Strage di turisti a Tunisi

La Repubblica: “Tunisi, strage nel museo”, Commando jihadista tenta di assaltare il Parlamento poi massacra i turisti: 22 morti”, “Anche 4 italiani tra le vittime, erano partiti con un gruppo di dipendenti comunali torinesi”, “’Fumo, urla, colpi di pistola, così la nostra crociera si è trasformata in un incubo’”.
I commenti su questa vicenda sono firmati da Gad Lerner (“Nella trincea del Mediterraneo”) e da Gilles Kepel (“L’ultima primavera colpita al cuore”).
Sulle elezioni in Israele: “Il trionfo di Netanyahu che blinda Israele”, di Bernardo Valli. “Vittoria inattesa, gelo di Obama”, scrive il quotidiano.
A fondo pagina: “Viaggi e regali, tutti i favori a Lupi”, “Valzer di telefonate per il figlio. Il ministro: il governo è con me”.

La Stampa: “Tunisi, i primi italiani uccisi dall’Isis”, “Attacco ai turisti al museo: centinaia in ostaggio, almeno 4 connazionali fra i 22 morti. Ansia per un gruppo di torinesi”, “I killer sarebbero giovanissimi appena arrivati dall’Iraq. Coinvolti migliaia di crocieristi: ‘Sentivamo sparare e urlare, pensavamo di non tornare più’”.
“Se il terrore bussa alla nostra porta” è il titolo dell’editoriale del direttore Mario Calabresi.
Un altro commento in prima è firmato da Domenico Quirico: “La guerra totale islamista”.
In taglio basso, l’inchiesta Grandi Opere: “Lupi non lascia, oggi faccia a faccia con Renzi”, “L’inchiesta: i politici indicavano chi assumere”.
In prima anche un richiamo al processo Stamina: “Stamina, Vannoni patteggia e non si pente: ‘Il mio metodo funziona’”.

Il Corriere della sera: “‘Così li ho visti uccidere’. Strage di turisti: 24 morti, almeno 4 italiani. Cento connazionali in ostaggio per ore. L’Isis esulta. Il sopravvissuto: ‘Dopo le mitragliate ho pensato a Parigi e mi sono salvato uscendo sul balcone'”.
“I segnali trascurati” è il titolo dell’editoriale, firmato da Sergio Romano.
In alto: “Il gelo di Obama su Netanyahu. Nessuna telefonata al vincitore”.
A fondo pagina: “La difesa di Lupi in Aula: governo con me”. “Ma Renzi: se c’e la sfiducia, non ti copriamo. Nell’inchiesta l’incarico al nipote di un prelato”.

Il Sole 24 ore: “Tunisi, attacco al museo: 20 morti, quattro gli italiani”. “Terroristi dell’Isis all’assalto: strage di turisti, decine di feriti (almeno 13 italiani). Mattarella: ‘Non ci faremo intimorire'”.
Il titolo di apertura: “Tassi Usa, la Fed ‘apre’ al primo rialzo in 10 anni. Yellen non più ‘paziente’: stretta tra giugno e settembre con i primi segnali di inflazione al 2 per cento”.
Di spalla: “I pm: dal ‘sistema corruttivo’ regali e cene elettorali per Lupi”. “Incalza interrogato respinge le accuse”. “Il ministro: ‘Sono tranquillo, il governo è con me'”.
A centro pagina: “Draghi difendd euro e riforme in una Francoforte assediata dai Black bloc anti austerity. ‘Bce non ha colpe, ma ascoltiamo i cittadini'”. “Una protesta mal indirizzata” è il titolo del commento di Carlo Bastasin.

Il Fatto: “Isis, strage a Tunisi, primo sangue italiano”, “Un’altra minaccia alle porte di casa. Commando islamico nel Parlamento, poi si rifugia nel museo del Bardo. Blitz delle teste di cuoio. Morti 22 turisti (4 nostri connazionali) e 2 terroristi”.
A centro pagina: “Lupi family, non basta il figlio. Pure la moglie viaggia a sbafo”, “Il ministro prova a resistere fino a domani: ‘Non mi dimetto, il governo è con me’. Nelle intercettazioni la prova che raccomandò l’erede e accettava favori e voli gratis per la consorte”.
“Fame da Lupi” è il titolo dell’editoriale di Marco Travaglio.
In taglio basso: “Obama furioso per la vittoria di Netanyahu”, “Il presidente Usa non si congratula con il leader Likud. Per Bibi ora la battaglia per formare il governo con conservatori e partiti religiosi. Hamas: ‘Terrorista chi l’ha votato’”.
Da segnalare anche un titolo sopra la testata: “Draghi inaugura la sede Bce e, a sorpresa, si annette i contestatori in piazza: ‘Non solo austerità ma anche integrazione ed equità’. Una mossa da politico”.

