Tunisia: assassinio di un oppositore laico

La Repubblica: “Mps, sequestrati 40 milioni”, “L’ex dg Vigni interrogato per 8 ore. Il cda: la banca ha liquidità”.

Di spalla: “Vendola contro Monti. Il premier a Bersani: ‘Ora devi scegliere’”.

A centro pagina una fotostoria racconta la Tunisia in rivolta: “Ucciso leader democratico, brucia Tunisi”.

Corriere della Sera: “Ucciso leader dell’opposizione, Tunisia nel caos”.

A centro pagina: “Napolitano sulle carceri: ‘In gioco l’onore dell’Italia’”.

Sulla campagna elettorale: “Tra Monti e Bersani nuovo duello sul ruolo di Vendola”.

In evidenza anche il Consiglio europeo che si apre oggi: “Hollande-Merkel, la partita del budget”.

La Stampa: “Mps, la Finanza sequestra 40 milioni ai vecchi manager”, “Per Mussari e Vigni nuove accuse: falso e manipolazione del mercato”.

Il Sole 24 Ore: “Mps, via alle svalutazioni”, “Il Consiglio ha iscritto in bilancio perdite per 320 milioni”, “La GdF sequestra 40 milioni ‘scudati’”, “Mussari e Vigni indagati: falso in prospetto e manipolazioni del mercato”.

Libero: “L’arma finale di Silvio”, “Nei prossimi giorni Berlusconi potrebbe proporre di pagare i debiti dello Stato verso le imprese con l’emissione di bond”, “Un’iniezione di 80 miliardi, garantiti dal patrimonio e dalla Cdp, in grado di rimettere in moto la nostra economia”.

Il Giornale: “Bersani-Monti-Vendola, è già pollaio”.

L’Unità: “Monti, non ci provare”, “Il premier: Bersani scelga fra i suoi. Il leader Pd: la nostra coalizione non si divide”.

A centro pagina, con foto: “Ucciso il leader laico, rivolta a Tunisi”.

In taglio basso: “Mps, sequestrati 40 milioni ‘scudati’”.

Il Fatto: “Le banche rotte”, “L’intero sistema del credito comincia a scricchiolare. Monte Paschi, il costo dei derivati tossici sale a 730 milioni di euro. Nuovo scandalo anche al Banco Desio: dirigenti messi al bando in Svizzera, ma in Italia nessuno li tocca. Alla Popolare di Milano un altro arresto per mazzette in cambio di finanziamenti”.

Pd, Vendola, Monti

Il Corriere della Sera descrive la “triangolazione difficile” che ha al centro il Pd di Bersani, a sinistra l’alleato ufficiale Vendola e a destra l’alleato potenziale Monti. Bersani da Berlino non aveva escluso un governo con i centristi, e questo ha provocato una reazione a catena: il professore ha chiesto a Bersani di “fare delle scelte dentro al suo polo”, chiedendogli di rompere l’alleanza con Sel; Vendola ha ribadito la “incompatibilità” con Monti, con il quale sul tema dei diritti e sulla visione economica “ci sono distanze siderali”; Monti dice “Vendola non mi vuole? L’amore è una libera scelta”. La brusca accelerazione sul tema delle alleanze si spiega anche con il nervosismo interno al Pd, preoccupato da un abbraccio con il professore che, troppo ostentato, rischia di essere controproducente. Persino Fioroni ha avuto parole suadenti verso Vendola: “non è un populista, è l’espressione di uno dei migliori presidenti di Regione”. Infine, le parole di Bersani: “il mio polo è il mio polo e che nessuno lo tocchi”. E in serata esclude persino un Monti ministro: “Non esiste, chi vince dovrà governare”.

