Unioni civili, nuovo affondo di Bagnasco: portano all’utero in affitto

 

Il Corriere della Sera: “Sì europeo alla flessibilità per 14 miliardi. ‘Ora Roma faccia uno sforzo sui conti'”, “Lettera da Bruxelles. Decreto per azzerare le tasse a chi investe nelle piccole imprese”.

Sul “rompicapo dell’export” il commento dei Dario Di Vico (“E’ in calo: come rilanciarlo?”).

In prima anche il richiamo all’intervista all’inviato speciale Usa per gli affari energetici internazionali, Amos J. Hochstein: “Gli usa superpotenza del petrolio. Il gasdotto dalla Russia va ripensato”, dice, riferendosi al North Stream 2, il gasdotto russo-tedesco.

A centro pagina: “Unioni civili, i vescovi accusano”, “‘Portano all’utero in affitto’. L’irritazione del governo e la Chiesa divisa”, “Nuovi diritti. Mattarella alla giornata contro l’omofobia: la Carta tutela tutte le formazioni sociali”.

A questo tema sono dedicate le interviste al cardinale Camillo Ruini (“Cambino la legge per evitare le derive”) e al cardinale di Perugia Gualtiero Bassetti (“No a battaglie contro. Aiuti alla famiglia”).

A centro pagine anche il tema del femminicidio: “Non smettiamo di ribellarci alla violenza sulle donne”, scrive Paolo Di Stefano.

A fondo pagina: “Perché l’ecommerce da noi non corre”, “Il fatturato delle aziende che viene dal web sale molto meno della media europea”. Di Gian Antonio Stella.

Il caso Ilva: “Ilva, l’Italia finisce sotto processo”, titola il quotidiano dando conto dell’apertura di un procedimento della Corte europea dei diritti dell’uomo di Strasburgo.

Di fianco, su Viggiano: “Il bonus trivelle resta nel cassetto”, “60 milioni mai spesi”.

L’editoriale è firmato dall’ex direttore Ferruccio De Bortoli ed è dedicato alle Città metropolitane: “Un motore (inceppato) di sviluppo”.

La foto a centro pagina è per il regista spagnolo Almodòvar a Cannes: “Almodòvar sorprende tra memoria e dolore”. Ne scrive Paolo Mereghetti .

La Repubblica: “La Ue: più flessibilità all’Italia. ‘Ma nel 2017 servirà uno sforzo'”, “Concesso un extra-deficit da 26 miliardi. Ilva, accuse dalla Corte europea: avvelenati i cittadini”.

Al tema flessibilità e crescita è dedicata l’analisi di Ferdinando Giugliano: “Un anno perduto senza produttività”.

A centro pagina l’intervista all’inviato Onu per la Siria Staffan De Mistura: “‘Se in Siria salta la tregua la fuga sarà inarrestabile'”.

Sulle unioni civili: “Bagnasco attacca: ‘Le unioni varco per l’utero in affitto'”.

Di spalla a destra, intervista dell’ex direttore Ezio Mauro a Giovanni Bazoli: “‘Dio, le banche e le battaglie sul Corriere”, “Parla per la prima volta dopo aver lasciato la presidenza di Intesa”. Su Rcs (via Solferino): “Io sconfitto per l’Opa? Aspetterei un attimo. Non so proprio come andrà a finire”, “Mai incontrato un banchiere che si sia detto massone, ma la P2 poteva affondare il Paese”.

La copertina fotografica è dedicata al Klu Klux Clan negli Usa. Le foto sono si Peter Van Agtmael, il commento di Vittorio Zucconi: “Quei reduci del Klan che tifano per Trump”.

A fondo pagina l’editoriale di Mario Bambea, alias Corrado Guzzanti: “Salvini e la prugna di Newton”.

La Stampa, in apertura a sinistra: “Governo preoccupato per il caso Unicredit. Ghizzoni verso l’addio”, “I soci all’opera per una nuova governance”, “L’Ue a Roma: flessibilità, ma più sforzi. Il premier: speravo di ottenere di meglio”. Sul caso Unicredit il commento di Francesco Manacorda: “Soci privati ma problema pubblico”. E sul responso della Commissione Ue sul nostro bilancio: “Bruxelles apre la strada alla crescita”, di Stefano Lepri.

