Il Corriere della Sera: “Conto alla rovescia per Atene”. “Super vertice lunedì con premier e capi di Stato”. “Merkel: negoziare a oltranza”. “Lagarde: default se la Grecia non paga entro la fine del mese”. “Padoan: non sono preoccupato”.
Di spalla: “La premier Helle rischia tutto. In testa il fronte delle destre” in Danimarca.
A centro pagina la strage di Charleston, con la foto di Dylann Roof che “fa strage di neri con l’arma regalata da papà”.
La Repubblica ha in prima la foto di una donna nera in lacrime dopo la strage di Charleston: “Strage nella chiesa dei neri. Il killer è un giovane razzista”, “Charleston, 9 morti. Obama: orrore che succede solo da noi”.
In apertura a sinistra, l’inchiesta di 7 giornali europei: “Ecco il prezzo delle sanzioni allo zar Putin”, “Troppo prudenti le stime della Ue”, “A rischio 2 milioni di posti di lavoro”.
In taglio basso, la mancata intesa sulla crisi greca ieri alla riunione dell’Eurogruppo: “Caos e liti, Atene appesa a un filo. Vertice straordinario a Bruxelles”, “Niente intesa, l’Fmi: nessuna grazia a Tsipras”.
Sulla colonna a destra, l’Enciclica “Laudato sii”: “Francesco: il popolo umiliato dalle banche”. Con i commento di Enzo Bianchi e Carlo Petrini.
In prima anche il reportage di Andrea Tarquini: “In Ungheria sul confine del muro invisibile”.
La Stampa: “Grecia, trattativa fallita. Vertice straordinario lunedì per i leader Ue”, “Tocca a Capi di Stato e governo l’ultima mediazione. La Commissione: un accordo per evitare la catastrofe”, “Restano undici giorni prima della scadenza per i debiti di Atene”.
In grande evidenza la foto del ventunenne Dylann Storm Roof, autore della strage di Charleston: “Strage razzista in chiesa. Obama: capita solo in Usa”.
A centro pagina: “Ungheria, i fan del muro, ‘Dobbiamo farlo più alto’”, “Reportage dal confine con la Serbia: dateci sicurezza”. Di Niccolò Zancan.
Il Fatto: “Il falso in bilancio modello Renzi rischia di salvare anche Ligresti”, “La Procura di Torino conferma l’allarme della Cassazione: con le nuove norme in bilico il processo sul saccheggio della società di assicurazioni Fonsai. Il ministro Orlando: ‘vediamo, ma se la legge non funziona, la cambieremo’”.
Attenzione poi ai casi di Pescara (“Bussi, pm sotto torchio: ‘Voi sapevate tutto?’”, “Le toghe di Campobasso hanno sentito per ore i colleghi abruzzesi. Avrebbero conosciuto prima l’esito del processo che salvò dalla condanna i vertici della ex Montedison imputati per il disastro doloso della grande discarica dei veleni”) e Savona (“’Inganniamo i giudici sui morti di tumore’”, “Nell’inchiesta sull’impianto a carbone di Vado, indagati anche l’ex governatore Burlando e la sua giunta (compresa la Paita, sconfitta da Toti). Dalla Regione partì la richiesta ai medici di dare false informazioni ai periti dell’accusa sulle 440 vittime”).
In prima anche l’Enciclica di Papa Francesco: “L’anatema di Bergoglio alle banche che affamano”, “Il Papa si occupa di ecologia, ma in realtà definisce un’altra economia”.
Il Giornale: “Bimbi in vendita in stazione”. “La Cnn mette alla berlina il degrado di Roma: stranieri minorenni costretti a prostituirsi a Termini”. “La selva burocratica aiuta i migranti: impossibile l’espulsione”.
A centro pagina: “Jobs act e grande fratello a senso unico”. “Siamo tutti spiati (tranne gli statali)”. “I datori di lavoro potranno controllare i telefoni. Ma solo in aziende private”.
