Il Corriere della Sera: “Finmeccanica, indagato Scajola. Spunta una tangente da 550 milioni in una trattativa con il Brasile. L’ex ministro accusato di corruzione internazionale. Intercettato anche Berlusconi. Gli affari con Putin”. Di spalla: “Niente più carcere per i giornalisti. Ma super sanzioni. Diffamazione, nuovo testo in Aula”. A centro pagina: “Grilli: benefici quasi per tutti. Bersani attacca: non ci risulta”.
La Repubblica: “Le tangenti di Finmeccanica. Versati 18 milioni al presidente panamense. In carcere Pozzessere, accuse anche al senatore Pdl Caselli. Le telefonate di Berlusconi”. “Mazzette su elicotteri e armi: arrestato manager, indagato Scajola”. A centro pagina: “Obama vince l’ultimo duello ma Romney è ancora in testa”.
La Stampa: “Manovra, scontro Grilli-Bersani. Oggi vertice decisivo nei confronti di Monti: il Pd chiederà l’azzeramento. Il governo studia detrazioni solo per i lavoratori dipendenti. ‘Benefici al 99 per cento’. ‘No, falso’. Napolitano: niente retromarcia sul rigore”.
Il Sole 24 Ore: “Si riapre il dossier sul Fisco. Via il tetto sulle detrazioni. Bankitalia: meno tasse e spesa, nuovi interventi in primavera. Avanza una clausola di salvaguardia sul’Iva. Grilli: manovra equa, vantaggi per il 99 per cento dei contribuenti”. Di spalla: “Arrestato manager di Finmeccanica. Indagato Scajola”.
Libero: “Tolgono i soldi ai ciechi per far giocare la Melandri”. Si parla di un “regalo” contenuto nella legge di stabilità, che “taglia fondi a tutti (compresi gli altri enti culturali)” e concederebbe 4 milioni di euro del ministero dei Beni culturali al MaXXI alla cui presidenza è appena arrivata la Melandri.
Il Giornale: “Casta, l’ultima furbata. No al carcere ma sì all’ergastolo professionale per i giornalisti. E i giudici definiscono Sallusti un delinquente”. “La follia delle toghe distrugge la Protezione civile: si dimettono tutti i sismologi”. A centro pagina il quotidiano parla delle primarie del centrosinistra: “Napolitano in segreto fa il tifo per Renzi. Da Mazzi a Ranieri, gli uomini del Colle sono tutti per il giovane rottamatore. Che ricorre al Garante contro le primarie Pd”.
L’Unità: “Renzi passa alle vie legali”. Il quotidiano riferisce della “polemica nel Pd: ‘ormai non ha più argomenti’”. Di spalla le presidenziali americane: “Ultimo round a Obama: ‘Avrei sparato a Bin Laden’”.
Europa: “Primarie in carta da bollo, Renzi passa dalla ‘fiducia in Bersani’ agli avvocati”.
Finmeccanica
Il Sole 24 Ore scrive che “in attesa della procura di Busto Arsizio, arriva da Napoli un’altra bordata giudiziaria contro Finmeccanica, e non sarà l’ultima. Ieri è stato arrestato Paolo Pozzessere, ex direttore commerciale e oggi senior advisor per la Russia, Iscritto nel registro degli indafgati per corruzione Claudio Scajola (Pdl). Avviso di garanzia per Massimo Nicolucci (Pdl)”.
L’indagine è coordinata dal procuratore aggiunto Francesco Greco e dai pm Woodcock e Piscitelli, e nasce dagli accertamenti su Walter Lavitola, dai suoi rapporti con Berlusconi, dai suoi affari con Panama. L’inchiesta riguarda proprio la fornitura di armi ed elicotteri di Selex, Telespazio e Agusta al governo di Panama. L’ex ministro risulta indagato sulle forniture di Finmeccanica in Brasile. Altri filoni riguardano Singapore, l’India, e anche la Russia. Scrive il Corriere della Sera che a “svelare ai pm Piscitelli e Woodcock” i “retroscena delle commesse internazionali” di Finmeccanica sarebbe Lorenzo Borgogni, ex responsabile delle relazioni istituzionali di Finmeccanica.
