Il Corriere della sera: “Popolari in testa ma la Spagna è senza maggioranza”. “Podemos supera il 20 per cento”. Viene intervistato lo scrittore Ildefonso Falcones: “L’effetto crisi durerà”.
Il titolo più grande è per una intervista: “Cantone: così farò da garante”. “’Assicureremo imparzialità ai risparmiatori. Non sarò una foglia di fico’”. “Parla il capo dell’Anticorruzione: no a interferenze con Consob e Bankitalia, siamo stati scelti”.
Sulla inchiesta su Etruria un articolo di Fiorenza Sarzanini: “Il pm di Etruria. Il mio incarico? Non è politico”.
Dario Di Vico si occupa di credito locale e imprese: “I danni dell’immobilismo”.
L’editoriale, firmato da Ernesto Galli della Loggia: “Il governo e il sud che non c’è”.
A fondo pagina: “’Io, studentessa abusiva autorizzata’. Naomi segue le lezioni di Medicina, firma le presenze ma non può iscriversi. E non è l’unica”.
La Repubblica: “Il voto frantuma la Spagna”, “Primi i Popolari di Rajoy ma 123 seggi non danno la maggioranza. Psoe secondo con il 22%. Podemos è la terza forza: nel paese finito il bipartitismo. Caos governo, verso coalizioni ibride”.
Ne scrivono Omero Ciai (da Madrid) e Alessandro Oppes (“La remontada di Iglesias il tattico”, sull’avanzata di Podemos).
L’analisi di Andrea Bonanni: “L’Europa malata di anti-politica”.
A centro pagina: “Renzi: troppe banche, nel 2016 il pil sale dell’1,6%”, “Il premier difende Bankitalia ma annuncia riforme nel credito. Sul caso Boschi-Etruria nessun favoritismo”.
Sul caso Etruria e sull’inchiesta, Fabio Tonacci scrive del verdetto degli ispettori di Bankitalia tra il dicembre 2012 e il settembre 2013: “Il verdetto degli Ispettori: ‘A capo dell’Etruria manager incompetenti e un direttorio ombra’”.
Il quotidiano intervista Mario Monti: “Monti e le mire tedesche: ‘Misi la Merkel all’angolo e lo scudo anti-spread salvò il sistema Italia’”.
A fondo pagina: “Migranti in chiesa, le parrocchie hanno tradito Papa Francesco”, di Jenner Meletti.
Per la politica internazionale, da segnalare un articolo di Fabio Scuto: “Damasco”, “La vendetta di Israele, missile uccide leader Hezbollah”.
“Il caso” raccontato da Gerardo Adinolfi: “Treni, si cambia e per i pendolari addio biglietto chilometrico”.
Sulla colonna a destra: “Paura sul volo per Parigi, finta bomba e atterraggio d’emergenza”, “Interrogati 5 sospetti. Air France: ‘È stato un atto aggressivo”.
Il commento di Massimo Recalcati è dedicato alle nostre vite “scosse dall’irruzione del Terrificante” (“Dopo gli attentati ogni luogo non riconoscibile come pericoloso sta diventando a rischio”).
La Stampa: “Rajoy, vittoria senza maggioranza”, “Il premier spagnolo: ‘Pronto a governare’. Sànchez (Psoe) apre a Iglesias: ‘Dialoghiamo’”, “Popolari lontani dal 50% dei seggi, socialisti secondi e Podemos subito dietro. Ciudadanos non decolla”.
“Ma la grande coalizione sarà difficile”, scrive in un’analisi Emanuele Treglia.
A Mariano Rajoy è dedicato il reportage da Madrid di Francesco Olivo: “La rimonta e il rebus delle trattative”.
A centro pagina, un’intervista all’inviato Onu per la Siria, Staffan De Mistura, sulla “road map” indicata venerdì scorso per il futuro del Paese: “Siria, De Mistura: ‘Strada giusta ma aspettiamoci atti di violenza’”, “L’inviato speciale delll’Onu: non c’è alternativa alla soluzione politica”.