La Repubblica intervista Vendola e riassume così le sue dichiarazioni: “So che posso fidarmi di Pierluigi, anche se Merkel teme un’Italia a sinistra”. Il leader di Sel spiega che senza dubbio per quel che riguarda il terreno delle riforme istituzionali si può trovare una forma di collaborazione “con tutte quelle forze che considerano la Costituzione un punto di riferimento, quindi anche con le forze che fanno capo a Monti”. “Rimane escluso Berlusconi che usa la Carta come un tiro a segno”. Sulle dichiarazioni di Bersani a Berlino, invita a tener presente il “contesto speciale”: “Sappiamo che Angela Merkel guarda con grande inquietudine la prospettiva di una svolta a sinistra dell’Italia”, “teme un asse italo-francese, la nascita di quel nuovo nucleo di Europa sociale che i liberisti vorrebbero sgretolare del tutto”. Ribadisce: “io mi fido di Bersani” e ammonisce: “Se il Pd cambiasse alleato dopo le elezioni decreterebbe la fine del centrosinistra. Sarebbe un atto di autolesionismo, un suicidio”. Ma la grande pagina sul retroscena, a fianco dell’intervista a Vendola, porta questo titolo: “Ma il segretario avverte Nichi: al governo non si può fare così”. Secondo il quotidiano le parole espresse da Bersani sarebbero state queste: “Non sacrificherò mai Nichi, mai. Ma anche lui deve capire che per andare al governo ci vogliono le spalle larghe. Non può perdersi nelle questioni ideologiche”. E nello stesso articolo si riferiscono le parole di Massimo D’Alema, che in Puglia ha un asse solidissimo con Vendola: “Nichi è strategico nel centrosinistra”, “dopo il voto potremo essere obbligati a costruire una alleanza credibile guidata dal Pd, ma la sinistra saròà dentro a questo schema, perché il prossimo governo dovrà fare cose di sinistra”. Commenta La Repubblica: “Non si può quindi sbattere la porta al centro, ma va creata una totale discontinuità rispetto alle politiche ‘moderate’ degli ultimi anni”. Più avanti si legge che “Sel crolla nei sondaggi” e che c’è quello che il quotidiano definisce “un oggettivo appannamento di Vendola” che non consente alla coalizione di centrosinistra sbandamenti verso la lista Monti.

Se ne occupa in prima pagina anche Europa che, con un editoriale del direttore rivolto a Vendola, titola: “Nichi, chiedi un voto davvero utile”. Scrive Menichini che le percentuali di Sel non sono buone, che la concorrenza di Ingroia è aggressiva. Vendola ha sempre descritto la politica di Monti come quella di una destra neoliberista perbene, ispirata da poteri forti, e per questo è ora difficile gestire in maniera credibile una campagna elettorale che molto facilmente potrebbe consegnarci l’obbligo di un accordo parlamentare tra centrosinistra e centro. Monti sbaglia a relegare Sel al rango di fattore destabilizzante: “Chi a sinistra non accetta la logica del governo ha per chi votare, tra Ingroia e Grillo. Se sceglie Sel è perché accetta di stare nel gioco e vuole partecipare alle riforme”. Ma proprio per questo “Vendola avrebbe potuto impostare una sua campagna per il voto utile: votateci perché, nel caso verosimile di un accordo obbligato con i centristi, ci sarà bisogno di una sinistra radicale forte”. Un discorso più pragmatico, che avrebbe orientato su Sel voti che andranno a Bersani: invece una volta di più hanno prevalso la paura della concorrenza a sinistra e il tic di innalzare bandiere ideologiche.

La Stampa dà conto dei sondaggi che sembrerebbero unanimemente rilevare un aumento dei consensi per la lista Grillo: Swg, Tecnè, Istituto Piepoli darebbero conto di questo exploit, anche tenendo conto di una certa ritrosia degli elettori a confessare il voto pro-Grillo. I dati fanno saltare i conti di tutte le coalizioni, soprattutto in vista delle alleanze al Senato: se da qui alla conclusione della campagna elettorale Grillo è accreditato di un ulteriore salto, che lo porterebbe dall’attuale 14-15 per cento fino a quote attorno al 20, il quadro al Senato si tradurrebbe in 40-50 senatori per Grillo e 20-25 per l’area Monti. I dati attuali su cui infatti si sono basate le previsioni di una alleanza con il Senato, parlavano di un’area Monti che avrebbe ottenuto 30-40 senatori decisivi.

