Le aperture
Il Corriere della Sera: “‘Lavoriamo per salvare la Ue’. Parigi vuole gli eurobond. Obama chiama Monti: l’Italia aprirà i lavori del G8. Pil giù, lo spread sale a 440.Vertice Merkel-Hollande: misure per lo sviluppo”. A centro pagina: “Dimissioni di Zoppini, sotto inchiesta per frode fiscale. Sottosegretario indagato: ‘Chiarirò, ma ora lascio'”.
La Repubblica: “Merkel a Hollande: salvare la Grecia. Atene nel dramma, deve rivotare. Spread a quota 450. Bufera su Moody’s. Il presidente francese al primo vertice con la Cancelliera. ‘Fatti tangibili per la crescita’. Giù le Borse, Milano perde il 2,5 per cento'”. A centro pagina: “Corruzione, il veto Pdl affossa la legge. Annacquato anche il giro di vite sul falso in bilancio. Pd e Idv protestano: ‘Una vergogna’”.
Il Sole 24 Ore: “La Grecia spaventa l’Europa. Borse in caduta, spread a 439. Merkel: Atene rimarrà nell’euro. Hollande: ora gli eurobond. Fallito l’estremo tentativo di formare un governo. Atene torna al voto in giugno. Piazza Affari -2,56 per cento, scende l’Euro. Obama e Monti: più sforzi per la crescita”. L’editoriale, firmato da Adriana Cerretelli, è titolato: “Se ‘Grexit’ non è più tabù”.
La Stampa: “Caos Grecia, l’Ue corre ai ripari. Niente intesa, nuove elezioni. Borse a picco, Milano -2,5 per cento. Spread a 440. Vertice Hollande-Merkel. La Cancelliera: spero che Atene resti nell’euro. Il Pil italiano crolla: nei primi tre mesi -0,8 per cento. Monti al telefono con Obama prepara il G8 e rinuncia all’affondo sulla crescita”. A centro pagina: “Banche, rivolta contro Moody’s”, che le ha declassate due giorni fa. “L’Abi attacco dopo l’ultimo declassamento di 26 istituti di credito: un’aggressione all’Italia”.
Il Foglio: “La Grecia vota di nuovo con lo spettro della dracma e del diktat Ue. A giugno Atene torna alle urne, il Fmi ‘pronto a tutto’. La guerra alla troika e i danni dell’uscita dall’Eurozona”. In prima pagina il quotidiano si sofferma sul pranzo previsto oggi tra Monti e Berlusconi: “Tra il Cav coalizionista e Monti c’è qualche malumore da digerire. Previsto oggi l’incontro. Un mese fa saltò. Ora stessi problemi: giustizia, riforma elettorale e incubo greco. L’ombra del processo Ruby”.
Europa: “Fulmine tedesco, grandine greca, euro nella bufera”. “Niente governo ad Atene, si torna alle urne. Allarme dei leader, Europa con il fiato sospeso”.
Il Giornale: “Dio li fulmina. La maledizione dell’euro. La Grecia torna al voto: lo spread schizza. Hollande vola dalla Merkel e un lampo colpisce il suo aereo. I prof ci tassano, poi frodano il fisco. Si dimette un sottosegretario”.
Libero: “Gli evasori fiscali sono al governo. Indagato per frode, si dimette il sottosegretario alla Giustizia Zoppini. Monti porta via soldi pure ai disabili: sopra i 15 mila euro, niente assegno”.
Europa, Grecia
Su La Stampa si ricorda che la Grecia va verso nuove elezioni “in pochi giorni”, com eha detto ieri il leader del Pasok Venizelos, che ieri ha accusato nuovamente Syriza di Alexis Tsipras di “cinismo”, per aver messo i propri interessi al di sopra di quelli nazionali. Il suo partito potrebbe diventare il primo partito del Paese, ma sarebbe comunque complicato mettere insieme una coalizione, vista l’insanabile spaccatura che caratterizza il panorama politico ellenico a sinistra. Si ricorda anche che la Grecia è un paese praticamente privo di materie prime, molto dipendente dalle importazioni (80 o 90 per cento dell’energia e dei beni alimentari vengono da fuori). Se l’uscita dall’euro e il default fossero di modello “argentino”, la dracma di svaluterebbe almeno del 60 per cento e il governo sarebbe costretto ad un immediato blocco dei capitali per tamponare il tracollo. A quel punto i greci si ritroverebbero in mano carta straccia per pagare debiti, mutui, rate. Lo Stato non potrebbe ulteriormente indebitarsi e dovrebbe battere altra moneta, facendo salire l’inflazione. La Bce chiuderebbe i rubinetti, molte banche nazionali fallirebbero. Secondo studi riservati dell’istituto internazionale di finanza, citati dal Wall Street Journal, l’uscita della Grecia costerebbe 1000 miliardi. Ma è altrettanto spaventoso il costo per ogni greco, secondo stime Ubs: tra 9500 e 11500 euro il primo anno, poi tra i 3 mila e i 4 mila euro. Senza contare i riflessi sull’Italia e sulla Spagna.
