Il Corriere della Sera: “Il risparmio tagliato dalle tasse. Il peso fiscale sale al 30 per cento. Oggi il Milleproroghe dopo la bocciatura del salva Roma. Scattano rincari per lettere, raccomandate e pausa caffè”. In evidenza in prima pagina anche le notizie dalla Tirchia, dove “parte l’assedio a Erdogan. Costretto a cambiare dieci ministri. Indagini sulla corruzione e la piazza chiede le dimissioni”.
Il Giornale: “Tassa sulla pausa caffè”, “aumenta l’Iva sui prodotti dei distributori automatici. Stangata anche su lettere e raccomandate. Il governo incassa la ‘stecca’ su chi compra e vende casa”.
La Repubblica: “Tassa sulla casa, un altro rinvio. Alfano: sul lavoro Renzi sbaglia, basta con i contratti nazionali”. “Oggi il Milleproroghe in Consiglio dei ministri dopo l’altolà dal Colle: nel decreto solo sfratti e affitti d’oro. Poste e caffè, raffica di aumenti”. A centro pagina: “Shalabayeva, rivincita dell’Italia, torna la moglie del dissidente”, con una “conversazione da fine anno” di Adriano Sofri con il ministro Emma Bonino.
La Stampa: “Tassa sulla casa, per gli sconti rinvio a gennaio. In arrivo il milleproroghe soft: norme su affitti d’oro e Capitale”.
Il Fatto quotidiano: “Milleproroghe del Colle per salvare Letta nipote. Il Quirinale impone al governo un’umiliante ritirata: via il decreto Salva Roma, troppi regali e pasticci, si rischiava grossi in Parlamento dove negli ultimi giorni la maggioranza ha iniziato a scricchiolare. Per salvare la faccia e accontentare gli amici arriva oggi la legge di fine anno”.
Il Messaggero: “Il pasticcio del salva-Roma. Il governo lo ritira e inserisce nel Milleproroghe le norme per evitare il default della Capitale. Le imposte sulla casa non saranno nel decreto”. “Sì alla correzione della norma sugli affitti d’oro”.
Il Sole 24 Ore: “Sei miliardi di fondi Ue per lavoro e piccole opere. Risorse anche a decontribuzione e start up. Il governo vara oggi la riprogrammazione dei finanziamenti europei non spesi”, spiega il quotidiano.
Politica
Spiega La Stampa che il decretone di fine anno che oggi il Consiglio dei ministri dovrebbe approvare sistemerà diversi capitoli rimasti aperti, ma non conterrà le nuove norme sulla Tasi, la tassa sugli immobili. Anche La Repubblica conferma: “i nodi Tasi e mini-Imu saranno sciolti dopo la befana”. Rimane aperta la discussione sulla Iuc, la nuova imposta sugli immobili, con le sue tre componenti: Tasi, Tari e Imu. Secondo il quotidiano la proposta esiste già: si tratta di alzare di un punto il tetto delle aliquote su prime e seconde case, come chiedono i sindaci. E di consentire con il gettito extra di finanziare le detrazioni, in modo da esentare dalla Tasi chi già non pagava l’Imu (rendite catastali basse). Ma su questo piano, secondo Repubblica, l’accordo politico non c’è: con una aliquota al 3,5 per mille, la Tasi somiglierebbe troppo all’Imu. Gli affitti salirebbero, secondo Confedilizia, e il partito di Alfano non vuole correre questo rischio di fronte al proprio elettorato. Ecco perché i nodi Tasi e mini_Imu saranno sciolti dopo la Befana. Il Corriere scrive che l’aumento delle aliquote Tasi per far salire le detrazioni sulla casa principale sarà lasciato all’iniziativa del Parlamento, che da gennaio tornerà a discutere la conversazione del decreto che ha cancellato la seconda rata della imposta 2013. Ci saranno invece, nel decretone, la proroga del divieto di incroci azionari tra stampa e tv (senza proroga il divieto scadrebbe il 31 dicembre), ma soprattutto le misure per evitare il dissesto del Comune di Roma: queste erano già contenute nel cosiddetto decreto salva Roma, ma l’esecutivo lo ha ritirato, dopo l’incontro dei giorni scorsi tra il premier Letta e il presidente della Repubblica. Il decreto salva Roma, oltre a dare soluzione ai problemi di bilancio di Roma e di Venezia, risolveva anche la questione del piano di rientro per il trasporto pubblico ferroviario in Campania, il problema degli sfratti e il pagamento delle tasse nelle zone alluvionate della Sardegna (quest’ultimo potrebbe invece rientrare nel decreto di fine anno).