Poi un articolo di Maurizio Molinari: “A Damasco. Blitz di Israele uccide leader di Hezbollah”, “Samir Kuntar nel 1979 aveva compiuto il più feroce gesto di terrorismo contro lo Stato ebraico”.
Di spalla il caso banche e Banca D’Italia: “La difesa di Visco in tv: ‘Risparmi al sicuro’”.
E l’ “Ok alla Legge di stabilità”: “Lavoro, il governo punta a un milione di posti di lavoro”.
Poi i risultati di un’indagine di Community Media Research in collaborazione con Intesa Sanpaolo per La Stampa, commentati da Daniele Marini: “Le formichine del ceto medio ottimiste con prudenza”.
Il Fatto: “Una Spagna all’italiana”, “Paese diviso. Gli anti-casta di Podemos levano la maggioranza a Rajoy”, “Fine del bipartitismo, le forze anti-casta avanzano e mettono in crisi i partiti tradizionali. I popolari del premier Rajoy sono primi, ma non possono governare da soli. Si profilano lunghe trattative con i centristi di Ciudadanos e le compagini minori. I post-Indignados di Iglesias quasi alla pari con i socialisti, potrebbero allearsi in un blocco di centro-sinistra. Il presidente del Consiglio pensa a un esecutivo a tempo”. Ne scrivono Cosimo Caridi e Elena Marisol Brandolini.
La storia di copertina: “Nostra signora Boschi e il Natale delle banche” (“Sulle orme di Dickens per raccontare la notte della veglia, quando i tre Spiriti del 25 dicembre vennero a celebrare l’avvento, un bontà e altruismo, della politica del Banco d’ Pegni d’Etruria, di Pietrangelo Buttafuoco ).
Sul caso banche, Etruria e Banca d’Italia: “Visco si assolve in tv e scarica le colpe sui media”, “Banca Etruria. Le amnesie del Governatore di Bankitalia”.
Sotto la testata anche un titolo per le “forze oscure”, con foto di Licio Gelli. È Leonardo Coen a scriverne, raccontando “una vita da inviato sulle tracce di Licio Gelli”: “Così il venerabile mi raccontò di Wojtyla e lo Ior”.
Più in basso, intervista a Maurizio Abbatino, ex boss della banda della Magliana: “’Io so chi è Carminati. E sono un uomo morto”, “Per la prima volta parla uno dei fondatori della Banda che alla fine degli anni Settanta dominava su Roma. È appena uscito dal regime di protezione. Conosce alla perfezione i meccanismi e i protagonisti del malaffare capitolino. Ed è certo del suo destino”.
Il Giornale: “Il governo occupa le tv”. “Pensiero unico in diretta”. “Renzi alza la contraerea sul caso banche: presidiati tutti i talk. E con Visco è faida”.
Sotto, due titoli: uno è un ritratto del governatore di Bankitalia che “da 4 anni guarda affondare le banche”. Un altro è un “retroscena” titolato “il vero scopo della partita è mettere le mani su Consob”.
E poi: “Elezioni, anche la Spagna uccide il bipolarismo”.
L’editoriale, firmato da Carlo Lottieri, è dedicato alla legge di Stabilità: “Questa manovra danneggia industria e industriali”.
Da segnalare anche un richiamo alla politica Usa: “Hillary ha già scelto: Trump è il nemico. Può fare il presidente”.
Spagna
In Spagna il Partito popolare esce dalle elezioni con il 28 per cento dei consensi e 123 seggi, i socialisti con il 22 e 90 seggi, poi Podemos con il 20,65 e 69 seggi, infine Ciudadanos con poco meno del 14 per cento e 40 seggi. Per governare servono 176 seggi, i socialisti dicono che tocca a Rajoy provarci.
La Repubblica, pagina 2: “Spagna, vince Rajoy ma senza maggioranza, ‘Proverò a governare’”, “Popolari oltre il 28%, poi socialisti e Podemos. Iglesias: ‘È un Paese nuovo’, primo in Catalogna”.
