Dopo essere stata dichiarata un’organizzazione fuori legge, tornando di fatto in un’epoca nella quale è bandita dalle dinamiche politiche egiziane, la Fratellanza Musulmana deve ora decidere quale ruolo cercherà di giocare nel futuro politico egiziano.
Usciti vincenti da tutti i tre appuntamenti elettorali del post Mubarak e scossi dall’inversione di marcia che ha relegato l’ex presidente Mohammed Mursi e quasi tutti i membri della loro leadership dietro le sbarre, gli islamisti devono ora riorganizzarsi.
Scenari
Visitando la sede cairota dell’alleanza a sostegno della legittimità, si capisce che a portare avanti la lotta per la riabilitazione di Mursi sono Mohammed Ali Bishr e Amr Darrag. Gli stessi che hanno diffuso “la visione strategica del fronte che rifiuta il golpe”, elencando le condizioni per un’eventuale partecipazione degli islamisti alla nuova vita politica egiziana.
Nonostante il loro attivismo – di fatto sono tra i pochi uomini ai vertici della Fratellanza a piede libero – non è affatto chiaro quanto Darrag e Ali Bishr abbiano in pugno il controllo di un’organizzazione dove da anni convivono, non serenamente, voci diverse.
Gli islamisti sembrano ragionare su tre possibili scenari: escalation di violenza su larga scala, continuazione delle proteste di strada al fine di delegittimare il nuovo ordine e accomodamento finalizzato alla ricerca di una certa inclusione nel nuovo corso.
Affinché questo ultimo scenario possa realizzarsi sarebbe necessario non solo un chiaro intento di inclusione da parte delle autorità ora al potere, ma anche il riconoscimento da parte della Confraternita degli scarsi risultati conseguiti durante il suo periodo al governo. Entrambe le condizioni non sembrano esser prese in seria considerazione dalle due fazioni.
Riformismo
La Fratellanza dovrebbe poi essere pronta a intraprendere un nuovo percorso formativo che la trasformi da un surrogato di stato sociale basato sulla mobilitazione religiosa in un attore con un’identità politica chiara che abbandona la violenza e l’uso della religione come strumento per la mobilitazione sociale.
Messi fino ad ora a tacere dai vertici conservatori, è teoricamente possibile pensare che i giovani islamisti su posizioni più riformiste approfittino della crisi interna per far sentire la loro voce. Ciononostante, sia da un punto di vista ideologico che tattico, non si vede nessun segnale di trasformazione all’orizzonte.
Sorellanza
Se osservando la Fratellanza non si scorge nessun cambio di rotta, guardando la Sorellanza musulmana si notano invece significativi cambiamenti. Il ramo femminile dell’organizzazione, creato nel 1933 sei anni dopo la nascita della Confraternita, si sta visibilmente riattivando.
Quando Labiba Ahmed venne messa a capo del ramo femminile della Fratellanza, il suo compito principale fu quello di raggruppare ragazze da avvicinare ai valori dell’Islam e da educare a essere buone mogli e bravi madri. Il ruolo delle donne era limitato al lavoro sociale – ricoveri e lotta all’analfabetismo – e all’azione di predicazione.
Ciononostante, nelle diverse fasi della storia del movimento, le Sorelle Musulmane si sono fatte vedere in strada, soprattutto dopo i costanti giri di vite che i diversi presidenti hanno inferto alla Confraternita.
Dopo la rivoluzione del 25 gennaio, le donne non sono state coinvolte nei processi decisionali del movimento giunto al potere. A dimostrarlo è stata la loro assenza nell’ufficio di orientamento. Ciononostante, volti femminili hanno ricoperto cariche rappresentative, soprattutto all’estero, di Libertà e Giustizia, il partito nato dalla Fratellanza.
Come da tradizione, la loro visibilità è aumentata quando, dopo l’intervento militare del 3 luglio scorso, molti dei loro uomini sono tornati dietro le sbarre. I cortei islamisti che continuano a sfilare al Cairo e ad Alessandria sono spesso guidati da donne che non si limitano a partecipare, ma organizzano logistica, simboli, slogan e messaggi da utilizzare nel corso del tragitto.
L’attivismo della Sorellanza ha portato alla creazione di almeno tre movimenti totalmente rosa: Donne contro il golpe – che si oppone alla cacciata di Mursi – Ragazze ultras Azhari – contro il modo in cui le forze di sicurezza trattano gli studenti universitari ora che sono state nuovamente autorizzate ad entrare nei campus – e Movimento delle 7am, un gruppo di studentesse che manifesta all’alba, prima di entrare in classe.
È da quest’ultimo gruppo che provengono le 21 ragazze, di cui sette minorenni, condannate a 11 o 15 anni di carcere per vandalismo, teppismo e uso illecito di armi da mischia. Le immagini precedenti a quelle che le immortalano vestite di bianco dietro le sbarre di un’aula del tribunale di Alessandria mentre vengono rilasciate sono quelle che le riprendono mentre incitano le compagne a manifestare con forza contro i militari golpisti.
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Azzurra Meringolo è ricercatrice presso l’Istituto Affari Internazionali (IAI), e caporedattrice di Affarinternazionali. È coordinatrice scientifica di Arab Media Report, autrice di “I Ragazzi di piazza Tahrir” e vincitrice del premio giornalistico Indro Montanelli 2013. Potete seguirla sul suo blog e su twitter a @ragazzitahrir.