In un dossier de La Repubblica: “Da Padre Pio ai teatri, tutti i pirati del salva Roma”, “parlamentari e ministri protagonisti dell’assalto al decreto, lievitato da 3 a 13 articoli”.
Il Corriere della Sera riferisce di come il capogruppo di Forza Italia Renato Brunetta, dopo la marcia indietro del governo, sia andato all’attacco: “Non si era mai visto nella storia Repubblicana: si approva la fiducia e il giorno dopo si fa decadere il provvedimento su cui si era appena ottenuta la fiducia”.
Anche La Stampa ricorda come negli annali parlamentari questo sia un caso rarissimo se non unico. La decisione del governo si deve al colloquio con Napolitano del presidente del consiglio Letta: “le perplessità del Colle: ‘decreto stravolto e contenuti eterogenei’”, titola La Stampa. E sempre La Stampa intervista il portavoce del segretario Pd Renzi, Lorenzo Guerini: “Certo, non è stato un passaggio proprio esaltante. Noi avevamo posto la questione la scorsa settimana, proponendo di far decadere il decreto per sostituirlo con una norma più pulita”. “E’ chiaro che nell’iter parlamentare di conversione dei decreti deve funzionare molto bene la relazione tra il governo e le forze che lo sostengono, altrimenti il rischio è che si attacchino vagoni su vagoni”.
Il Fatto quotidiano intervista Federico D’Incà, capogruppo del Movimento 5 Stelle: “Temevano che il M5S affondasse il governo”, dice in riferimento alla decisione dell’esecutivo di ritirare il decreto”. Uno dei nodi principali, ricorda D’Incà, è stata la norma sugli affitti del deputato grillino Fraccaro. Si trattava di un emendamento alla legge di stabilità che permetteva a Stato ed enti pubblici di recedere con un preavviso di un mese dai contratti di affitto dei Palazzi: “Prima hanno provato a cancellarlo con il decreto salva Roma. Poi lo scorso fine settimana, una sera, abbiamo scoperto un emendamento alla legge di Stabilità che impedisce allo Stato di disdire alcuni dei contratti (quelli con privati che hanno dei fondi di garanzia sugli immobili, ndr)”. D’Incà ammonisce, in vista dell’arrivo del decreto Milleproroghe: “Noi siamo contro tutti i provvedimenti omnibus, e quindi contro il Milleproroghe, che per definizione comporta sempre un assalto alla diligenza”.
La Repubblica ipotizza anche che vi sia una certa irritazione di Palazzo Chigi nei confronti del presidente del Senato Grasso, che non avrebbe vigilato abbastanza sull’esame del decreto, mentre avrebbe potuto cassare e dichiarare inammissibili gli emendamenti che non avevano nulla a che fare con lo spirito originario del decreto ‘Salva Roma’. Ma il quotidiano sottolinea anche che Palazzo Chigi avrebbe potuto dare lo stop al decreto senza aspettare il Colle, perché dal Pd e dalla componente renziana erano venute segnalazioni dell’imminente ‘pasticcio’.
Il Corriere della Sera, in un titolo, sintetizza: “Renzi vuole il controllo degli emendamenti”, “’Sul decreto gestione assurda’. Stretta sul premier e una task force in Senato”
Il Giornale legge la vicenda così: “Il Salva Roma è un salva Letta”, “inserire nel Milleproroghe il provvedimento per la Capitale consente di congelare i rischi di una finestra elettorale prima del voto europeo. E così le riforme slittano”. Perché, secondo il quotidiano, “se il Parlamento sarà impegnato con il decreto Milleproroghe (‘gonfiato’ con il salva Roma) non potrà approfondire temi come la riforma elettorale o quella del mercato del lavoro, cari al segretario del Pd.
Governo
In prima pagina sul Corriere il direttore De Bortoli invita il presidente del Consiglio a cogliere l’ultima occasione per un colpo d’ala: il contratto di governo che andrà stipulato nelle prossime settimane. Non può contenere “troppi impegni, come un Milleproroghe della politica, per non scegliere nulla in nome della stabilità”. Meglio poche cose, “importanti per la funzionalità del processo decisionale del Paese, ma con possibilità di tradursi in “atti concreti, efficaci, reali”.
