Domenica sera, intervistato da TF1 – il primo canale pubblico francese, Hollande si è preso tempo fino al 2014. Due anni per far crollare il numero di disoccupati (3 milioni), risanare il debito della Francia e ritrovare la formula della competitività. Una promessa lunga due anni e venticinque minuti di intervista per recuperare la fiducia dei francesi che l’ultimo sondaggio registra più bassa che mai. “Dopo la prima elezione di Jacques Chirac nel 1995, è il calo più forte nei sondaggi al rientro delle prime vacanze”, ricorda Le Figaro che propone un grafico-tracciato esemplificativo del cambiamento nei sentimenti dei cugini d’oltralpe verso il loro Presidente: se a maggio il 53% si mostrava soddisfatto e fiducioso nell’allora neoeletto Presidente, oggi sei francesi su dieci nutrono sentimenti ben più negativi.
La colpa, sempre secondo il quotidiano francese – che, all’indomani del vertice italo francese pubblicava un editoriale con sospiro annesso dal titolo “Si Monti était français…” – sarebbe di tre errori commessi dall’inquilino dell’Eliseo: a) “credere che i Francesi avessero rigettato Nicolas Sarkozy in ragione del suo comportamento, ma al tempo setsso anche della sua azione”; b) Mettere in scena quella che è passata agli occhi dei francesi come la commedia sulle sue ‘Vacanze normali’; c) tacere ai francesi la gravità della crisi.
Undici anni dopo
È una cerimonia silenziosa quella che quest’anno ricorda le vittime dell’attentato dell’11 settembre 2001. Un silenzio che nasce dalla richiesta della popolazione americana di omaggiare i suoi caduti senza che le logiche della campagna elettorale finiscano per strumentalizzare la memoria. Ma è un silenzio che nasce anche dalla necessità di superare un dramma ormai interiorizzato dall’America come dal mondo intero. Così il Presidente Barack Obama viene immortalato mentre celebra il minuto di silenzio dalla Casa Bianca, affiancato dalla first lady Michelle.
Ed è sempre la necessità di andare avanti e voltare pagina che porta i grandi quotidiani di New York, il Times e il Post, a considerare questo 11 settembre un giorno come tanti altri. Lo sottolinea Poynter attraverso una carrellata di prime pagine oggi nelle edicole della Grande Mela. E rimanda alla spiegazione data da Margaret Sullivan, editor del New York Times: la difficoltà dell’ “anniversary journalism”.
“Cara Wikipedia…”
Comincia così la lettera aperta inviata da Philip Roth all’enciclopedia open source, pubblicata da The New Yorker. Oggetto della missiva: la voce in lingua inglese del suo romanzo “La Macchia Umana” che presenta, dice lo scrittore americano, “un’affermazione errata che vorrei vedere rimossa”. Secondo Wikipedia, infatti, il romanzo sarebbe inspirato alla vita di un altro scrittore, Anatole Broyard. “Un’informazione che non giunge dal mondo della veridicità, ma dai brusii del gossip letterario”, specifica Roth che racconta la nascita di “La macchia umana”, nella lunga lettera aperta prima di chiarirne le motivazioni: “Quando, attraverso un interlocutore ufficiale, ho chiesto a Wikipedia di cancellare questa affermazione inesatta, insieme ad altre due, l’amministratore di English Wikipedia ha detto.. che io, Roth, non ero una fonte credibile: ‘Comprendo il suo punto di vista per cui l’autore è la più alta autorità sul suo proprio lavoro… Ma dobbiamo avere una seconda fonte.’”
Visti da fuori
Giuseppe Campaniello e Mario Frasacco sono due nomi che l’Italia ha quasi dimenticato. A rispolverare la loro storia è stata, lunedì, la Cnn con una video-intervista alla vedova Campaniello e alla figlia di Frasacco. Due storie di uomini che non hanno retto il peso dei debiti e hanno deciso di farla finita, l’uno dandosi fuoco di fronte un ufficio delle imposte a Bologna, l’altro sparandosi un colpo in testa. Due storie non isolate nel panorama italiano e tantomeno in quello europeo: accanto alla marcia delle “Vedove bianche” e all’aumento dei suicidi in Italia, la Cnn rimanda allo stesso triste andamento registrato in Grecia. Cosa che ribadiva, in un editoriale dello scorso 29 agosto, anche il rev. Robert Sirico su Forbes, domandandosi: “Is America next?”
Ed Miliband: cambiare l’economia è l’opportunità della sinistra
Su NewStatesman, Jason Cowley intervista il quarantaduenne, Ed Miliband, leader del Labour Party. Un’intervista programmatica che prende le mosse dagli obiettivi che il giovane politico del centrosinistra inglese si è fissato. In primis, avere uno stato “dove ognuno sente di avere uno scopo.” Il riferimento è alle generazioni più giovani: “Non puoi avere un paese che prova un senso di progetto condiviso quando ci sono delle persone che vengono lasciate fuori… Sai, giovani che non hanno lavoro e non hanno chance di lavorare.” Il secondo obiettivo è quello di far sì che il Paese senta che si sta muovendo tutto insieme: “quando hai i CEO che si pagano mille, duemila volte tanto la paga dei loro impiegati, questo non è un Paese che si muove insieme.”
Rifiuta una definizione statalista del Milibandism: nel suo programma non mancano localismo e decentramento del potere. E nemmeno la green economy – “the future of economic is green”.
Ma soprattutto il programma di Miliband non manca di buoni propositi per rivedere il capitalismo: un paradosso, secondo Jason Cowley , dal momento in cui non ci sono soldi da spendere. Ma Miliband si mostra ottimista. “Questo momento è del centro-sinistra perché le persone credono che ci siano delle ingiustizie nella nostra società. Dobbiamo mettere sotto controllo gli interessi personali; dobbiamo cambiare il modo in cui l’economia funziona. Questa è la nostra opportunità”.