Tunisi

Le prime 13 pagine de La Repubblica sono dedicate alla strage di Tunisi, ai racconti dei sequestrati, alle testimonianze. L’inviato a Tunisi Giampaolo Caladanu a pagina 2: “Tunisi, terrore e sangue, attaco al museo, 4 italiani tra i 22 morti, blitz per liberare i turisti”, “un commando di uomini armati ha tentato l’assalto al Parlamento. Poi gli spari contro un bus davanti al Bardo. Prese decine di ostaggi. Le forze speciali in azione: un arrestato, due uccisi, almeno due in fuga”. Il commando sarebbe stato composto da cinque uomini travestiti da poliziotti, che poi si era diretto verso l’edificio del Parlamento, vicinissimo al museo del Bardo: sembra probabile che l’attacco fosse stato pianificato in coincidenza con la discussione della legge anti-terrorismo in parlamento. Ma le guardie dell’assemblea parlamentare avrebbero individuato e respinto i finti poliziotti che, allora, avrebbero deciso di attaccare il museo.
Alle pagine 10 e 11 Alberto Stabile traccia un ritratto dei due terroristi uccisi: “Jabeur e Yassine, i killer tornati dall’Iraq. E il Califfo elogia gli autori del massacro”, “Sono tunisini i due uomini uccisi al Bardo. Da qui parte il maggior numero di combattenti”: “che il retroterra dei due terroristi di Tunisi fosse in quella galassia jihadista che, oltre a espandersi in tutto il Nordafrica, ha fatto della Tunisia uno dei maggiori fornitori si combattenti votati al martirio in Siria ed Iraq, è apparso chiaro sin dall’inizio”, “una minaccia peggiore non si può immaginare per il Paese che, dopo aver dato il via alla Primavera araba, aveva saputo avviarsi sulla nuova strada della democrazia parlamentare”.
Renzo Guolo, alla pagina seguente, firma un commento dal titolo: “Quella voglia di cambiamento che la Jihad cerca di spegnere”. Dove si ricorda che sono circa tremila i tunisini che sono andati a combattere in Siria o in Iraq. Nelle aree confinanti con l’Algeria (in particolare nella zona del Monte Chaambi) è attiva Al Qaeda nel Maghreb islamico, il cui ramo militare, la brigata Oqba Ibn Nafaa, attacca frequentemente i soldati tunisini. Altra organizzazione attiva è Ansar Al-Sharia, fondata nel 2011 e guidata da Abu Iyhad, militante legato ad Al Qaeda, uscito di prigione con l’amnistia decretata nel 2011 dall’ex presidente Ben Ali. Il gruppo, coinvolto anche negli omicidi di due leader politici (Belaid e Brahimi) si è però indebolito, secondo Guolo: parte dei suoi effettivi sono passarti prima ad Ansar Al Shari alibica e poi sotto il vessillo nero del Califfato. “L’ultima primavera colpita al cuore” è invece il titolo dell’analisi di Gilles Kepel, che sottolinea come non sia il primo attentato nel Paese della Rivoluzione, “ma è il più violento”, perché bisogna risalire all’assalto di Al Qaeda alla Sinagoga di Jerba nel 2002 per un bilancio di vittime così alto. Dopo l’Arabia saudita, la Tunisia è la nazione che ha esportato il maggior numero di Jihadisti: tremila, il che vuol dire che, in termini di proporzione, è il Paese arabo che ha prodotto il numero più alto tra tutti i Paesi arabi. Di questi foreign fighters, 500 sarebbero rientrati in patria. Kepel segnala poi l’agitazione nel sud del Paese, accanto al confine con la Libia, dove in alcune zone il caos ha oggi prodotto la creazione di “quai-emirati islamisti”. Il che significa che la Tunisia rischia di diventare la prima vittima dell’espansione della jihad nell’Africa del Nord.

Su La Stampa, a pagina 2: “Killer giovanissimi appena tornati dall’Iraq. La pista porta all’alleato tunisino dell’Isis”, “La Brigata ‘Uqba ibn Nafi’ aveva annunciato un attacco due giorni fa”, scrive Giordano Stabile. Questa Brigata, spiega l’analista Marco Arnaboldi, è uscita dall’orbita qaedista per allinearsi sempre di più con l’Isis, pur non avendo fatto un giuramento formale di affiliazione.
Anche su La Stampa molte sono le pagine dedicate alle testimonianze, in particolare a quelle dei sequestrati del museo: “’Sentivamo sparare e urlare, pensavamo di non tornare più’”, “I racconti degli impiegati del Comune di Torin: da vacanza a incubo”.
A pagina 8: “Il Paese sempre in bilico tra islamismo e democrazia”, di Antonella Rampino.

Il Fatto a pagina 2 offre ai lettori un’intervista a Omeyya Seddik, analista politico tunisino, presidente dell’istituto Al-Muqadima e rappresentante in nord Africa del Centre for Humanitarian Dialogue. Sulla rivendicazione da parte dell’Isis dell’attentato dice che “è un’ipotesi che non si può escludere, anche se non ci sono elementi concreti per collegare questo attentato terroristico direttamente al Califfato. In Tunisia non c’è una struttura ufficiale e riconosciuta del Califfato. Ci sono però persone e gruppi che hanno deciso e decidono di riferirsi e giurare fedeltà ad al-Baghdadi. Ci sono, insomma, membri dell’efficace ‘franchising’ dell’Isis”.

