Anche la Rai trasmette Bollywood
Ma è (quasi) assente il grande cinema indiano

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Una programmazione che preferisce la mainstream, che non osa, sia per problemi di budget che di ascolto. Sono questi i principali inconvenienti della messa in onda in terza serata di sette film di Bollywood su Rai Movie dall’11 novembre al 16 dicembre. Già uscite sulle reti Rai, sono pellicole indiane della post globalizzazione, girate tutte dopo gli anni Duemila, e che preferiscono il genere disimpegnato, con una particolare predilezione per il romantico. Mancano del tutto film d’autore che potrebbero far conoscere al pubblico italiano una realtà cinematografica più attenta ai problemi sociali e politici. Non vi sono, tanto per dire, film come quelli della regista bengalese Aparna Sen, da sempre rivolta al mondo femminile soprattutto della middle class ed al modo in cui esso cambia nell’India contemporanea. Mancano anche film come quelli di Govind Nihalani, regista che ha esplorato i problemi degli scontri intercomunitari dell’epoca recente tra hindu e musulmani, nonché il tragico problema della partizione. Altro must che non sarebbe dovuto mancare, i due capitoli di Gangs of Wasseypur, film di Anurag Kashyap del 2012, una mafia story che per epicità potrebbe essere accostata alla saga de Il Padrino e che sarà distribuito anche in America.

Ma quali sono i motivi di questa scelta così riduttiva? “Noi avevamo già fatto due rassegne di Bollywood in prima serata con repliche variamente articolate nel palinsesto”, afferma Alberto Farina, responsabile per Rai Movie di questa rassegna, che Reset-DoC ha intervistato. “Quella che facciamo adesso è una terza serata, che in gran parte ripete le altre due. Il ciclo non è nato da una scelta editoriale di Rai Movie ma dalla valutazione di quanto già presente nel catalogo Rai in seguito a due precedenti rassegne estive. Come canale satellitare invece tendiamo a fare acquisti più legati a un cinema di library degli anni Ottanta – Novanta – inizio anni Duemila, naturalmente per quanto riguarda programmazioni occidentali.”

“Quanto alle scelte fatt – continua Farina – occorre dire che bisogna rispettare determinati obiettivi di ascolto che questi film disimpegnati hanno dimostrato di sostenere. All’interno del nostro ciclo infatti si è riscontrato che i titoli un po’ più d’autore, un po’ meno fatti di balletti, tendevano a essere accettati con molto meno interesse dal pubblico. La rete fa una proposta generalista, non di nicchia e poi non può acquistare film che trasmette durante la notte. Rai Movie può comprare film di prima e seconda serata, ma qui si ferma la sua programmazione. Comunque ciò non significa che non siamo aperti anche ad altre possibilità, come quella, l’anno scorso, di dedicare a tarda notte un cospicuo numero di titoli non doppiati al cinema giapponese degli anni Sessanta e Settanta. In questo caso ci siamo rivolti ad un pubblico di nicchia, ma questo lo si può fare una volta ogni tanto. Inoltre il cinema indiano viene più facilmente riconosciuto dal pubblico, anche quello più attento come quello di Rai Movie, con un cinema più di genere. Sui social network anche i fan continuano a chiederci titoli di questo tipo.”

Una cosa interessante è poi il fatto che ragazzi indiani ma naturalizzati italiani, che non conoscono più la lingua dei loro genitori, apprezzino il fatto che questi film siano doppiati in italiano ma che contemporaneamente appartengano alla loro cultura. Ma tutto questo non basta: “Probabilmente, sostiene Stefano Beggiora, docente di Storia e Letteratura Hindi presso Ca’ Foscari di Venezia, tutti i film che diventano di cassetta in patria, e che quindi dal punto di vista dell’acquisizione dei diritti non comportano una forte spesa, passano anche in Italia. Ciò è un po’ triste, perché anche da noi vi sono esperti che potrebbero consigliare un livello diverso di qualità. Tuttavia circa tre – quattro anni fa in tarda serata è passata su Raitre una rassegna in lingua originale con sottotitoli di film di Satyajit Ray, famoso regista indiano che ha ricevuto anche un Oscar alla carriera, ma tutto ciò va in controtendenza con le scelte attuali. Recentemente su Internet ho trovato una ventina di fan club, anche italiani, di film e star indiane. Ecco, sarebbe bello che questi appassionati vedessero la Rai fare scelte più interessanti rispetto a questi ricicli.”

Ma sempre in questi ricicli non mancano le novità. Fiore all’occhiello dell’attuale programmazione è infatti La sposa dell’imperatore (titolo originale, Jodhaa Akbar).

“Un cosa che forse merita segnalare ai fan, conclude Farina, è l’unico film che proponiamo quasi ex novo, La sposa dell’imperatore, che avevamo trasmesso in un’edizione tagliata: in seguito alle segnalazioni online degli appassionati abbiamo scoperto che esisteva una versione integrale e che di questa avevamo anche i diritti. All’epoca sulla nostra pagina Facebook avevamo promesso che avremmo proposto tale versione e ci siamo riusciti: La sposa dell’imperatore sarà trasmessa su Rai Movie domenica 30 novembre in prima serata.”

La storia prende le mosse dalla vita di un imperatore Mughal che è una figura chiave della storia indiana (Akbar significa infatti “grande”). Conquistatore islamico di stirpe turco-afghana, Akbar, vissuto nel XVI secolo, riuscì a fondere con la conquista dell’India le due culture, quella indù e quella musulmana. Lo fece anche attraverso il matrimonio con Jodhaa, una principessa Rajput figlia cioè di aristocratici guerrieri indù che erano sempre stati la spina nel fianco dei conquistatori. Tale matrimonio, simbolo di tolleranza, fu il punto nodale della sua politica, tanto che nel palazzo reale dove visse con la sposa fece anche costruire un tempio indù.

Nel riprendere questa vicenda la cinematografia indiana batte un sentiero già percorso ma con ben altri risultati. Un precedente illustre e più significativo di Jodhaa Akbar è Mughal-E-Azam, del 1960. Di fronte a un capolavoro come quello, che narra la lotta tra Akbar e suo figlio, il principe Salim, per una storia d’amore tra il giovane e una danzatrice (forse si tratta di una leggenda), l’altro film non appare esente da critiche. Cecilia Cossio, docente a riposo presso Ca’ Foscari, per Jodhaa Akbar ha per esempio parlato di “bellissimo polpettone pseudostorico”, mentre altri hanno notato lungaggini e tempi morti, nonostante quasi tutti elogino lo sfarzo delle scenografie. “La cosa più interessante del film, sostiene Stefano Beggiora, è che le immagini sono state girate nel luogo originale dove la storia è avvenuta, tutto il resto è opinabile. La protagonista, Aishwarya Rai (nella finzione Jodhaa), che è anche una modella ed è anche molto nota al di fuori dell’India, in questo ruolo ha ricevuto parecchie critiche, mentre Hrithik Roshan, che impersona Akbar, è belloccio, ma la personalità dell’imperatore era tutt’altro. Nel film tutto si appiattisce sulla storia d’amore, e ciò appare riduttivo.” Anche in un titolo di punta di Rai Movie si parla quindi di film di genere, spettacolare, ma con dei limiti. Fino a quando dovremo aspettare che la Rai dia alla cinematografia indiana tout court il suo giusto peso?

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