Il Corriere della Sera: “Roma, il tariffario dei politici”. “Buste con 570 mila euro nell’abitazione di un funzionario del Comune”. “Cene e appartamenti per corrompere. Renzi commissaria il Pd della capitale”. Il titolo dell’editoriale, firmato da Fiorenza Sarzanini: “Le complicità da sradicare nei partiti”. E poi: “Quei poliziotti che informavano il boss Carminati”.
A centro pagina la cronaca: “Smentita la madre di Loris. I sospetti e la casa perquisita”. “‘Non lasciò il bimbo a scuola’”.
A fondo pagina il voto definitivo sul Jobs act: “La svolta del lavoro, addio all’articolo 18. Assumere e licenziare, cambiano le regole ma serviranno almeno sei decreti per attuarle”.
In alto: “Tensioni razziali. Un altro agente prosciolto. La protesta di New York”.
La Repubblica: “Il tariffario dei politici corrotti. Scure di Renzi sul Pd di Roma”, “Dalla Cupola 30mila euro al mese. Orfini commissario del partito nella capitale. Alemanno: ho sbagliato”.
A questa vicenda sono dedicati articoli di Carlo Bonini (“Il tribunale nero: ‘Spezziamogli le ossa’”), il reportage di Francesco Merlo (“Paura in Campidoglio, ‘Ora tocca a me?’”), un’analisi di Alberto Statera (“Il darwinismo criminale”) e un commento di Roberto Saviano “Ministro Poletti, ci spieghi quella cena”).
In apertura a sinistra: “Via libera al Senato, il Jobs Act è legge. Salvini apre al premier sul candidato al Colle”.
Il “retroscena” firmato da Francesco Bei si occupa della successione a Napolitano: “Il metodo Cossiga per il Quirinale”.
Di spalla a destra: “Ecco il piano della Bce per comprare titoli di Stato”, di Federico Fubini e Federico Rampini. Con il richiamo ad un’intervista a al numero due della Federal Reserve Stanley Fischer, che dice: “L’Europa deve seguire l’esempio americano”.
A centro pagina, l’omicidio del bimbo del ragusano: “La verità dei video: ‘La mamma di Loris mente’”, “Non lasciò il bambino a scuola. Perquisiste le abitazioni della famiglia e del cacciatore”.
In taglio basso, “il racconto” di Pietro Del re: “Lettere dalla Jihad alla famiglia: ‘Fa troppo freddo, voglio tornare a casa’”.
Il Fatto: “Ora Renzi scarica il Pd di Carminati”, “Connection tra dem ed ex Nar: il premier prova a cavarsela commissariando il partito romano con Orfini. E a La 7 dice: ‘Non so se il manager rosso Buzzi fosse alla mia cena dell’Eur’. Il tesoro politico-mafioso era di 204 milioni di euro”.
In taglio basso: “Alemanno e il bancomat di zingari e immigrati”, “La gestione delle due emergenze ha fruttato i maggiori guadagni illegali: incentivati dalla giunta di centrodestra. I soli campi rom valgono 24 milioni l’anno”.
E sotto il capitolo “Tutte le intercettazioni”: “’Siamo pieni di soldi. Metti la minigonna, batti per gli appalti’”, “Carminati e i suoi sodali: ‘Comandiamo sempre noi. Io sono come un polipo che sta attaccato’”.
In prima un “sonetto” in stile Trilussa di Gigi Proietti che così termina: “invece de portà tutti in galera/ convié mette le sbarre ar Campidoglio”.
In prima l’editoriale di Marco Travaglio: “Siamo i primi”. Dove si ricorda che il presidente del Consiglio aveva promesso “l’Italia sarà la guida dell’Europa”. “E’ stata dura -scrive Travaglio- ma dopo anni d’impegno indefesso ce l’abbiamo fatta: siamo il Paese più corrotto del continente. L’ambito riconoscimento arriva da Transparency International”.
La Stampa: “Sì al Jobs Act: ‘Cambia l’Italia’”, “Renzi: è una cosa enorme e la maggioranza cresce ancora. Crisi dell’acciaio, salva l’Ast di Terni: il governo tratta sull’Ilva”.