Di fianco, in grande evidenza, una foto degli scontri tra manifestanti e poliziotti a Parigi: “Guerriglia contro il Jobs Act. Hollande: non torno indietro”, “Parigi, 87 fermati per gli incidenti. Nuovi scioperi, rischio di paralisi”.

Il quotidiano riproduce un’intervista all’ex presidente francese e leader dei Républicains Nicolas Sarkozy: “I populisti vincono perché le élite hanno fallito. L’unica Europa possibile è quella a guida franco-tedesca”.

Di fianco, il reportage di Marco Bresolin da Strasburgo: “Il partito di Strasburgo che somiglia ai grillini”, “Nelle suppletive del Basso Reno debutta il movimento Ma Voix. I candidati designati per sorteggio”.

Sul referendum sulle riforme costituzionali: “Il fronte del no guadagna cinque punti”, “Renzi chiede al partito una tregua e sei mesi di lavoro pancia a terra pensando al Paese”.

Sulla colonna a destra, grande attenzione per l’apertura oggi alla Farnesina della Prima Conferenza ministeriale Italia-Africa: “Il piano Africa dell’Italia: migranti, export e sicurezza”.

A presentare questo vertice è il ministro degli Esteri Gentiloni: “Ecco perché scommettere sul Continente”.

Su Il Fatto il titolo di maggiore evidenza è a centro pagina e rimanda alla battaglia per il controllo del Corriere della Sera e ai sommovimenti nel mondo dell’editoria, con il cambio di direttore a Libero. La foto ritrae l’editore Angelucci, il direttore in arrivo per Libero Vittorio Feltri, il direttore uscente Maurizio Belpietro e il senatore Denis Verdini: “Nasce il Giornale Unico del Sì”, “Stampa & Potere. Dopo il Corriere, anche Libero e Il Tempo passano con Renzi”, “Patto Verdini-Angelucci: via Belpietro, arriva Feltri a sostenere la ‘riforma’”, “Cena a tre tra il neo-direttore, il deputato re della sanità e il presidente del Consiglio: sul piatto anche il dossier Lotti sui fondi pubblici all’editoria. Rcs, Cairo non rilancia per fare il quotidiano ‘non allineato’ che voleva Bazoli”.

Sotto la testata: “Gomorra: la ‘paranza’ dei bambini boss”, “Napoli. Le faide di una generazione criminale”, “Emanuele Sibillo fu arrestato per la prima volta a 15 anni. Aveva per mito il capoclan dei Di Lauro ed era diventato giovanissimo il re di Forcella. Lo hanno ammazzato che non aveva 20 anni”.

Di fianco: “Gas, la guerra del tubo: ‘Concessione scaduta’”, “Tra Puglia e Salonicco. Ilva, Corte Ue contro l’Italia”, “Mentre il ministro Calenda in Grecia beatifica il Tap, il sindaco di Melendugno che dovrà ospitare l’arrivo del megacondotto chiede lo stop: ‘I lavori non sono partiti entro il termine previsto, adesso ritiro il mio sì”.

Al M5S è dedicato l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Il sogno e l’incubo” (il sogno è quello di un Grillo che fa tappa a Parma per parlare con il sindaco Pizzarotti, l’incubo, che invece era reale, era la convention Pd in Calabria con Verdini).

Sulle unioni civili: “L’anatema di Bagnasco”, “Il compagno cardinale alla crociata dell’utero”.

Sul Pd e il referendum: “Bersani: molti di noi già in Siberia. Il premier: ora parlo solo al Paese”, “L’ex leader Pd: ‘Si può votare no'”.

Sopra la testata una citazione del presidente dell’Anm Piercamillo Davigo: “Davigo: ‘La classe dirigente italiana, e non parlo solo dei politici, ha una tendenza alla devianza sconosciuta ad altri Paesi’. Che aggiungere?”.