E Omero Ciai, da Madrid, scrive: “Nella sede del Pp, i dubbi sul futuro. Spunta l’ipotesi della Grande Coalizione”, “I conservatori sono primi ma isolati. In casa socialista i filo-Gonzales premono per un patto di legislatura”, “A re Felipe, da poco più di un anno sul trono, spetterà il difficile compito di arbitro”, “I commentatori parlano già di una ‘assemblea in salsa italiana’ per indicare l’instabilità”.
La Stampa, pagina 2: “Popolari primi, bene Podemos. Ma Madrid è senza maggioranza”, “Il partito del premier, con 122 deputati, è ben distante dal 50% dei seggi (176). Socialisti al 22%, due punti sopra gli ‘Indignados’. Niente boom per Ciudadanos”. E il quotidiano intervista il politologo Vanaclocha Bellver: “Ma quale esecutivo di larghe intese. Non fa parte della nostra tradizione”, “Troppa la distanza tra Pp e Psoe. E ora Podemos potrà diventare la prima forza del centrosinistra”.
A Mariano Rajoy è dedicata l’analisi di Francesco Olivo: “Rajoy, vittoria che sa di sconfitta, ‘Proverò a formare il governo’”, “Con le riforme ha fatto uscire il Paese dalla crisi e rilanciato l’economia. Ma i liberali di Ciudadanos hanno tolto consensi al Partito popolare”.
La Repubblica intervista lo scrittore Javier Cercas, che dice: “I nuovi partiti hanno già tradito le promesse. Ora temo la palude”, “È finito il tempo delle formazioni che occupavano tutto. Ma Ciudadanos è stato creato dai banchieri. E Podemos è troppo affascinato dal potere”. Secondo Cercas, dopo i giorni delle proteste degli Indignados nel 2011, i partiti non riuscirono ad aprirsi alla società (il Psoe e il Ppe sono “militarizzati” e “senza democrazia interna”), quindi nacque Podemos. All’inizio era un “partito anti-sistema”, contro l’euro, l’Europa, la Nato: “per contrastare Podemos, i poteri economici, le banche e la grande industria, hanno cerato Ciudadanos, un partito marketing per rappresentare a destra l’aspirazione al ‘nuovo’”.
Alle pagine 6 e 7 Alessando Oppes, da Madrid, si occupa di Podemos: “Iglesias completa la remontada: ‘Possiamo cambiare tutto’”, “Dopo una campagna elettorale in salita Podemos è terza, lasciando le parole d’ordine più radicali e affidandosi alle capacità tattiche del suo leader”, “A gennaio sembrava poter puntare alla Moncloa e riscrivere la Costituzione, poi il crollo di popolarità e consensi”.
Marco Bresolin, su La Stampa: “L’onda viola di Podemos ha travolto la ‘vecchia’ sinistra”, “Il tentativo di rinnovamento avviato con Sanchez (Pse) non è bastato. E lui ora strizza l’occhio a chi gli ha rubato voti: ‘Dialoghiamo’”.
Il quotidiano intervista Massimo Cacciari: “Confermata la crisi dei partiti tradizionali. Questa è l’epoca delle grandi coalizioni”, “Anche il Pd di Renzi va nella stessa direzione”.
Il Fatto, pagina 3: “Madrid, un governo per 4. Rajoy e la sindrome italiana”, “Popolari primi, ma l’impresa sarà trovare una coalizione per guidare il Paese”. Ne scrive Cosimo Caridi da Madrid.
Sulla stessa pagina, Elena Marisol Brandolini, sull’”exploit” di Iglesias: “I post-indignados nelle stanze del potere”. Podemos -scrive Brandolini– ha fatto una campagna intelligente, di merito, e ha rischiato proponendo la celebrazione di un referendum di auto-determinazione in Catalogna e la lista En Comù Podem è arrivata prima nell’Autonomia catalana. Il partito di Iglesias sfiora il secondo posto, ma è “penalizzato dalla legge elettorale”. Se si considerano i seggi di Podemos e quelli di Izquierda Unida, lo schieramento di centro-destra e quello di centro-sinistra si equivalgono e nessuno dei due ha la maggioranza per formare un governo di maggioranza.