Nella colonna a destra, l’inchiesta mafia capitale: “Il premier: sconvolto dalla mafia a Roma. E commissaria il Pd”. Con un commento di Mattia Feltri: “Lo spettacolare fallimento della Destra”.
A centro pagina, foto di Bono sotto il titolo: “Riparte da Torino il tour europeo degli U2”.
Sotto la testata: “Don Ciotti: io prete e basta”. Oggi a Milano riceverà la laurea honoris causa in Comunicazione insieme a Don Rigoldi e don Colmegna.
Sul caso di Ragusa: “Un video smentisce la mamma di Loris. Perquisita la casa”.
Il Sole 24 Ore: “Contratti e articolo 18: al via la riforma del lavoro”. “Il jobs act è legge, la fiducia passa al Senato, ok anche dalla minoranza Pd (solo un no)”. “Il primo decreto attuativo previsto a metà dicembre”.
Di spalla: “Case e società per 200 milioni. Ecco la mappa del ‘sacco’ di Roma”. Altri articoli: “Le indagini si allargano alla Regione. Commissariato il Pd romano”.
A centro pagina: “Btp all’1,97 per cento, la Borsa brinda”. “Rally dei listini e dei titoli di Stato sull’attesa del QE europeo: minimo record dei tassi italiani”. “Milano + 1 per cento su Fca e banche. Scende l’Euro, nuovo crollo del rublo”.
Il Giornale: “La cupola controllava i voti Pd”. “Dalle carte emerge il ruolo del clan per condizionare le primarie Renzi-Cuperlo nella Capitale”. “In una foto il ministro Poletti a tavola con gli indagati”. “Il premier commissaria i Dem romani”. “E spunta lo scandalo delle 1800 società pubbliche fantasma”.
A centro pagina: “Svelate le bugie della mamma di Loris”. “Il video la smentisce: non lasciò il bimbo a scuola. E gli inquirenti ora cercano prove in casa”.
Roma
Su Il Fatto: “Il bilancio 2012 di Alemanno e le telefonate del ‘Nero’”, “L’ex sindaco (autosospeso da Fdi) rinunciò al taglio dei fondi per i rom dopo l’intervento diretto di Carminati, che parò con Gramazio (Pdl)”. Il quotidiano scrive che la politica era quella di chiudere i vecchi campi nomadi in città perché i nuovi nella campagna erano un affare d’oro per la cupola. Alla pagina seguente: “L’affare-zingari vale 24 milioni ogni anno”, “Il business dell’emergenza profughi. E gli stranieri cacciati dalla rivolta di Tor Sapienza sono finiti in un centro legato alle società sotto inchiesta”.
La Stampa intervista l’ex assessore alla Cultura di Roma nella giunta Alemanno, che dice: “Mi hanno cacciato perché volevo bloccare il malaffare”.
E a pagina 8 La Stampa scrive che “la Procura prepara nuovi arresti”. Si riferisce poi della richiesta del M5Stelle, che ha incontrato ieri il prefetto di Roma: sciogliere il Comune di Roma per infiltrazioni mafiose.
Secondo Giovanni Bianconi, Carminati sarebbe stato arrestato con 2 giorni di anticipo perché si temeva potesse fuggire: “Dalle intercettazioni degli ultimi giorni Massimo Carminati pareva consapevole dell’arresto imminente, e forse stava organizzando una fuga preventiva”. Nello stesso articolo si legge che “Il 4 ottobre dello scorso anno, gli investigatori che tenevano sotto osservazione la stazione di servizio di corso Francia – zona nord di Roma, considerata da Carminati una sorta di ufficio – hanno visto arrivare un’Alfa Romeo 156 con una targa risultata intestata alla questura di Roma. Ne sono scesi due uomini, non ancora ufficialmente identificati; presumibilmente due poliziotti che sono stati intercettati mentre parlavano con l’ex estremista nero riciclatosi nelle file della criminalità comune, e oggi accusato di essere a capo di un’associazione mafiosa”. I due parlano gli dicono che è “sotto indagine” e poi rimangono a parlare dei trascorsi di Carminati, che dice: “‘Adesso so’ un vecchietto…'”, ma “‘Erano altri tempi'”. Uno dei due: “‘Io starei due giorni a sentirti…’, ‘non sei stato un santo, però manco sei stato…’. E salutando dice: ‘Massime’, è sempre un piacere'”.