La Repubblica intervista lo stesso Scajola e gli chiede di commentare proprio le dichiarazioni di Borgogni. Quest’ultimo avrebbe parlato di “canale privilegiato” rappresentato dall’amicizia tra Scajola e il ministro brasiliano Jobim, e di una tangente tra Jobim, Scajola e Massimo Nicolucci nella commessa Fincantieri (si trattava di una fornitura di navi fregate Fremm al Brasile, una commessa da 5 miliardi di euro, di cui 2,5 per Fincantieri e altrettanti per Finmeccanica, poi saltata a causa di contrasti tra diplomazie italiana e brasiliana a causa della mancata estradizione di Cesare Battisti. Secondo Borgogni, all’ombra della commessa sarebbe stata pattuita una presunta tangente mascherata da contratto di agenzia pari all’11 per cento del valore complessivo del contratto con Fincantieri, secondo quando ricostruisce La Repubblica).
Scajola: “Borgogni riferisce di aver appreso quello che uno diceva di aver sentito dire da un altro. Ma stiamo scherzando? Faccia una ricerca internet con la parola Fremm: scoprirà che nel novembre 2011, quando Borgogni è stato ascoltato dai magistrati, non c’è ancora la firma dell’accordo con il Brasile. Un accordo che non credo sia mai stato perfezionato”. Dice anche di non aver mai incontrato in missioni internazionali Lavitola. Lei ha sponsorizzato Fincantieri? “L’ho fatto con tutte le nostre imprese, grandi, medie e piccole. E’ stato il mio lavoro per due mandati, ne sono orgoglioso”. E aggiunge, quando gli si citano le possibili tangenti: “Io non posso sapere quali siano le strategie delle aziende. Per quanto mi riguarda, tutto si è svolto regolarmente. Ho spinto perché vincesse una azienda italiana, alla luce del sole. E poi, se davvero ci fossero state delle trattative anomale, crede che lo avrebbero fatto sapere ai ministri coinvolti?”. Non faccia l’ingenuo, incalza il cronista. Risponde Scajola: “La gente scherza quando dico ‘a mia insaputa’. Ma io dimostrerò che ho ragione, anche in questo caso”. Poi ipotizza che in casa Pdl vi sia stato chi stia utilizzando il “fuoco amico” per faide interne.
Anche Il Giornale intervista Claudio Scajola, che ammonisce: Attenzione che Finmeccanica fa gola a molti. E’ un fiore all’occhiello dell’industria italiana. Va protetta. Chiede di essere ascoltato al più presto dai Pm”.
La Stampa ha tentato di contattare proprio l’ex ministro della Difesa brasiliano Jobim. Pare che i suoi collaboratori, alla notizia di presunte tangenti, si siano fatti una “grossa risata”. Il quotidiano riferisce anche delle voci di alcune fonti brasiliane, che legano il mancato contratto Finmeccanica-Fincantieri al caso Battisti: la vendita delle fregate italiane pare fosse cosa fatta, mentre ormai si è chiuso a vantaggio della Francia. Battisti si sarebbe materializzato in Brasile appena i francesi si sono visti in difficoltà su una commessa così importante
Su La Repubblica ben tre pagine sono dedicate a questa vicenda e al personaggio Orsi, con Carlo Bonini che “ricostruisce” il “sistema 10 per cento” ovvero quelle “mazzette globali che fanno tremare Orsi”. E Massimo Riva descrive la “resistenza del boiardo” ricordando che Orsi era forte di una sponsorizzazione politica che ha visto uniti leghisti e CL: “Tutto ha fatto fuorché impegnarsi a fondo nell’indispensabile opera di ripulitura” di Finmeccanica, che non è “uno dei tanti carrozzoni pubblici” bensì “una azienda valida, quotata in Borsa”. Ecco perché Riva chiede al presidente del Consiglio di vincere ogni residua titubanza: “compia il suo dovere facendo piazza pulita dell’attuale vertice societario”.
Sul Corriere della Sera Massimo Mucchetti scrive, nell’editoriale in prima: “Gli indagati hanno diritto a difendersi, ma il governo deve fare la sua parte. Il ministero dell’Economia detiene il 30,2 per cento di Finmeccanica. Di fatto è il padrone. Dunque, comandi”. In modo che in Italia torni protagonista su scala europea, dove si muovono francesi, tedeschi eccetera: “Per sedersi al tavolo, il gruppo deve avere un vertice autorevole. Quello di oggi non lo è”, “al governo, defilarsi non è consentito”.