L’Unità intervista il ministro delle riforme Quagliariello: “Il caso salva Roma dimostra che senza riforme non si va avanti”, “il rimpasto? Non mi pare sia la priorità”. “Dobbiamo cambiare il sistema. Serve diversificare i compiti delle Camere, e che solo una dia la fiducia. E’ questo un passaggio decisivo anche per la legge elettorale”.
La Repubblica intervista il vicepremier e leader del Nuovo Centrodestra Alfano: “La Bossi-Fini non può essere liquidata, e sul lavoro basta con i contratti nazionali”. Dice Alfano: “Ma davvero, con la crisi che attanaglia milioni di famiglie, il Pd ritiene che la priorità debba essere quella di dare la cittadinanza a chi semplicemente è nato in Italia oppure la cancellazione della Bossi Fini? Per noi la priorità è il lavoro”. E ancora: “Sulla sicurezza degli italiani non si scherza. Tra quelli che si sono cuciti la bocca a Ponte Galeria (è la sede del Centro di accoglienza per immigrati a Roma ndr) la metà sono spacciatori e l’imam è indagato per gravi reati come rapina e lesioni”, “la Bossi-Fini è una legge che contiene tanti capitoli e non può essere liquidata con uno slogan”. Per quel che riguarda il lavoro, in risposta alla proposta di Renzi, Alfano sottolinea che è necessario innanzitutto “semplificare, semplificare, semplificare”. La nostra proposta prevede tre anni a burocrazia zero, ‘per chi vuole avviare una nuova attività commerciale, artigianale o imprenditoriale’”:
In prima pagina su Il Giornale il direttore Alessandro Sallusti denuncia la tendenza del governo a scaricare le responsabilità su quella che definisce “l’opposizione espiatoria”: è “sempre colpa di Grillo & Cav”. Scrive Sallusti che da Napolitano a Letta è tutto un esorcizzare il possibile ritorno di Berlusconi come leader di una forza vincente, e “Grillo è diventato una ossessione, alla pari ormai di Berlusconi”.
Job Act
Scrive L’Unità che il lavoro torna a dividere il Pd. Perché il Job Act annunciato da Renzi non piace alla sinistra dei Democratici. I giovani turchi hanno deciso di presentare un loro documento e, per quel che riguarda il governo, il ministro del Lavoro Giovannini ha detto che il contratto unico lanciato dal Job Act “non è una proposta nuova”. L’Unità riferisce anche l’opinione del patron del famoso Amaro del Capo Sebastiano Caffo: “Renzi propone delle modifiche all’articolo 18 che prevedono una maggiore facilità di licenziamento compensata da un sussidio di due anni per chi perde il posto. Ma chi lo paga questo sussidio?”. Meglio sarebbe – suggerisce – abbassare le tasse. Quanto al documento dell’ala sinistra Pd, le obiezioni sono sottoscritte da Matteo Orfini, Chiara Gribaudo, Valentina Paris e Fausto Raciti: “L’idea secondo cui – si legge – sarebbe sufficiente agire sulle regole del mercato del lavoro e sulla formazione per creare occupazione e recuperare il gap generazionale, nonostante l’indubbio successo di cui ha goduto nel dibattito pubblico di questo ventennio, è del tutto priva di riscontri fattuali: la maggior flessibilità alla lunga non ha prodotto maggiore occupazione”.
I giovani turchi sono critici anche sulla idea di contratto di inserimento a tempo indeterminato: sottolineano il rischio che la copertura dello Stato per i contributi possa indurre le imprese, terminati i tre anni di apprendistato, a licenziare il lavoratore anziché stabilizzarlo, e assumerne un altro continuando così a godere delle agevolazioni fiscali. I giovani turchi propongono un vantaggio fiscale per chi stabilizza. Sulla stessa pagina, intervista al portavoce della segreteria Lorenzo Guerini, che accusa i giovani turchi di fare “critica preventiva”. Guerini invita ad astenersi dal discutere di anticipazioni giornalistiche sul piano, e ad attendere che arrivi la proposta ufficiale, che sarà definita nelle prossime settimane. E tuttavia ribadisce: “Alcune linee culturali di fondo della proposta di Renzi sono state presentate nella campagna congressuale e hanno avuto il consenso della stragrande maggioranza dei tre milioni di italiani che si sono presentati alle primarie”.