Sul Corriere Fiorenza Sarzanini scrive del “manuale delle tangenti ai politici”: si parla di una richiesta di 120 euro da parte del consigliere comunale Pd Patanè per “pilotare” una gara Ama sullo smaltimento rifiuti. Dai verbali: “Buzzi si mostrava restio: ‘A Panzironi che comandava gli avemo dato il 2 virgola 5 per cento, 120 mila euro su 5 milioni… mo’ damo tutti sti soldi a questo?'”. Poi però dà a Patanè 10 mila euro “per carinerie” e basta, “non gli diamo più una lira”. Si parla poi di un appartamento per 130 mila euro che sarebbe stato comprato ad Angelo Scozzafava, direttore del dipartimento Promozione dei Servizi Sociali del Campidoglio.
Sul Corriere si legge che “gli arrestati del mondo di mezzo non rispondono al giudice”. Uno degli arrestati, con centinaia di migliaia di euro nascosti in casa, ha detto: “Non i risparmi di una vita”. Quanto all’Amministrazione Alemanno, “nella sua ordinanza il giudice evidenzia come ‘le erogazioni di utilità verso Alemanno’ siano sempre successive a una decisione favorevole all’organizzazione”. Cene elettorali, soprattutto, ma anche versamenti per la Fondazione Nuova Italia.
Su La Repubblica e su Il Fatto compare poi una foto del 2010 in cui l’attuale ministro del Lavoro Poletti, allora presidente di Legacoop, è ritratto ad una cena alla quale partecipava anche Salvatore Buzzi, responsabile della cooperativa 29 giugno, arrestato nell’ambito dell’inchiesta di questi giorni. E a quest’episodio è dedicato l’intervento di Roberto Saviano, oggi su La Repubblica: “ministro, ci spieghi quella cena”. Buzzi era stato condannato per omicidio. Per Saviano non basta dire ‘non sapevo’ e non si tratta di una semplice foto scattata, ma di un rapporto continuativo durato anni.
Ancora Il Giornale cita la tavolata con Alemanno, Poletti Buzzi e altri indagati ad una cena del 2010. “Solo il ministro coop poteva non sapere”. Ieri sera Renzi ha difeso il ministro del lavoro, intervistato a Mentana, Travaglio e Damilano: “Nella vicenda di Roma ‘mancano Jack lo squartatore, il mostro di Lochness e poi ci sono tutti… Però Travaglio non le consento di mettere in mezzo a questa vicenda Giuliano Poletti, perché lo conosco: è un galantuomo’”.
Sul Messaggero intervista allo stesso Poletti. “Sono stufo di essere tirato in ballo per quella foto del 2010”. La foto è vecchia, nota, finì anche sui manifesti elettorali contro Alemanno nel 2013, lui partecipava come presidente della Lega Coop, conosceva anche Buzzi, ha anche partecipato ad assemblee di bilanci e a qualche iniziativa essendo la sua cooperativa sociale “la più importante cooperativa sociale di Roma”.
