Il Corriere della sera: “Prova di forza sul Senato. Il governo: legge subito in Aula. Strappo della minoranza Pd e duello con Grasso”. “Finocchiaro: no agli emendamenti sull’articolo 2. Quagliariello: Italicum da modificare”.
“Tutti i segreti di un negoziato partito male” è il titolo di un retroscena firmato da Francesco Verderami.
In alto: “‘Roma, porto franco degli appalti’. Il dossier su Alemanno e Marino”. “Le contestazioni di Cantone sulle trattative private dal 2011 al 2014”.
In prima il quotidiano milanese offre anche una intervista a Yannis Voroufakis: “Il mio addio a Tsipras? Sono libero da falsi amici” e una con l’Amministratore delegato di Finmeccanica Mauro Moretti, che promette: “Così cambierò Finmeccanica”.
La Repubblica: “Manovra, un piano anti-austerity. Sulle riforme è strappo nel Pd”, “Renzi alla Ue: sfondando il deficit 7 miliardi in più. Scontro premier-Grasso, testo subito in aula”.
In grande evidenza una foto di migranti a Rozske, lungo il confine tra Serbia e Ungheria, al di là del filo spinato: “Budapest, il filo spinato che ferisce l’Europa”, con un reportage dalla capitale ungherese di Bernardo Valli.
Di spalla a destra, la “copertina” dell’inserto R2: “2024, fuga da Olimpia. La magia costa troppo”, “Anche Toronto si ritira dalla corsa ai Giochi. Più chance per Roma”, di Gabriele Romagnoli.
A fondo pagina: “Da Venezia al martirio di Palmira, la bellezza non salverà il mondo”, di Salvatore Settis.
La Stampa: “L’Ungheria arresta i migranti. E Vienna chiude le frontiere”, “Oltre 170 fermati. I siriani in sciopero della fame: ‘Aprite le porta’”, “Stretta del governo magiaro: muro anche con la Romania. Merkel all’Italia: fare i centri di accoglienza”. Con foto del fermo dei rifugiati arrivati in Austria.
A centro pagina: “Riforme, Renzi accelera. Tensione governo-Grasso”, “La minoranza Pd strappa: inutile il tavolo con la Boschi. Testo subito in aula”.
In prima anche la scuola: Ai professori 500 euro per la formazione”, “Il ministro Giannini: ‘Per quest’anno in busta paga, netti forse già a ottobre”.
Attenzione in prima pagina anche per la riunione della Banca centrale americana, oggi e domani, nel corso della quale – scrive Mario Deaglio – verranno prese decisioni cruciali sulla politica monetaria, la quantità di denaro in circolazione e il suo costo: “Chi paga le scelte della Fed”. E sul tema anche un’analisi di Francesco Guerrera: “Così decidono gli ‘stregoni’ del dollaro”.
Il Sole 24 ore: “Sul rientro dei capitali spunta la proroga bis. L’ipotesi di un nuovo termine da fissare però dopo il 30 settembre”. “Il rinvio tecnico di trenta giorni non risolve i problemi degli operatori. Sette domande su dieci ancora in attesa”.
Di spalla: “Rottura nel Pd sul nuovo Senato: riforma direttamente in Aula. Tra Renzi e Grasso è alta tensione”.
In alto: “Budapest arresta i profughi. Merkel: subito hotspot italiani”. “Berlino vuole vertice Ue”. “La fine dell’era Schengen” è il titolo di un commento di Vittorio Emanuele Parsi.
A centro pagina: “Ecco la nuova ‘digital tax’. Nella manovra spunta l’accorpamento delle scadenze fiscali. Tensione sugli esodati, la Lega attacca. Padoan: interverremo”.
Il Fatto ha in prima il richiamo ad un’intervista al pm Nino Di Matteo: “Sull’ergastolo coronano i sogni della mafia”, “Il magistrato minacciato dai clan: tradiscono una regola voluta da Falcone. Quella per cui solo chi collabora può avere benefici penitenziari (e per questo testimonia)”.