A fondo pagina: “Tragedia greca, l’euro appeso alle bizze di un comunista”. “Falliscono le trattative, e forse pure il matrimonio di Tsipras”.
Sulla enciclica del Papa: “Caro Papa, senza banche il popolo muore”, di Vittorio Macioce. E poi: “Ma non regaliamo Francesco a Verdi e sinistra”.
Il Sole 24 Ore: “Così cambiano gli appalti”. “Dal Senato primo sì alla riforma a larga maggioranza con il voto favorevole di Lega e Forza Italia e l’astensione di Sel e M5S”. “Stop a deroghe e varianti, semplificazioni, rating per imprese e Pa”.
In alto: “L’ecologia integrale di Papa Francesco per ‘fermare il saccheggio del mondo'”. “L’enciclica Laudato sii: i popoli hanno pagato per le banche”.
A centro pagina: “Grecia, vertice Ue d’emergenza”. “Fumata nera dell’Eurogruppo. Lagarde: default se i greci non pagano entro fine mese”. “Lunedì summit dei leader europei. Squinzi: da Atene rischio serio, si potrebbe danneggiare l’economia italiana”.
Di spalla: “Immigrati, Ue contro l’Ungheria: ‘Non servono altri muri’. Ventimiglia: resta il blocco francese”.
Grecia
La Stampa, pagina 2: “Ultima chiamata per la Grecia. Vertice d’emergenza dei Capi di Stato”, “Lunedì riunione straordinaria a Bruxelles. Il tempo stringe: a fine mese Atene deve pagare 1,6 miliardi”. Scrive il corrispondente a Bruxelles Marco Zatterin che ieri l’Eurogruppo ha ammesso che con i greci “non c’è un accordo in vista” ed ha lanciato un appello ad Atene perché presenti finalmente delle proposte credibili”. Dopo quattro mesi di inutili negoziati -scrive Zatterin- che la direttrice del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde ha definito “giochi di specchi e fumi”, i ministri economici dell’Eurozona hanno gettato la spugna e deciso di lasciare il campo ai loro leader, che si incontreranno lunedì prossimo per discutere il salvataggio di Atene con “urgenza”. E Zatterin fa notare che “il premier ellenico ha più volte definito il caso del suo Paese ‘politico’ e ora ha l’occasione di spiegarsi al massimo livello”. Ieri il ministro dell’Economia greco Varoufakis è arrivato al Palazzo del Consiglio del Lussemburgo “con passo ciondolante, sembrava appena sceso da cavallo”. L’oggetto del contendere, si ricorda poi più avanti, è l’estensione del piano di salvataggio greco al 30 giugno decisa il 20 febbraio e mai attuata perché prevedeva una serie di impegni e riforme e consolidamento che i creditori (Ue, Fmi, Bce), non sono mai riusciti a definire con Atene. A fine mese, i greci devono pagare 1,6 miliardi a Washington (inteso come Fmi, ndr.) e non hanno i soldi per farlo. Se andassero in mora, rischierebbe la bancarotta e, teoricamente, potrebbero ritrovarsi fuori dall’Eurozona. Pertanto hanno bisogno dell’intesa con l’ex Troika e dei 7,2 miliardi di pagamenti ad essa legati. Anche se, ha precisato Dijsselbloem, il presidente dell’Eurogruppo, anche in caso di fumata nera ormai è troppo tardi per riuscire a sborsare il denaro entro il mese. Si chiede comunque un’estensione del programma. Ma una cosa è chiara: non ci saranno aiuti senza un piano di riforme.
A pagina 3: “Tsipras punta ai tempi supplementari ma i creditori hanno perso la pazienza”, “Un default non significherebbe automaticamente l’uscita dalla moneta unica”. Lo stesso Zatterin, con domande e risposte, chiarisce alcuni nodi. Per esempio: default uguale Grexit? Nessuna regola dice che l’insolvenza provoca la cacciata dall’euro. Inoltre non esiste una procedura per lasciare l’euro. Ce n’è una per l’addio all’Ue, ma richiede un dibattito biennale e la ratifica di tutti gli Stati.
