La Repubblica: “Pdl: se la Giunta vota addio governo”, “L’ultimo ricatto per salvare Berlusconi”, “Scontro nella riunione fiume al Senato, democratici e 5stelle pronti a bocciare i ricorsi proposti dal relatore. Schifani: allora è finita la maggioranza”.
A centro pagina: “Siria, spiragli di pace: ‘Restituite le armi chimiche’”, “Assad apre alla mediazione di Mosca. Gli Stati Uniti prudenti”.
Corriere della Sera: “Governo a rischio su Berlusconi. La Giunta accelera sulla decadenza. Schifani: se si vota è crisi”. “Tensione in Senato, poi il rinvio della seduta a stasera. Fissata a Milano l’udienza per l’interdizione”. A centro pagina: “La prigionia di Quirico: la paura, le fughe, le due finte esecuzioni”. Il titolo di apertura è dedicato alle misure del governo sulla scuola: “Investiti 400 milioni”, “assunzioni e libri meno cari”, “abolito da subito il bonus università”.
La Stampa apre con il “racconto di Quirico”. “’Io, tra bombe, fughe e umiliazioni’. La prigionia lunga 152 giorni: credevo mi uccidessero, la Siria è in mano al demonio”. Sotto si dà conto degli sviluppi della crisi siriana: “Proposta della Russia, ma Obama non si ferma. ‘Via le armi chimiche’. Primo sì da Damasco”.
A centro pagina: “La minaccia del Pdl: il governo cade”
Il Giornale: “Il Pd fa decadere Letta. I democratici hanno fretta e vogliono accelerare l’espulsione di Berlusconi dal Senato. Il Pdl attacca. Schifani: ‘Così finisce la maggioranza’. Alfano convoca i ministri”.
Il Fatto quotidiano: “La Giunta non fa sconti, Caimano appeso al Colle”. “Duro scontro in Senato, il relatore Augello (Pdl) sposa le tesi dei berluscones e cerca di perdere tempo. Ma questa sera Pd, M5S e Sel voteranno contro e dovranno sostituirlo. Schifani minaccia: ‘Se vanno avanti così il governo cade’. E domani il condannato riunirà i parlamentari del suo partito per decidere se staccare davvero la spina a Enrico Letta”.
Il Sole 24 Ore: “Scuola, più insegnanti di ruolo. Dal decreto restano fuori lavoro e istituti tecnici. Letta: dopo anni tornano le risorse”. “Il provvedimento varato dal governo prevede investimenti a regime per 400 milioni. Via il bonus maturità già dai test in corso”. Di spalla: “Decadenza Berlusconi, è scontro in Giunta. Ora sale il rischio crisi. Schifani avverte: se si vota subito non c’è più una maggioranza”.
Il Foglio: “In Giunta si corre spediti verso il berlusconicidio. La crisi è più vicina”, “muro contor muro sulla relazione di Augello. Pd e grillini (maggioranza) vogliono espellere il Cav già oggi”.
Libero: “Sprint di giudici e Pd per far fuori il Cav”, “la Corte d’Appello brucia i tempi per l’interdizione e in Giunta la sinistra accelera sulla decadenza”. “Un atteggiamento insensato che pagherà il Paese”, “oggi può cadere il governo”.