Sul Corriere, Guido Olimpio si sofferma sui due terroristi uccisi, Jabeur Khachnaoui e Yassine Laabidi. Il priml era sparito tre mesi fa dalla sua città, Kasserine, e aveva una sim irachena. “Almeno 3000 tunisini si sono uniti a formazioni oltranziste in Siria o in Iraq” e “di questi, 400 sono tornati in patria”.

Il Sole scrive che fino a ieri Tunisi era considerata una meta sicura dalle compagnie crocieristiche”, anche se durante le primavere arabe c’era stato uno stop rientrato solo di recente. “Costa aveva ripreso a fare scalo regolarmente nella capitale tunisina da quest’anno, dopo la stabilizzazione politica del Paese”.

Lupi

Il Fatto ritiene possibile che il ministro Maurizio Lupi decida di dimettersi domani mattina: “è quello che si aspettano tutti, a Palazzo Chigi e ai vertici del Pd. Ma il condizionale è d’obbligo, vista la resistenza mostrata dal ministro in questi giorni”. Sarebbe in corso “una prova di forza” con il premier e comunque molto dipende “da cosa c’è nelle carte e quando uscirà”. Sulla stessa pagina: “Lupi, favori pure alla moglie”, “La coop ‘La Cascina’ le paga un volo aereo. Per il lavoro del figlio del ministro pronto a scendere in campo De Eccher (che aveva un problema per un’interdittiva antimafia)”. Claudio De Eccher, ricorda un quotidiano, è un costruttore e le intercettazioni sono relative ad una telefonata che avrebbe ricevuto da Francesco Cavallo, persona molto vicina al ministro Lupi, per trovare un lavoro al figlio del ministro Lupi.

La Repubblica ha due pagine firmate da Carlo Bonini: “’Valzer di telefonate per il figlio, viaggi aerei e regali di Natale’. Tutti i favori a Lupi e alla moglie”, “Costi lievitati per la Salerno-Reggio: l’Anas fermò tutto ma un vertice degli indagati col ministro sbloccò i fondi”.

Su La Stampa, il “caso” viene raccontato da Guido Ruotolo: “Non c’è solo il figlio di Lupi: ‘I politici indicavano chi assumere’”, “Nelle carte dell’inchiesta anche un biglietto aereo offerto alla moglie del ministro. E la procura accusa: ‘Organizzazione criminale di spessore eccezionale’”.

Su La Repubblica, Francesco Bei firma il “retroscena”: “Renzi valuta la sfiducia: ‘Se non si dimette lascerò libertà di voto’”, “Né il governo né il Pd difenderanno Lupi in aula. Per il leader ‘la sua immagine è ormai compromessa’”.
E Stefano Folli, nel suo “Punto” dal titolo “La questione morale e la zona grigia del premier”, scrive che il caso Lupi “potrebbe trasformarsi in tempi rapidi nel caso Renzi se il governo non esce dall’ambiguità”.
La Stampa ha un “retroscena” firmato da Fabio Martini: “Renzi preme per ottenere le dimissioni: il Pd non può assicurare il voto di fiducia”, “Il premier evita dichiarazioni pubbliche. L’idea della staffetta con Quagliariello”. Il quotidiano intervista Roberto Giachetti, vicepresidente della Camera “meglio noto come punta di lancia del renzismo”. Dice: “Da garantista vi dico che adesso serve un suo passo indietro”, “il problema non è giudiziario, ma di etica politica”. Il quotidiano, dando conto dell’atteggiamento dello stesso ministro, scrive: “Lupi resiste, ma crescono i dubbi”, “Domani sarà nuovamente a Montecitorio per l’informativa: sulle sue prossime mosse sarà decisivo il faccia a faccia di oggi con il premier. Alfano prudente: l’aria si fa pesante”.

Salvini, Berlusconi

Sul Corriere una intervista a Matteo Salvini. “Salvini: ora parlo con Berlusconi ma non ci basta un accordicchio”. Il leader della Lega ribadisce che in Liguria e Toscana non rinuncia ai suoi candidati. Dice dell’incontro con Berlusconi: “Ci vedremo presto. Il problema è che ci sono diverse Forza Italia. C’è il signor Caldoro che in Campania schifa la Lega. C’è il signor Gasparri che schifa la Lega. C’è il signor Rotondi che dice che Salvini è fuori dal contesto civile”.

Su Il Giornale: “La trattativa sulle alleanze continua con una nuova ipotesi sul tavolo: se Forza Italia e Lega chiudono l’accordo in Veneto, il Carroccio può aiutare gli azzurri evitando di presentare una propria lista in Campania”

E poi

“Il mondo ora non trascuri i timori degli israeliani” è il titolo di un commento di Stefano Lepri sul Corriere. Dove si legge che la vittoria di Netanyahu “impone un ripensamento a Europa e Usa” e si elogia la “prudenza” europea. “Non è forse un caso che la dichiarazione con cui l’Alto Rappresentante per la politica estera Federica Mogherini si è congratulata ieri con Netanyahu non contenga un riferimento esplicito allo scenario dei due Stati” ma un riferimento ad una “soluzione pacifica del conflitto israelo-palestinese”.

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