Libero apre con il referendum sulle riforme costituzionali: “Un No contro il pericolo Renzi”, “Referendum decisivo”, “Dopo essersi fatto la legge elettorale su misura, il premier vuole anche la Costituzione su misura per instaurare una dittatura democratica. Ecco perché è giusto votare contro. Anche da parte degli ex del patto del Nazareno”.

E’ il tema affrontato dal direttore Maurizio Belpietro nel suo editoriale di commiato ai lettori.

Sulla colonna a destra un editoriale del direttore subentrante da domani, Vittorio Feltri: “Presidente Mattarella, ci vuole la grazia per Marcello Dell’Utri”.

La caricatura di Benny a centro pagina ritrae la leader del Front National imbavagliata: “La Francia vuol silenziare la Le Pen”, “Nessun editore pubblica il suo libro. Che pure sarebbe un successo sicuro”, scrive Mauro Zanon.

Sulle unioni civili: “Il cardinal Bagnasco fa il Papa: ‘Che errore le unioni civili'”, “‘L’utero in affitto sarà il colpo finale'”.

Di fianco: “Zero rimborsi, case a rischio. La coop mette nei guai i soci”, “Dramma a Varese per centinaia di persone”.

A fondo pagina: “La Ue processa l’Italia per i fumi dell’Ilva”, “‘Non tutelata la salute di 182 cittadini'”.

Sui temi dell’immigrazione: “Si apre la rotta albanese: rischio invasione”, “I turchi non bloccano i profughi”, scrive Franco Bechis.

Unioni civili

Su La Stampa il vaticanista Andrea Tornielli dà conto delle dichiarazioni del cardinale Angelo Bagnasco, presidente della Cei all’assemblea dei vescovi e all’indomani dell’intervento del Papa che -nota Tornielli- non aveva fatto cenno all’argomento: “Bagnasco: ‘Dopo le unioni civili il colpo finale dell’utero in affitto'”, “L’attacco segue il richiamo del Papa sul diritto all’obiezione di coscienza”. L’approvazione delle unioni civili, ha detto Bagnasco, “sancisce di fatto una equiparazione al matrimonio e alla famiglia”, in attesa del “colpo finale -così si dice già pubblicamente- compresa la pratica dell’utero in affitto, che sfrutta il corpo femminile profittando di condizioni di povertà”. Di fianco, Ugo Magri scrive che il presidente Mattarella è pronto a firmare la legge: nessuno si attende colpi di scena.

Il Corriere della Sera dedica le prime sei pagine a questo tema. A pagina 3: “La Cei boccia la legge Cirinnà”, “Il presidente Bagnasco: c’è un’equiparazione al matrimonio, il colpo finale sarà l’utero in affitto. Critico Alfano: lo rispetto, ma l’interpretazione è sbagliata. Il Pd: in Italia quella pratica è vietata”. Alessandra Arachi scrive che le parole di Bagnasco sono state talmente dure che persino il ministro dell’Interno e leader Ncd Angelino Alfano ha preso le distanze. Opposta la reazione di Gaetano Quagliariello (Idea): “Il cardinale Bagnasco ha stracciato il velo dell’ipocrisia”.

A pagina 2 le interviste a Camillo Ruini, che per sedici anni è stato presidente della Cei (“Dalle unioni civili rischio derive. Quelle norme vanno cambiate”. I vescovi potevano fare di più? “I vescovi non hanno taciuto”, “in Parlamento e nelle piazze l’iniziativa è stata giustamente presa dai laici, ma il nostro appoggio era indubbio”, “bisognerebbe cambiare alcuni punti, o almeno integrarla con altre norme che impediscano le derive peggiori”); e a Gualtiero Bassetti, arcivescovo-metropolita di Perugia (“Non facciamo battaglie contro. Ora un impegno per le famiglie”. Cosa non va nella legge? “Sono diritti che potevano essere riconosciuti in modo diverso, senza omologazioni alla famiglia definita anche dalla Costituzione. Ci si è spinti molto più in là. Ed è facile immaginare che si arriverà lo steso a ciò che la legge non prevede, magari attraverso sentenze della magistratura”, dice, con evidente riferimento alle step child adoption. I vescovi daranno battaglia? “I vescovi non danno battaglia, portano avanti i principi evangelici”;poi sottolinea che in Italia “non si sono mai fatte politiche per la famiglia”).