Renzi
Scrive L’Unità che il sindaco di Firenze Matteo Renzi ha deciso di passare alle vie legali, con un ricorso sull’Albo degli elettori e sul regolamento: si è rivolto alla Autorità per la privacy. Ad esser messo in discussione è la diffusione dei nomi degli iscritti al centrosinistra, previsto per le primarie, che violerebbe le norme sulla riservatezza dei dati personali. Nel ricorso si chiede al Garante della Privacy di valutare la legittimità del Regolamento. Secondo i renziani esso si presta ad essere “interpretato ed applicato” tanto da “imporre a chi desidera partecipare alle primarie il rilascio di un consenso alla diffusione o pubblicazione dei nomi dei sottoscrittori del pubblico appello e degli iscritti nell’Albo degli elettori”. Secondo Renzi sarebbe sufficiente un archivio degli elettori, se si vogliono evitare brogli e verificare chi abbia diritto di voto: un archivio sarebbe di ausilio all’eventuale riscontro della regolarità delle fasi di votazione e dei risultati. Secondo L’Unità la risposta della segreteria del Pd starebbe in una precisazione che sarà pubblico l’appello di sostegno al centrosinistra ma non l’albo degli elettori, composto da chi avrà effettivamente esercitato il diritto di voto.
Europa, altro quotidiano espressione del Partito Democratico, dedica ampio spazio alla questione. In prima il direttore Menichini, con un editoriale dal titolo “Se finisce così ci rimettono tutto”, scrive: “come abbiamo scritto dal primissimo giorno, l’ansia di selezionare e restringere la platea dei votanti è in stridente contraddizione con la sincera apertura mostrata da Bersani fin dall’inizio”. E in un commento, il deputato di area prodiana Mario Barbi invita alla ‘disobbedienza civile’ contro le regole delle primarie: “per quale diavolo di ragione bisogna andarsi a registrare in un albo degli elettori in un ufficio non si sa dove, non si sa quando, gestito da non si sa chi, che risponde a non si sa come e a non si sa chi? Per quale diavolo di ragione la firma di adesione all’appello per l’Italia bene comune (scritto in un italiano da esame di riparazione) non può essere fatta al momento del voto insieme alla trascrizione dei dati anagrafici individuali, come si è sempre fatto? E per quale ragione, al secondo turno (se ci sarà), dovrebbero poter votare, salvo eccezioni e supplementari gimcane, soltanto gli elettori del primo turno, contro ogni logica sistemica (sindaci, etc.) e contro ogni utile precedente (vedere le primarie del Ps francese)?”. La risposta “è fin troppo semplice”: “perché si vuole restringere il campo a quelli di famiglia, a quelli che si sentono di sinistra da sempre, che ci credono, che hanno avuto la tessera del Pci o hanno quella della Cgil, che si iscrivono alla nostra ‘continuità’ (anche a prezzo di ridurne il perimetro, come ha riconosciuto Bersani)”.
Per la Repubblica Bersani “passa al contrattacco” rispetto a Renzi, quando dice che “sa di perdere e prepara un’exit strategy”.
L’Unità intervista Paolo Gentiloni, deputato Pd, che dice: “La sfida di Renzi allarga il bacino dei consensi”, “grazie a Matteo è tornato il partito del ‘ma anche’”. Dice Gentiloni, più esattamente: “spero torni il Pd a vasto raggio delle origini. Con Renzi, ma anche con Bersani”. Sulla questione delle regole per le primarie, Gentiloni si chiede: “Perché l’elenco degli iscritti al Pd non è pubblicabile e dovrebbe esserlo quello degli elettori alle primarie?”.
Il Corriere della Sera parla di un “affondo” del leader di Sel Nichi Vendola: “Bersani dice che vede Monti protagonista dopo le elezioni? Io invece lo vedo fuori dalla politica. I temi della sua agenda sono incompatibili con l’agenda del centrosinistra”.