Sul voto per Grillo, in particolare dai giovani e giovanissimi, leggi il contributo di Alessandro Lanni su Reset

Europa

Sulla prima pagina de Il Foglio ci si occupa delle dinamiche interne alla politica italiana in vista del consiglio europeo che si apre oggi a Bruxelles e che dovrtà decidere il bilancio della Unione europea per il periodo 2014-2020. Trovare un accordo all’unanimità, come ricorda L’Unità, non sarà facile nel negoziato. Tutti gli occhi sono puntati su Mario Monti, scrive il quotidiano, ricordando che al suo ultimo appuntamento europeo da premier ed al suo primo da candidato, arriva nella capitale belga preceduto dalla minaccia di porre il veto, ricordando che l’Italia rischia più di tutti di restare “con il cerino in mano”. Il Paese parte da quello che L’Unità definisce il “pessimo accordo negoziato da Berlusconi nel 2005, che ci ha resi uno dei maggiori contribuenti netti, cioé che versano all’Ue più di quanto ricevono con i sussidi, e, insieme a Spagna e Francia, è tra quelli che soffre di più per i tagli ai fondi di coesione e soprattutto all’agricoltura”. Il guaio è che, malgrado si chieda a più voci “più Europa”, l’Ue si appresta a varare un bilancio ridotto rispetto al passato, per colpa della crisi e del vento euroscettico”, che arriva soprattutto dall’altra parte della Manica. Il Foglio dedica alla questione l’apertura di pagina, spiegando che tanto il Pd che Monti, “in quanto coalizione di governo in pectore, hanno tutto l’interesse a fare sponda con Parigi per controbilanciare la cancelliera Angela Merkel”, innanzitutto sulla questione del bilancio. Oggi “il più tedesco degli economisti italiani”, dovrà tentare di fare sponda con Hollande per convincere la Merkel, nel negoziato sul budget. Da mesi infatti la Cancelliera tedesca e Cameron fanno coppia fissa su questo tema, con lei che gioca il ruolo del poliziotto buono, ma che appare allo stesso tempo determinata, al pari di Cameron, ad imporre austerità a Bruxelles. Il presidente del consiglio europeo Van Rompuy sarà quindi costretto a mettere sul tavolo una proposta al ribasso: 960 miliardi di impegni contro gli otre 1000 miliardi chiesti dalla Commissione, e i 971 su cui era fallito il summit sul bilancio dello scorso novembre. Il capitolo che rischia di esser sacrificato è quello dela competitività per la crescita e l’occupazione (ricerca, investimenti, infrastrutture). Ieri Monti ha indicato le sue linee rosse, secondo Il Foglio, allorché ha detto che “l’Italia sostiene che l’Ue non possa parlare di crescita per la politica europea e poi adottare un bilancio settennale che è nel segno della restrizione.

 

Tunisia

Ieri è stato ucciso, mentre usciva dalla propria abitazione a Tunisi, Chokri Belaid, avvocato, laico e di sinistra. Si era opposto al regime di Ben Ali, e non si era tirato indietro neanche quando lo hanno chiamato tra i ranghi della opposizione a difendere in tribunale i militanti dei Fratelli Musulmani. Lorenzo Cremonesi sul Corriere raccoglie un commento alla redazione del giornale Le Quotidien: “L’aspetto assurdo della sua generosità è che solo qualche anno fa difendeva gli stessi estremisti che oggi l’hanno assassinato”. Spiega Cremonesi che Belaid apparteneva per cultura ed impegno “alla grande tradizione della sinistra laica tunisina, considerata tra le più radicate e importanti tra i Paesi del Medio Oriente e del Nord Africa. E’ stato quindi inevitabile per lui schierarsi contro il nuovo governo a guida Ennahda, che fanno paura alla Tunisia laica: sono cresciuti in questi mesi gli attacchi alle studentesse che non portano il velo nelle scuole e nei campus, e, malgrado il leader di Ennadha Gannouchi si sia definito “moderato” e “diverso” dai gruppi salafiti, i casi di intolleranza integralista si sono diffusi. Ricorda la moglie: “Lui in particolare metteva in guardia contro i “comitati per la protezione della rivoluzione” che sono composti da estremisti protetti da Ennahda, e mio marito è stato minacciato di continuo, ma le autorità non hanno mai fatto nulla. Gli hanno solo risposto che era inevitabile se continuava a criticare Ennahda.