E Alessandro Barbera spiega cosa divide Bruxelles da Atene, sul fronte Iva, pensioni, statali e lavoro. Iva: il ministro Varoufakis ha ipotizzato aliquote fra il 6 e il 21-22 per cento. L’Europa le ha chiesto di salire oltre il 22 e la fine di una serie di esenzioni come quella per i carburanti (il presidente della Commissione Juncker si è detto disponibile a mantenere aliquote agevolate solo per energia elettrica e medicinali). Invece di aumentare l’Iva oltre una certa soglia, Atene propone un aumento delle tasse ai più ricchi, su videolotterie e tabacchi. Sulle pensioni: nei documenti consegnati ai negoziatori, la Grecia ha promesso l’aumento dell’età di uscita dei dipendenti pubblici, ma la media salirebbe a 58,5 anni solo nel 2020, mentre l’Ue chiede da subito i salire a 60 e l’innalzamento a 67 anni della soglia per il ritiro per i dipendenti privati. Riassunzioni: con le riforme approvate nel 2008 il numero dei dipendenti pubblici è sceso notevolmente. Il governo Tsipras ha però deciso la riassunzione di 15mila dipendenti licenziati dal governo precedente.
Sul lavoro: il governo di centrodestra aveva imposto una dura riforma del lavoro e la prevalenza dei contratti aziendali su quelli nazionali. La piattaforma elettorale di Syriza prevede il ripristino del contratto unico e l’innalzamento del salario minimo.
Su La Repubblica, pagina 4, la corrispondenza dell’inviato ad Atene Ettore Livini: “Poveri e baby-pensioni, l’esercito di anziani che paralizza il negoziato”, “Ecco la fotografia del sistema previdenziale ellenico al centro del confronto tra la Grecia e i creditori”. Scrive Livini: “il futuro dell’Euro è in mano a una banda di 2,65 milioni di arzilli vecchietti (alcuni, a dire il vero, nemmeno troppo vecchietti)”. Ue, Bce e Fmi dicono che costano troppo. Tsipras ribatte che “il 45% dei pensionati ellenici prende meno di 655 euro al mese, il livello della soglia di povertà”. Scrive ancora Livini che nel 2009, quando è scoppiata la crisi, nel Paese c’erano 130 differenti fondi pensioni e 580 professioni usuranti, tra cui i presentatori tv, a rischio per l’accumulo di flora batterica nei microfoni. Atene, a voler ben guardare, ha già fatto i compiti a casa: il numero dei fondi è stato ridotto a 13. Un censimento del 2012 ha portato alla scoperta di 90mila truffatori che ritiravano l’assegno di parenti morti da anni e di 350mila posizioni irregolari. Noi -ha spiegato Tsipras su Der Spiegel- abbiamo tagliato le pensioni, ma l’austerity ha fatto crollare il Pil del 25% in cinque anni. Da noi si lascia il lavoro a 67 anni, due anni più tardi dei tedeschi. Ma non è vero, scrive Livini: la Troika ha imposto una legge che sposta ai 67 anni l’età in cui si può lasciare il lavoro. Ma nella pratica le vie di fuga restano tante e l’età media in cui si va in pensione nel pubblico è di 56,7 anni, destinati a diventare 60 solo nel 2022. E dal 2009 le richieste di ritiro anticipato sono salite del 48%. È il “paradosso”: i pensionati greci sono tra i più poveri d’Europa, ma pure i più costosi.
Il Corriere: “Conto alla rovescia per Atene. Ultima chiamata per salvare la Grecia. La corsa dei risparmiatori in banca”. “Prelevati due miliardi, timori per la riapertura delle banche lunedì”.