Siria
“Mossa russa: Assad consegni l’arsenale”, titola La Stampa. Il quotidiano spiega che lo spiraglio apertosi per la soluzione diplomatica della crisi delle armi chimiche siriane sarebbe stata in realtà creata da una ‘gaffe’ del segretario di Stato Kerry. Tutto è cominciato dalla conferenza stampa che Kerry ha tenuto ieri a Londra con il collega britannico Hague. Alla domanda di un giornalista se ci fosse qualcosa che Assad può fare ancora per evitare le bombe, il Segretario di Stato aveva risposto: “Certo, potrebbe consegnare ogni singolo pezzo delle sue armi chimiche alla comunità internazionale, nel corso della prossima settimana. Tutte, senza ritardi, consentendo una verifica totale. Ma non lo farà, non può essere fatto”. Pochi minuti dopo, la portavoce del Dipartimento di Stato Usa Jen Psaki aveva puntualizzato che Kerry aveva fatto solo una “considerazione retorica”, poiché “questo brutale dittatore, con una storia di imbrogli, non può essere creduto sulla consegna delle armi chimiche”. Troppo tardi, scrive La Stampa: nelle stesse ore a Mosca il ministro degli esteri russo Lavrov stava ricevendo il collega siriano Moallen e ha sfruttato l’occasione: se la creazione e il controllo internazionale sulle armi chimiche potrà prevenire attacchi, cominceremo immediatamente a lavorare con Damasco, ha detto Lavrov, aggiungendo che si sarebbe chiesto alla leadership siriana “non solo di accettarne il controllo, ma anche di distruggerle”. Lavrov ha aggiunto che aveva già consegnato una proposta a Moallen e si aspettava “una risposta rapida e positiva” che è arrivata a stretto giro. A quel punto anche il segretario generale Onu Ban Ki-Moon è sceso in sala stampa al Palazzo di Vetro per un incontro con i giornalisti programmato prima delle dichiarazioni di Kerry: ha detto di esser pronto a presentare una proposta in questo senso al Consiglio di sicurezza Onu. In teoria tutto è stato messo in moto dalla gaffe di Kerry, che Obama ha colto al volo per uscire dal vicolo cieco dell’intervento militare. Altre fonti diplomatiche O nu sono scettiche sulla versione della gaffe, perché pare che la proposta fosse stata discussa da Obama e dal presidente russo Putin durante il recente G20, e Ban Ki Moon aveva già pronta una road map da presentare al Consiglio del sicurezza dopo la presentazione del rapporto degli ispettori Onu. Significa che o Kerry voleva sabotarla oppure lui e Lavrov avrebbero solo accelerato un piano già pronto. Lo confermerebbe – sottolinea la Stampa – anche la posizione della Siria. Finora aveva sempre negato di possedere armi chimiche, ma ora lo ha ammesso in pochi minuti, accettando la proposta di Mosca.
Su La Repubblica: “Quel piano B nato in segreto al G20 potrebbe salvare la faccia a tutti”, scrive il corrispondente a New York Federico Rampini.
Ma Obama, sottolinea il quotidiano, vuole ancora il via libera del Congresso per premere su Assad. Con ogni probabilità il piano B è stato l’oggetto del “misterioso” colloquio di mezz’ora tra Obama e Putin a San Pietroburgo.
In una analisi di Vittorio Zucconi si legge: “Ora Obama ha una via d’uscita dalla trappola siriana in cui si era rinchiuso. E passa per Mosca. E’ una onorevole ritirata quella che Putin gli offre”. Secondo Zucconi “fingendo di aver recepito una proposta siriana, che invece è nata proprio a Mosca, se non a San Pietroburgo, ai margini della inutile sceneggiata plenaria del G20, Putin ha dimostrato di aver compreso che l’isolamento di Obama lo avrebbe costretto a fare quello che in realtà Obama non voleva”, ma quello di Putin “non è altruismo, né impeto pacifista”: “da una azione militare americana contro il regime siriano, Putin non avrebbe nulla da guadagnare e molto da perdere. Anche lui, come Obama, era rimasto intrappolato nelle proprie parole, promettendo di non restare indifferente a un assalto contro quell’Assad che è l’ultimo Stato cliente ancora rimasto alla Russia dopo la fine della guerra fredda.
La Stampa scrive anche che su questa proposta c’è una “impronta italiana”: sarebbe stata elaborata tra la Farnesina e Palazzo Chigi e tenuta sotto traccia fino alla vigilia del G20 di San Pietroburgo, all’inizio di settembre. E scaturiva dalla evidenza che una soluzione politica per la Siria non poteva che avere come principale punto proprio i gas chimici, e la mancata adesione della Siria contro i gas del 1993. Se Assad facesse sul serio, l’Onu potrebbe prendere il controllo delle sue armi chimiche, scrive il quotidiano.
L’inviato a New York del Corriere Massimo Gaggi sottolinea che a Washington comunque non manca lo scetticismo, visto che la Siria resiste da venti anni a tutte le richieste internazionali di rinunciare ad un arsenale chimico gigantesco. E fino ad oggi non aveva ammesso di possedere queste armi. Ma Obama ha deciso di provare a dare credito a questo ultimo tentativo di evitare l’intervento militare: “prendiamo le proposte di Mosca e Damasco molto seriamente, anche se fin qui non avevamo visto gesti positivi. Ma se gli arsenali chimici verranno eliminati davvero, non avremo bisogno di lanciare l’attacco”, ha detto il Presidente Usa. Ed ha aggiunto: “Spero con tutte le forze che la crisi si possa risolvere senza un nostro intervento militare, ma non tolgo il piede dall’acceleratore (della richiesta di un voto del Congresso che autorizzi l’attacco, ndr) perché, se siamo arrivati a questa apertura, è solo perché c’è stata la pressione di una nostra credibile minaccia di intervento militare. Il Corriere sottolinea anche che Obama ha fatto accenno al colloquio informale avuto con Putin a San Pietroburgo, ricavandone la sensazione che il Presidente russo considera spaventosa la minaccia del gas e vuole eliminarla dagli arsenali.