A centro pagina: “La Caritas: ‘Renzi ignora i poveri’”, “Intanto lui sfora di 500 milioni”, “L’accusa: i partiti (a parte M5S) distratti. Ma la Presdienza del Consiglio aumenta le spese”, “Il premier incassa la critica dal mondo cattolico, e in tv mente vantandosi di aver ‘tagliato le spese’ in casa sua. I bilanci invece lo smentiscono: ha fatto peggio di chi l’ha preceduto e nel 2015 non andrà meglio”.
In prima anche Mafia Capitale: “Quando Ncd e la Cascina si spartivano il Viminale”.
Sulla riforma del Senato: “Il governo ignora il Parlamento. Verdini è il nuovo leader, ‘La minoranza Pd non conta’”, “Con Matteo 161 a favore e 158 contro”.
L’Avvenire: “Poveri e senza aiuti”, “Oltre 4 milioni di cittadini in miseria assoluta. LA Caritas: ora il Reddito d’inserimento sociale”, “Dal 2007 i bisognosi sono raddoppiati mentre sono calati i fondi per l’assistenza. Poletti: stiamo lavorando al piano nazionale”.
A centro pagina: “L’Ungheria arresta i migranti. In mare si continua a morire”.
E sulla manovra: “Esodati, è scontro. Renzi: tagliamo pure l’Irap agricola”, “Mentre torna l’ipotesi si risparmi sulla sanità”.
Il Giornale: “Matteo traballa. Renzi non ha più la maggioranza”. “I democratici si spaccano sulla riforma del Senato: la minoranza del partito lascia il tavolo e anche l’Ncd si divide. L’ira di Grasso scavalcato dal premier”.
A centro pagina grande foto di Oriana Fallaci, nell’anniversario della morte: “Grazie Oriana per averci insegnato che l’Islam è male”, di Magdi Cristiano Allam
A fondo pagina il quotidiano offre una anticipazione da un libro dedicato a Salvini: “‘L’amplificatore’ e ‘la bestia’: ecco i segreti di Salvini”.
Migranti, Ue
La Stampa, pagina 2: “L’Ungheria arresta i profughi. Un muro anche con la Romania”, “Nuovo giro di vite di Orban, siriani in sciopero della fame: ‘Aprite le porte’. L’Austria ripristina i controlli alla frontiera italiana. Bruxelles: tutto regolare”. Il quotidiano intervista Norbert Lammert, presidente del Parlamento tedesco: “Nessuno può farcela da solo, convinceremo i Paesi dell’Est”, “Se esplodesse l’Ucraina sarebbero loro in difficoltà, serve una soluzione comune”. Chiede Francesca Sforza se la Germania, dopo un’iniziale apertura, sia tornata sui propri passi. Lammert: “Ci troviamo di fronte a una situazione eccezionale: in Germania c’è stata una disponibilità giusta e necessaria nei confronti dell’accoglienza, anche se in base al diritto vigente i rifugiati avrebbero dovuto permanere in altri Paesi, ad esempio l’Ungheria. Si è poi però diffusa la sensazione che la Germania potesse accogliere un numero illimitato di richiedenti asilo per un tempo illimitato, e questo è evidente che non può funzionare”.
A pagina 3 il reportage di Tonia Mastrobuoni da Vienna: “Nella Vienna del campo-profughi la speranza diventa rabbia: ‘Budapest vuole umiliarci’”, “I racconti dei siriani bloccati in Austria sulla via per la Germania: ‘L’incubo non è stato il mare, ma la traversata di Serbia e Ungheria”.
Segnaliamo sulla stessa pagina anche le notizie relative alle stime dell’agenzia di rating Standard & Poor’s: fa i conti della crisi dei rifugiati e considera che l’impatto è “minimo” su deficit e demografia. La Germania, il Paese che promesso di fare di più in termini di accoglienza, ha stanziato 6 miliardi di euro per il 2016: il 2% della spesa pubblica tedesca, ovvero lo 0,2% del Pil.