Il Sole 24 Ore utilizza l’espressione “grexit” ovvero in gergo l’uscita della Grecia dall’Euro, finora un tabù intoccabile. Del resto il presidente dell’eurogruppo Juncker ha detto: “Nessuno ne ha parlato alla riunione. Non lo prevedo neanche per un secondo, è un nonsenso, pura propaganda”. Ma già circolano stime approssimative dei costi del divorzio: proibitivi per Atene, salatissimi per tutti. Per la Germania dagli 85 ai 100 miliardi, in Francia ben oltre i 50, per l’intera area euro c’è chi parla di 1000 miliardi, senza contare i costi politici. La convocazione di nuove elezioni in Grecia in un attimo ieri ha fatto crollare le Borse, salire gli spread, scendere l’euro rispetto al dollaro. E non poteva essere altrimenti, quando l’Europa, “invece di offrire speranza ai greci sbandati nell’estremismo politico, ma in maggioranza (75-80 per cento) ansiosi di restare nella moneta unica, si limita a ripetere il suo gelido ritornello: le nostre condizioni sono chiare, sta a voi decidere se rispettarle e, quindi, se restare o no nell’euro”. Intanto ieri Hollande è volato a Berlino per cercare di convincere la Cancelliera Merkel che – come ha detto – la crescita deve tornare in Europa insieme a una maggiore solidarietà di fronte alla preoccupante situazione della Grecia, e il quotidiano auspica che prevalga il buonsenso, oscurando la logica degli egoismi nazionali. Se ne riparlerà al vertice di Bruxelles il 23 maggio, non sarà facile, ma in campo non c’è solo Hollande, poiché anche Mario Monti sta facendo la sua parte: ma se la Germania della Merkel non ritrova “la saggezza del vecchio europeismo tedesco” finirà per trascinare “non la Grecia ma tutta l’Unione nel baratro”.
Un’altra analisi del Sole 24 Ore offre domande e risposte sulle conseguenze drammatiche che si prevedono se la Grecia uscisse dall’euro. L’uscita dall’euro significherebbe anche per Atene rinegoziare i proprio rapporti commerciali con gli ex partner e la porterebbe di nuovo in default, visto che non sarebbe in grado di rimborsare i prestiti ricevuti da Ue, Bce e Fmi, e andrebbe comunque incontro al collasso del sistem abancario, che lascerebbe le aziende senza liquidità. C’è poi un rischio contagio che riguarderebbe Irlanda, Portogallo, Spagna e Italia: i risparmiatori degli Stati in crisi di debito innescherebbero una fuga di capitali che metterebbe alla frusta il sistema bancario europeo, già colpito da una grave crisi di fiducia, con corsa ai beni rifugio classici come Bund, oro, franco svizzero.
Proprio ieri il direttore generale del Fondo Monetario Internazionale, Christine Lagarde, ha parlato di una “uscita ordinata” della Grecia dall’euro: “Sarebbe straordinariamente costosa e presenterebbe grandi rischi, ma fa parte delle opzioni che siamo obbligati a considerare tecnicamente”. L’eventualità ha già spaventato i greci: come ha detto ieri il presidente Papulias, i correntisti hanno ritirato dalle banche depositi per 700 milioni di euro. L’Ue spera che alle elezioni ci sia una ripresa dei conservatori e dei socialisti del Pasok: se riescono ad arrivare ad un premio di maggioranza di 50 seggi potranno arrivare ad un esecutivo di unità, obiettivo mancato per soli due seggi, a quota 149 su 300. Ma gli ultimi sondaggi danno il partito della sinistra radicale di Syriza come prima formazione nel Paese (120 seggi), e nessun recupero dei due partiti storici.
Da La Repubblica, un reportage da Atene: “‘Non moriremo per Bruxelles’, e la sinistra radicale conquista i greci. Banche prese d’assalto: ritirati 700 milioni in un giorno”. Anche questo quotidiano dà per certo che il 38enne carismatico leader di Syriza, Alexis Tsipras, che guida la sinistra radicale anti-austerità e che alle ultime elezioni ha quadruplicato i voti, sia il grande favorito della nuova campagna elettorale: data probabile delle elezioni, 10 o 17 giugno. Tsipras rafforzerà con ogni probabilità la sua posizione come stella polare del fronte anti-euro, composto da quella che la Repubblica definisce “armata Brancaleone” che va dalla sinistra più frammentata d’Europa (ad Atene ci sono 4 partiti comunisti) fino alla destra nazionalista degli indipendentisti greci, e ai filonazisti di Alba dorata. Sono uniti da una sola cosa, cancellare il memorandum imposto dalla trojka in cambio di 130 miliardi di aiuti. Tsipras è convinto che la Ue, pur di non far tornare Atene alla dracma, sarà costretta a venire a patti dopo le elezioni per non far crollare tutto il continente. E conta su un “aiutino” di Hollande. I conservatori di Nuova democrazia, invece, sperano nel calo dell’astensione, che era arrivata al 35 per cento, e in un effetto Tsipras al contrario: il timore di un trionfo di Syriza potrebbe ridurre la dispersione dei voti a destra, consentendo ai conservatori di rimanere il primo partito.
