Da Reset-Dialogues on Civilizations
Le photo-opportunity sfruttate al meglio per celare i problemi di coppia non bastano più. I latenti bisticci tra il Cairo e Riad sono ormai sotto gli occhi di tutti. Soprattutto sotto quelli di quanti osservano l’evoluzione del ginepraio siriano, scenario nel quale l’Egitto sta progressivamente prendendo le distanze dalla posizione dai suoi storici alleati, Stati Uniti e Arabia Saudita, avvicinandosi, sull’estremo opposto, ai loro principali rivali, Russia e Siria.
Il tramonto della luna di miele tra Riad è il Cairo si è consumato, il 9 ottobre, alle Nazioni Unite, durante una battaglia a colpi di veti incrociati su diverse risoluzioni sulla Siria. I sauditi hanno criticato apertamente il voto del Cairo a favore della risoluzione presentata dalla Russia, principale alleata del presidente Bashar al-Assad, l’arcinemico della petromonarchia.
La vendetta saudita: Aramco sospende le forniture verso l’Egitto
Il gesto dell’Egitto, il cui regime militare è tenuto in vita dai miliardi depositati dall’Arabia Saudita nella Banca centrale egiziana, è stato considerato un vero e proprio tradimento dalla casa reale che in cambio della sua generosità si aspettava l’approvazione, senza esitazioni, della sua strategia regionale, a cominciare proprio dalla politica per abbattere Assad.
Ecco perché, dopo il voto all’Onu, l’ambasciatore saudita ha lasciato il Cairo per andare “tre giorni in vacanza”, proprio prima che la compagnia statale Aramco sospendesse improvvisamente – in Egitto preferiscono dire «a sorpresa» – la consegna di prodotti petroliferi lungo il Nilo. L’Egitto non si è però fatto intimorire e attraverso media iracheni ha fatto sapere che, grazie a una mediazione russo-iraniana, ha raggiunto “un accordo con il governo iracheno per coprire il suo fabbisogno petrolifero e rimpiazzare la riduzione di greggio sopraggiunta nel mercato egiziano”. Non solo, ma il 15 ottobre, è arrivata da Mosca un’altra notizia non gradita ai nemici arabi di Damasco: il via alle prime manovre militari congiunte tra Russia e Egitto denominate “protettori dell’Amicizia 2016”. Quattro giorni prima l’annuncio di negoziati tra Russia e Egitto per l’affitto, a partire dal 2019, di alcune basi militari, tra le quali una base aerea nella città di Sidi Barrani, nel Nord-Ovest del Paese.
La morte di re Abdallah e il tramonto della luna di miele con il Cairo
Secondo Amr Moussa, ex segretario generale della Lega araba, il voto egiziano all’Onu – e quello che ne è poi derivato -è stato solo il casus belli che ha esacerbato una crisi bilaterale già da tempo in atto e durante la quale si sono accumulate diverse frizioni. Soprattutto dopo la morte di re Abdallah, i rapporti tra il Cairo e Riad si sono progressivamente raffreddati anche a causa del conflitto in Yemen e del progetto – mai decollato- della Nato araba. In aggiunta, le paure saudite rispetto al ritorno dell’Iran sulla scena internazionale hanno portato gli Al-Saud a riconsiderare la loro posizione nei confronti dei Fratelli Musulmani, cosa che ha preoccupato non poco il regime egiziano, nato proprio sulle ceneri del movimento islamista.
Lontanissimi sembrano i tempi in cui il –deposto- presidente egiziano Mohammed Morsi era un dei primi alleati dei sauditi contro Assad. All’epoca, l’alleanza era così forte che durante il summit dei Paesi non allineati tenutosi a Teheran nell’agosto 2012, Morsi non si fece scrupoli a criticare il sostegno iraniano ad Assad, facendo andare su tutte le furie le autorità di cui era ospite.
Con il ritorno dei militari al potere e la progressiva attrazione esercitata dalla Russia è arrivato anche il cambio di passo sulla Siria. Questo è diventato evidente a latere dell’ultima Assemblea generale delle Nazioni Unite, quando il ministro degli esteri iraniano, Javad Zarif, ha incontrato il collega egiziano Sameh Shoukry che ha ribadito come, diversamente da Riad, il Cairo non ha alcun interesse specifico a rovesciare il regime di Damasco. A confermarlo anche la recente visita al Cairo del generale Ali al-Mamlouk, capo della sicurezza nazionale del regime siriano che ha incontrato il generale Khalid Fawzi, vice capo della sicurezza nazionale egiziana ed alti responsabili egiziani.
Negoziati siriani, l’Iran vuole coinvolgere l’Egitto
Anche se l’Egitto non ha annunciato ufficialmente l’incontro (cosa che ha invece fatto Damasco attraverso la sua agenzia stampa) e ha precisato che l’unico tema in agenda è stato quello della lotta al terrorismo, molti analisti concordano nell’attribuire una certa rilevanza a questo incontro. Soprattutto perché a questo ha fatto seguito la notizia, trapelata sul britannico The Guardian, della proposta avanzata da Zarif al Segretario di Stato Usa John Kerry di invitare l’Egitto a partecipare agli ultimi negoziati sulla Siria di Losanna.
Preoccupata da questo riassestamento e dalle conseguenze di un’eventuale partecipazione del Cairo al tavolo negoziale siriano, anche Riad sta cercando di aggiustare le sue alleanze. Nel farlo si sta riavvicinando ad Ankara, tenuta fino ad ora a debita distanza proprio a causa del sostegno garantito a quello che sin dall’inizio Erdogan ha chiamato il regime golpista egiziano.
Ed è proprio il generoso – e vitale – sostegno saudita all’Egitto la vera variabile da monitorare per valutare l’evoluzione degli equilibri regionali. Mentre sulla stampa del Golfo aumentano le voci di coloro che suggeriscono di scaricare definitivamente Al-Sisi, al Cairo cresce il numero di quanti temono che Riad chiuda definitivamente i rubinetti. Se alla sospensione delle forniture di petrolio seguissero altri tagli, l’Egitto e la sua fragile economia – fino ad ora tenute in vita dagli assegni sauditi- dovrebbero capire di che cosa campare. Brancolando nel buio, la “nuova” democrazia del pane sulla quale si basa il consenso al regime rischierebbe di vacillare.
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