Da Reset-Dialogues on Civilizations
Mentre il padre discuteva di politica con i maggiori leader mondiali, dalla stanza accanto lei ascoltava. Così è cominciato il percorso politico di Samia Nkrumah, figlia del primo presidente del Ghana e prima donna a capo di un partito politico nel suo Paese, il Convention People’s Party (CPP).
Parla perfettamente italiano “la Mandela donna”, così alcuni giornali hanno definito Samia, e qualcuno ritiene che lei abbia quella tossina letale, quel cocktail micidiale di bellezza, cervello e visione politica. Porta un vestito arancione con larghe maniche sui gomiti, sorride e abbraccia tutti con la generosità delle persone forti.
Sposata con un italo-danese, per Samia anche questo legame affettivo rientra nella sua visione politica. “È parte della vita” spiega a Reset-DoC, “Penso che essere sposata con un italiano arricchisca quello che faccio perché siamo in un villaggio globale e penso che questo aiuti la comprensione fra culture”. Sorride sempre e comunque.
L’Italia è stata una tappa importante anche nel percorso del padre, Kwame Nkrumah, che decise di entrare in politica nel 1935 quando vide l’Italia inseguire le sue ambizioni coloniali in Africa. Le scelte accademiche di Kwame, prima in storia dell’arte e poi in teologia, non avrebbero spinto molti a vedere in lui l’uomo che avrebbe portato il Ghana all’indipendenza dall’Inghilterra nel 1957. Le sue frequentazioni filo-comuniste tra marxisti del Trinidad, russi e cinesi lo portarono ad essere chiamato “il Lenin africano” e spinsero l’FBI a metterlo sotto sorveglianza. Un personaggio difficile che la figlia definisce con amarezza e orgoglio come un padre amabile che sacrificò tutto, anche la famiglia, per i suoi programmi e ideali politici.
Ora la vita di Samia ruota intorno alla politica del padre, a quel progetto politico che lui non ha fatto in tempo a realizzare: Kwame ha dato al Ghana l’indipendenza politica, ora Samia si batte per l’indipendenza economica.
“L’economia è il principale obiettivo” afferma con decisione, “Lo deve essere per soddisfare i bisogni primari della nostra gente”. Secondo i dati della Banca Mondiale, circa il 20% della popolazione in Ghana non ha accesso all’acqua potabile e il 30% non ha accesso all’energia elettrica, percentuale che raggiunge il 70% nelle scuole. Quasi nessuno (83%) ha internet. La disoccupazione ha superato il 16% e circa una persona su tre è sotto la soglia di povertà.
“Esportiamo materie prime e ora dobbiamo aggiungere valore alla nostra produzione industriale, manifatturiera ed energetica. Questo ci darà forza” spiega Samia. Dal 1965 al 1990 il Ghana è stato autosufficiente dal punto di vista energetico grazie alla diga di Akosombo costruita dagli italiani di Impregilo sul fiume Volta. Ora questa diga soddisfa a malapena la metà del fabbisogno energetico del Paese. Il Ghana galleggia sopra 700 milioni di barili di riserve di petrolio e sopra 22,6 miliardi di metri cubi di gas e nonostante ciò rimane legato alla combustione di carbone e legna. Con l’attuale ritmo di deforestazione, le foreste in Ghana scompariranno entro 20 anni e, secondo i dati delle Nazioni Unite, ci sono 213 specie a rischio di estinzione. Un Paese che muore pur avendo tutto per poter vivere.
La Cina ha firmato un accordo per finanziare 15 miliardi di dollari di progetti in infrastrutture e la China Development Bank ha dato un prestito di 3 miliardi di dollari nel 2012 per sviluppare il settore degli idrocarburi. “Noi vogliamo essere ricchi, vogliamo creare, vogliamo inventare, vogliamo essere in grado di negoziare con gli altri con consapevolezza” dichiara Samia consapevole dell’urgenza di ristabilire dei rapporti alla pari con i Paesi che fino a qualche decennio fa sfruttavano il suo territorio o ambivano a farlo. Samia parla di “cooperazione senza sfruttamento”, un obiettivo difficile in un continente che nel 1939 era occupato da sette potenze coloniali.
Samia riconosce “cooperazione senza sfruttamento” in un progetto presentato nel museo MAXXI di Roma nel maggio del 2014 dall’architetto Mauro Cucinella: il progetto di una biblioteca dedicata a Kwame Nkrumah, un luogo di produzione creativa e di cultura, di aggregazione. Una grande piazza del sapere senza finanziamenti certi al momento, ma forse anche una cattedrale nel deserto per un Paese che ha necessità legate alla sopravvivenza più che all’elaborazione. Al di là delle diverse opinioni, questa biblioteca avrebbe la capacità di proiettare il Ghana in quella dimensione che immagina Samia.
“La democrazia è un processo, i diritti umani sono un processo, con l’istruzione e la cultura e la consapevolezza così si combatte la nostra principale battaglia, quella contro le malattie, l’analfabetismo, la povertà” sorride sempre Samia.
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