Il Corriere della Sera. “’In Siria usati i gas, risponderemo. Washington parla di ‘oscenità morale’. Obama decide quale sarà l’azione. Impiego di armi chimiche ‘su larga scala’, prove agli alleati. Mosca nega. L’Italia: superato punto di non ritorno”.
La Repubblica: “Gli Usa:’Assad pagherà’. Kerry: armi chimiche, mondo sconvolto. Obama pensa al blitz. Agguato agli ispettori Onu. Londra svela i piani per l’intervento entro 10 giorni. Damasco: sarà un Vietnam”. Il titolo di apertura è dedicato alla politica interna: “Berlusconi frena i falchi. Intesa lontana sull’Imu. Borsa giù crolla Mediaset”.
Il Foglio dedica il titolo di apertura alla Siria: “Stop Assad Now”, dove si dà conto anche della conferenza stampa di ieri del Segretario di Stato Usa Kerry che “apre le porte all’intervento armato”.
Il Fatto quotidiano: “Scudi umani salva-Caimano. Ecco il pateracchio del Colle”. Il quotidiano dà conto della intervista di ieri di Luciano Violante al Corriere della Sera: “Berlusconi ha diritto alla difesa, giusto appellarsi alla Corte Costituzionale”. Da Capotosti a Onida, da Vietti a Galli, si leva il coro di saggi e giuristi di Corte. Obiettivo: rinviare la decadenza di Berlusconi”.
La Stampa:”Nuove tasse per togliere l’Imu. Accordo sulla ‘service tax’, per la copertura del 2013 si studia l’aumento delle imposte indirette. Tagli alle auto blu. Via libera alle norme sui precari della PA. Da Berlusconi stop ai falchi”. In alto la Siria: “Gli Usa: Damasco ha usato i gas. Pronti all’attacco”.
Il Sole 24 Ore: “Sulla Borsa il peso della crisi. Il mercato italiano sconta le incertezze politiche: Milano perde il 2,10 per cento, l’Europa e Wall Street tengono. Lo spread risale a 250 e affonda i titoli bancari, Mediaset -6 per cento”. Di spalla: “Berlusconi frena il Pdl: polemiche dannose. Primi spiragli sull’Imu”.
Libero: “Ricatto a Berlusconi. O la Borsa o la vita. Titoli Mediaset sotto attacco a piazza Affari. In poche ore bruciati 250 milioni. Un chiaro segnale dopo le tensioni sul governo. E Silvio zittisce falchi e colombe: ‘Così danneggiate il partito’”.
Il Giornale: “Operazione terrorismo. Si muove la finanza occulta. Come ai tempi di Monti una manina muove lo spread (in su) e la Borsa (in giù) per isolare il governo Monti e sostenere il governo Letta. Epifani a caccia di senatori, il Cavaliere ordina il silenzio ai suoi”.
L’Unità dedica il titolo di apertura ai provvedimenti presi ieri e annunciati dopo il Consiglio dei ministri: “’Mai più precari nello Stato’. Letta vara il decreto sulla Pubblica Amministrazione. Si tratta sull’Imu. Alfano: intesa vicina”.
Siria
“Gli Stati Uniti non hanno più dubbi: il regime di Bashar Assad aveva a disposizione armi chimiche e, in violazione di ogni norma internazionale, calpestando la coscienza del mondo scioccato dalle immagini arrivate da Damasco, le ha usate”, scrive Il Sole 24 Ore raccontando la dichiarazione di ieri di John Kerry. Kerry ha parlato degli orrori “di cui tutti siamo stati tutti testimoni” per “ribadire che i responsabili dell’uso di armi chimiche su larga scala dovranno risponderne. E tutto fa pensare che quegli orrori siano stati concepiti dal regime siriano troppo lento – tra l’altro – ad accettare la supervisione degli ispettori internazionali”. Il quotidiano aggiunge che la comunità internazionale “è ancora divisa su quali misure adottare nei confronti del regime guidato da Bashar Al Assad. C’è chi ritiene possibile un attacco anche senza una risoluzione del Consiglio di sicurezza dell’Onu, come Gran Bretagna e Francia, chi a parole è molto duro ma nei fatti – almeno finora – ha temporeggiato, come gli Stati Uniti”, e chi è “assolutamente contrario”, come Russia e Iran.
