Da Reset-Dialogues on Civilizations
Da Khaled Abdul Waha, l’imprenditore tunisino che salvò gli ebrei dalle mani dei nazisti, a Mohammed Bouazizi, il giovane ambulante tunisino che dandosi fuoco ha acceso la miccia delle Primavere arabe. E poi due coraggiosi protagonisti della resistenza all’autoproclamatosi “stato islamico” come Mohamed Naceur ben Abdesslem – guida turistica che durante l’attento al Bardo ha messo in salvo un gruppo di italiani – e Khaled al-Asaad, direttore del sito archeologico di Palmira, vittima dei seguaci del Califfo. Sono questi i quattro giusti ricordati nel verde che circonda l’ambasciata italiana a Tunisi, ai quali si è aggiunto, a poche ore dalla strage di Dacca, Faraaz Hussein – lo studente bengalese che durante l’attentato terroristico al ristorante Holey Artisan, pur avendo recitato correttamente i versetti del Corano che gli avrebbero salvato la vita, ha deciso di non abbandonare le amiche, vestite all’occidentale, cadendo vittima dei terroristi.
Il 15 luglio è nato a Tunisi il primo Giardino dei Giusti di tutto il Medio Oriente, un lembo di terra dove gli alberi piantati sono dedicati a persone che si sono contraddistinte, con il loro operato, per l’apporto dato all’umanità, divenendo quindi modelli da seguire. Piante dalle quali parte un messaggio che vuole contagiare le terre limitrofe, nella speranza di renderle fertili a una cultura di pace, tolleranza e rispetto dei diritti umani.
Nato nel 2001 e presieduto da Gabriele Nissim, il Comitato per la Foresta dei Giusti-Gariwo onlus, mira ad accrescere e approfondire la conoscenza e l’interesse sui Giusti, coloro che, riprendendo un passaggio biblico, salvando una vita, salvano il mondo intero. Applicato per la prima volta in Israele in riferimento a coloro che hanno salvato gli ebrei durante la persecuzione nazista in Europa, il concetto di Giusto è stato ripreso per ricordare i tentativi di fermare lo sterminio del popolo armeno in Turchia nel 1915 e per estensione a tutti coloro che nel mondo hanno cercato o cercano di impedire il crimine di genocidio, di difendere i diritti dell’uomo – in primo luogo la dignità umana – nelle situazioni estreme, o che si battono per salvaguardare la verità e la memoria contro i ricorrenti tentativi di negare la realtà delle persecuzioni. Per diffondere questo concetto, da anni Gariwo ha dato vita a veri e propri luoghi della memoria, piccole foreste fatte nascere in quelle terre che nel corso del XX secolo sono state teatro di genocidi, stermini di massa e crimini contro l’umanità. Da Milano, dove nel 2003 è stata piantata la prima foresta a Monte Stella, a Varsavia, passando per l’Armenia, la Bosnia, Israele, la Repubblica Ceca e il Rwanda: i Giusti ricordati fino ad ora sono soprattutto quanti sono resistiti, fisicamente e moralmente, ai totalitarismi del secolo scorso.
La Tunisia sembra il terreno ideale per la realizzazione di un progetto come questo nella sponda sud del Mediterraneo. Nonostante la crisi economica e la minaccia del terrorismo che solo un anno fa colpiva ferocemente con gli attentati al Museo del Bardo e alla spiaggia di Sousse, la Tunisia è infatti l’unico Paese tra quelli interessati dalle “Primavere arabe” ad aver scelto la democrazia come argine al fondamentalismo. In questo quadro, assume un importante significato morale e politico l’iniziativa di Gariwo, già annunciata in occasione del Festival dei Diritti Umani di Milano, con la diplomazia italiana e i più autorevoli rappresentanti della società civile tunisina, protagonisti di una transizione democratica presa a modello per l’intera regione e alla quale Reset-Dialogues ha già dedicato progetti ed eventi. “Qui abbiamo voluto ricordare quei Giusti che cercano di combattere l’integralismo proponendo un’alternativa e compiendo gesti di umanità. Basta pensare a quanto poco sia conosciuto Khaled Abdul Waha. Durante l’occupazione tedesca della Tunisia nascose a casa sua una quarantina di ebrei che si salvarono, ma nessuno ne parla, soprattutto in Medio Oriente. Eppure è un emblema di convivenza che deve essere conosciuto” spiega Nissim a Reset.
“Dopo la strage del Bardo, noi siamo stati dimenticati” dice a Reset la guida Mohamed Naceur ben Abdesslem, ricordando che nessuno, prima di Gawiro, lo aveva ringraziato per aver messo in salvo i nostri connazionali. “Siamo stati risucchiati dal dibattito sul fanatismo islamico. Un dibattito che non dovrebbe esistere perché l’Islam vero non può essere accostato al fanatismo. Ora però, grazie a questa iniziativa all’interno dell’ambasciata italiana potremo riaffermare l’esistenza di un Islam vero che ama i turisti e li ritiene amici e fratelli. Ho superato lo shock vissuto dopo la strage del Bardo, ma non riesco ancora a non provare dolore quando passo davanti al Museo e non vedo neanche un autobus turistico. È giusto che il mondo conosca la nostra ricchezza culturale e l’apprezzi. Solo così possiamo superare la dicotomia in auge con lo scontro di civiltà.”
E il giardino dei Giusti di Tunisi fa anche questo, accendendo i riflettori su arabi musulmani, passati quasi in sordina all’estero. Compiendo un salto di qualità, Gawiro celebra, per la prima volta, il valore di cinque Giusti arabi e musulmani che, mettendo a rischio la loro vita, hanno lottato contro la persecuzione, il terrorismo e per la difesa dei diritti umani. Con questa iniziativa, Gawiro compie un ulteriore passo in avanti, in continuità con il risultato ottenuto il 10 maggio 2012, con l’istituzione, da parte del Parlamento Europeo, della giornata europea dei giusti che si celebra il 6 marzo. Ma Nissim e i suoi non intendono fermarsi. Le terre che la Foresta dei Giusti vuole rendere fertili sono ancora tante. Luoghi fisici, ma anche culturali e intellettuali da raggiungere attraverso la diffusione di una carta dei valori contenente i principi ispiratori nella scelta dei Giusti e la creazione di un’accademia del pensiero capace di porre all’attenzione del mondo culturale, accademico, scientifico, artistico, le sfide del nostro tempo per ragionare insieme, proporre analisi, punti di vista, percorsi, esiti e sbocchi pratici. “Quella che abbiamo davanti è in primis una battaglia culturale. E dobbiamo proporre una nuova prospettiva. Se i seguaci del “Califfo” si presentano come portatori di valori etici, noi vogliamo sostenere e rafforzare quelle figure, musulmane, che credono nella diversità, nella pluralità e nella convivenza. Il giardino dei Giusti di Tunisi sta compiendo questa missione e siamo certi che saranno molti i musulmani che venendo a conoscenza di questi Giusti, li sosterranno.”
Photo Credits: Nissim fotografato da Leonardo Brogioni per il Festival dei Diritti Umani
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