Rialzo e tonfo delle Borse

Il Corriere della Sera: “Mercati, tensione sull’Italia”. “Male la Borsa di Milano, sale lo spread. Palazzo Chigi: contagio? Allarmi ingiustificati”.

La Repubblica: “Giù le Borse, Italia nel mirino. Gli aiuti alla Spagna non convincono i mercati. Spread oltre quota 470”.

Anche per La Stampa “l’Italia finisce sotto tiro”.

Libero si riferisce ai dati diffusi dall’Inps ieri: “Esodiamo Monti. L’Inps certifica: le vittime dell’errore nella riforma delle pensioni sono 400 mila. Intanto il Pil precipita, la spesa pubblica sale, lo spread corre e le partite Iva muoiono. Che altro deve succedere?”.

L’Unità: “Esodati, la bugia di Fornero

Spagna

Il Sole 24 Ore ricorda che sabato scorso l’eurogruppo si è detto pronto a mettere a disposizione della Spagna fino a 100 miliardi di euro. Il ministro delle finanze spagnolo ha annunciato che la richiesta ufficiale del governo arriverà appena saranno chiare le necessità di ricapitalzzazione delle banche spagnole, visto che il sostegno alla Spagna sarà limitato agli istituti di credito. L’eurogruppo non vuol collegare gli aiuti a nuove misure di austerità ma – secondo il quotidiano – intende imporre comunque condizioni al governo, in vista di una ristrutturazione del settore creditizio. Tali condizioni non sono ancora chiare. La Repubblica sottolinea che la cifra che verrà  effettivamente stanziata andrà comunque a gravare sul debito pubblico spagnolo, poiché sarà questo a doverne garantire la restituzione con gli interessi. Il quotidiano sottolinea che se i parlamenti nazionali ratificheranno entro luglio il Trattato che istituisce il nuovo fondo salva stati – European Stability Mechanism – non ci saranno ricadute contabili sulle finanze dei Paesi impegnati nel salvataggio, poiché il nuovo fondo agisce come un istituto finanziario: viene cioè capitalizzato dai Paesi membri dell’eurozona, che ricevono in cambio quote del fondo.
Luigi Zingales, sul Sole 24 Ore, è critico sulle modalità scelte dall’Europa di venire in soccorso delle banche spagnole: invece di assicurare i depositi e introdurre una procedura europea di amministrazione controllata delle banche in crisi che liquidasse le banche inefficienti, si è preferito firmare un assegno in bianco alla Spagna, che si trova così libera di coprire con i soldi europei gli errori delle sue banche. Il professor Zingales spiega poi dettagliatamente la struttura del sistema bancario spagnolo prima della crisi, diviso tra tre grandi banche (Santander, BBVA, Caixa di Barcelona, e il resto). Una miriade di piccole casse di risparmio locali, che ricordano le nostre prima della riforma Amato. E come per le nostre vecchie casse di risparmio, quelle spagnole erano appannaggio dei politici locali. Hanno cavalcato con gioia la bolla immobiliare iniziata con l’entrata della Spagna nell’euro; i prezzi delle case in continua ascesa avevano eliminato qualsiasi freno alle clientele politiche e i prestiti venivano fatti solo per amicizia, poiché si guadagnava comunque. Poi esplose la bolla immobiliare e si tentò di coprirla con la tecnica “extend and pretend”, ovvero allungando le scadenze sui prestiti e facendo finta che il creditore fosse ancora solvente. Per fronteggiare la crisi si favorì la fusione tra casse di risparmio, nel 2010 si formò Bankia, unione di ben sette casse di risparmio. E per le banche la strategia fu diventare così grandi da assicurarsi un supporto politico: nei consigli di amministrazione non esperti bancari, ma uomini politici. Oggi Bankia è troppo grande per lasciarla fallire, troppo grande il buco di bilancio, e quindi in soccorso deve arrivare l’Europa. Il salvataggio, così come è congegnato, non solo è sbagliato da un punto di vista economico ma anche da quello politico: “conferma i peggiori pregiudizi della gente che ci sia una Europa delle banche con diritti diversi dall’Europa della gente”.
Il Foglio evidenzia come l’economista neokenesiano Krugman abbia avvicinato il prestito dei 100 miliardi alle banche spagnole al programma Tarp messo in campo dagli Usa per salvare le loro banche (700 miliardi di dollari). Ma lo stesso Krugman è convinto che questa mossa non possa restituire occupazione e competitività all’economia di Madrid. Il quotidiano intervista Marco Onado, ordinario di diritto ed economia dei mercati finanziari. Dice che “il Tarp risale al 2008, mentre l’Europa per tamponare le perdite degli istituti di credito iberici ha atteso il 2012”. Insomma, il fattore tempo è cruciale, l’amministrazione Bush lo approvò quattro anni fa, mentre in Europa “le varie gelosie nazionali hanno impedito una soluzione che fosse allo stesso tempo tempestiva e uniforme”. Oltre al fattore tempo, si dubita della volontà spagnola di ripulire i bilanci delle banche e cambiare le regole. Dice Onado: “Oggi le autorità europee dovrebbero esigere che – in cambio degli aiuti – le banche accettino la vigilanza comune europea perché i governi nazionali non possono minimizzare le difficoltà”.
Europa scrive che per certi versi quello spagnolo può esser definito come il primo salvataggio dell’era Hollande: c’è, insomma, la “manina di Parigi” e l’intesa è frutto della mediazione del ministro dell’economia francese Moscovici, braccio destro del nuovo presidente. Francia e Germania sono le più esposte con l’economia spagnola, con Berlino che detiene più di 100 degli stimati 300 miliardi di crediti tossici delle banche spagnole, oltre ad essere il primo esportatore di prodotti finiti verso Madrid. La Francia ha fatto leva sulla paura che si fa largo in Germania, con la ferma intenzione politica di modificare l’approccio europeo, per andare verso la “socializzazione del debito” e l’armonizazzione delle politiche fiscali”, che Hollande ritiene condizioni necessarie (ma non sufficienti) per salvare l’Unione. Strano destino per il premier spagnolo Rajoy, che aveva appoggiato la rielezione di Sarkozy, chiosa Europa.