Il Giornale: “L’Europa dà tre giorni alla Grecia”. “Lunedì prossimo al vertice di emergenza dell’eurozona”. “Altra fumata nera dell’eurogruppo, le trattative si spostano sul piano politico”.
Sul Sole 24 Ore si ricorda che un accordo in extremis pone problemi anche alla Germania: “Merkel per salvare la Grecia dovrà mettere a rischio gli equilibri interni”, scrive il quotidiano di Confindustria. “Contrariamente ai luoghi comuni su di lei la Cancelliera tedesca è stata uno dei protagonisti più flessibili di questa storia”, scrive Alessandro Merli.
Accanto: “Tsipras e lo scontro con i suoi per vendere le riforme”. “Il premier deve tenere a freno l’ala estrema del suo partito ma anche tenere presente il desiderio dei greci di restare nella moneta unica”.
Sul Sole Adriana Cerretelli scrive che il muro “che oggi circonda la Grecia è potenzialmente ben più devastante della cortina ungherese perché, se non rimosso quanto prima, rischia di rovinarle addosso facendo morti e feriti ovunque, anche nel resto d’Europa”. “Alexis Tsipras gioca con il fuoco” e “pur avendo molte ragioni dalla sua parte, la nuova Grecia governata da Syriza di questo passo rischia la catastrofe per ottusità ideologica più che per incapacità negoziale”. E “i creditori d’altra parte non riescono a fare il salto oltre il muro della diffidenza nei confronti di un debitore ritenuto inaffidabile e insolvente”. Per loro “i costi del disastro alla lunga sarebbero molto più pesanti, in termini politici e finanziari, del terzo salvataggio di Atene”.
Sul Messaggero una intervista a Giacomo Vaciago. L’economista dice: “Accontentiamoci che rimborsino gli interessi e aiutiamoli a crescere”. Vaciago propone di “mettere in un cassetto” l’ottanta per cento del debito greco e di riparlarne tra cinquanta anni. Ricorda che una uscita dall’euro non converrebbe innanzitutto ad Atene, e che non è possibile uscire dall’euro senza uscire dalla Ue.
Charleston
La Repubblica: “Usa, strage di neri nella chiesa-simbolo, la rabbia di Charleston, ‘Noi colpiti al cuore’”, “Il killer un 21enne suprematista: preso. Nove morti. Obama: ‘Succede solo qui, ora basta armi’”. A scriverne è Federico Rampini. Richard Cohern, avvocato e presidente di un organismo che si occupa degli “hate groups”, ovvero di quei gruppi che fomentano l’odio razziale, etnico o religioso, il “Southern Poverty Law center”, dice, intervistato dal quotidiano: “Non c’è solo la jihad, questo terrorismo è stato sottovalutato”, “Dopo l’11 settembre gli Stati Uniti si sono preoccupati solo del terrorismo jihadista, come se si trattasse dell’unica minaccia per il Paese. Ma l’orribile tragedia nella chiesa di Charleston ci ricorda che i pericoli del terrorismo domestico sono reali e non vanno sottovalutati”. Quali sono i trend di fondo sugli “hate groups” in questi anni? “Dal 2000 abbiamo registrato un costante aumento di questi gruppi: nel 2011 abbiamo individuato 1018 associazioni che promuovono l’odio razziale o religioso. Anche se negli ultimi due anni il fenomeno si è un po’ rallentato, siamo ancora sui massimi storici. E non bisogna dimenticare che alcuni movimenti, come il Ku Klux Klan, tendono sempre di più ad agire di nascosto”. Come spiega l’incremento del fenomeno? “È una sorta di contraccolpo rispetto alla maggiore diversità razziale del Paese, simboleggiata, dicono in molti, dall’arrivo di un presidente afroamericano alla Casa Bianca”.