La Repubblica, con il suo inviato al confine tra Turchia e Siria, dà conto della reazione dei ribelli anti-Assad, che considerano “ridicola” la mossa Usa destinata a procrastinare i raid. L’inviato interpella il colonnello dell’esercito siriano libero Kordi: “Un attacco chimico, o diversi attacchi chimici, diciamo noi, sono stati lanciati in Siria negli ultimi mesi del regime. Di quelli deve rispondere il dittatore”. Sullo stesso quotidiano, una intervista Bruce Riedel, esperto di antiterrorismo e consigliere di 4 presidenti per la Sicurezza Nazionale, 30 anni alla Cia, che sottolinea come sia la presenza di Al Qaeda in Siria il pericolo per l’occidente. “E’ l’ora di dirlo con chiarezza: l’opposizione siriana è dominata da Al Qaeda, e la Siria è la base qaedista in più rapida espansione al mondo. Un intervento militare che ribalti l’equilibrio delle forze in campo, indebolisca l’apparato del regime, rischia di rafforzare involontariamente Al Qaeda”. Riedel sottolinea che l’opposizione siriana è frammentata in 1200 diverse fazioni: non è una esagerazione: sto citando dati della intelligence della Difesa”. Insomma, “per mitigare i danni involontari di un attacco che favorisca Al Qaeda, bisogna denunciare la vera identità delle fazioni qaediste in Siria. Dipingerle come terroriste, quali sono, per minarne la credibilità. L’America e gli alleati devono avviare una vera compagna, dire chi sono davvero Al Baghdadi e Golani – i leader del fronte Al Nusra e di Al Qaeda in Iraq – legati a Zawahiri e Zarqawi. Bisogna rivelare chi sta guidando la guerra di Al Qaeda.
Il Foglio pubblica invece un testo apparso il 19 luglio scorso sul blog di Padre Paolo Dall’Olio, il missionario rapito 8 giorni dopo in Siria e tuttora nelle mani dei suoi rapitori: “Io sto con i ribelli”. “Ogni giorno, dei giovani rivoluzionari democratici, male armati e affamati, passano ai gruppi islamisti meglio organizzati”, “per noi siriani della rivoluzione, la riconciliazione tra forze islamiste radicali e forze democratiche è una necessità strategica”.
La Stampa intervista invece Robert Kaplan, anche lui ex consigliere di più presidenti americani, che considera la mossa della Casa Bianca una “via d’uscita” per Obama, anche se il piano è difficile da realizzare per le Nazioni Unite, perché si tratta di impiegare un numero massiccio di personale Onu, assumere il controllo di dozzine di arsenali militari in Siria, e di trasportare il luoghi sicuri centinaia di chili di gas nel bel mezzo di una guerra civile.
Scrive Il Foglio: “ieri la Russia e la Siria hanno trasformato una boutade della diplomazia americana in una manovra per ritardare le operazioni militari contro l’esercito del Presidente Bashar El Assad. Ma anche qui si ipotizza che il piano fosse stato elaborato in anticipo, con una intesa con Washington.
Le prime sei pagine de La Stampa sono dedicate alla liberazione del giornalista Domenico Quirico, che racconta la propria prigionia sul quotidiano. L’ideatore e capo del gruppo “che ci teneva prigionieri” – scrive Quirico – era un sedicente emiro che si chiama, anzi si fa chiamare, Abu Omar, un soprannome. Ha formato la sua brigata reclutando gente della zona, più banditi che islamisti o rivoluzionari. Questo Abu Omar copre con una vernice islamista i suoi traffici, le sue attività illecite, e collabora con il gruppo che successivamente ci ha preso in carico, Al Faruk. Al Faruk è una brigata molto nota della rivoluzione siriana, fa parte del Consiglio nazionale siriano, e i suoi rappresentanti incontrano i governanti europei. E’ stato creato da un generale ribelle che ha arruolato combattenti tra la gente più povera di Homs, tra i più dimenticati dalla mafia di regime. L’Occidente si fida di loro, ma ho imparato a mie spese che si tratta di un gruppo che rappresenta un fenomeno nuovo e allarmante della rivoluzione: l’emergere di gruppi banditeschi di tipo somalo, che approfittano della vernice islamista e del contesto per controllare parte del territorio, taglieggiare la popolazione, fare sequestri e riempirsi le saccocce di denaro. Quirico parla anche del ruolo di Hezbollah in Siria, dei suoi attacchi ai ribelli anti-Assad, racconta anche che per due volte hanno inscenato la sua finta esecuzione.