Internazionale
Il Corriere della Sera: “Obama-Romney, stessa idea di mondo. Poche differenze nel dibattito sulla politica estera: questo il titolo della corrispondenza dalla Florida, dove si è tenuto l’ultimo faccia a faccia tv”. Una sfumatura simile anche nel titolo de La Stampa: “Sicurezza, Romney fa il moderato”. Il Presidente vince ai punti il dibattito in Florida, ma sulla politica estera le differenze con il rivale sono poche. Il Corriere spiega che comunque sarà un testa a testa fino all’ultimo. Questa è comunque l’opinione dello stratega di Obama David Plouffe. Chi pensava ad una vittoria del presidente con sei o sette punti di margine era fuori strada, lo abbiamo detto fin dall’inizio, questo non è il 2008. Secondo il Corriere, il KO iniziale subito da Obama a Denver, quello che ha cambiato il corso della campagna, pesa più delle due successive vittorie ai punti del Presidente, utili più a ridare morale ai suoi sostenitori che a sfondare al centro con gli incerti. Gli instant poll dopo il dibattito incoronano Obama (vince 48 a 40 in quello della CNN, addirittura 58 a 23 per la CBS), ma i sondaggi sulle intenzioni di voto eseguiti dopo la vittoria del Presidente una settimana fa in tv, indicano che il recupero di Romney non si è fermato. Quanto al dibattito in Florida, Romney ha preferito evitare il muro contro muro, rinunciando ad attaccare il Presidente come ci si aspettava, su incertezze e possibili errori di Cia e Dipartimento di Stato a Bengasi, nella vicenda della uccisione dell’ambasciatore Stevens. Per il resto Romney, pur bocciando Obama, si è detto d’accordo su una serie di scelte strategiche della Casa Bianca: dal ritiro dall’Afghanistan entro il 2014 al sostegno alla Primavera Araba, dall’abbandono di Mubarak alla conferma della alleanza con il Pakistan nonostante le ambiguità di questo Paese nella lotta al terrorismo. Complimenti a Obama sono arrivati per aver eliminato Bin Laden e molti capi di Al Qaeda (che però, per Romney, è ancora viva e vegeta). In fondo, anche su temi di più aspra contrapposizione – Siria e nucleare iraniano – Romney, pur accusando la Casa Bianca di impotenza davanti ai massacri di Assad e di non spalleggiare adeguatamente Israele, alla fine vuole aiutare i ribelli di Damasco e Aleppo ma senza mandare soldati e armi Usa; e per piegare il regime di Teheran punta più sull’efficacia delle sanzioni che sull’opzione militare. Romney ha attaccato quasi solo quando è riuscito a portare il confronto su temi a lui più congeniali: la disoccupazione, la crescita troppo bassa, il deficit pubblico. Ha tra l’altro detto: abbiamo perso peso sulla scena internazionale, e la Cina fa quello che vuole perché negli anni di Obama il nostro sistema produttivo si è indebolito e il debito è cresciuto a dismisura”. La Stampa, in un reportage da Dayton: “Obama sbarca in Ohio, ‘ho salvato i vostri posti’, gli aiuti concessi alla industria automobilistica la chiave per battere il Repubblicano”. Sui tavoli di legno ci sono le copie di “A plan for jobs”, l’opuscolo di 20 pagine sul programma del secondo mandato. Impegni e cifre descrivono come Obama voglia realizzare il “nuovo patriottismo economico” con leggi su manifattura, energia, piccole imprese, educazione, sanità e pensionati.
La Repubblica titola: “Usa, Obama vince il terzo round tv. Ma Romney vira al centro e resiste”. Per questo quotidiano, “dalla Siria all’Afghanistan lo sfidante cambia politica estera”. Il cambio è rispetto agli anni di Bush, par di capire, per esempio quando si parla dell’Iran: bisogna essere più duri, più delle sanzioni, “denunciando Ahmadinejad per genocidio”. Barack risponde: “In campagna elettorale sembrava spingere per la guerra”. E lui, secondo La Repubblica allontanando il fantasma di George W Bush: “Non vogliamo un altro Iraq, non vogliamo un altro Afghanistan”. Quel che è certo è che Obama, secondo La Repubblica, il dibattito l’ha stravinto, “battuta su battuta”. Romney lo accusa di aver tagliato i fondi alle Forze Armate e dice che oggi la Marina ha meno navi che nel 1916? “Beh, governatore, forse lei non sa che abbiamo anche meno baionette e cavalli”.
Tanto il Corriere della Sera che Il Foglio e Il Sole 24 Ore evidenziano come l’Unione Europea sia stata assente nel dibattito presidenziale. Il Foglio: “Europa what? Nel debate americano il Mali citato quattro volte, l’Europa solo una”, titola uno degli editoriali. E l’analisi del Corriere sottolinea che Europa ed ecologia sono i due grandi assenti dei dibattiti presidenziali del 2012.