Monti

Il quotidiano Il Foglio  commenta lo scambio di lettere tra Scalfari e Monti su La Repubblica. Critica la lettera del premier che ha lodato il “bell’editoriale” del fondatore de La Repubblica, che “sosteneva che alcuni dei principali collaboratori del capo dell’esecutivo e ministro del Tesoro” sono “più o meno dei poco di buono”. Giuliano Ferrara scrive che il testo firmato dal premier “in risposta ad accuse solforose, non argomentante se non con insinuazioni e sillogismi sghembi” “sa di paura, di remissività, di subalternità”.

Pensioni

Sul Corriere della Sera si ricostruisce la notizia diffusa ieri dalla agenzia Ansa secondo cui l’Inps, in una sua relazione, stima un numero complessivo di potenziali lavoratori “esodati” di 390.200 persone. I lavoratori ammessi al pensionamento con le vecchie regole che si trovano già fuori dal lavoro sono 65 mila. L’Inps, scrive il quotidiano milanese, ha smentito la notizia due ore dopo la sua uscita: “L’Inps non ha fornito stime diverse e ulteriori rispetto al tema dei ‘salvaguardati”, dice la smentita. In serata il ministro del lavoro Fornero ha chiamato “a rapporto” il presidente dell’Inps Mastrapasqua insieme al direttore generale Nori, ha ribadito la correttezza del suo decreto ed ha ribadito di essere consapevole che il provvedimento sui 65 mila non esaurisce la platea di persone interessate.
Il Sole 24 Ore entra nel dettaglio della relazione Inps, che è stato “messa a punto dal servizio statistico e attuariale” dell’istituto il 22 maggio scorso. Secondo questa relazione, oltre ai 65 mila “salvati” dal decreto Fornero ci sarebbe una platea di altri 325200 esodandi, cioé persone agganciabili a quel decreto e in condizione dunque di andare in pensione con le vecchie regole. Ad alimentare questa platea sarebbero soprattutto le persone in prosecuzione volontaria, che secondo il governo sono 10250 e seconjdo l’Inps sono 133 mila. Si tratta dei nati dopo il 1946 autorizzati ai versamenti su base volontaria, l’ultimo de quali prima del 6 dicembre 2011. Molti di questi però – autorizzati ai versamenti volontari – avrebbero versamenti “prossimi allo zero” e dunque non potrebbero utilizzare le misure salva-esodati. Gli altri lavoratori sarebbero i “cessati”, cioé coloro che per dimissioni o licenziamento hanno smesso di lavorare tra il 2009 e il 31 dicembre 2011. Per il governo sono 6890, perché nel decreto sono conteggiati solo coloro che vanno in pensione nei prossimi 24 mesi. Per l’Inps sono 180 mila (è il totale dei lavoratori con più di 53 anni rimasti senza nuova occupazione).