A pagina 5 il “retroscena” di Massimo Franco: “Lo scontro aperto dentro la Chiesa. I timori sulla ‘base’ del mondo cattolico”, “Il rischio di essere scavalcati sul referendum”. Secondo Franco l’attacco di Bagnasco alla legge Cirinnà “ufficializza la spaccatura col governo, a costo di spiazzare un ministro come Alfano, criticato qualche mese fa dal Vaticano perché aveva pensato a un referendum contro le unioni civili. E supera le posizioni del segretario generale (della Cei, ndr.) monsignor Nunzio Galantino, che fino all’ultimo aveva confidato in una mediazione con Palazzo Chigi: per trovarsi alla fine con la richiesta di fiducia sul provvedimento. In filigrana si intravedono le tensioni persistenti nella Cei tra presidente (Bagnasco) e segretario dei vescovi (Galantino): il primo più assertivo nei confronti del governo, il secondo più dialogante, forte anche dell’atteggiamento di Jorge Maria Bergoglio”.

A pagina 6 un articolo di Elena Tebano: “Obiettori. La nuova legge non li prevede. ‘Il sindaco può solo delegare'”. A spiegarlo è Marco Gattuso, magistrato del Tribunale di Bologna.

Libero: “Ora a Bagnasco tocca fare la parte del Papa”, “Mentre Francesco tace, il presidente Cei attacca le unioni civili: ‘Equiparano le coppie gay al matrimonio e aprono all’utero in affitto'”, scrive Fausto Carioti.

La Repubblica: “Bagnasco attacca: ‘Le unioni civili varco per l’utero in affitto'”, “Alfano: dalla Cei una lettura sbagliata. Orfini: la legge non è contro la famiglia”.

Su La Repubblica un “retroscena” di Carmelo Lopapa corredato dalle foto della conferenza stampa, la scorsa settimana, dei parlamentari Lucio Malan, Gaetano Quagliariello ed Eugenia Roccella: “Ora rispuntano i neocon, pronti al referendum e a trasformarsi in partito”, “Le parole del capo dei vescovi lette come un via libera al fronte trasversale cattolico”, “Il 28 maggio a Roma Gandolfini e i cattolici della destra lanceranno il comitato referendario”. E il Nuovo Centrodestra di Alfano è la sigla che su questo scoglio rischia di infrangersi, scrive Lopapa.

Referendum, governo, Pd

Sul Corriere Marco Galluzzo scrive dell’assemblea dei parlamentari Pd ieri con il presidente del Consiglio: “Pd, Renzi e la ‘tregua’ referendum: ‘Ora in piazza e basta farci le pulci'”, “Il leader: non dividiamoci, nei prossimi sei mesi testa alta e giocare all’attacco”.

La Repubblica: “Renzi: basta liti nel Pd per sei mesi”, “Il segretario dem chiede una moratoria delle polemiche interne fino al referendum del prossimo ottobre. Bersani: ma serve una voce di sinistra. Io sono stato mandato in Sibreia. Governo vicino alle lobby? Il sospetto c’è”. Ne scrive Goffredo De Marchis.

A questo tema è dedicata la rubrica “Il punto” di Stefano Folli: “Il referendum e la guerra dei due mondi”, “Renzi divide il campo tra gli ‘inciucisti’ e i ‘bipolaristi'”. Ovvero: Renzi parla di due sistemi a confronto: da un lato il mondo della conservazione e del fatidico “inciucio” (termine che secondo Folli è destinato a un revival) e dall’altro lo scenario della modernizzazione dell’alternanza e del bipolarismo. Prima Repubblica contro Terza Repubblica: “in realtà la fotografia non è così netta. Il Sì e il No semplificano il quadro, è ovvio, ma il futuro politico dell’Italia è fatto di chiaroscuri. In ogni caso, la personalizzazione del voto, esclusa in teoria lunedì, si riaffaccia di prepotenza”, scrive Folli. E una delle priorità è l’unità interna, ma sulla riforma è impossibile.

Su La Stampa: “Renzi al Pd: uniti sul referendum. Voglio sei mesi pancia a terra”, “Il premier: serve una tregua interna. e intanto fa pace con Emiliano”.

