Il dibattito sull’identità algerina
quella coperta tirata da più parti

Da Reset-Dialogues on Civilizations

Nei torridi mesi dell’estate 2016, c’è fermento nell’Algeria sonnolenta del presidente Abdel Aziz Bouteflika. Tre nuove leggi, approvate o allo studio, riflettono il dibattito identitario nel Paese, fra rivendicazioni indipendentiste e rivalità politiche.

L’Algeria dell’estate 2016 dibatte di identità con veemenza: si va dall’affermazione della nazionalità esclusiva al riconoscimento del plurilinguismo, dalla questione religiosa alla riforma del codice elettorale.

Lo scorso 26 luglio, il Consiglio dei ministri algerino ha approvato un disegno di legge che attiva l’articolo 63 della nuova Costituzione: in pratica, solo chi possiede “nazionalità algerina esclusiva” può accedere alle massime cariche dello Stato.

Nel mirino c’è soprattutto la doppia nazionalità algerino-francese, il cui nodo è arduo da sciogliere. Secondo dati aggiornati dell’Associazione della diaspora algerina (Aida) e del ministero degli Affari esteri francese, sono 450mila i cittadini “binazionali franco-algerini” (su una “comunità algerina di Francia” composta da 900mila persone; ma fra clandestini, rifugiati o cittadini che hanno almeno uno dei genitori o dei nonni algerino la cifra sale a 5 milioni, ndr). Poi, ci sono le comunità algerine in Belgio, Gran Bretagna, Stati Uniti, Canada e così via. A seconda delle leggi vigenti Paese per Paese, i “binazionali” sono migliaia.

La volontà politica dietro al provvedimento di recente approvazione governativa è quella di riappropriarsi pienamente del timone nazionale, in un frangente incerto che non promette niente di buono.

Il testo della bozza definisce due categorie di responsabilità: civili e militari. Una divisione, è evidente, che non appartiene al passato, anzi incide sulla società algerina contemporanea proprio come su quella turca.

La nazionalità esclusiva algerina è richiesta per i presidenti delle due Camere parlamentari, il presidente del Consiglio costituzionale, il Premier e i membri del Governo, il presidente della Corte suprema e quello del Consiglio di Stato, il governatore della Banca d’Algeria, i responsabili degli organi di sicurezza del Paese, il presidente della Alta commissione di sorveglianza elettorale. Quanto alle responsabilità militari, il progetto di legge ingloba le principali funzioni in seno all’Armata nazionale popolare. E, su decisione della presidenza della Repubblica, si prevede che possa essere esteso a qualsiasi altra figura con responsabilità militari pure intermedie.

Le polemiche sono destinate a continuare a lungo, a giudicare dalle discussioni sui social network. La comunità algerina all’estero accusa il Governo di “segregazionismo” e “apertheid”. O peggio, di una esplicita volontà di sbarrare la strada alle elezioni presidenziali per alcune figure di spicco dell’imprenditoria algerina residenti all’estero e, quindi, aventi il doppio passaporto (vedi algerini a Londra e a Parigi, oppure in Sud America), che potrebbero instaurare una forma di presidenza, per così dire, tutelata da interessi internazionali più che nazionali.

Ecco un primo nodo da sciogliere, alla luce della nuova normativa: il presidente del Consiglio della nazione è nato in Marocco. Come considerarlo: un vero algerino oppure no?

Poi, c’è il riflesso della normativa sulla scena politica francese: e se i francesi decidessero di applicare la medesima legge, quanti ministri dell’attuale Esecutivo sopravvivrebbero alla “selezione”? E ancora: non sarebbe il caso di imitare Algeri, sostengono i pro-Le Pen, in nome di sicurezza e tutela dell’identità?

Intanto, agli algerini residenti fuori dai confini sarà presto permesso aprire conti bancari “en devises”, cioè nella moneta del Paese in cui risiedono stabilmente. A fine giugno lo ha annunciato il ministero delle Finanze, impegnato a fare cassa moltiplicando i conti bancari da 7 a 17 milioni nel prossimo biennio. E si sa, poco importa se i dobloni sono autoctoni esclusivi oppure no.

Poi, c’è la questione del francese alle scuole superiori. Per molti adolescenti algerini contemporanei, pare che la lingua dei colonizzatori risulti ostica e quindi “penalizzante” – si legge sulla stampa di matrice nazionalista – rispetto all’arabo standard o persino all’inglese.
Ora, la commissione incaricata di introdurre stabilmente il francese alle superiori sta valutando di farlo solo per le materie scientifiche, per dare un supporto a quegli studenti che intendono poi proseguire un percorso scientifico all’università proprio in Francia, Belgio, Canada francofono. E che sono numerosi.

I detrattori della legge allo studio – da fine 2015, peraltro – ritengono però che si tratti di un “attentato alla sovranità linguistica” algerina. Eppure, negli atenei nazionali, già ora le scienze sono insegnate soprattutto in francese.
Un dibattito in stile anni ’70 – poi rinfrescato dagli islamisti negli anni ’90 – che non trova soluzione per il momento. E che non affronta una questione ancora più urgente per i giovani algerini: la creazione di posti di lavoro. In arabo, berbero, francese o inglese che sia.

E la legge che modifica il regime elettorale? Il Consiglio della nazione vi ha messo il sigillo ufficiale, riconoscendo la necessità di combattere “il nomadismo politico” e favorire il “rafforzamento del patto di fiducia fra elettore ed eletto”.
Fra i cambiamenti introdotti in virtù delle ultime modifiche apportate alla Costituzione da un’Alta commissione per la sorveglianza delle elezioni ci sono la possibilità per i candidati di avere accesso alle operazioni di scrutinio e, successivamente, ai verbali di scrutinio.

Le modifiche tecniche però hanno il sapore dell’imposizione, visto che l’Assemblea nazionale algerina ha votato il disegno di legge in assenza dei deputati dell’opposizione, che hanno abbandonato l’aula dopo la decisione della Commissione giuridica di respingere 96 dei 98 emendamenti proposti alla legge (in primis, gli articoli 73 e 94, che impongono lo sbarramento al 4% per i partiti che vogliono entrare in Parlamento, ndr).

Furibonde le reazioni dei rappresentanti degli oppositori: in una conferenza stampa improvvisata organizzata nella hall del Parlamento il 1° luglio scorso, il leader del partito Fronte di resistenza sociale (Ffs), Chafaa Bouaiche, ha detto che la nuova legge offre l’immagine di un sistema “dittatoriale e autoritario”, mentre Lakhdar Benkhelaf, del partito islamista el-Adala, ha definito il voto “una carneficina politica”.
Altro che trionfo della “trasparenza del processo elettorale”, si direbbe.

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