Sullo stesso quotidiano, un articolo di Alberto Negri parla dei possibili “effetti collaterali”, perché “una azione militare innescherebbe con tutta probabilità una resa dei conti tra Mezzaluna sciita e sunnita nell’intero scacchiere mediorientale”.
Un altro articolo sulla stessa pagina, firmato da Ugo Tramballi, ricorda l’intervento in Kosovo, la “guerra perfetta”, “unico caso nella storia, la Nato vinse contro i serbi senza perdite”, e oggi, “con l’illusione di un conflitto senza caduti – almeno tra i nostri – l’Occidente non sta marciando verso un nuovo Kosovo ma in un altro Iraq”. Il quotidiano scrive che “è possibile” che un intervento chirurgico indebolisca militarmente Assad “cambiando gli equilibri sul campo di battaglia del conflitto civile. Gli oppositori potrebbero finalmente ripassare all’offensiva e magari liberare Damasco. Ma esistono un leader, un partito, una forza di liberazione? La resistenza in Siria è condotta da tante fazioni, le più armate e determinate delle quali sono le milizie qaediste”.
Su La Repubblica il corrispondente da New York Federico Rampini scrive che il segretario di Stato Kerry ha tenuto un discorso inequivocabile nel tono e nei contenuti: “Ha il compito di preparare l’opinione pubblica americana, fin qui molto distratta, come dimostra quel 60 per cento di contrari all’intervento militare riferito da un sondaggio Reuters-Ipsos del weekend. Si tratterebbe non di una “guerra” ma di un “colpo”: ovvero non un intervento militare per deporre Assad ma punirlo con un colpo mirato, una serie di lanci missilistici, con missili di crociera Tomahawk in dotazione ai 4 incrociatori della Sesta flotta che la Us navy ha dispiegato nel Mediterraneo, al largo delle coste siriane. A queste si aggiungerebbero lanci da cacciabombardieri pronti a decollare da varie basi in Europa e in Medio Oriente. Rischia di saltare tutta l’agenda del vertice G20, in programma tra una settimana a San Pietroburgo. Sui contenuti la svolta di Kerry, secondo Rampini, è questa: “L’America non aspetta più i risultati delle ispezioni Onu”. E dando per scontato che fallirà il tentativo di ottenenere una risoluzione Onu, per via del veto russo, Obama cercherà la legittimazione internazionale da una parte con la Nato e dall’altra con la Lega Araba, decisivo, nel mondo arabo, e il ruolo del principe saudita Bandar, eminenza grigia di una potente coalizione anti-Assad che ha la sua cabina di regia a Riad.
La Stampa dedica un ritratto al principe Bandar: “C’è un’ombra che da trentacinque anni tesse la sua tela sullo sfondo di tutto ciò che accade in Medio Oriente e dintorni, dal finanziamento dei mujaidin afghani alla guerra in Iraq alla Siria, all’Egitto, al Libano: il principe Bandar Al Sultan, capo dei servizi segreti sauditi, “per amici e nemici “Bandar-Bush”, dalla volta che George W disse che era una di famiglia”, tanto che avvisò prima lui del segretario di Stato Powell della decisione di invadere l’Iraq. Il 30 luglio avrebbe avuto un faccia a faccia di 4 ore con Putin, mettendo sul tavolo un contratto per 15 miliardi di dollari in acquisto di armi russe in cambio di un via libera ad una risoluzione Onu per una no fly zone sulla Siria.
E su La Stampa, ancora un titolo sulla questione della legittimazione internazionale: “L’Ue ancora divisa. L’Italia: superato il limite, ma agire in ambito Onu”, “Parigi e Londra premono, Berlino frena, avanti con le ispezioni”. Si riferisce l’opinione del ministro degli esteri Bonino: prima di assumere iniziative in Siria, “bisogna pensarci mille volte”, con una posizione “unanime” nel Consiglio Onu “si potrebbero percorrere strade non necessariamente militari”, “come il deferimento di Assad alla Corte Internazionale”.