Sul Corriere Guido Olimpio descrive la costellazione dei nemici di Damasco: nazionalisti, islamici e qaedisti: il chi è dei ribelli”. Una carrellata sui tanti gruppi che sono uniti soltanto dall’obiettivo di cacciare Assad. Sono finanziati direttamente, intere brigate ricevono denaro da privati cittadini arabi.
Berlusconi
Ieri la Giunta per le elezioni del Senato, dopo una lunga seduta, ha deciso di rinviare a questa sera il voto. Il relatore, il senatore del Pdl Andrea Augello, ha illustrato tre pregiudiziali sull’applicabilità della legge Severino. Scrive il Corriere che il relatore ha “in un certo senso disatteso il suo mandato”. Il senatore del Pdl infatti non ha detto se Berlusconi debba decadere oppure no da seggio di Palazzo Madama in forza della legge anti-corruzione. Ha invece presentato le tre questioni pregiudiziali che portano questi titoli: “proposta di deliberazione preliminare sulla ammissibilità o meno della facoltà di sollevare questioni di legittimità costituzionale davanti alla Corte Costituzionale; proposta di sollevare questione incidentale e di legittimità davanti alla Corte Costituzionale; proposta di rinvio pregiudiziale di tipo interpretativo davanti alla Corte di giustizia della Unione Europea”. Insomma, ha chiesto alla Giunta di sospendere il suo giudizio in attesa che la Consulta o la Corte di giustizia del Lussemburgo si esprimano sugli effetti retroattivi della legge Severino. A fine riunione, il senatore Pd Felice Casson ha fatto sapere che il relatore Augello sarebbe pronto a dimettersi se venissero bocciate le questioni pregiudiziali. Augello dovrebbe quindi essere sostituito da un altro relatore che però, sottolinea il quotidiano, potrebbe essere ancora scelto tra i banchi del Pdl, poiché ad essere votate sono le questioni pregiudiziali, e non la relazione vera e propria. Cosa succederà oggi? Il Pdl, attraverso il capogruppo Schifani, ha minacciato di ritirare la delegazione dalla Giunta. Ieri sera alle 20 lo stesso Schifani parlava di un “inaccettabile atteggiamento” da parte di Pd e Movimento 5 Stelle: “Addirittura intendono votare entro domani – oggi, ndr – contro le pregiudiziali formulate dal relatore. Se dovesse accadere questo, non credo che si potrebbe parlare più di maggioranza a sostegno del governo.
La Repubblica intervista Micaela Biancofiore, parlamentare del Pdl: “Ministri e parlamentari pronti a dimettersi”, a Letta dice che “non può pensare che i destini di Berlusconi siano diversi da quelli del partito che sostiene l’esecutivo”, e invoca da parte del Presidente del Consiglio “un atto di coraggio: si rivolga al Capo dello Stato” per sollecitare “una azione motu proprio”. Secondo il quotidiano Berlusconi vorrebbe “rompere” già domani.
E La Repubblica intervista Emanuele Macaluso, “grande vecchio del Pci e grande amico del Colle”: “Napolitano sarà coerente, niente grazia tombale né voto con il Porcellum”. Delle eccezioni sollevate in giunta dal Pdl dice che “possono anche essere approfondite, così il Pd non offre l’alibi del plotone di esecuzione già schierato. I tempi non sono poi così essenziali, Berlusconi all’ultimo momento si dimetterà”.
Salvatore Tramontano, sulla prima pagina de Il Giornale, scrive che la decadenza del leader del Pdl significa la fine immediata del governo. E si sofferma su quello che considera un segnale: “Berlusconi per domani ha convocato i gruppi parlamentari del suo partito”. I ministri del Pdl, scrive Tramontano, non dovrebbero aspettare che sia il grande capo a dare il via alla svolta decisiva. Tocca a loro dire qualcosa: “I ministri berlusconiani devono dire con chiarezza da che parte stanno. Non serve più temporeggiare, è inutile traccheggiare”.
Il quotidiano scrive anche che per oggi il segretario Pdl Alfano ha convocato tutti i ministri del Pdl, per ragionare su una eventuale uscita del governo, anche perché i sondaggi di Alessandra Ghisleri sarebbero confortanti per una eventuale campagna elettorale. La coalizione di centrodestra è data infatti al 36 per cento, con 4 punti di vantaggio sul centrosinistra.
