La Repubblica: “Renzi: batteremo la nuova destra”, “Intervista al segretario Pd: ‘Il centrosinistra deve vincere anche senza Casini. La legge elettorale non si tocca. Governo fino al 2018 se fa le riforme'”, “Letta: crisi superata, ora investimenti. Confindustria: cambiare passo o al voto”.
A centro pagina: “Boldrini: da M5S solo odio, sui blog potenziali stupratori”.
A centro pagina anche la foto dell’attore americano Philip Seymour Hoffman, ucciso da un’overdose.
La Stampa:”Alitalia, trattativa finale”, “Entra nel vivo la partita per l’ingresso della compagnia Etihad di Abu Dhabi nel capitale della società italiana”, “Boldrini: da Grillo istigazione alla violenza, come in una dittatura. Letta: la crisi è finita. Squinzi lo gela: cambi passo o meglio votare”. A centro pagina, foto del Tevere in piena: “Frane e fiumi in piena: l’alluvione continua”.
Di spalla, il richiamo ad un’intervista a Raffaele Sollecito, che così viene riassunta nei titoli: “Interrogarmi? Potevano farlo”, “Non ero lì per scaldare la sedia. Se avessi voluto fuggire l’avrei fatto dopo l’assoluzione. Sull’omicidio Meredith non tocca a me trovare riusposte”.
Il Corriere della Sera: “Gli emiri pronti a salvare Alitalia”, “entra nella fase finale la trattativa con il vettore arabo Etihad”, “il nodo dei 1900 esuberi”. Il presidente del Consiglio Letta, in missione nel Golfo, invita ad investire. E poi: “Gelo di Squinzi: si cambi o si voti”.
L’editoriale del quotidiano milanese, firmato da Ernesto Galli della Loggia, è titolato: “Il linguaggio dell’inciviltà”. E sotto: “Il Quirinale sugli insulti: ormai siamo alla barbarie”.
Di spalla un articolo sulla udienza prevista per oggi in India (e già rinviata alla prossima settimana, ndr) sui due marò: “Il rispetto delle regole per tutelare i nostri marò”
Il Giornale: “Paura per le pensioni”, “i conti non tornano”. Il quotidiano spiega che ci sarebbe “allarme per la tenuta dell’Inps. Un anno per salvarlo, poi si rischia il crac”. A centro pagina: “Gli industriali licenziano il governo”; “attacco di Squinzi: o si cambia passo o è meglio il voto. E Letta perde le staffe”.
L’Unità: “Si riapre il duello sul governo”. “Confindustria critica Palazzo Chigi: o si cambia o meglio il voto. Letta: ognuno faccia la sua parte. Ma sul rilancio dell’Esecutivo ancora rinvii”. “Il premier vuole accelerare sul patto, Renzi frena”. In due articoli si spiega che “Letta non vuole aspettare Godot”, e che invece “Renzi chiede prima l’Italicum”. A centro pagina: “Boldrini accusa: cose viste in dittatura”.
Pd
Il segretario Pd viene intervistato da La Repubblica, che riassume i contenuti del colloquio così: “’Non ho bisogno di Casini, contro Berlusconi servono le idee. Io premier ora? Mi occupo d’altro”’, “Renzi: governo fino al 2018 se fa riforme. Italicum non si tocca”.
“Se vogliamo il bipolarismo- dice Renzi- non mi stupisce che Casini stia di là. Anzi io assegno all’Italicum la forza di aver salvato questo principio. E ha messo a tacere i cantori della Prima Repubblica”. Ma non teme che Berlusconi si rafforzi mettendo insieme tutti i centristi? “Ma la nostra vittoria non dipende dal sistema di voto. Sarebbe il fallimento della politica se affidassimo il nostro successo alla legge elettorale e non alla qualità delle proposte e della leadership. Vinci se affascini gli italiani con le tue idee, non se pensi di farti a legge su misura”. Quando si tornerà al voto si presenterà da solo o con un’alleanza? “E’ chiaro, con un alleeanza”, “faremo un’alleanza con forze di centro e di sinistra. Il punto però è impedire il potere di ricatto dei piccoli partiti”. Perché Sel dovrebbe allearsi con le se sa di non arrivare al 4 per cento? “Dovranno fare uno sforzo per superare lo sbarramento”, “non è accettabile che chi prende una percentuale minimale poi faccia il bello e il cattivo tempo”. Sul sistema elettorale: “Nessun sistema elettorale è perfetto e le condizioni sono sempre possibili. E’ possibile però salvaguardare il bipolarismo, appunto, e il ballottaggio. Ma nessuno può pensare di imporre le proprie modifiche agli altri. Si cambia solo se si è tutti d’accordo”. Eppure una parte del Pd vuole intervenire sul testo anche senza l’accordo di Forza Italia, obietta l’intervistatore (Claudio Tito). Renzi: “Condivido nel merito alcune preoccupazioni della minoranza. Ma non posso non riconoscere che Fi ha fatto un passo avanti grandissimo accettando il ballottaggio. Non si può