Internazionale

La Repubblica, alle pagine R2, si occupa con un reportage di Egitto, e precisamente della capitale Il Cairo: nel quartiere-discarica di Mansheya, 60 mila copti vivono riciclando i rifiuti della metropoli. Dice a Vincenzo Nigro Padre Saamaan: “Il regime negli anni ci ha sempre tenuto ai margini, quando serviva ci hanno utilizzato contro gli integralisti, per il resto non ci hanno mai aiutato”. Spiega poi che “Mubarak non ha mai aiutato i cristiani, non voleva farlo vedere ai musulmani d’Egitto o semplicemente non voleva”. Sabato 16 si vota per il ballottaggio delle elezioni presidenziali. Chi sceglieranno i copti tra l’ex generale ed ex ministro di Mubarak Shafik e il candidato dei Fratelli Musulmani Morsi? Risponde padre Saamaan: “Prima del voto del 24 maggio tutti i leader sono venuti da noi a chiederci il voto. E’ venuto Shafik, è venuto Moussa. Noi chiediamo una sola cosa: non vogliamo un Paese confessionale, un Egitto di una sola religione. Vogliamo equilibrio e rispetto tra cristiani e musulmani”. Voteranno Ahmed Shafik, “le garanzie che ci dà questo candidato sono più forti dei ricordi del passato, il timore che l’Egitto possa prendere una via sbagliata porta i cristiani a fare questa scelta: Shafik difenderà gli interessi di tutto il Paese”. Citano la proposta di legge avanzata da un deputato dei Fratelli Musulmani: il corpo della moglie appartiene al marito per sei ore dopo la morte. Nell’inserto anche una analisi di Thomas Friedman: che ne è stato della rivoluzione via Facebook? “E’ davvero triste che gli egiziani debbano scegliere tra un candidato che è rimasto fermo al 1952 (anno in cui l’esercito prese il potere) e uno che vive ancora nel 622, quando il profeta Maometto fondò l’Islam. E’ sul ruolo dei social network Friedman riferisce l’opinione di un amico egiziano di vedute liberali: ha aiutato moltissimo le persone a comunicare, ma non a collaborare, poiché la politica è leadership e capacità di ottenere risultati. E da questo punto di vista l’esercito e i Fratelli Musulmani si sono dimostrati “decisamente più efficaci della generazione Facebook, formata da progressisti secolari e islamisti moderati”. I candidati di questa fazione infatti, pur ottenendo nel primo turno più voti di quelli ricevuti complessivamente da Morsi e Shafik, non sono riusciti ad arrivare al ballottaggio perché in concorrenza gli uni con gli altri e incapaci di aggregarsi attorno a una linea comune. Ed avrebbero potuto imparare l’importanza della leadership prendendo esempio dal partito islamico turco dell’Akp, che ha trasformato la Turchia in una potenza economica, sebbene abbia fatto piazza pulita della magistratura indipendente ed abbia intimidito la stampa nazionale.
La Stampa si occupa della paradossale vicenda che ha coinvolto 4 membri di una delegazione del Tribunale Penale dell’Aja, agli arresti in Libia con l’accusa di aver “minacciato la sicurezza nazionale”. Avevano chiesto di poter verificare le condizioni del figlio di Gheddafi, Saif Al Islam, detenuto della brigata Zintane, che non intende mollarlo, in barba al diritto internazionale. La stessa Corte penale dell’Aja aveva spiccato nei confronti di Said un mandato di cattura per crimini di guerra. Ma quando giovedì scorso la Corte ha inviato una delegazione, dopo voci di percosse ed umiliazioni ai suoi danni, la risposta è stata l’arresto, e da cinque giorni l’Aja non riesce a contattarlo.La Brigata Zintane racconta csì la sua versione: l’avvocato australiano Melinda Taylor, che faceva parte della delegazione, avrebbe portato con se una traduttrice ma, alla perquisizione, le sarebbe stata trovata addosso anche una piccola videocamera.

E poi

Un dossier de L’Unità intitolato “Piace agli Usa la sanità stile Obama” evidenzia che ieri uno dei più grandi gruppi assicurativi degli Usa, United Healthcare, ha annunciato che, qualsiasi sia il verdetto della Corte Suprema chiamata ad esprimersi sulla costituzionalità della riforma sanitaria di Obama, manterrà alcune garanzie contenute nella legge. I nove milioni di assicurati questa compagnia continueranno ad usufruire della medicina preventiva, potranno continuare ad iscrivere nella loro polizza i figli entro 26 anni, non potranno essere scaricati quando si ammalano, a meno che non abbiano mentito, e non avranno un tetto massimo di spese da farsi rifondere.
Alle pagine della cultura del Corriere della Sera la riflessione di Paolo Mieli su come la sinistra italiana affrontò la vicenda dei due scrittori sovietici del dissenso, Andrej Sinjavskij e Yuli Daniel, condannati per delitti di opinione nel 1966. Ben pochi letterati progressisti si schierarono a favore dei perseguitati, su L’Unità Mario Alicata difese l’Urss, lo stesso fece Giancarlo Pajetta, mentre Renato Guttuso attaccò la “speculazione” dell’Occidente. Il Pen club promosse un manifesto internazionale a favore dei due scrittori, in Italia aderirono Ignazio Silone, Alberto Moravia, Italo Calvino. Particolarmente impegnato a favore dei due dissidenti fu Arrigo Benedetti su L’Espresso. Guadagnandosi una risposta durissima di Alicata: “Lasci questo triste mestiere a chi – come Silone per esempio – è da tempo professionista in questo campo. E dorme sonni beati quando – e capita tutti i giorni – gli Stati “liberali” e “democratici” (come l’America e il Belgio, per esempio) ammazzano a man salva, a casa propria e fuori, chi si azzarda a criticare il sistema. Sulla stessa pagina, Antonio Carioti recensisce il volume dedicato al piano del lavoro lanciato nel 1949 dal leader della Cgil Giuseppe Di Vittorio. Una ipotesi di programmazione economica ben presto accantonata.

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