Su La Stampa, Emanuele Treglia, in prima: “Ma la grande coalizione sarà difficile”. Non ci sono i numeri per formare un governo del PP appoggiato da Ciudadanos; il Psoe, per poter formare un governo, dovrebbe ottenere l’appoggio non solo di Podemos, ma anche di Ciudadanos o di una serie di partiti minori o dei rappresentanti dei “nazionalismi periferici”. Ma questa grande coalizione è difficile da realizzarsi e presenterebbe grossi problemi di tenuta.
Su La Repubblica, “lo scenario” di Andrea Bonanni: “Quell’onda che spazza l’Europa, così trionfa nelle urne il voto ‘contro’”, “Il risultato non solo condanna la quarta potenza del Continente all’ingovernabilità, ma segna un’ennesima sconfitta della politica. È successo in Grecia, poi le fiammate di segno opposto in Polonia e Francia. Trema l’intero sistema”.
Sul Corriere, l’inviato Aldo Cazzullo scrive che “la Spagna è metà azzurra e metà viola” e parte nel suo racconto da Pablo Iglesias, il leader di Podemos che “si candida a guidare una alleanza di sinistra” mentre “i vecchi partiti” Psoe e Ppe “potrebbero essere costretti a unirsi” e le parole di Sanchez, il leader socialista che ha detto appunto che tocca ai popolari provare, sono “sembrate una apertura”, scrive il quotidiano.
Altro articolo di Elisabetta Rosaspina: “In Spagna il rebus del governo. Parte la trattativa più difficile”. Si ricorda che “storicamente è il peggior risultato dei socialisti” mentre a Podemos va “un quinto dei voti”. Il partito di Iglesias aveva solo 4 seggi nel 2011, ne avrà 69.
Il Giornale: “La Spagna ‘mata’ il bipartitismo. I popolari primi senza maggioranza. Rajoy pronto a lasciare alla sua vice. Podemos a un soffio dai socialisti”. “Impossibile la creazione di un governo monocolore, in vantaggio il blocco socialista”. Si ribadisce che i Ciudadanos di Rivera escono “fortemente ridimensionati” rispetto ai sondaggi che poche settimane fa li davano in testa. Anche sommando i loro seggi con quelli del Ppe di Rajoy non si arriva alla soglia dei 176 seggi necessari per governare. Anche una eventuale alleanza tra Podemos e Psoe però non avrebbe i numeri per governare. Ce l’avrebbe una grande coalizione tra popolari e socialisti che però “non fa parte della cultura politica del Paese”.
Il Corriere dà conto del commento via Twitter del ministro Boschi: “Mai come stasera è chiaro quanto sia utile e giusta la nostra legge elettorale” perché – aggiunge il quotidiano – “garantisce la governabilità”.
Sul Manifesto, nella edizione online, si sottolinea che Psoe e Podemos sono arrivati vicinissimi. I socialisti “pur avendo perso quasi il 25 percento dei voti”, mentre Podemos, se sommato alle coalizioni locali in cui si è presentato, arriva quasi al 21 per cento. Risultato che “per l’iniqua legge elettorale corrisponde solo a 69 seggi”.