La Repubblica riproduce peraltro un forum del presidente Assad con il giornale russo Izvestia. Agli americani dice che falliranno, come in Vietnam, e, sulla prova dell’utilizzo di armi chimiche da parte delle forze governative, risponde: “Hanno detto che l’esercito avrebbe usato il gas in una zona controllata dalla guerriglia. In realtà in questa zona non vi è alcuna linea del fronte netta tra l’esercito e i ribelli. Ma lo stato può mai usare armi chimiche in un luogo in cui sono concentrate le sue truppe? Questo contrasta con la logica”.
Secondo Il Giornale gli Usa avrebbero già deciso: “Attacco già deciso, Obama sta cercando soci”. Secondo il quotidiano “si sta disegnando una Coalizione che nel giro di un paio di giorni, qualsiasi cosa diranno gli ispettori, salvo eventi drammatici, attaccherà Assad. Al centro della coalizione sarà l’asse Obama-Cameron-Hollande. La Turchia è della partita. Martin Dempsey, il capo di stato maggiore americano, si trova in Giordania per tutta la rilevante e significativa parte araba anti-Assad”.
Lo stesso quotidiano offre un intervento di Vittorio Feltri titolato: “L’Italia resti fuori da una guerra inutile”.
Il Corriere della Sera dedica 4 pagine di approfondimento agli scenari e ai protagonisti della crisi in Medio Oriente, con particolare attenzione ad Hebzollah, alle formazioni jihadiste che combattono in Siria, al punto di vista di Israele (con un intervento di Benny Morris), all’acuirsi del conflitto tra sunniti e sciiti. A queste pagine anche una intervista al filosofo statunitense Walzer, che dice. “fino a poco tempo fa ero contrario a un intervento degli Stati Uniti in Siria, ma l’impiego dei gas tossici da parte di Assad non può restare impunito. E’ un terribile crimine contro l’umanità”; “L’obiettivo immediato di una azione militare punitiva è di fare capire a tutti, inclusi i terroristi, che nessuno può utilizzare i gas tossici”; “Fu un grave errore, di cui si vedono oggi gli effetti, il fatto che Saddam ricorse alle armi chimiche nel corso della guerra tra Iraq e Iran”, “se il rais fosse stato punito avremmo evitato analoghe tragedie successive e reso più cauti i regimi dittatoriali dell’Islam”.
Politica
Su Il Giornale l’editoriale di Alessandro Sallusti cita le parole di ieri di Paolo Mieli al Tg3, “ex direttore del Corriere della Sera e faccia buona della sinistra più infida, commentando il calo del titolo Mediaset (-6 per cento) in un giornata di Borsa complessivamente negativa ma non tragica. Sorrideva, Mieli, alla sola idea che dopo tanto tergiversare finalmente si sia trovato il modo di dissuadere il Pdl a togliere la fiducia al governo Letta. Caro Berlusconi – ha detto Mieli – prenditi sto schiaffone e scendi a più miti consigli. Che ha dettagliato: vai agli arresti, decadi da senatore, lascia l’Italia nelle mani nelle mani sicure di Letta e Napolitano. In pratica: togliti dalle palle, altrimenti vedi cosa succede al titolo di Mediaset”.
Ieri comunque Berlusconi ha invitato i suoi a tacere. Lo stesso quotidiano pubblica la nota ufficiale: “In questa situazione di difficoltà per il nostro Paese e di confronto tra le forze politiche, il dibattito all’interno del Popolo della Libertà, che nasce come chiaro segnale di democrazia, viene sempre più spesso alimentato, formato e strumentalizzato dagli organi di stampa. La passione e l’impegno generoso dei nostri dirigenti e dei nostri militanti, anche negli ultimi giorni, vengono riportati e descritti a tinte forti, quasi fossero sintomi di divisione e di contrasto. Perciò invito tutti a non fornire con dichiarazioni e interviste altre occasione a questa manipolazione continua che alimenta la polemica e nuoce a quella coesione interna, attorno ai nostri ideali e ai nostri valori, che è sempre stata il tratto distintivo del nostro Movimento”.
Secondo Emilio Fede, intervistato dal Corriere, “Silvio ha già deciso. Farà i domiciliari ad Arcore”. Secondo Fede, che ha partecipato ad una cena con Berlusconi e pochi familiari il giorno di Ferragosto, Berlusconi ha già deciso di “bere l’amaro calice fino in fondo. Che sia in galera o ai domiciliari”.