Sullo stesso quotidiano, segnaliamo un riquadro dedicato alle rivelazioni del quotidiano greco Ta Vima, che è andato a curiosare in alcuni seggi della circoscrizione di Atene, in particolare in quelli vicini alle caserme della polizia. In tutti 17, Alba d’oro ha ottenuto da un minimo del 18.6 ad un massimo del 23,6, il che significa che – essendo gli uomini in uniforme nei seggi solo il 30 per cento – più o meno la metà di loro ha scelto Alba d’oro.
Il Corriere della Sera intervista Paul Kennedy, britannico, docente di relazioni internazionali a Yale. L’uscita della Grecia dall’euro sarebbe un suicidio economico? “La danneggerebbe, ma solo inizialmente. Poi la aiuterebbe. I mercati la danno quasi per certa, è il motivo per cui l’euro è sceso al minimo dell’anno, 1,28 rispetto al dollaro”. Secondo Kennedy “sarebbe meglio che Paesi deboli, come la Grecia e il Portogallo, che non erano in grado di abbracciare l’euro, lo abbandonassero, e sarebbe meglio che Paesi come l’Italia e la Spagna fossero maggiormente sorretti: l’Unione ne ha i mezzi tecnici”.
Barbara Spinelli, che firma un commento su La Repubblica, scrive che “Tsipras non vuuole uscire dall’euro, né dall’Unione. Chiede un’altra Europa, esattamente come Hollande. Sa che l’80 per cento dei greci vuol restare nella moneta unica, ma non così”. Tuttavia “nessuno vuol scottarsi” interloquendo con Syriza, neppure “Hollande ha voluto incontrarlo”, come furono inascolate le parole di Papandreu, quando chiedeva che “europeizzare” la crisi del suo Paese, perché solo così si sarebbe trovata la soluzione. “Il non detto dei nostri governanti è che la cacciata di Atene non sarà solo il frutto di un suo fallimento. Sarà un fallimento d’Europa, una butta storia di volontaria impotenza”.
La Stampa racconta dell'”accerchiamento” della cancelliera Merkel tessuto in questi mesi dai socialdemocratici tedeschi e socialisti francesi: la Spd a Berlino ha illustrato le proposte per riportare l’Europa fuori dalla crisi. E’ il frutto di un intenso scambio tra il leader Spd Sigmar Gabrile e Jean-Marc Airaud, il nuovo premier francese. A lui, peraltro, il quotidiano dedica un ritratto. Ex capogruppo dei socialisti alla assemblea nazionale, rappresentante dell’ala moderata del partito, parla tedesco. Figlio di operai, arriva ai vertici della République senza nessuna esperienza governativa, e senza aver mai frequentato le grandi scuole parigine che preparano le grandi élites francesi. Insegnante di tedesco, è visto come il mediatore ideale con Berlino. E’ stato sindaco di Nantes, è un fedelissimo di Hollande, di educazione cattolica, ha mosso i primi passi nel movimento rurale della gioventù cristiana, prima di aderire al partito socialista nel 1971.
In Italia
Il sottosegretario alla giustizia Andrea Zoppini, indagato, ha offerto le proprie dimissioni. Spiega La Stampa che è rimasto “impigliato” in una vicenda che coinvolge l’imprenditore Corrado Giacomini, re della rubinetteria, ora in carcere. Zoppini ne è stato consulente. Che fosse indagato l’ha reso noto lui stesso, all’atto delle dimissioni: “Sono stato raggiunto da una informazione di garanzia con riguardo a vicende di cui mi sono occupato professionalmente alcuni anni fa. Ho piena fiducia nell’operato della magistratura”, “ritengo però che la situazione che si è creata sia oggettivamente incompatibile con la funzione di sottosegretario al ministero della giustizia”. Zoppini da 13 anni ordinario all’Università di Roma 3, era stato consigliere giuridico della Presidenza del consiglio con Enrico Letta, e poi confermato come consigliere del sottosegretario Gianni Letta.
Secondo Il Corriere della Sera i pm della procura di Verbania ipotizzano che Zoppini abbia aiutato gli imprenditori del novarese a realizzare una frode fiscale transnazionale, ricevendo compensi in nero su conti esteri.