rischiare a colpi di emendamenti di far saltare tutto. Berlusconi per ora ha mantenuto gli impegni e non sarà certo il Pd a venire meno alla parola data, visto che la nostra direzione si è espressa. Siamo un partito, non un club di liberi pensatori”. Sul governo:”Tocca al presidente del Consiglio decidere cosa fare. Se pensa che questo governo vada bene, ok. Se pensa che non vada, dica cosa vuol cambiare e quali ministri vuole sostituire. Ma non si usi l’alibi del Pd per evocare un rimpasto o per mettere dei renziani”, “Io sono il segretario del Pd e non dei renziani. Non voglio partecipare a vecchie liturgie da prima Repubblica. Faccia lui. Non sarò mai un vetero-cencelliano”. Il riferimento è al manuale Cencelli e Renzi racconta: “L’altro giorno nella mia stanza è venuto il capogruppo di Italia popolare, una persona per bene come Dellai. Con lui si è presentato un deputato del suo schieramento e mi ha detto: ‘Se volete il nostro accordo, a noi cosa date?’. Gli ho chiesto di uscire dalla stanza”. Al presidente del Consiglio che afferma che la ripresa è avviata, Renzi, pur concordando sul fatto che ci sono segnali di ripresa a livello internazionale, sottolinea che “non c’è ripresa senza occupazione”. Letta fino a quando andrà avanti? “E’ un governo, non un iphone. Questa legislatura può durare fino al 2018, ma deve affrontare con decisione i problemi veri”.
Da segnalare oggi su L’Unità una intervista ad Ugo Sposetti, senatore del Pd , che critica la riforma del finanziamento pubblico dei partiti: “Abolendo i fondi ai partiti si risparmia una cifra ridicola. Ma si lascia solo a chi ha grandi disponibilità finanziarie”. Il senatore, oltre che del decreto legge governativo che approda in Aula, critica anche l’ambizioso piano delle riforme istituzionali in corso: “Non vedo il progetto d’insieme né l’architetto in grado di disegnarlo. De Gaulle per progettare la Quinta Repubblica si affidò a Maurice Duverger, uno dei migliori politologi di quei tempi; qui mi pare di capire che le maggiori forze politiche si siano affidate a Verdini!”.
Per quel che riguarda le riforme, La Stampa scrive che giovedì si terrà una direzione del Pd che avrà all’ordine del giorno proposte sul lavoro, Regioni e Senato. Secondo il quotidiano l’ipotesi più probabile è una riforma del Senato in Camera delle Autonomie, sul modello del Bundesrat tedesco. Ci srabbe poi anche una proposta per affrontare il tema della legilsazione concorrente trea Stato e Regioni. Ci starebbe lavorando il ministro Graziano Delrio, tentando però di includere nell’elaborazione anche la minoranza: la settimana scorsa ha infatti partecipato ad un ariunione su questi temi il bersaniano D’Attorre.
M5S
Oggi tutti i quotidiani danno conto delle parole della Presidente della Camera Boldrini, intervistata ieri nella trasmissione di Fazio. Oltre a raccontare i fatti dei giorni scorsi a Montecitorio, la Boldrini ha parlato anche del Movimento 5 Stelle: “non è mai d’accordo con nessuna riforma e miglioria perché l’obiettivo è non cambiare nulla, dimostra che nulla può essere cambiato dal di dentro e che tutto deve essere spazzato via. È una analisi su nove mesi”; “c’è un’emergenza democratica, una questione che va trattata con la massima serietà, si tenta di delegittimare le istituzioni”.
Un video postato da Beppe Grillo sul suo blog, riempito di insulti rivolti alla Boldrini, era “istigazione alla violenza, basta vedere i commenti, tutti a sfondo sessista vuol dire che chi partecipa al quel blog non vuole il confronto ma offendere e umiliare. Sono potenziali stupratori”. Sulla sua scelta di tagliare i tempi del dibattito e procedere al voto sul decreto Imu-Bankitalia in scadenza: “la scelta non era semplice. Ho rispettato l’articolo della Costituzione che dice che il decreto va approvato entro 60 giorni. Se non fosse accaduto è come se la minoranza si fosse imposta sulla maggioranza. Decisione molto scomoda la mia dal punto di vista politico, ho pensato che io in una posizione di terzietà e di garanzia dovevo rispondere ai miei impegni verso la Costituzione e anche verso gli italiani”.
Uno strumento applicato per la prima volta, “ma è anche la prima volta che l’opposizione non si ferma un attimo prima per non costringere il presidente della Camera ad adottare questa misura, perchè c’era una consuetudine istituzionale che questa volta non c’è stata. Mi sono assunta le mie responsabilità e anche quella di altri”.