Da segnalare su Il Foglio una intervista al leader di Scelta Civica Mario Monti, che “spiega al Foglio la sua visione della pacificazione”. Monti ricorda che la legge Severino è stata votata a larghissima maggioranza anche dal Pdl, nove mesi fa, e che allora “nessuno sollevò obiezioni di costituzionalità”; anzi, “tutti sembravano desiderosi di mostrarsi rigorosi sui criteri di incandidabilità e decadenza”. La condanna di Berlusconi non può essere certo cancellata dal Senato, sottolinea Monti, ma i casi eccezionali vanno affrontati con provvedimenti d’eccezione, e l’ordinamento prevede la possibilità di provvedimenti di clemenza, che Monti afferma di non trovare “a priori scandalosi”, in considerazione del ruolo avuto da Berlusconi nella vita politica italiana.
Su La Repubblica, intervista a Gustavo Zagrebelsky, riassunta nel titolo: “Nessun compromesso, la legge è uguale per tutti, anche per Berlusconi”. Dice Zagrebelsky: “Il Senato, pacificamente, è chiamato a prendere atto della sentenza e delle sue conseguenze e, per questo, ci sarà un voto. Trattandosi di una presa d’atto, l’esito dovrebbe essere scontato, non potendo implicare una valutazione nel merito della sentenza di condanna”.
L’Unità pubblica ampi stralci del documento con cui Gianni Cuperlo presenta la sua candidatura al congresso del Pd: “Cambiare restando noi stessi, ecco la sfida del Congresso” (Cuperlo parla di “rivoluzione della dignità” perché “per troppo tempo il centrosinistra ha aggredito con timidezza lo snodo della uguaglianza”, insiste e collega a questo la possibilità di “promuovere veramente il merito”; respinge l’opzione presidenzialista che “modificherebbe alla radice il nostro impianto costituzionale”; chiede che alcune funzioni di direzione Pd siano collocate stabilmente a Bruxelles perché vi sia più integrazione con le forze progressiste europee e sottolinea che “la leadership non esaurisce la funzione di un partito”, perché il risultato sarebbe la creazione di “comitati elettorali permanenti” e di un correntismo esasperato).
Su Europa Pierluigi Castagnetti (“Perché al Pd è mancata una Bad Godesberg”) riferisce che secondo uno studio recente di Ispos metà degli ultimi elettori Pd ha più di 55 anni, e un terzo ne ha più di 65. Fa sapere ancora Castagnetti attingendo alla ricerca: “Il movimento di Grillo è il primo partito in quasi tutte le segmentazioni dell’elettorato, compresi gli operai (29 per cento contro il 20 del Pd e il 24 del Pdl), i disoccupati (33 per cento contro il 18 del Pd e il 25 del Pdl) gli studenti (37 per cento contro il 23 del Pd e il 25 del Pdl). Il Pd è il primo partito (37 per cento) solo tra i pensionati”. Per Castagnetti i dati si spiegano con il fatto che il Pd, nel suo complesso, viene visto come un pezzo di storia, nobile ma ormai passata. La modernità sembra pretendere la priorità del linguaggio della concretezza e la conoscenza dei problemi: “Le socialdemocrazie nord europee, quella tedesca, il laburismo britannico, godono della libertà di parlare di Neue Mitte o di New Welfare senza aprire dibattiti su presunti cedimenti ideologici o accuse di tradimento, semplicemente perché si pongono solo il problema di interagire più efficacemente con i dati della realtà. Non è pragmatismo, è senso della realtà”.
E poi
Il 28 agosto del 1963 Martin Luther King tenne un discorso che – come ricorda Furio Colombo su Il Fatto – “ha fatto la storia” (“I have a dream”). Colombo ricorda quei giorni e le volte in cui ha incontrato Martin Luther King. Fino al tempo in cui, nel 1965, il premio Nobel per la pace dovette consegnarsi alla prigione di Birmingham per scontare una sentenza che lo condannava a due mesi di carcerazione.
Ricorda questa ricorrenza anche Dino Cofrancesco su Il Giornale: in quel discorso fece sì che Martin Luther King incarnasse il pensiero di Locke, Montesquieu e Mill. Chiese uguaglianza di fronte alla legge, oggi invece i movimenti vogliono raddrizzare le ingiustizie della storia e della natura con provvedimenti ad hoc.