E parallelamente il quotidiano si occupa del “assalto giudiziario” sottolineando che è stato fissato “a tempo di record” per il 19 ottobre l’appello sulla interdizione dai pubblici uffici, poiché va riformulata, dopo la sentenza della Cassazione, la pena accessoria sulla interdizione dai pubblici uffici, fissata dalla Corte d’Appello in cinque anni. Il Fatto quotidiano sottolinea che quattro giorni prima dell’udienza in corte d’appello di Milano per l’interdizione, ovvero il 15 ottobre, scadrà il mese di tempo per poter scontare la pena principale (un anno, gli altri tre sono stati indultati) in affidamento sociale o agli arresti domiciliari.
Scuola
Ieri il governo ha varato un decreto sulla scuola e sull’università che nelle intenzioni del Presidente del Consiglio Letta vogliono essere un segnale di cambiamento di rotta. Scrive il Corriere che arriveranno i soldi, “una bella fetta”, poiché si tratta di 13 milioni per questi ultimi tre mesi dell’anno, e di 107 a regime, per l’immissione in ruolo di 26 mila insegnanti di sostegno. Per il prossimo triennio è prevista l’assunzione di 69 mila docenti e 16 mila Ata. Un’altra grossa fetta, 100 milioni, è destinata alle borse di studio degli studenti universitari, 15 milioni vanno agli studenti medi e superiori meritevoli ma privi di mezzi per trasporti e mense scolastiche, 15 per aumentare la rete wireless nelle scuole secondarie, 6 per gli studenti iscritti alle accademie di danza, belle arti, conservatori. Complessivamente si tratta di quasi 400 milioni di euro.
La Repubblica sottolinea anche che c’è una “austerity” per i libri di testo, perché si tenterà di calmierare il prezzo dei libri su cui dovranno vigilare i presidi. Tra le disposizioni, il permesso di soggiorno per gli studenti stranieri sarà lungo quanto il loro corso di studio.
Il Sole 24 Ore, pur salutando favorevolmente la scelta di tornare ad investire sulla scuola, sottolinea che dal decreto restano fuori gli istituti tecnici , soprattutto quelli superiori post-diploma, che oggi possono essere canali di formazione specializzata, a diretto contatto con la domanda delle imprese di manodopera ad alto valore aggiunto. Nessun vero impegno sul fronte del collegamento tra esperienza di studio e lavoro, e il decreto appare tarato sulla tutela dei precari: “Il piano triennale per l’assunzione a tempo indeterminato di personale non tiene conto né del merito né della qualità dell’insegnamento. Il sostegno per gli studenti disagiati, poi, è è una buona cosa, ma 26mila insegnanti un un colpo solo sono tanti. E troppo spesso questo canale è stato utilizzato con l’obiettivo, neppure tanto mascherato, di assorbire precari e disoccupati che non trovano collocazione attraverso altri canali”.
E poi
Sul Corriere della Sera Giovanni Belardelli spiega che è stata affissa ieri in tutte le scuole francesi la “carta della laicità”, fortemente voluta dal ministro dell’istruzione Vincent Peillon. Il documento ripropone quella idea della laicità come divieto di ogni simbolo religioso e va letto alla luce del più generale progetto politico-pedagogico del ministro, ovvero quello di dar vita a una vera e propria “religione repubblicana”. Ma per Belardelli la “filosofia” che ispira il ministro “sembra poco laica e poco liberale. Poco laica, almeno per chi ritenga che la laicità non implica l’assenza o il divieto di manifestare la propria fede religiosa (è ben nota la questione della proibizione del velo nelle scuole per le giovani di religione islamica) ma si accompagna al libero manifestarsi di tutte le credenze – religiose o meno – su un piano di eguaglianza. La laicità del ministro francese è invece fondata su un principio di esclusione, giustificato dalla idea che la religione sia incompatibile con la libertà umana: ‘Non si potrà mai costruire un Paese libero con la religione cattolica’, ha sostenuto il ministro Peillon, presentando il suo libro ‘La Révolution française n’est pas terminée’”. Per Belardelli si tratta di una concezione “attivamente anti-religiosa della laicità” e che contiene un “concreto rischio di discriminazione”. Non a caso, sottolinea, l’ultimo rapporto sulla libertà religiosa nel mondo, redatto da una commissione federale Usa bipartisan, ha criticato la “laicità troppo aggressiva” della Francia.