Su Repubblica è Renzo Guolo, in una analisi dal titolo “Ambiguità dell’islam”, a sottolineare come l’assassinio di BelAid abbia fatto esplodere le molte contraddizioni della rivoluzione dei gelsomini: l’omicidio scatena le proteste di quella parte della società che si oppone alla islamizzazione del Paese, quella che punta il dito, indicandolo come mandante, contro Ennahda. Scrive ancora Guolo che poche ore prima della sua morte BelAid aveva denunciato il clima di violenza che attanaglia la Tunisia, attribuendolo proprio allo scontro interno ad Ennahda: questo partito afferma che non vuole costruire uno “Stato islamico”, ma semmai uno Stato “religiosamente ispirato”. Ed è dilaniato, secondo Guolo, “dal conflitto tra quanti vedono nella democrazia un valore in sé e quanti la ritengono solo un mezzo per realizzare gli obiettivi dell’Islam politico. Una ambiguità irrisolta, che ha scontentato tanto i laici, ostili a qualsiasi deriva di matrice religiosa, sia gli islamisti duri e puri”. Molti avevano interesse ad innalzare lo scontro, compresi pezzi di apparato nuovi e vecchi in cerca di nuovi padroni, e oggetto delle mire delle diverse correnti islamiste, in modo da far saltare gli equilibri attuali. Spiega ancora Guolo: “è a questa sorta di strategia della tensione in salsa tunisina che si riferisce Gannouchi quando attribuisce il delitto a ‘forze sovversive’. Certo è che BelAid era un ‘nemico’ per quelle frange del salafismo che criticano il legalismo di Ennahda e potrebbero aver deciso di alzare il livello dello scontro”. Ennahda è divenuta preda della sua “irrisolta ambiguità”, tollerando al suo interno correnti che tallonano i salafiti sul loro stesso terreno.

Alberto Negri sul Sole 24 Ore scrive che gli atti indimitatori contro politici e sindacalisti da parte degli estremisti si sono moltiplicati: in un anno sono stati distrutti e incendiati 37 mausolei sufi, simbolo dell’islam più tollerante; gli islamisti, in nome di una versione puritana del Corano, estranea alla storia tunisina, avevano persino decretato una fatwa contro le celebrazioni del Mouled, il compleanno del Profeta Maometto, una delle feste tradizionali più sentite dai tunisini. Il ministero degli interni e il partito Ennahda hanno lasciato che la violenza politica prendesse piede.

Sulla Tunisia, leggi l’articolo di Ilaria Romano su Reset.

E poi

Il Corriere riproduce la lectio magistralis di Giorgio Napolitano, che ieri ha celebrato a Milano gli ottanta anni dell’Ispi. Il quotidiano titola così la lezione: “Quell’ostracismo a sinistra, poi la svolta atlantica. L’Italia e il cammino iniziato dal governo di unità nazionale”.

Su La Stampa si cita il Presidente: “’L’Europa resti una comunità di valori’. Napolitano all’Ispi difende il ruolo della Ue e rilancia l’alleanza con gli Usa, capaci di un ‘nuovo inizio’”. Il quotidiano dà anche rilievo alla “replica a Cameron” del Presidente: “Il vero nodo del dissenso con il premier britannico è nel fatto che non possiamo accettare una concezione mercantilista dell’Europa unita”.

Il Presidente è tornato alla caduta del muro, ed ha spiegato che è dopo quel momento che si ha “l’affermazione del primato mondiale dell’Occidente”. Un primato che va difeso tanto da Europa che dagli Usa: “Mai ho ceduto alla suggestione, fosse anche solo dottrinaria, di un fatale declino dell’America e dell’Occidente”. Per Napolitano non siamo in un “mondo post-americano”, “l’Europa è la pietra angolare e l’elemento catalizzatore della nostra cooperazione globale”. La stoccata a David Cameron: “Il vero nodo del nostro dissenso con il primo ministro britannico è nel fatto che non possiamo accettare una concezione mercantilista dell’Europa unita”. Servono migliori relazioni anzitutto con i nostri principali e stretti alleati, e la prospettiva “dovrebbe essere quella dell’alba di una nuova era di multilateralismo”.

 


 

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