Shalabayeva
“Concesso il visto: Shalabayeva può tornare in Italia”, titola L’Unità, sottolineando che la Farnesina “ha riscattato il disastro del Viminale, e che il ministro Bonino ha surclassato il suo collega Alfano”. La moglie dell’oppositore politico kazako era stata espulsa a maggio. Sulla vicenda la Farnesina, scrive L’Unità, ha lavorato per mesi dietro le quinte, e non a caso è proprio al ministro Bonino che la Shalabayeva ha telefonato il 24 dicembre per ringraziare dell’assistenza ricevuta da Roma. La Shalabayeva ha ricevuto il visto Schengen per il rientro in Europa.
La Repubblica riferisce le parole del ministro Bonino: “Questo caso mi è bruciato, perché non c’entravo nulla. La legge italiana – ha aggiunto – per giusta o sbagliata che sia, affida il controllo del territorio al ministro dell’Interno. La Farnesina viene chiamata in causa solo se si tratta di diplomatici accreditati”. Da segnalare ancora su La Repubblica una intervista di Adriano Sofri, che compare sotto il titolo “Il metodo Bonino”, “da Almaty a Teheran le sfide della diplomazia”. Si tratta di un colloquio con il ministro degli esteri a tutto campo: “Da dove cominciamo? In Turchia ogni ora porta cambiamenti, e può darsi che il calendario che va dalle amministrative alle politiche si inverta”. “Tutto in un movimento convulso. Da mesi ormai allo scontro tra sciiti e sunniti si è sovrapposto quello interno ai sunniti: Qatar e Turchia versus Arabia Saudita, Kuwait ed Emirati”. Sull’Iran: “C’è un Iran che ha voglia di nuovo di democrazia e c’è un Iran, che con un 35-40 per cento di inflazione ha bisogno di tornare anche economicamente al gioco internazionale. Cosa resta se non metterlo e mettersi alla prova?”. In Egitto: “Sembra di nuovo che non ci sia alternativa fra fanatismo teocratico e regime militare. Messi fuorilegge i Fratelli Musulmani ci si fermerà o si procederà oltre?”.
Internazionale
Su La Repubblica segnaliamo un articolo sulla decisione assunta dal governo dei militari in Egitto: I Fratelli Musulmani torneranno clandestini, poiché sono stati proclamati dal governo “organizzazione terroristica”. L’eliminazione della Fratellanza musulmana -scrive il Corriere della Sera- si conferma l’obiettivo prioritario del generale Al Sisi. I leader rischiano la pena di morte. Gli uffici e le attività del gruppo sono stati chiusi. Ieri una bomba è esplosa nel quartiere del Cairo Nasr City, ferendo cinque persone. E’ il primo attacco contro civili, mentre quelli contro obiettivi militari sono divenuti frequenti: tre giorni fa un attentato suicida contro una sede dei servizi di sicurezza a Mansura ha causato 15 morti.. L’azione è stata rivendicata dal gruppo qaedista Ansar Beit Al Maqdis, ma il nuovo regime ha accusato la Fratellanza di esserne il mandante.
Sul Corriere: “Turchia, ora il regno di Erdogan vacilla”, “Cambiati dieci ministri, proteste in piazza. Tra gli accusati anche il figlio del premier”. Lo scontro -scrive Antonio Ferrari- è interno alla formaziona islamico-moderata: l’avversario numero uno di Erdogan è infatti .Fethullah Gulen, il potente teologo-predicatore, che vive in esilio negli Usa. E’ al vertice di un impero: scuole, università e ospedali in tutto il mondo. In passato era il primo alleato di Erdogan, oggi gli insidia il primato, anche perché un indebolimento del primo ministro potrebbe consentire ai laici del Chp di conquistare Istanbul alle elezioni amministrative di marzo. Erdogan sa bene che Gulen ha affiliati dappertutto, e in particolare nella magistratura e nella polizia.: la rimozione di oltre 500 ufficiali, da parte del ministro dell’Interno dimissionario, ha scatenato i fedelissimi del predicatore.