La Repubblica parla anche delle accuse che hanno portato al rinvio a giudizio di Mario Landolfi, parlamentare Pdl, ex ministro e numero 2 del Pdl in Regione. L’accusa è concorso in corruzione e truffa, avrebbe favorito il clan camorristico dei casalesi, padroni della raccolta rifiuti nel casertano. Landolfi avrebbe corrotto un consigliere comunale di Mondragone: lo avrebbe invitato a dimettersi, offrendogli in cambio un posto di lavoro per la moglie nel consorzio ‘Eco4’ (smaltimento rifiuti nel casertano, pesantemente infiltrato dai casalesi) e un posto nella futura giunta comunale.
Il Corriere spiega che convincendo a dimettersi il consigliere un mese prima della scadenza del mandato, si evitava lo scioglimento di quel comune dove – secondo l’accusa – pesanti erano le infiltrazioni del clan camorristico La Torre.
La vicenda – ricorda La Repubblica – risale al 2004. I due amministratori della Eco4, Michele e Sergio Orsi, sono stati condannati per associazione camorristica. E proprio le dichiarazioni di Michele Orsi, poi ucciso dai killer, avrebbero fatto emergere che Landolfi sarebbe stato uno dei principali punti di riferimento del sistema, insieme all’ex sottosegretario Nicola Cosentino. Le accuse sarebbero state confermate da un altro collaboratore di giustizia, Gaetano Vassallo del clan dei Bidognetti. Landolfi, per parte sua, si difende, dice che “non c’è una sola prova”, che la stessa Camera aveva definito l’inchiesta “gracile e malferma”, ricorda di aver acconsentito all’uso delle intercettazioni, al punto di averle pubblicate lui stesso su Facebook. Landolfi cita anche una informativa della Finanza del 2009, dalla quale si evince che non è stata assunta grazie a lui l asignora poi impiegata nel consorzio Eco4.
La Repubblica parla di “show” delle Br, che dicono “è l’ora della violenza” al processo in appello delle nuove Br del Partito comunista politico militare. Sono le frange che avevano tra gli obiettivi anche il giuslavorista Pietro Ichino, prima di essere smantellate nel 2007 dalla operazione “Tramonto” dal procuratore aggiunto Ilda Boccassini, a Milano. La Stampa ricorda che il processo è ripartito dopo che la Cassazione aveva espresso dubbi, annullando in primo grado, sulle finalità terroristiche della organizzazione: la sentenza di secondo grado, nel 2010, si era conclusa con la condanna di 13 persone a pene tra i 10 e i 14 anni. I nuovi giudici dovranno stabilire la reale natura dell’organizzazione che -secondo i difensori – è “sovversiva ma non terroristica”. Le nuove Br hanno inneggiato agli attentatori del manager Ansaldo Adinolfi a Genova, tra gli applausi degli “antagonisti”, e l’aula è stata sgomberata. “Il sistema borghese è agli sgoccioli”, ha detto uno dei detenuti, Claudio Latini. Il Corriere racconta che in due documenti scritti a mano in carcere e letti prima che la Corte sospendesse l’udienza, gli imputati hanno lamentato come la presenza “politico-militare comunista abbia perso colpi”. “Si vive ormai una fase di crisi gravissima, dove la lotta armata è condotta da gruppi anarchici o – nelmigliore dei casi – da ‘anarco-comunisti'”, sempre esposti a derive “spontaneiste o nichiliste” che “non possono portare da nessuna parte”. Tuttavia nel documento si legge che chi sta in carcere è “colpito dalla capacità di queste aree di inserirsi nel movimento attuale, e diventare fermenti attivi, come è avvenuto per esempio rispetto a no Tv. Può darsi che abbiamo qualcosa da imparare anche da loro?”. E si ribadisce: “Solo con le armi si sovvertono i poteri”.
Su La Repubblica si riferisce del giudizio del centro sociale torinese Askatasuna sugli attentatori di Adinolfi a Genova: gli autori sono vittime della spettacolarizzazione dei media, “gente che si guarda l’ombelico pensando di fare altro, e magari se lo guarda in televisione”, “l’episodio di Genova non ha connessione con le lotte della val di Susa e del resto d’Italia, da Napoli a Termini Imerese”, chi ha ferito il dirigente Ansaldo è “una vittima dell’individualismo esasperato”. Insomma, sono autistici e narcisisti, nemici.
Anche sul Corriere si dà conto del dibattito interno all’area antagonista sugli sparatori di Adinolfi: anarchici e libertari genovesi dicono che “la gambizzazione è un atto intimidatorio e crudele che eticamente non ci appariene, mentre riteniamo i vari attacchi ad Equitalia, compiuti dagli sfruttati in questi giorni, una battaglia molto più che condivisibile, fondamentale”.