Pd romano
Il Fatto, a pagina 2, dà conto delle dichiarazioni del presidente del Consiglio-segretario Pd ieri in una trasmissione su La 7 alla quale ha preso parte, peraltro, anche Marco Travaglio. E focalizza l’attenzione sulle cene di autofinanziamento al Pd tenutesi a Roma: “Cene di autofinanziamento, Renzi non sa chi ha pagato”, “A La 7 annuncia il commissariamento del Pd capitolino: arriva Orfini. Ma nega di conoscere se la coop vicina a Carminati abbia foraggiato i dem”. Si riferiscono le dichiarazioni di Renzi: “Sono sconvolto perché vedere una persona seria come il procuratore di Roma parlare di mafia mi colpisce molto. Certo, vale la presunzione di innocenza. Ma i politici romani devono fare una riflessione di fondo”, “Ho accolto la disponibilità del segretario del Pd romano, Lionello Cosentino, dio fare un passo indietro, e ho deciso il commissariamento di Roma, nella persona di Matteo Orfini”. Per Il Fatto è una scelta “tanto obbligata quanto tardiva. Perché che il Pd romano fosse fuori controllo da tutti i punti di vista, con questioni di malaffare sempre più evidenti (vedi il caso Di Stefano), il premier e i suoi ne erano consapevoli da tempo. Tanto che l’ipotesi commissariamento era già in campo. Ma il punto è quanto il segretario ex rottamatore controlli il suo partito”. Si riferisce poi la domanda posta ieri al premier-segretario dal giornalista Marco Damilano: “il punto è che uomini di Carminati sono arrivati alla cena di autofinanziamento di Roma.”, “Buzzi era alla cena per la raccolta fondi per il Pd all’Eur?”. Renzi: “Non ne ho la più pallida idea”, ma “i nomi sono pubblici e registrati”. In realtà -scrive Il Fatto- l’elenco delle persone presenti alle cene di fundraising del Pd a Roma non c’è da nessuna parte.
Anche su La Repubblica, a pagina 2, le dichiarazioni del premier ieri a La 7: “Mafia a Roma: ‘Subito Orfini commissario al Pd’. Comune a rischio scioglimento”, “Alemanno: ‘Ho sbagliato’. I 5 Stelle all’attacco: azzerare la giunta. Il prefetto Pecoraro: leggo le carte e valuto se ci sono gli estremi”. Il “retroscena” è firmato da Goffredo De Marchis: “Partito in mano alle tribù delle tessere. Il premier ordina: ‘Spazzare via tutto’”. Dove si legge che negli anni dell’amministrazione Alemanno il Pd ha scelto un alinea consociativa, ossia un posto nel cda della municipalizzata, la presidenza di un ente e poi, “come un mascheramento”, si sono visti manifesti in città contro la disastrosa emergenza neve o la Parentopoli dell’azienda di trasporti Atac. Si citano poi i giudizi espressi da vari esponenti del partito, che facevano pensare al peso delle correnti a caccia del potere e dell’inquinamento anche delle primarie: Marianna Madia, nel 2013, denunciava a Roma, ai tempi in cui c’erano le primarie per il Parlamento, l’esistenza di “vere e proprie associazioni a delinquere”. Roberto Morassut, ex assessore veltroniano, dice delle primarie a Roma: “per il 70 per cento sono pilotate. Vanno a votare gli immigrati guidati dai cacicchi locali e quelli pagati per un tanto al voto”. Truccate anche le primarie che designarono il sindaco Marino, secondo Tommaso Giuntella, uno dei migliori amici di Matteo Orfini: “Il problema son le primarie aperte fino all’ultimo. Su questo aveva ragione Bersani, i rischi di inquinamento crescono. Alle nostre sono andati a votare un sacco di fascisti”.
Sul Giornale (“Le mani della cupola sulle primarie Pd”) si leggono gli stessi verbali, con intercettazioni telefoniche e ambientali. Si ricorda che tra gli indagati di centrosinistra ci sono Eugenio Patané, Mirko Coratti, Daniele Ozzimo e Luca Odevaine ma che “nelle intercettazioni saltano fuori riferimenti diretti o indiretti a un gran numero di esponenti del centrosinistra, a cominciare dai vertici locali”, tra cui Marroni e il vicesindaco Nieri. E sul Pd: “Quando a ottobre 2013 Carminati chiede a Buzzi se stanno appoggiando qualcuno per le primarie del Pd, il capo della coop ’29 giugno’ spiega che ‘stiamo a sostene’ tutti e due…avemo dato centoquaranta voti a Giuntella e 80 a Cosentino’, ossia gli attuali presidente e segretario del Pd romano, e aggiunge anche che ‘Cosentino è proprio amico nostro'”.