Sulla stessa pagina, un’analisi di Gabriele Martini a commento dei risultati della rilevazione condotta dall’istituto Piepoli: “I sondaggi cambiano verso. Fronte del sì in discesa, persi 5 punti in una settimana”, “Favorevoli dal 46% al 41%. Uno su quattro indeciso”.

Sul Fatto: “Renzi-Bersani, è iniziata la guerra del referendum”, “Sì condizionato. Il premier chiede la mobilitazione ai dirigenti dem. L’ex segretario: ‘Non so come voto. Ci avete già mandato in Siberia’”, “La minoranza avverte: ‘Se non fate la legge per l’elezione dei senatori, nessun sostegno'”.

Rcs, Libero, editoria

Oggi Maurizio Belpietro si congeda dai lettori del quotidiano Libero, che dirige, con un editoriale che prende spunto dalla lettera di un lettore. Che chiede quale sia la posizione della direzione di Libero sul referendum costituzionale. Risponde Belpietro: “non so cosa pensi la direzione di Libero, so che cosa pensa Maurizio Belpietro che fino a ieri sera di Libero era il direttore. Io sono per il No e per un motivo molto semplice. perché la riforma costituzionale su cui gli italiani sono chiamati a pronunciarsi non è equilibrata ma pende tutta a favore di Renzi”, “Renzi si è fatto una Costituzione su misura, dopo essersi fatto una legge elettorale su misura”, “l’uomo è pericoloso”.

Per Il Fatto: “Dopo il Corriere, Libero: il giornale unico del ‘Sì”, “Verso il referendum, via Belpietro: torna Vittorio Feltri per una linea più renziana”.

E a proposito del Corriere Il Fatto scrive che su Rcs Urbano Cairo non è pronto a rilanciare per fare il quotidiano che voleva Bazoli. Scrivono Stefano Feltri e Carlo Tecce che Cairo è l’editore puro cje Giovanni Bazoli, il garante indiscusso del Corriere dopo la scomparsa di Giovanni Agnelli, ha scelto per proteggere l’identità di Via Solferino. Conclusa la carriera in Intesa, all’età di 83 anni, il “banchiere prodiano” ha individuato lo spazio che il Corriere può occupare nel dibattito pubblico sul renzismo: mai schierati, ma non allineati. Il patto fra Cairo e Bazoli include una presidenza della società di garanzia che rispecchi questi criteri, che incarni quella ferma mitezza espressa nei suoi editoriali da Ferruccio De Bortoli, l’ex direttore appena rientrato come editorialista che si è già schierato per il ‘no’ al referendum.

E alla pagina seguente l’articolo di Marco Franco: “Inciucio a cena tra Matteo, Denis e Angelucci”, “Il patto del premier con l’editore. La campagna di ottobre, Lotti e i fondi pubblici”. Scrive Franco che Feltri si è convertito al renzismo e quella di ieri è soprattutto un’operazione politica, sancita pochi giorni fa in una cena fra Lotti, Denis Verdini e Antonio Angelucci, deputato azzurro ed editore di Libero, nonché ras della sanità privata, poi comunicata a Milano allo stesso Feltri da Angelucci. “Tutto cambia in poche ore, dopo mesi di strategia. Del resto Feltri è riapprodato a Libero già da qualche giorno con il ruolo di direttore editoriale che dovrebbe comprendere anche Il Tempo, il giornale di Chiocci&Bisignani passato nella scuderia di Angelucci -scrive Franchi- Il suo endorsement renziano a favore del referendum d’autunno è arrivato venerdì scorso”. Il ritorno di Feltri, secondo Franchi, finirà per fare chiarezza sull’ambivalenza parlamentare di Angelucci, che ha ancora la “casacca azzurra” di Berlusconi ma per lui ora si parla di un ruolo di primo piano nel gruppo Ala (parlamentari verdiniani), di cui potrebbe diventare presidente. Il renzismo, insomma, è “sempre più verdiniano”, conclude il quotidiano.