Etruria, Bankitalia, Cantone
Sul Corriere, Giovanni Bianconi intervista Raffaele Cantone. “L’Autorità nazionale anticorruzione non si occupa né si occuperà di banche, così come non farà valutazioni su vicende delle quale si sta occupando l’autorità giudiziaria. Del resto io non ho gli elementi per dare giudizi né sono un ‘tuttologo’, sebbene qualcuno voglia farmi passare per tale”- Cantone dice che l’Anac metterà a disposizione la sua “Camera arbitrale che già esiste all’interno della nostra struttura, ed è formata da personalità di assoluto valore; presieduta dal professor Auletta, che è un esperto della materia e s’è già occupato di arbitrati bancari. Il nostro compito sarà garantire la correttezza e la terzietà degli arbitrati. Rispetto alle rivendicazioni dei privati, cioè i risparmiatori, e alla parte pubblica chiamata a pagare i risarcimenti, cioè lo Stato, ci dev’essere un terzo che decide; l’arbitro, appunto, che sarà scelto dalla nostra struttura in base a criteri che in parte bisognerà scrivere nella legge che ci affida tale compito. Ad esempio quando scattano i presupposti, e la regolarità delle procedure”. Su Bankitalia e Consob, si ricorda della visita di Visco da Mattarella pochi giorni fa: “Il governatore ha spiegato che l’incontro col capo dello Stato era fissato da tempo, e non ho ragioni per non credergli. Tra l’altro io ho con lui un ottimo rapporto personale, e tra Anac e Banca centrale c’è una proficua collaborazione istituzionale. Venerdì mattina ho telefonato a Visco e al segretario generale della presidenza della Repubblica, per rassicurare tutti che la struttura che dirigo non ha alcuna intenzione di interferire con i poteri di vigilanza, né di sovrapporsi a competenze altrui”. “Per scegliere gli arbitri, vi rivolgerete anche a Bankitalia e Consob?”. Risponde Cantone: “Lo verificheremo, non è escluso che si possano realizzare sinergie utili. Si potrebbe accedere agli albi di quegli uffici, per non ricorrere a una sorta di reclutamento straordinario. Noi attualmente disponiamo di albi solo per gli appalti, la legge dovrà precisare anche questo”. Cantone risponde anche sul procuratore di Arezzo Rossi che aveva una consulenza con il governo: “Per come conosco il procuratore Rossi, continuo a considerarlo un magistrato competente e integerrimo. L’incarico che ha ricoperto non è una consulenza per il governo, ma un contributo di studio su alcuni singoli provvedimenti legislativi richiesto a molti altri colleghi. Io non credo che si trovi in una situazione da conflitto d’interessi, ma le mie conoscenze sono limitate a ciò che ho letto sui giornali. Il Consiglio superiore della magistratura, che l’ha più volte autorizzato a svolgere anche questa funzione, ha avviato accertamenti e trarrà le sue conclusioni”.
Sul Giornale il punto sulle indagini su Banca Etruria dove si legge che “gli atti di Bankitalia relativi all’ultima ispezione, quella che contiene anche le 11 contestazioni al padre del ministro Maria Elena Boschi, Pier Luigi, vicepresidente di Banca Etruria nell’ultimo cda, sono già in arrivo all’ufficio del procuratore capo di Arezzo, Roberto Rossi”. Si ricorda che “anche Rossi, che ad Arezzo lavora a tutti i fascicoli aperti sulla Bpel, compreso l’ultimo che ipotizza la truffa ai danni di quegli obbligazionisti che hanno presentato denunce, ha i suoi grattacapi per il fascicolo aperto dal Csm sulla sua presunta incompatibilità, per il doppio ruolo di consulente del dipartimento affari giuridici di Palazzo Chigi e titolare di inchieste potenzialmente delicate per la famiglia del ministro Boschi.Il procuratore, che si è difeso ricordando che il suo incarico al Dag, a titolo gratuito, è meramente tecnico, d’altra parte procede spedito a lavorare sui molti filoni d’indagine aperti”. Il giornale ricorda che agli amministratori di Etruria si contesta “di non aver concluso l’integrazione di Banca Etruria con la Popolare di Vicenza, che a maggio del 2014 aveva annunciato la propria disponibilità a lanciare un’Opa amichevole sull’istituto di credito aretino che invece temporeggiò, fino a quando l’offerta venne ritirata”.
Il Fatto, pagina 2: “Etruria, le amnesie di Bankitalia e Consob”, “Difesa mediatica. Il govenatore Visco a Rai tre: ‘Nessun errore, ricostruzioni fantasiose’. Si assolve anche l’autorità di Borsa. Ecco tutte le contraddizioni”, “Disastro subordinate. ‘La banca peggiorò nel 2014 e i bond li ha venduti dopo la nostra lettera’. Ma non è vero”. L’articolo è di Carlo Tecce.