Il quotidiano intervista anche Isabel Wilkwerson, che nel 1994 fu la prima reporter nera a vincere il premio Pulitzer. Spiega perché la chiesa “Emanuel African Methodist Episcopal Church” è tanto importante, come luogo-simbolo: “la sua storia è legata ai movimenti per abolire la schiavitù. Tra i suoi fondatori c’era Denmark Vasey, ex schiavo che era riuscito a riscattare la sua libertà ma non quella della sua famiglia: così studiò un piano per attaccare la piantagione e liberare gli schiavi. Una spia lo tradì: fu ucciso insieme ai compagni, un avvertimento a coloro che sognavano di liberare i neri. La chiesa venne incendiata”.
La Stampa: “’Avete preso il nostro Pese’. Ventunenne fa strage di neri”, “South Carolina, nove morti in chiesa. Obama: basta armi, succede solo da noi”. Alla pagina seguente: “Neonazisti, skinhead e anti-gay. Così l’ultradestra va alla guerra”, “Non solo il Ku Klux Klan: ‘Il razzismo sta diventando sistemico’”. A dirlo al corrispondente Paolo Mastrolilli è Sue Monk Kidd, la scrittrice di Charleston che con “L’invenzione delle ali” ha raccontato la storia di Sarah Grimke, bianca bandita dalla South Carolina perché era diventata un’attivista contro lo schiavismo. “Il razzismo in America è sistemico, non solo al Sud -dice la Kidd- Ora è più difficile riconoscerlo, perché è più sottile ma abbiamo un problema di privilegio dei bianchi, integrazione, razziale”. A pagina 8: “Il rancore dei bianchi emarginati nel Sud che odia il futuro”, “Restano le ferite della guerra civile, mentre l’era digitale allarga i fossati” (di Gianni Riotta).
Sul Corriere Guido Olimpio si sofferma sull’autore della strage: uno “un po’ strano” che “si imbottiva di roba e faceva battute razziste” secondo le voci raccolte ieri. “Dalton Tyler, un amico del killer, ha rivelato alla tv Abc che Roof parlava continuamente di segregazione razziale e voleva scatenare ‘la guerra civile’ per poi togliersi la vita. Anche i familiari, malgrado i rapporti si fossero rarefatti, avrebbero notato negli ultimi mesi un cambiamento. Era ‘preso’ da tesi estremiste e probabilmente era entrato in contatto con ambienti che avevano accentuato la sua posizione radicale. Un aspetto sul quale sta indagando l’Fbi per capire se ha fatto tutto da solo o sia stato ispirato da qualcuno. Un profilo di indagine che ricorda quelle contro i lupi solitari jihadisti”.
Enciclica
La Stampa: “Ambiente e finanza, le accuse del Papa”, “L’enciclica ‘green’ di Francesco critica il consumismo e chiede di cambiare rotta per scongiurare una catastrofe. ‘I popoli hanno pagato il salvataggio delle banche’”. E, tra le citazioni dell’enciclica: “È arrivata l’ora di accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti”, “La nostra sorella Terra protesta per il male che le provochiamo, a causa dell’uso irresponsabile e dell’abuso dei beni che Dio ha posto in lei”. Alla pagina seguente, un’intervista a Stefano Zamagni, economista e direttore scientifico della Scuola di economia civile, oltre che accademico vaticano delle scienze sociali: “La politica ormai si è arresa al potere dei mercati. Questa è la vera degenerazione del presente”, “Sbagliato non chiedere nulla alle banche”. E, ancora a pagina 11: “Ma la tecnologia è decisiva per vincere le sfide globali”, “In 20 anni il progresso ha dimezzato le persone che vivono al di sotto delle soglie di povertà” (un’analisi di Massimo Russo).