Su Il Sole 24 Ore grande attenzione per la crisi in Turchia: “Erdogan sotto attacco: si dimetta”, “L’ex ministro dell’Ambiente (silurato l’altro ieri) accusa il premier e gli chiede di lasciare”. Con un’analisi di Alberto Negri: “Il fallimento della Turchia islamica e moderata”. “L’anno orribile del Medio Oriente, della tragedia siriana, del crollo delle utopie delle primavere arabe, dall’Egitto alla Libia, si conclude -scrive Negri- con il fallimento dell’esperimento ormai più che decennale dell’Islam ‘moderato’ di Recep Tayyip Erdogan in Turchia. Era quello su cui si puntava di più perché il governo dell’Akp si era proposto come un modello” e questo esempio di Islam politico moderato, che dal 2002 trionfava alle elezioni in un Paese in sala d’attesa da decenni per entrare in Europa valeva il doppio o il triplo: perché Ankara è un caposaldo dell’Alleanza Atlantica e la Turchia è tra le prime venti Nazioni del mondo, al sesto posto nell’area dell’Unione europea.
Su La Stampa, da New York Francesco Semprini : “Missili e droni anti Al-Qaeda. L’America ‘torna’ a Baghdad”. Washington, preoccupata dalle milizie islamiche, armerà il governo di Al Maliki: il rafforzamento delle milizie islamiste nella vicina Siria, al Nord, ha creato un incubatore di estremisti affiliati ad Al Qaeda che vivono a cavallo tra i due Paesi e che si raggruppano in gran parte sotto la sigla “Stato islamico di Iraq e Siria”. Baghdad ha chiesto aiuto e Washington ha deciso l’invio di droni per la sorveglianza e decine di missili.
Restiamo a La Stampa, che racconta come si siano riaccese le proteste in piazza a Kiev dopo la dura aggressione di una “reporter filo-Ue”: la giornalista è stata aggredita nella propria auto lunedì notte. Due uomini hanno spaccato i vetri e l’hanno picchiata selvaggiamente: le foto del suo volto orrendamente tumefatto sono ora innalzate dai manifestanti, che le hanno esposte davanti all’abitazione del ministro dell’Interno. Naso rotto, trauma cranico per la giornalista: 34 anni, militante ed attivista oltre che cronista, Tetiana Chornovol era diventata una protagonista della protesta contro il presidente Yanukovich, dopo la decisione di non firmare l’Accordo di Associazione con l’Ue. Gli amici di Tetiana sostengono che era pedinata dai ‘Berkut’, i corpi speciali della polizia. Le prime indagini, che hanno portato al fermo di due perone, sembrano puntare proprio sul Partito delle Regioni del presidente Yanukovich. La Porsche Cayenne che ha affiancato l’auto della giornalista per spingerla fuori strada nell’aggressione risultava fino a pochi mesi fa di proprietà di un dirigente di questo partito.
Anche sul Corriere: “Tatiana picchiata dal regime. E la piazza ucraina ha un nuovo simbolo”. Scrive il quotidiano che lo scorso anno la giornalista era diventata popolare con i suoi articoli sulla residenza da mille e una notte del presidente Yanukovich e nelle ultime inchieste aveva preso di mira alti funzionari di governo, rivelandone patrimoni e malaffare. I momenti che precedono l’aggressione sono stati filmati dalla telecamera che la giornalista teneva sul cruscotto: il video è stato pubblicato sul sito del suo giornale, Ukrainska Pravda. Nell’ultima settimana sono stati aggrediti tre attivisti: uno è stato pugnalato, un altro è stato fatto oggetto di un attacco di armi da fuoco, un terzo sarebbe stato picchiato a morte dalla polizia.
E poi
La Repubblica intervista Davide Vannoni, che presenta come “lo stregone di Stamina”. Ammette: “Ho preso soldi ma solo da chi poteva permetterselo, e ora porterò i miei malati all’estero”. Come chiamarlo? Dottore? Professore? Risponde Vannoni: “Dottore certamente, perché sono laureato in Lettere e Filosofia. Professore anche, perché ho una cattedra di psicologia all’Università di Udine. Ma signor Vannoni va benissimo”, “mai preso una siringa in mano”.
La Stampa intervista Michele De Luca, ricercatore di fama mondiale che guida il centro di medicina rigenerativa Stefano Ferrari, della Università di Modena e Reggio Emilia: “Sulle staminali c’è chi approfitta della disperazione delle famiglie”, dice.