Anche su Il Giornale si legge della “domenica della controffensiva mediatica” del governo, vista la scelta di Matte Renzi di essere ospite del contenitore pomeridiano domenicale di Rai1 con Massimo Giletti. Si legge che il presidente del consiglio avrebbe detto ai suoi collaboratori che occorre “dare un segnale” all’elettorato anche alla luce del “calo di consensi di cui si è parlato negli ultimi sondaggi”. Inoltre alla “controffensiva mediatica” partecipa, scrive Il Giornale, anche Denis Verdini, ospite di Lucia Annunziata dove difende in maniera “categorica” il ministro Boschi. Infine, “l’occupazione dei conteniori tv più nazional popolari non arriva solo da chi difende il governo” ma anche dal governatore della Banca d’Italia Visco, che ieri mattina era intervistato da La Repubblica e ieri sera era ospite di Fazio. Il Giornale sottolinea che la linea di Bankitalia di questi giorni di spiegare il caso banche ed Etruria usando i mezzi di comunicazione di massa è evidente anche per la scelta piuttosto inconsueta di mettere in home page sul sito dell’Istituto le “risposte alle 10 domande dei risparmiatori” sul ruolo dell’Autorità.
Su La Repubblica, pagina 11, Fabio Tonacci, inviato ad Arezzo: “Alla guida dell’Etruria un cda incompetente e un direttorio parallelo”, “La testimonianza del capo degli ispettori di Bankitalia racconta nell”inchiesta della procura di Arezzo. Si riassume così il suo pensiero: l cda aveva abdicato al proprio ruolo e accettava in modo acritico le decisioni del direttore generale Luca Bronchi; nei mesi precedenti al commissariamento si era creato una sorta di direttorio parallelo e poco trasparente: la Commissione consiliare informale. Vi sedevano il presidente Luca Rosi e i due vice, Alfredo Berni e Pierluigi Boschi. Scrive Tonacci: “a svelare di quale pasta fosse fatta la governance che per anni ha tenuto le redini della Popolare (Etruria) è Emanuele Gatti, il capo del team di Bakitalia che ha condotto l’ispezione dal dicembre 2012 al settembre 2013. Viene sentito come persona informata dei fatti il 13 gennaio 2015 dai finanzieri di Arezzo che, per conto del procuratore capo Roberto Rossi, stavano indagando su Bronchi (allora direttore generale, ndr.) e Rosi (presidente)”. E si citano le parole del capo degli ispettori Bankitalia: “Il Cda dell’Etruria ha sostanzialmente abdicato al proprio ruolo in materia, lasciando ampia discrezionalità all’Alta Direzione (il direttore generale e il presidente, ndr).
La Stampa, pagina 6: “Visco si difende in tv: dopo il 2013 niente vendita di bond subordinati”, “Il governatore: ‘Solo da poco Bankitalia può rimuovere i vertici delle banche. Banca Etruria non poteva essere commissariata prima. Le mie dimissioni? Falso”. Ha spiegato Visco parlando di Etruria e delle ispezioni dell’istituto che “soprattutto in quella del 2013 avevamo visto che la banca aveva difficoltà di fondo e molto difficilmente sarebbe riuscita a mantenersi autonoma, ma non era ancora possibile commissariarla perché aveva rapporti patrimoniali tali da poter sostenere le perdite”.
Il Giornale offre un retroscena secondo il quale il governo punterebbe a “rottamare” le poltrone dei vertici di Consob e Bankitalia “Nè Vegas né Visco fanno tuttavia parte del giglio magico che circonda il «sindaco d’Italia». Al contrario entrambi si erano insediati con l’appoggio del centrodestra”. Si citano come “strappi”, oltre alla scelta di affidare all’Anac il compito di fare da garante sugli arbitrati, anche il fatto che il governo ha impiegato oltre 18 mesi prima di nominare, a inizio dicembre, due commissari Consob mancanti. . Si legge anche che “ora Visco e Vegas appaiono comunque in piena sintonia nel rivendicare la bontà del proprio operato” mentre “il governo non sembra peraltro trattare con i guanti bianchi neppure Palazzo Koch”.