La Repubblica: “Il Papa del popolo: ‘Il salvataggio delle banche pagato dai popoli’”, “Enciciclica e finanza. L’atto d’accusa di Francesco a un modello globale di sviluppo che ha creato degrado ambientale e nuova povertà”. E il vaticanista Paolo Rodari cita una serie di passaggi dell’enciciclica, mentre Marco Ansaldo intervista Ettore Gotti Tedeschi, economista e banchiere, ex presidente dello Ior e ora alla guida del Banco Santander in Italia: “Le lobby sono forti, non lo ascolteranno”, “Sono stati liberati spiriti animali. Io sto col magistero della Chiesa, ma non vanno confusi cause ed affetti”.
Da segnalare anche un’intervista al Monsignor Sanchez Sorondo, vescovo, teologo, Cancelliere della Pontifica Accademia delle Scienze sociali, uomo dietro le quinte dell’enciclica. Come la definirebbe? “Una rivoluzione epocale. A partire dal messaggio di San Francesco, che non è stato sentito e seguito. Un messaggio profondamente religioso, contro le interpretazioni di certi politici americani”.
Su Il Giornale si legge che l’Enciclica di Papa Francesco “ha già sollevato critiche da parte dei conservatori americani, ideologicamente ostili alle politiche verdi”. “Centonovantadue pagine, sei capitoli, due preghiere finali: la Lettera esce in otto lingue; per la prima volta non c’è il latino, mentre compare l’arabo nella prima diffusione e si attende anche in cinese”. Il passaggio più duro è l’attacco alle banche e al “salvataggio ad ogni costo delle banche facendo pagare il prezzo alla popolazione senza la ferma decisione di rivedere e riformare l’intero sistema” che “riafferma un dominio assoluto della finanza che non ha futuro”. Un invito a cambire gli stili di vita, un richiamo all’esaurimento delle risorse e al divario nord sud. “Nessuno vuole tornare all’epoca delle caverne però ‘è indispensabile rallentare la marcia per guardare la realtà in un altro modo’. Insomma, ‘occorre rallentare il passo e ritornare indietro prima che sia tardi’. Un invito ad “accettare una certa decrescita in alcune parti del mondo procurando risorse perché si possa crescere in modo sano in altre parti”.
Sul Corriere Luigi Accattoli: “Il Papa dei poveri critica il dominio della finanza”. Si ricorda che già Benedetto XVI nella enciclica Caritas in veritate del 2009 aveva “messo in rilievo la responsabilità del sistema finanziario nella crisi appena esplosa” ed aveva sollecitato la creazione di una autorità politica mondiale in grado di governare l’economia. Francesco la fa sua “ma la sua accusa al sistema finanziario è più forte e diretta”.
Politica, Pd
Sul Corriere una intervista a Massimo D’Alema che parla del suo partito: “Se si spezza il legame tra il Pd e la sua gente viene meno un punto di tenuta che ha retto finora. E rischiamo di cedere nel pieno della crisi europea, stretti tra Grecia e immigrazione”. Sulle elezioni: “Ho letto dichiarazioni che attribuiscono responsabilità alle primarie, ai candidati. Ma come? Una volta le primarie facevano vincere e ora fanno perdere? Tutto questo non c’entra nulla. Quando c’è una tendenza che si manifesta in tutto il Paese e con tutti i candidati, salvo eccezioni, si è di fronte ad un fatto politico. Non ci vuole un grande analista per capirlo: una parte grande del nostro elettorato ci ha abbandonato e il crollo della partecipazione al voto è stato particolarmente forte nelle Regioni rosse”. Secondo D’Alema occorre finire la stagione di “questa finzione sui riformisti e i conservatori: tutti vogliamo le riforme. Si tratta di capire se sono le nostre riforme oppure quelle ispirate dal centrodestra”.