Su La Repubblica il reportage da Budapest di Bernardo Valli: “Nell’Ungheria del Muro di Orban arresti e soldati contro i profughi”, “Il primo ministro chiude le frontiere e la maggior parte del Paese è con lui. Anche molti intellettuali di sinistra lo appoggiano in nome dell’unità etnica della nazione. Dietro il filo spinato, migliaia di persone ammassate. Oltre 170 i fermati. Via allo sciopero della fame”, “A una manifestazione dell’opposizione, erano in pochi sulla piazza davanti al Parlamento. E le critiche sui giornali, frequenti e non censurate, non hanno un grande effetto sulla gente”. E, a proposito di Orban, Valli scrive che “trascina la larga parte della società frustrata dal comunismo, rivelatosi corrotto e incapace. Descrive la nazione accerchiata e sul punto di essere invasa e accende fantasie rincorrendo la storia”.
Su La Stampa il “retroscena” da Bruxelles di Marco Zatterin: “Sfida all’asse franco-tedesco. Così è saltato il summit Ue”, “Ministri dell’Est irritati per il tentativo di forzare l’intesa sulle quote. Merkel: vertice straordinario, l’Italia faccia i centri di accoglienza”. Scrive Zatterin che dopo l’incontro “caotico” dei ministri dell’Interno di lunedì scorso, “il prossimo potrebbe essere peggiore”, visto che i quasi venti Paesi favorevoli al principio politico di una redistribuzione ordinata dei migranti con diritto all’asilo devono trovare un modo per convincere gli altri. La Merkel ha chiesto un summit Ue straordinario dei capi di Stato e di governo già la prossima settimana per discutere degli hotspot, i nuovi centri di accoglienza. Il presidente del Consiglio Ue Donald Tusk, “che deve mandare gli inviti”, è indeciso, perché viene dalla Polonia, dove si vota, e perché vuole evitare un summit al buio. Martedì 22 ci sarà quindi un nuovo consiglio dei ministri degli Interni, ha annunciato la presidenza di turno lussemburghese. Zatterin racconta di un “furioso” De Mazière (ministro dell’Interno tedesco) che “lanciava l’idea di togliere di togliere i fondi Ue ai non solidali”.
La Repubblica, pagina 11, corrispondenza da Bruxelles di Andrea Bonanni: “L’ira tedesca contro l’Est. E all’Italia: ‘Ora gli hotspot’”, “Berlino attacca i falchi anti-quote: ‘Vergogna, serve un vertice dei leader’. E minaccia: l’Ue tagli i fondi a chi non ci sta”.
L’Avvenire, pagina 6: “E dopo il fallimento Merkel impone a tutti un vertice straordinario”, “Berlino accelera: sulle quote siamo stati ridicoli. Il Cancelliere: l’Italia deve accelerare sugli hotspot”. Ne scrive Giovanni Maria Del Re da Bruxelles. Alla pagina seguente, l’inviato dalla Serbia Nello Scavo: “Profughi, ondata di arresti. Ma l’Ungheria ora è sola”.
Il Corriere intervista Edi Rama, premier albanese, che ricorda come nel 1999 il suo Paese “aprì le porte a chi fuggiva da Milosevic” accogliendo 500 mila persone che arrivavano dal Kosovo. “All’epoca nessuno ce lo chiese, lo facemmo spontaneamente, aprimmo le porte e accogliemmo tutti”.
Sul Sole Beda Romano: “Merkel preme su Italia e Grecia. La cancelliera chiede (anche all’Ungheria) l’immediata predisposizione degli hot spot”. Ieri – ricorda il quotidiano – Merkel ha anche chiesto un immediato vertice Ue a livello di capi di Stato e di governo da fare la prossima settimana.
