Il segno lasciato dai trentatré artisti che disegnano la mappa contemporanea delle zone sub-sahariane nella mostra “Africa. Raccontare un mondo” al PAC di Milano rilascia un mal d’Africa sottile che sedimenta sotto la pelle; il racconto non fa sconti, è duro come la realtà che affronta, ma come l’Africa è denso di poesia, di dolcezze improvvise, di humor e di spunti inattesi. La convivenza tra Europa e Africa è destinata a diventare sempre più stretta, il rapporto tra i due continenti è uno snodo fondamentale della politica mondiale in mutamento e gli artisti, come sismografi, registrano in anticipo i cambiamenti, le diversità e l’osmosi che la tecnologia e la comunicazione producono tra occidente e ‘terzo mondo’ senza quell’intercapedine di respiro che ha caratterizzato la visione europea. Le quattro stazioni che scansionano la mostra, “Dopo l’Indipendenza”, “Introspezione Identitaria”, “Generazione Africa” e “Il Corpo e le Politiche della Distanza”, hanno come comun denominatore l’immediatezza del racconto e la pressione subita dai diversi paesi. Il grande trittico del senegalese Omar Ba nella prima sala ha un titolo programmatico: Clin d’oeil à Cheikh Anta Diop-Un continent à la recherche de son histoire, è l’Africa animista e sincretica che si trova a rileggere il proprio passato. Yinka Shonibare, nigeriano che ha fatto dei tessuti tipici africani il suo segno distintivo, ne ricopre La Méduse, grande veliero nel mare in tempesta rifacendosi alla Zattera della Medusa di Gericault, opera ispirata al naufragio di un’imbarcazione francese diretta in Senegal nel 1819. Gli avvenimenti più recenti si riverberano nel monumentale Road to Exile del camerunese Barthélémy Toguo, con il tristemente classico barcone, realizzato in legno di recupero e riempito di fagotti dei passeggeri, che racconta la storia di una disperazione comune a tutti gli esuli in cerca di riscatto. Il contrasto con gli artisti più classici come J.D. ‘Okhai Ojeikere e Malick Sidibé è lampante, erano i cantori di mondi più ingenui, nulla a che vedere con la poltrona composta da armi riciclate di Gonçalo Mabunda, i resti lasciati dai genocidi in Ruanda immortalati da Pieter Hugo, e l’opera video di Gabrielle Goliath, sudafricana, che racconta la violenza domestica al femminile. Infine Georges Adeabgo ci ricorda che l’Africa é già qui da noi con una grande installazione di memorabilia e ricordi scartati da famiglie milanesi e da lui raccolti e ricomposti in un grande affresco di antropologia artistica.
Non era intento della curatrice Adelina von Fürstenberg di raccontare tutta l’arte africana, ma certamente ce ne propone una porzione imprescindibile.
AFRICA. Raccontare un mondo
27 Giugno 2017 – 11 Settembre 2017
a cura di Adelina von Fürstenberg
Video e performance a cura di Ginevra Bria
Una mostra Comune di Milano – Cultura, PAC Padiglione d’Arte Contemporanea, Silvana Editoriale
In copertina: Barthélémy Toguo (Camerun), Road to Exile, 2015. Installation view, various dimensions
Altra immagine: Malala Andrialavidrazana, (Madagascar), Figures 1850, Various Empires, Kingdoms, States and Republics 2015, pigment print on Hahnemuehle cotton rag, laminated on aluminium and framed under glass