Parla dell’Opa su Rcs, in un’intervista a La Repubblica realizzata dall’ex direttore Ezio Mauro, Giovanni Bazoli, ex presidente di Intesa: “Io, Cuccia, il Corriere e la lunga stagione della finanza cattolica”, “Non mi sono mai sentito un banchiere, sono giurista”. Sull’Opa per il gruppo Rcs Bazoli consiglia di “aspettare un momento. Oggi non so proprio come andrà a finire”, Intesa Sanpaolo, “essendo il principale creditore di Rcs, è interessata a una soluzione proprietaria che assicuri la migliore gestione dell’azienda”. Dice di aver conosciuto di recente Urbano Cairo, che definisce “serio, umile, libero politicamente”. Poi rivendica il merito di essere riuscito a evitare per il ‘Corriere’ la nomina di direttori inadeguati, soprattutto sotto la presidenza Berlusconi: “Diciamo che quel ventennio non fu facile, anche perché bisognava scegliere uomini indipendenti, ma sapendo che l’anima dei lettori del Corriere era prevalentemente moderata. Mi pare che l’indipendenza del giornale sia stata salvata, anche a costo di qualche compromesso”. Sulla riforma costituzionale dice: “è una brutta riforma, scritta male, ma è meglio che nessuna riforma. Se saltasse, sarebbe impossibile riformare alcunché”.

Su La Repubblica alle stesse pagine: “Rcs, Cairo non getta la spugna. Venerdì Cda sulla contro-Opa”. Ne scrive Giovanni Pons.

A proposito de Il Fatto: sul Corriere della sera un articolo di Giovanna Cavalli spiega le “partecipazioni incrociate” seguendo le quali Michele Santoro, con la società “Zerostudio’s” (che è sua al 66%) ha comprato il 7% della società “Il Fatto”, editrice dell’omonimo quotidiano.

Su Il Fatto: “Santoro diventa azionista del ‘Fatto'”.

La nostra economia al vaglio della Commissione Ue

Il Corriere: “Sì europeo alla flessibilità per 14 miliardi di euro. ‘Ora impegni per il 2017′”, “Scambio di lettere Padoan-Ue. L’Istat rivede il Pil 2016: +1,1%. Il ministro: eviteremo deviazioni. Renzi: lavoro straordinario”.

La Stampa: “Accordo Italia-Ue sulla flessibilità. Nel 2017 manovra da 12 miliardi”, “intesa tra socialisti e popolari: oggi le pagelle, ma rinviate le sanzioni per Spagna e Portogallo”. Ne scrive Alessandro Barbera. Di fianco, l’analisi di Marco Zatterin da Bruxelles: “‘Sui conti un bonus da record’. Così Renzi ha vinto contro il rigore”, “Il premier: ‘Due anni di contrasti, ma il risultato è di 18 miliardi di sconti. Con l’Ue passi avanti incredibili, però la nostra battaglia non finisce qui'”, “’14 miliardi di bonus sono meno di quanto avrei voluto ma è importante. Non è la soluzione di ogni male, però afferma il principio che sulla flessibilità l’Europa c’è'”.

La Repubblica spiega che l’Italia ha strappato in mesi di negoziato con Bruxelles per il biennio 2016-2017 ventisei miliardi di flessibilità su due anni. Quello che avrebbe potuto rivelarsi un appuntamento a rischio, per Renzi rappresenta una vittoria. A pagina 2 l’articolo di Alberto D’Argenio: “Sconto Ue sul deficit, 26 miliardi in due anni. ‘Fate di più nel 2017′”, “Scambio di lettere tra Bruxelles e il Tesoro. ‘Mancano 3 miliardi’. ‘Non devieremo’”. A pagina 3 l’analisi di Ferdinando Giugliano: “A Padoan un anno di tregua ma il rischio è la produttività”, “il governo finora non ha sfruttato la flessibilità ottenuta per rilanciare gli investimenti, anzi gli incentivi alle assunzioni hanno scoraggiato gli imprenditori ad acquistare nuovo capitale”.

A pagina 4: “Governo alla ricerca di venti miliardi per tagli di tasse e aiuti alla crescita”, “Il grosso della copertura verrà da spending review, riduzione degli sconti alle imprese e nuovo rientro dei capitali. Le ipotesi di una forte sforbiciata Irpef e di una flat tax per imprese individuali”. Se ne occupa Roberto Petrini.