Su Il Giornale: “La Germania ci dà gli ordini: ‘Identificate subito chi fugge’. Adesso la Cancelliera pretende gli hot spot dall’Italia”.
Riforma del Senato
La Stampa, sulla riforma del Senato e il ruolo che il presidente di Palazzo Madama ha nell’ammissione degli emendamenti al testo: “Renzi sfida Grasso sul Senato, la riforma va subito in aula”, “Pressione di Palazzo Chigi su Palazzo Madama: non c’è più tempo da perdere. Il presidente infastidito dal pressing. E Bersani attacca: capirei chi votasse contro”. Il testo è all’esame in commissione al Senato, ma – scrive Carlo Bertini – “il vero calcio d’inizio della partita si avrà quando il presidente del Senato dirà se il famoso articolo 2 potrà essere votato comma per comma, esaminando tutti i punti, compreso quello sub judice dell’elettività dei senatori già votato in doppia lettura; oppure se si dovrà procedere solo con due voti: quello del singolo comma con la preposizione tecnica mutata dalla Camera e il voto finale di tutto l’articolo. Una scelta che il presidente del Senato si è riservato di prendere solo in aula e che cambierà le sorti della vicenda”. La tensione è stata poi acuita ieri dalla “sentenza” della presidente della Commissione Affari costituzionali del Senato Anna Finocchiaro, che ieri ha dichiarato inammissibili gli emendamenti all’articolo 2, “mettendo così in difficoltà” il presidente Grasso, “che avrebbe più problemi a smentire il giudizio di un presidente della prima Commissione Affari costituzionali”.
La Repubblica: “Il premier vuole l’aula, scontro con Grasso la minoranza Pd rompe”, “Blitz della maggioranza, la sinistra dem lascia il tavolo. Il presidente del Senato irritato. L’allarme Ncd”.
E il “retroscena” di Goffredo De Marchis: “Ma Matteo cerca ancora un’intesa che divida i ribelli: ‘Meglio evitare i voti di Fi’. Doppia sfida all’ex pm” (il presidente Grasso, ndr.), “’Hanno provato a fare ammuina e allora il governo ha chiamato il banco’, dice il premier.
Il Corriere intervista Doris Lo Moro, senatrice del Pd “ribelle”, come viene definita dal quotidiano. “Spero Boschi abbia capito quanto siamo determinati”. Sulla decisione della presidente Finocchiaro di dichiarare inammissibili gli emendamenti all’articolo 2 dice di non voler essere “sgarbata” ma “ha fatto una valutazione di tipo politico presentandola come una scelta tecnica. Ha detto che in mancanza di accordo si applica l’articolo 104 del Regolamento, ma chi ha stabilito che non può esserci accordo?”.
Sul Giornale Alessandro Sallusti scrive tra l’altro che “se davvero Renzi vuole giocarsi la testa su una cosa simile significa che ha ragione chi sostiene” che il “combinato disposto di riforma elettorale e riforma del Senato “è il modo in cui il giovane premier vuole impadronirsi del potere e blindarlo nei prossimi venti anni”.
Sul Giornale si parla dell’ “Ira di Grasso scavalcato dal Pd”. Si legge che il presidente del Senato, “già inviperito per le parole di Renzi a Otto e mezzo”, che aveva detto “come si possa cambiare idea per la terza volta” (sulla riforma del Senato) “è un problema del presidente del Senato”, ieri ha reagito con fastidio alla notizia di una convocazione della conferenza dei capigruppo che non aveva convocato. “Renzi comunque ha deciso di andare alla conta sfidando sia la minoranza del Pd che il presidente del Senato, convinto che alla fine ‘i numeri ci saranno'”.
