Da Reset-Dialogues on Civilizations
Un casello della bistrattata Salerno-Reggio Calabria. Non uno qualunque, ma quello che più tiene viva la memoria della ferita che il fascismo ha lasciato nella nostra storia. Tarsia, ovvero l’uscita che porta ai Campi Ferramonti, il più grande campo di concentramento realizzato in Italia dopo la proclamazione delle leggi razziali. È in questa striscia di terra estesa fino al fiume Crati dove l’8 settembre del 43 erano stipate 2200 persone che sorgerà il cimitero dei migranti. Un camposanto internazionale per dare degna sepoltura alle migliaia di persone morte rincorrendo il sogno di approdare in Europa, il continente dove fanno risiedere la speranza di riscatto dalla fame e dall’indigenza.
“Sarà un luogo dove i familiari di queste vittime potranno piangere i loro cari”, ci dice Franco Corbelli, leader del movimento Diritti Civili e promotore dell’iniziativa. Ci riceve dopo aver saputo che la battaglia iniziata all’indomani della strage di Lampedusa del 3 ottobre 2013 sembra ormai giunta a un punto di svolta. Il governatore della Calabria Mario Oliviero ha infatti accolto il suo progetto e si è impegnato ad attivare il percorso amministrativo necessario alla realizzazione del cimitero, chiedendo fondi anche al governo. “E perché no, all’Unione europea, visto che il cimitero sarà internazionale e non accoglierà solo le vittime del Mediterraneo. La questione migratoria è una tematica che sta a cuore all’intera Europa”, aggiunge Corbelli.
La notizia del via libera del governatore arriva infatti mentre il vecchio continente prova ad affrontare maldestramente e affannosamente la questione migratoria, in giornate in cui il Mediterraneo e i limes europei si vestono sempre più a lutto. Il progetto del cimitero dei migranti prende forma poche ore dopo la decisione della Cancelliera Angela Merkel di spalancare le porte della Germania a tutti i profughi siriani. Una decisione presa in deroga al regolamento di Dublino che prevede che i migranti rimangano nel paese dove approdano e sfidando i neonazisti che la scorsa settimana hanno incendiato una palestra di Nauen adibita a centro di accoglienza per immigrati. Nello stesso momento in cui l’Ungheria alza una barriera con la Serbia per impedire l’ingresso dei migranti che hanno preferito affidare le loro speranze alla rotta balcanica (Turchia, Grecia e paesi della Ex Jugoslavia). Mentre a casa nostra un consigliere di Bolzano propone di mettere una tassa sui buonisti che vogliono accogliere gli immigrati.
“Eventi che fanno capire che ora c’è massima attenzione sul tema dell’immigrazione. Forse è per questo che il progetto risuona anche nelle orecchie delle autorità. Fino ad ora le istituzioni non erano state solidali con noi. Le autorità interpellate non hanno dato cenni di interessamento. A nulla sono serviti i miei appelli ai ministri degli Interni, Sanità ed Esteri (guidato all’epoca da Federica Mogherini, ndr). Eccezione fatta per il presidente della Camera Laura Boldrini che ha sostenuto l’idea sin dall’inizio” fa notare Corbelli, conscio del fatto di non trovare ampio sostegno neanche dalla popolazione locale, spaventata da quella che i mezzi di informazione italiani continuano a chiamare emergenza immigrazione.
Un fenomeno che sembra inarrestabile e che ha portato Corbelli a modificare alcuni aspetti logistici del progetto che aveva in mente. Prima di individuare insieme al sindaco di Tarsia Roberto Ameruso una zona di decine di ettari di terreno comunale limitrofa a Ferramonti, il leader di Diritti Civili aveva proposto di realizzare il cimitero su una collina di terra ereditata dalla madre. “Ma la cronaca ci dice che questa tragedia è senza limite e ho pensato che serviva quindi un’area molto vasta. Per questo il mio pensiero è andato a Ferramonti. È chiaramente un posto che ricorda una pagina nera della nostra storia, ma è anche risaputo che in questo campo dove sono transitati ebrei provenienti da Cecoslovacchia, Austria, Libia, Grecia, Albania e Italia, si cercarono di salvaguardare condizioni di vita discrete. È quindi un luogo con un forte significato. Il nucleo ideale per ospitare un cimitero come quello che abbiamo in mente.”
Accanto al luogo storico dove settant’anni fa le vittime del fascismo erano stipate in 46 baracche dovrebbero ora essere ospitati quelli che Enrico Calamai, console italiano in Argentina durante l’operazione Condor, ha definito i nuovi desaparecidos. Sognatori e sognatrici anche molto piccoli che ammassati sulle carrette del mare o affogati nel Mediterraneo vengono sempre più spesso ridotti a numeri, privati delle loro storie e delle loro identità. Ed è per questo che dietro al progetto del cimitero dei migranti si nasconde un altro ambizioso obiettivo. Dare a ogni vittima il proprio nome. Già dopo la strage di Lampedusa, il governo ha cercato di creare un registro delle vittime, prelevandone il Dna. “Si tratterebbe ora di perfezionare il meccanismo per garantire che ogni salma abbia un nome” spiega Corbelli che pur non avendo ancora messo nero su bianco i particolari del suo progetto ha già in mente come potrebbe funzionare. “Le salme dovrebbero arrivare via mare sulla costa Jonica, all’altezza di Corigliano. Da qui potrebbero essere trasportate via terra a Tarsia in mezz’ora di macchina.” E una volta entrato nel cimitero questo immenso popolo proveniente dai più disparati angoli del mondo dovrebbe essere seppellito secondo le modalità prescritte da quel Dio al quale ognuno di loro si è appellato prima di morire. “Per capire come fare a rispettare il credo di ogni vittima ci metteremo in contatto con i rappresentanti delle loro comunità attive nel nostro paese” dice Corbelli, visibilmente curioso di aprire i suoi orizzonti al multiculturalismo. Per un uomo che da più di trent’anni dedica buona parte della sua vita ai più deboli questa è l’ennesima sfida per dare sostegno a quelli che la società etichetta come gli ultimi.
“Vogliamo garantire alle vittime di questa tratta il diritto ad essere ricordati. La degna sepoltura si può avere in diversi campisanti, ma con questo cimitero faremo il possibile per evitare che queste persone vengano dimenticate”, conclude Corbelli. Ma c’è di più. Quando il cimitero sarà operativo si cancellerà lo strazio di quei familiari delle vittime che sono alla ricerca disperata dei loro congiunti nei cimiteri siciliani, compiendo l’ennesimo viaggio della speranza.
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