Ilva

Spiega La Repubblica che la Corte europea dei Diritti Umani di Strasburgo ha deciso di aprire un fascicolo contro lo Stato italiano accusandolo di non aver protetto come dovuto la vita e la salute di 182 cittadini di Taranto e dei comuni vicini dagli effetti negativi delle emissioni dell’Ilva. Le denunce erano state presentate in due tranche, nel 2013 e nel 2015. I richiedenti -scrive la Corte- lamentano che lo Stato italiano ha mancato di adottare tutte le misure giuridiche, regolamentari e di informazione della popolazione miranti a proteggere l’ambiente e la loro salute, in particolare alla luce degli elementi risultanti da diversi rapporti, tra cui ‘Sentieri’ dell’Istituto superiore della Sanità”, “In più, attraverso i decreti salva Ilva, il governo ha autorizzato la continuazione dell’attività della fabbrica”. Ne scrive Giuliano Foschini a pagina 20.

Su La Stampa la corrispondenza di Marco Zatterin sottolinea che il procedimento non potrà che complicare una vicenda già intricata: il governo è sotto assedio perché cerca di mantenere in vita lo stabilimento, per difendere un pezzo di economia nazionale e i suoi posti di lavoro. Ma è anche contestato perché nel fare ciò perpetua una situazione ambientale drammatica. Ci vorrebbero soldi che non ci sono. Potrebbero arrivare se si riuscirà a vendere, come a Palazzo Chigi hanno promesso, entro giugno. Ma la transazione è complicata dall’inchiesta della Commissione Ue sui fondi pubblici mobilitati per fini ambientali e produttivi, capitali che per Bruxelles assomigliano a un aiuto di Stato non accettabile.

Siria

In una intervista a La Repubblica l’inivato dell’Onu per la Siria Staffan De Mistura dice che “se non si consolida la tregua in Siria e gli aiuti umanitari non riescono ad affluire come concordato nelle aree assediate, la guerra civile riprendera’, con nuove armi che sono arrivate o arriverebbero subito, ci saranno altre migliaia di profughi. Non voglio essere catastrofista, ma se il conflitto in Siria riprende forza soltanto pochi siriani proveranno a rimanere nel paese e ci sara’ una nuova fuga verso l’Europa. Chi e’ stato coinvolto direttamente e ha perso la casa o la famiglia e’ gia’ fuggito o ci

sta provando: se riparte la guerra si perdera’ fiducia nella possibilita’ del paese di riprendersi, partiranno quasi tutti”, “La speranza di pace in Siria si poggia su tre gambe, incerte e delicate: un cessate il fuoco, la consegna degli aiuti, il processo politico con i negoziati indiretti di Ginevra. Due di queste tre gambe stavano cedendo pericolosamente: la tregua e la consegna degli aiuti. Di conseguenza rischiavano di travolgere tutto il negoziato politico-diplomatico, che e’ poi lo strumento per la pace”.

E poi

Su La Stampa alle pagine della cultura un articolo di Andrea Tornielli: “Sterminate quei monaci. Firmato: il viceré Graziani”, “Un docufilm solleva il velo sulla più grande strage di religiosi cristiani mai compiuta in Africa. Nel 1937 i soldati al comando del generale italiano uccisero per rappresaglia duemila persone: mille erano membri del clero”. Graziani, ricorda Tornielli, nel febbraio di quell’anno aveva subito un attentato durante una cerimonia pubblica nella capitale etiope.

Su La Repubblica un’analisi di Roberto Toscano a pagina 35 sulla prossima visita di Obama ad Hiroshima: ,”Obama a Hiroshima e la questione nucleare”, “Il presidente americano coglierà l’occasione della visita per parlare del futuro piuttosto che del passato”, trattando il tema degli armamenti nucleari. E’ un tema che Obama aveva affrontato a Praga nell’aprile del 2009 quando, suscitando molte aspettative, aveva messo in primo piano la questione del disarmo nucleare e non solo quella della non-proliferazione.

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