Sul Sole Lina Palmerini scrive che “stavolta la crisi sul Senato può produrre un conflitto istituzionale viste le tensioni con Pietro Grasso. La bussola della navigazione, a questo punto, è nelle sue mani”. “La prova di forza è far vedere chi comanda nel Pd. Se cioè Renzi ha i numeri e può governare; o se invece i numeri non ce li ha e deve piegarsi alle scelte della minoranza. È chiaro che l’obiettivo non è solo l’eleggibilità dei senatori, che la sinistra vuole ripristinare, ma assestare un colpo al premier, indebolirlo per costringerlo a lasciare la segreteria del partito”. E più avanti: “Solo la bussola della seconda carica dello Stato può riportare una lotta interna a un partito dentro gli argini istituzionali. E far sapere alle parti in causa, il premier e la minoranza, quali conseguenze rischiano con le loro decisioni. Senza che si arrivi a un finale da thriller”. “Finora molti hanno interpretato il silenzio del presidente Grasso come un assenso, un via libera – cioè – all’ammissibilità degli emendamenti sull’articolo che dispone l’ineleggibilità dei senatori. Ma ora che tutto precipita, in molti si aspettano che al posto del silenzio ci sia il chiarimento e che da Palazzo Madama arrivi una parola definitiva su quale piega debba prendere il dibattito in Aula”.
Il Fatto: “Il Senato preso a schiaffi: riforma al voto così com’è”, “Linea dura di Boschi e Finocchiaro, salta il tavolo con la minoranza dem”. Il quotidiano fa poi un po’ di conti sui numeri a Palazzo Madama: 161 sarebbero per i governo, 158 contro. Ma potrebbero esserci “assenze pilotate e concordate” da parte di senatori di Fi, gli “azzurri più scafati, che da sempre deambulano in quella zona di mezzo dell’inciucio perenne nei salotti” (“Ritorna il suk (e il Nazareno sottobanco’”, è il titolo dell’articolo di Fabrizio D’Esposito).
Roma, Mafia Capitale
Sul Corriere Giovanni Bianconi si occupa delle giunte comunali di Alemanno e Marino sulla base dell’analisi condotta dagli ispettori dell’Autorità Anticorruzione capeggiata da Cantone, consegnata allo stesso Cantone il 7 agosto scorso a da lui inviata a Gabrielli e Marino. “Il giudizio finale è netto, e non fa distinzioni tra le due amministrazioni che si sono succedute in Campidoglio negli ultimi quattro anni, tra il 2011 e il 2014: l’analisi dei dati condotta dagli ispettori dell’Anticorruzione ‘ha reso di palese evidenza il massiccio e indiscriminato ricorso a procedura non a evidenza pubblica in grado di assorbire di fatto, in termini quantitativi, quasi il 90 per cento delle procedure espletate’. Per un valore complessivo pari al 43 per cento degli appalti affidati: ciò significa che poco meno della metà dei lavori e dei servizi assegnati a Roma e pagati con denaro pubblico sono stati attribuiti attraverso trattative private, scegliendo di fatto i beneficiari. Poco dopo gli ispettori rincarano la dose: quel ‘generalizzato e indiscriminato’ utilizzo delle procedure negoziate in alternativa alle gare pubbliche è ‘in palese difformità e contrasto con le regole, rivelando spesso un’applicazione o elusione delle norme disinvolta e in alcuni casi addirittura spregiudicata’”. Nella relazione si definisce “il sistema di assegnazione dei lavori ‘un porto franco’ scevro dal rispetto delle regole e funzionale esclusivamente al raggiungimento di obiettivi estranei agli interessi della collettività”. Su Marino scrive Bianconi: “È come se – nell’analisi degli ispettori – il nuovo sindaco si fosse trovato ad agire in stato di necessità, ma senza rendersi conto del sistema che era stato costruito e agiva intorno a lui. Dal quale emergevano comunque delle anomalie, come si evince anche dai rilievi contenuti nella relazione dell’Anac che ha esaminato un campione di 1.850 procedure negoziate con le quali è stato distribuito circa mezzo miliardo di euro”.