Sul Corriere l’editoriale è firmato da Sabino Cassese ed è dedicato ai “magistrati, l’etica e le regole (inesistenti)”. “Non basta siglare protocolli di intesa con Cantone invocando l’Autorità nazionale anticorruzione da mettere per ogni dove” perché “bisogna rendersi conto che più il potere giudiziario si sposta verso il centro del potere e il cuore dello Stato più diventa inaccettabile che i magistrati siano tanto legati ai luoghi dove si esercita il potere”. Paradosso di cui i magistrati dovrebbero rendersi conto: “Più essi parlano al popolo e all’opinioni pubblica in nome della giustizia, più forte diventa il bisogno che la loro legittimazione discenda dalla loro indipendenza e dalla loro imparzialità”. Altro parardosso è che i magistrati, a differenza del “personale politico e amministrativo”stretto da norme anche “eccessivamente severe in materia di incandidabilità, conflitti di interesse, incompatibilità, incarichi esterni” eccetera, sono “immuni da queste norme di condotta”. Servono dunque “interventi moralizzatori”, non tanto sanzionatori ma “preventivi” che fissino le regole della partecipazione dei magistrati alla vita pubblica, le regole sui conflitti di interesse, incompatibilità, obblighi di astenersi, incarichi esterni.
Berlusconi
Il Corriere: “Berlusconi spinge il centrodestra: io in campo, siamo sopra il Pd”. “E sui 5Stelle: inadatti, prima delle elezioni guadagnavano meno di 20mila euro”. E poi: “Verdini: in un mese raddoppio i parlamentari. Il ‘disagio’ di Polverini e altri in Fi”. Si dà conto delle parole della ex sindacalista: “Denis ci ha spiegato il suo progetto ora che il partito è in stato confusionale”.
Il Giornale: “Berlusconi contro il pericolo M5S: ‘Sono incapaci, guai se vincono’”. “Il Cavaliere vuole chiudere definitivamente le polemiche interne e guarda al futuro”. “Critiche al governo ‘illegittimo’ e a Grillo”. L’articolo ricorda che “i malumori azzurri covano sotto la cenere”e riemergeranno dopo le feste.
E poi
Da segnalare sul Corriere una corrispondenza da Kobane di Lorenzo Cremonesi: “Reportage dalla città martire”. “L’Isis è ancora una minaccia che incombe. Ma fra le macerie rinascono le pasticcerie. E si tornano a vendere gli abiti da sposa”. Fino al settembre 2014 c’erano 100 mila abitanti, durante i momenti più duri della guerra si sono ridotti a 5mila, oggi sono tornati ad essere 70 mila.
Sul Giornale Fausto Biloslavo dà conto di una notizia che viene da un giornale locale di Reggio Emilia: dal 13 novembre, giorno della strage a Parigi, sono arrivate alla polizia oltre 15 segnalazioni di ragazzini che nelle scuole inneggiano o difendono l’Isis. Il titolo è: “Ci mancava anche questa, bulli islamici a scuola”. “Hanno al massimo 14 anni, inneggiano alle stragi, devastano oratori, perseguitano le ragazzine ‘infedeli’. “Nel resto d’Europa l’islamobullismo è una emergenza”.
Sul Corriere si dà conto dei corsi regolari di educazione sessuale istituiti in Baviera, in Norvegia e presto anche in Danimarca per i migranti. In Danimarca saranno obbligatori sulla base di un dato: gli immigrati costituiscono il 12 per cento della popolazione ma nei casi di strupro era immigrato o figlio di immigrati oltre il 34 per cento dei condannati per questo reato. Nei corsi si insegna come trattare le donne, come si rispetta la sua dignità e la sua libertà personale, come si apprende che non è proprietà del marito o del padre o del fratello.