L’editoriale di Ernesto Galli della Loggia sul Corrire (“Il linguaggio dell’inciviltà”) sottolinea che il “lessico indecente e la volgarità aggressiva mostrati da Grillo e dai suoi parlamentari nei giorni scorsi non sono affatto un’eccezione nell’Italia di oggi. Sono piuttosto la regola”, che il professore attribuisce al “grave indebolimento” subito in Italia da istituzioni come la Chiesa, la famiglia, la scuola, i partiti e i sindacati.
Su Il Foglio (“Grillo è un fuorilegge della democrazia, va punito”) Giuliano Ferrara scrive che il leader del Movimento 5 Stelle “dovrebbe essere bandito dalla scena pubblica con metodi rigorosi ed estremi. Dovrebbe essere considerato lui, con i suoi corteggiatori e seguaci, per quel che è: un mostro antidemocratico di volgarità e di menzogna, uno che lucra sulla credulità popolare, una specie di metodo Stamina”. Alla obiezione del “cretino cognitivo: così gli facciamo un favore”, Ferrara risponde: “E facciamoglielo: il favore di fargli sentire addosso l’alito sputazzante della società civile e dello Stato”.
La Repubblica intervista il professor Luciano Canfora, che invita la stampa a “staccare la spina a Grillo”:”non capisco quale demone si sia impadronito dei giornali che, giorno dopo giorno, dedicano pagine e pagine alle imprese di Grillo. Un gentile omaggio alle sue buffonate, una cassa di risonanza enorme che gli ha regalato una centralità che non ha sulla scena politica”, dice Canfora. Il professore spiega anche che, più che al movimento dell’Uomo qualunque di Giannini, somigliano al movimento del francese Poujade o ai republikaner tedeschi degli anni Settanta, “che non volevano essere assimilati ai neonazisti ma avevano l’obiettivo di abbattere la democrazia parlamentare”. Ma “essere una forza anti sistema non vuol dire certo essere una forza politica”, perché il movimento di Grillo “è un gruppo totalmente privo di cultura politica. Un gruppo di ignoranti. Non è certo una colpa morale ma certo è un grave difetto”.
Centrodestra
Dopo una intervista in cui Pierferdinando Casini annunciava il suo ritorno ad una alleanza con il centrodestra, il Corriere continua ad occuparsi del tema. Oggi vengono intervistati Maurizio Sacconi, del Ncd, e Sabrina Giannini, di Scelta Civica. Il primo saluta con favore la scelta (“Siamo riusciti a far uscire il centro dalla sindrome della sconfitta”) e dice che Berlusconi “ha di suo un ruolo importante e resterà protagonista, certo”, ma il Ncd punta sulle primarie per la scelta della leadership, e candida Alfano; la seconda dice di non essere sorpresa, perché Casini gli sembra “coerente con una posizione politica che si è sempre basata sul tatticismo, sulla ricerca di una collocazione migliore per la propra sigla”, e annuncia che invece vede il suo partito, Scelta Civica “più come l’ala destra di una sinistra riformata e riformatrice che come l’ala sinistra che come l’ala sinistra di una destra che ha ancora in Berlusconi un riferimento”.
Sulla pagina successiva Nando Pagnoncelli analizza il ruolo di “ago della bilancia” del partito di Casini, che consentirebbe a Berlusconi di superare il 37 per cento senza ballottaggio, ma ricorda che resterebbe fuori dal Parlamento, attestandosi sotto il 4,5 per cento dei voti necessario per concorrere alla ripartizione dei seggi.
Il Giornale dà conto delle parole di ieri di Angelino Alfano: “Noi correremo alle prossime politiche con il centrodestra perché diciamo basta alla melassa centrista. Vogliamo far vincere il centrodestra per far uscire il Paese dalla crisi”. Alfano ha ricordato che il suo partito è decisivo per consentire la vittoria di una coalizione guidata da Forza Italia, e per questo ha ribadito le sue richieste di un “programma” per un nuovo centrodestra e di elezioni primarie per la leadership. Il quotidiano riferisce anche alla replica di Raffaele Fitto, intervistato ieri da Sky Tg 24: Alfano ha dato una “grave pugnalata” a Berlusconi, “se c’è un ravvedimento operoso deve esserci prima”.
La Stampa intervista Daniela Santanché, deputata di Forza Italia: “Casini è solo un bluff. Ammetta di aver sbagliato tutto”, dice, pronosticando che il leader del Nuovo Centro Destra Angelino Alfano “tra due mesi sarà ai giardinetti in compagnia di Fini”.