Sul Giornale Laura Cesaretti scrive della “tegola da 350 milioni di euro, ‘indebitamente erogati’ dal Comune. Non alle cooperative che fanno la cresta sui campi Rom, ma ai dipendenti dell’amministrazione capitolina, un esercito di 25mila tra dirigenti, funzionari, vigili, maestre comunali, impiegati eccetera. Milioni finiti in ‘salario accessorio’, secondo regole che gli ispettori del Mef hanno bocciato, e che ora vanno restituiti”. Il quotidiano ricorda che la vicenda ha radici lontane e che qualche giorno fa “dal ministero dell’Economia è partita nei giorni scorsi una lettera, indirizzata al Campidoglio, in cui si chiede al Comune il recupero di quei 350 milioni”. Il fatto che l’arrivo della lettera coincida “con i giorni di massima tensione tra Marino e Renzi” fa pensare ad una ipotesi di commissariamento per dissesto dei conti, “più difficile da escludere di quello per infiltrazioni mafiose. Insomma, si chiedono in Campidoglio, ‘Renzi sapeva che la tegola sarebbe arrivata ora, e per questo ha iniziato a scaricare Marino?'”.
Russia
Alle pagine 2 e 3 de La Repubblica l’inchiesta dei giornalisti europei del Lena (“Leading European Newspaper Alliance), di cui fanno parte, oltre a questo quotidiano, anche Die Welt, Le Figaro, El Pais, Le Soir, Tages-Anzeiger e Tribune de Genève. Si basa anche sui dati di uno studio del “Wifo”, l’Istituto austriaco per la ricerca economica, che prende in considerazione “il peggiore degli scenari”. Il titolo con cui vengono sintetizzati i dati di inchiesta e studio: “Russia, con le sanzioni a Putin l’Europa brucia 100 miliardi”, “Gli Stati membri pagheranno un prezzo più alto rispetto alle stime della Commissione. Gli analisti: ‘Siamo in caduta libera’”, “Il documento dell’istituto Wifo rivela che la Ue può perdere 2 milioni di occupati. E per l’Italia si stima un buco di quasi 12 miliardi con 215mila persone che resteranno senza lavoro”, “La caccia ai capitali degli oligarchi non ha prodotto grandi risultati. In nove Paesi dei 27 non è stato trovato neppure un centesimo”, “Solo l’Italia è riuscita a sequestrare 30 milioni di euro di beni al miliardario Arkadj Rotenberg”. Sulle stesse pagine anche una corrispondenza da Mosca sugli effetti delle sanzioni: nessuno è ancora riuscito a quantificare con precisione il danno subito in 14 mesi di sanzioni dall’annessione della Crimea ad oggi. Il ministero delle Finanze russo parla di una perdita netta di 40 miliardi di dollari, cui vanno aggiunti altri 100 miliardi volati via per colpa del repentino ribasso del prezzo del petrolio. Il sanzionamento di aziende, banche, manager e politici sta facendo sì che gli istituti di credito russi abbiano perso la possibilità di ottenere prestiti dalle banche occidentali. Il blocco delle tecnologie americane ed europee per le trivellazioni sta limitando le capacità estrattive dell’industria energetica. E la scomparsa di componenti elettroniche mette in seria difficoltà l’industria, in particolare quella bellica. E i cittadini ne pagano le conseguenze in modo sempre più pesante, scrive Nicola Lombardozzi.
Sul Sole: “Prodi: ricucire con la Russia”. Si parla della “Davos” dei russi, ovvero il Forum di San Pietroburgo. Prodi è’ stato anche intervistato, durante il forum, dal giornalista americano Peter Lavelle, che lavora per Russia Today. Prodi ha invitato ad usare il “buon senso” perché nel conflitto Russia-Occidente sull’Ucraina “tutti ci perdono”
E poi
Sul Corriere il risultato elettorale in Danimarca: “Destra danese in testa, per la premier Helle una débacle in vista”. “Coalizione governativa di sinistra verso la sconfitta in una campagna dominata dal tema dell’immigrazione”. Helle Thorning Schmidt è stata protagonista di una “spettacolare rimonta” che tuttavia non è bastata, stando agli exit poll. Hanno vinto i liberal conservatori, e al terzo posto, con il 18 per cento dei consensi, c’è il partito del Popolo, euroscettico e nazionalista.