Sul Corriere viene intervistato Roberto Morassut: “Nessuno sospettava niente? Come si fa a dirlo quando io ci ho scritto sopra due libri?”. Il deputato Pd, ex assessore con Veltroni, dice le primarie sono “un confronto tra tribù” che “si reggono solo sul potere” e che “nel tempo si sono incrostati elementi di inquinamento”. Dice che occorre cambiare le regole, “ci vuole l’analisi patrimoniale degli eletti e dei nominati”, “non mi sorprende che in questa inchiesta ci siano pezzi del Pd, non sono casi isolati”.
Il Giornale: “Il Pd azzerato dallo scandalo. Renzi dà tutti i poteri a Orfini”. Dove si legge che Renzi sarebbe “sconvolto e pieno di amarezza”.
Per tornare a La Repubblica, a pagina 3 un’intervista al vicesegretario Pd Lorenzo Guerini, che dice: “Cambiamo passo”. Nel Pd romano è tutto da rifare? “No. E’ stato deciso di comune accordo con il segretario capitolino Lionello Cosentino, che ha fatto un passo indietro e che ringrazio”. Il Pd c’è dentro fino al collo nel malaffare svelato dall’inchiesta? “No. L’inchiesta ha come epicentro prima di tutto l’amministrazione Alemanno, ma il quadro che emerge è comunque inquietante e svela un sistema con caratteristiche di trasversalità allarmanti e purtroppo sembra riguardare alcuni de Pd romano”.
Ancora su La Repubblica: “’Spezziamogli le costole’, dai pestaggi agli affari, così la banda dei Neri comandava la città”, di Carlo Bonini.
Per tornare al Giornale, intervista Giorgia Meloni: “Non si tratta solo della conta degli indagati di destra e sinistra. Qui l’unico colore politico è il colore dei soldi”. Chi ha sbagliato “deve pagare”, ma “il quadro è quello di un sottobosco di burocrati difficili da rimuovere in grado di far valere il proprio peso, amministrazione dopo amministrazione. E poi oltre alle colpe della politica qui emerge un problema di società civile, di imprenditoria, di cooperative”. Non riguarda solo la destra romana, ma “è talmente evidente che il Pd è coinvolto che non ho bisogno di dirlo io. Lo fa Orfini quando dice che occorre rifondarlo”. Cosa l’ha colpita di più: “Che si lucrasse perfino sui più poveri. Noi abbiamo sempre denunciato l’anomalia di un pensionato sociale con 480 euro a fronte di 900 per i richiedenti asilo. Ora si chiariscono molte cose”.
L’editoriale del Corriere ricorda le parole pronunciate pochi giorni fa dal Procuratore di Roma Giuseppe Pignatone qualche giorno fa ad un convegno del Pd: “‘Il rischio più alto che corriamo è quello del contatto fra il mondo criminale e quello politico, con un aumento esponenziale della pericolosità dell’uno e dell’altro'”. Un rischio che “sembra essersi già concretizzato” e oggi “la soglia di tolleranza dei cittadini, che sgomenti assistono al «sacco» delle città, sembra essere stata raggiunta. Adesso tocca ai leader di partito rassicurarli, cambiare gli uomini e i metodi, intervenire in maniera drastica”.
Cantone, Trasnsparency
Il Sole 24 Ore dà conto del parere del presidente dell’Anac (Autorità anticorruzione) Raffaele Cantone, ieri alla presentazione del rapporto di Transparency International e poi intervistato dalla emittente radiofonica di Confindustria. “Una indagine da manuale che smentisce una serie di luoghi comuni, che dimostra che quando l’attività investigativa è fatta bene arriva a risultati come questi”. Secondo il rapporto di Transparency l’Italia è il Paese europeo “con il più diffuso livello di percezione della corruzione dell’amministrazione pubblica”. Si trova al sessantanovesimo posto, insieme a Brasile, Bulgaria, Grecia, Romania, Senegal e Swaziland. L’indice si basa sul livello di corruzione percepita. Michele Corradino, consigliere di Stato e membro dell’Anac, dice infatti che la classifica “riflette un dato psicologico, una sensazione”.