Casini, dice ancora la Santanché, “è il politico più sopravvalutato della storia italiana”. Per quel che riguarda il partito di cui fa parte, di Giovanni Toti, designato da Berlusconi consigliere politico, Santanché dice: “Abbiamo fatto una battaglia per ridare tutti i poteri a Berlusconi e lui ha il diritto di scegliersi i suoi collaboratori. Poi i suoi collaboratori devono dimostrare di essere così bravi da diventare degli statisti”, “le capacità vanno dimostrate sul campo”. Ora “Berlusconi nomini l’ufficio di presidenza perché è giusto che un movimento abbia i suoi organismi”.
Anche La Repubblica si occupa dei sommovimenti nel centrodestra, con un articolo di Carmelo Lopapa: “Berlusconi stoppa Casini e Alfano, ‘Riconoscano che sono il leader’”. Dove si sintetizza così il pensiero espresso dal Cavaliere: “Si scordino la riedizione della Casa delle libertà”, “Se vogliono allearsi con noi e rientrare, bene facciano pure, ma devono passare attraverso il riconoscimento della mia leadership”. Ieri il leader del Nuovo Centro destra Alfano, in una conferenza stampa, aveva ribadito che il suo partito “è decisivo per la vittoria e Forza Italia da sola non può pensare, con il 20 per cento, di mangiare tutti gli altri partiti”. L’obiettivo, semmai, è allearsi e “puntare al 37 per cento in un nuovo centrodestra, con un nuovo programma e primarie di coalizione per la scelta della leadership: siamo noi il principale partito del centrodestra futuro e Forza Italia senza di noi non sa dove andare”.
Internazionale
Scrive La Stampa che il premier israeliano Netanyahu ha risposto con durezza alle parole con cui il segretario di Stato Usa John Kerry ha ammonito sui rischi di “una campagna di crescente delegittimazione” e boicottaggi internazionali verso Israele in caso di un fallimento dei negoziati di pace. Aprendo la seduta settimanale del Consiglio dei ministri, Netanyahu ha sottolineato che “i tentativi di imporre un boicottaggio di Israele non sono morali e non sono giustificati”: “non raggiungeranno il loro scopo”, in primo luogo “perché spingeranno la controparte palestinese a trincerarsi nella sua posizione di rifiuto, allontanando la pace”. E poi perché “nessuna pressione internazionale mi indurrà a rinunciare agli interessi essenziali dello Stato di Israele, e in primo luogo alla sicurezza dei nostri cittadini”.
Anche sul Corriere della Sera: “Se anche l’americano Kerry invoca il boicottaggio di Israele”. Nell’articolo si parla della tensione tra Usa ed Israele, dopo le dichiarazioni del Segretario di Stato Usa che ha invitato Israele a considerare il rischio di delegittimazione, di una nuova forte campagna di boicottaggio economico, alla luce dello stallo dei negoziati. La reazione del ministro dell’intelligence di Israele è stata di irritazione – scrive il quotidiano: “Le parole di Kerry sono offensive, ingiuste, insopportabili”. Il quotidiano milanese scrive che i collaboratori di Kerry si sono affrettati a precisare che si trattava solo della evocazione di un rischio, non di una minaccia: “il Segretario di Stato ha fatto riferimento ad azioni che ha sempre contrastato”, e “è sempre stato contrario a forme di boicottaggio”.
Per tornare a La Stampa, un reportage da Gaza di Maurizio Molinari: “Fra i profughi di Gaza rabbia e timori, ‘Non rinunceremo alle nostre terre’”, “Nella moschea quartier generale di Hamas: il nemico è Israele, ma l’Egitto ci ha traditi”. La moschea in questione è quella di Omari, dedicata al califfo della conquista musulmana della Palestina, Omar bin El-Khattab, roccaforte dei seguaci di Hamas. Il motivo della rabbia contro l’Egitto, naturalmente, è la decisione del governo dei militari del generale Al-Sisi di chiudere ermeticamente il tunnel tra l’Egitto e la Striscia di Gaza: viene considerata una vendetta dell’esercito egiziano contro il sostegno che Hamas diede ai Fratelli musulmani durante la presidenza di Morsi, il capo di Stato egiziano deposto e arrestato.
Su La Repubblica si dà conto della manifestazione che ha portato in piazza a Parigi ieri circa 80mila persone. Secondo gli organizzatori si è superato il mezzo milione. “In piazza contro i matrinomi gay, nasce il Tea Party alla francese”, titola il quotidiano.
L’anno scorso erano scesi in piazza contro il matrimonio gay, quest’anno contestano la “teoria dei generi” che il governo vorrebbe inserire nel programma scolastico. Si tratta di introdurre nei programmi scolastici alcune nozioni (sesso, genere, orientamento sessuale), per spiegare l’origine di alcuni stereotipi sessisti e promuovere così, fin dall’infanzia, l’uguaglianza tra uomini e donne, omosessuali ed eterosessuali. In prima fila, nella manifestazione, anche il negazionista Soral.