Su Il Fatto, a pagina 2: “Dalla Leopolda ai sindaci di Roma, tutti i bonifici delle coop di Buzzi”, “Cene elettorali, iniziative dei partiti e non solo: 4 mila euro a ‘Ferite a morte’ di Serena Dandini. Valeria Pacelli scrive che nella lista dei bonifici emessi dalle coop vicine al “rosso” Salvatore Buzzi ci sono i 5mila euro per la cena di finanziamento di Matteo Renzi (alla quale hanno partecipato cinque degli indagati di Mafia Capitale), ma anche i 33.500 euro per la Fondazione Nuova Italia di Gianni Alemanno, “che il Ros mette in relazione con ‘l’interessamento’ dell’ex sindaco di Roma a sbloccare i crediti di Eur Spa verso le coop di Salvatore Buzzi”. E oltre alla cena di finanziamento del premier, la cooperativa di Buzzi “29 giugno” bonifica il 23 ottobre 2014 altri 5.000 euro per la Leopolda 5. Finanziata anche la campagna del sindaco Ignazio Marino: 20 mila euro il 20 maggio 2013, altri 10.000 solo quattro giorni prima. Non manca il finanziamento per la corsa elettorale dell’ex vice-sindaco Luigi Neri (5.000). Diecimila euro vengono bonificati a luglio 2013 per la “cena Marino-Zingaretti”.
A pagina 3: “’Ncd e la coop di Cl a cena gestivano così il Viminale’”, “Odevaine rivela le trame degli alfaniani per ‘piazzare’ il prefetto Morcone: Odevaine, scrive il quotidiano citando il verbale dell’interrogatorio del 27 luglio scorso, “confessa di essere il regista della commissione che ha truccato la gara del 2011 per far vincere il raggruppamento che includeva la coop rossa Sisifo e il gruppo Cascina vicino a Cl. Ma l’ex capo della polizia provinciale di Roma racconta anche una serie di incontri tra lui, il sottosegretario Castiglione e i manager della Cascina, aventi ad oggetto” il Cara di Mineo.
Su Il Giornale: “Al nero Carminati piaceva Carminati. Un testimone: ‘Nel 2013 disse che voleva votarlo per protesta’”. Il testimone, un commerciante di Ponza, amico di Carminati, sentito dai carabinieri nel gennaio scorso, è stato citato ieri dal Tempo . “Mi è rimasto impresso, considerato la sua ideologia politica di estrema destra”, ha detto il commerciante
Grecia, sinistra europea
Sul Corriere una intervista di Andrea Nicastro a Yannis Varoufakis. Alla domanda su come sia scoprirsi sex symbol risponde di aver “detestato lo star system tutta la mia vita. Sarebbe il colmo dell’ipocrisia godere di quel circo quando, per ragioni a me ignote, sono stato elevato su un ridicolo piedistallo”. Sul suo ex partito: “Il partito Syriza che ho servito non esiste più. Si è smembrato per la nostra capitolazione. Non volendo unirmi a ciò che è emerso dalla frattura, ho guardato là dove anche il problema greco può trovare una soluzione: l’Europa”. “La Grecia è affondata, ma è l’intera democrazia europea ad essere ferita a morte. A meno che gli europei non capiscano che la loro economia è diretta da pseudo tecnocrati non eletti e non punibili, gente che sta commettendo un errore dopo l’altro, la democrazia continentale rimarrà l’ombra di quello che pensiamo che sia”. “Alexis Tsipras ed io siamo stati in disaccordo perché lui pensava che il nuovo Memorandum fosse l’unica alternativa al piano Schauble di cacciare la Grecia dall’Eurozona. Tsipras venne minacciato di un’espulsione così violenta che la parte debole della popolazione avrebbe sofferto in modo indicibile. Quindi capisco come e perché Tsipras è arrivato a scegliere il Memorandum. Ma non sono d’accordo”. “Tsipras è convinto che il Memorandum eviti il piano Schäuble. Io credo che ci porterà comunque fuori dall’euro”.