarcati ad Atene. Aspettiamo che riaprano il confine, per poi ripartire.”
Per Taieb, il passo successivo è ancora un enigma. L’unica sua sicurezza, per ora, è il suo amico d’infanzia Anar, che in Grecia ci è arrivato sette anni fa, quando la tratta era ben più difficile di adesso. “Al tempo ho provato ad attraversare il confine turco-iraniano almeno una decina volte” racconta Anar, “ogni volta venivo respinto dalla polizia iraniana, ma ci provavo ogni singolo giorno, finché finalmente ce l’ho fatta.” Anar ora parla greco e lavora nella cucina di un ristorante della città di Nafplio, che d’estate pullula di turisti provenienti da ogni angolo del mondo. Il suo salario è di 15 euro al giorno, lavorando in media dalle 10 alle 12 ore. In tutto riesce a intascarsi circa 350 euro al mese. Il suo piccolo appartamento costa circa 300 euro, che condivide con altri tre ragazzi pakistani, per starci dentro con le spese. In questi giorni in quella casa ci saranno anche Taieb e i suoi connazionali, che si divideranno il poco spazio a disposizione, finché decideranno come procedere. Chiedere asilo politico in Grecia, per quanto sia complesso, non è un’idea che sfiora Taieb. Trovare un lavoro in Grecia in questo periodo pare quasi impossibile. Anar vive a Nafplio da 7 anni e ha uno stipendio da fame, ma non ha l’aria di chi si lamenta. “Dei pochi stranieri che vivevano a Nafplio” racconta Anar, “la maggior parte hanno lasciato la Grecia quest’estate nel caos migratorio, io invece preferisco rimanere qui.”
Nel frattempo l’autobus continua il suo viaggio tra i piccoli paeselli e i campi d’olivo del Peloponneso. A una delle fermate salgono una decina di persone, tra le quali un giovane ragazzo che si siede proprio dietro di noi. Qualche minuto dopo mi chiede se sono di Nafplio e se conosco qualche posto dove può dormire. Dice di essere israeliano e di essere in viaggio “per prendere un po’ d’aria e per rinfrescarsi le idee”. Ha da poco terminato di prestare servizio militare nei territori occupati e a Gaza. “Lavoravo nei carri armati” mi racconta. “Una volta a Gaza abbiamo sparato 28 bombe in una sola notte, per distruggere i tunnel sotterranei. Sparavamo ad ogni cosa che si muovesse” continua. “Mi sto rendendo conto in questi mesi di quello che ho fatto. Non sono orgoglioso di aver ammazzato delle persone. Rispondevo agli ordini. Facevo quello che dovevo fare. Ora voglio prendere un po’ d’aria. Viaggiare in Grecia e poi in India”, racconta indicando i ragazzi pakistani, pensando probabilmente che siano indiani. Gli racconto che sono migranti pakistani, che hanno viaggiato stretti come sardine dentro a un’auto per attraversare l’Iran, attraversando nudi un fiume al confine turco-iraniano, con l’acqua che gli arrivava alle spalle; che hanno viaggiato in 50 dentro a una barca da Bodrum a Kos per poi ritrovarsi ad Atene, senza la minima idea di dove andare. Taieb chiede al ragazzo israeliano che intenzioni abbia per il futuro. “Voglio viaggiare in India, poi in Tailandia, in Cambogia e in Laos. Voglio liberare la mia mente da queste pesanti esperienze”. Taieb annuisce senza aggiungere nulla. Il suo viaggio è del tutto diverso ed è ora in fase di stallo. È bloccato in Grecia, con un permesso di residenza di un mese che scadrà tra una ventina di giorni, senza alcuna via d’uscita. Lui, però, non sembra perdere l’ottimismo. “Quando riapriranno il confine, continueremo il nostro viaggio”.
Immagini: Le fotografie sono di Nicola Zolin
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