La Stampa intervista il Presidente Cantone: “Nella nuova metastasi di corruzione -dice- i politici si accontentano delle briciole”, “I partiti hanno abdicato alla loro funzione”, “per le nuove mafie la corruzione ha sostituito il classico strumento dell’intimidazione”, “con questa inchiesta, la Procura di Roma ha cambiato la prospettiva nella lotta alla mafia”, “Finalmente abbiamo scoperto che a Roma c’è una mafia autoctona, locale, pericolosa”.
Politica
Su La Stampa: “La Lega apre a Renzi sul Quirinale”, “Salvini offre il suo appoggio al Pd a condizione che proponga un candidato ‘positivo’ e ‘non di parte’”.
Su La Repubblica: “Quirinale, Renzi prepara il metodo Cossiga: ‘Larga intesa su un Pd’”, “Salvini apre: ‘Pronti a discutere se non è di parte’. Il M5S: ‘Mettiamo a disposizione le nostre quirinarie’”. Se ne occupa, nella sua rubrica “il punto”, Stefano Folli: “Corsa al Colle, Salvini cerca di portare il premier su un outsider”, “Se Renzi imporrà un nome fuori dal gioco delle correnti, il neo-leghista potrà condividerne la scelta”.
Il Sole 24 Ore: “Renzi: Colle fuori dal patto del Nazareno”. Il patto comprende la legge elettorale e le riforme istituzionali, ma non la questione Quirinale e il tema della “agibilità politica” del Cavaliere. E – anzi – il Presidente della Repubblica dovrà avere il massimo del consenso possibile, e per qusto “con i Cinque Stelle si può discutere”, ha detto ieri Renzi. Sullo stesso articolo si legge che “la proposta lanciata martedì di approvare l’Italicum nei tempi previsti (quindi entro febbraio, comprendendo anche l’ultimo giro alla Camera) facendolo però entrare in vigore solo nel 2016 potrebbe da una parte sbloccare” la situazione, anche se “Gianni Cuperlo, ex competitor di Renzi alle primarie del Pd e dietro il quale molti continuano a vedere Massimo D’Alema” ha detto che “il Parlamento non è un latte a scadenza”. Secondo il quotidiano dietro questo no ci sarebbe il nodo Quirinale e il fatto che “i bersaniani vogliono partecipare alla scelta, e indicano il metodo di trovare un candidato autorevole prima all’interno del partito e poi sottoporlo agli altri”. Tra i Pd che potrebbero essere graditi a Forza Italia il quotidiano cita Walter Veltroni, Anna Finocchiaro, Dario Franceschini.
Su Renzi, che ieri in Parlamento ha risposto alle interrogazioni a risposta immediata, Il Giornale scrive che “dà uno schiaffo a Prodi” perché ha citato la riforma Maroni delle pensioni, che prevedeva il cosiddetto scalone. “Renzi recita il mea culpa. ‘Nella mia onestà intellettuale – annuncia – ho ritenuto un errore del mio partito abolire lo scalone Maroni per le pensioni’. Ma quella del presidente del Consiglio è tutt’altro che un’apertura verso al Lega (piuttosto è un ulteriore presa di distanza da Prodi che, da premier, cancellò quella riforma delle pensioni)”.
Bce
Due intere pagine de La Repubblica sono dedicate alla crisi della zona euro. Il presidente della Banca Centrale Europea Mario Draghi parlerà nel pomeriggio e c’è molta attesa, anche questa volta, per le decisioni che l’istituto prenderà. “Piano Bce: sì ai titoli di Stato, ma il rischio resta nazionale, mossa per convincere i tedeschi”, titola La Repubblica spiegando che la Bce studia nuove misure per fronteggiare deflazione e stagnazione e che le banche centrali eviteranno che il peso del debito si sposti tra i Paesi. Il quotidiano intervista poi Stanley Sischer, numero due della Federal Reserve, che dice: “L’Europa deve seguire la ricetta americana, con l’acquisto di bond la ripresa sarà possibile”, “il mio ex allievo Mario Draghi è in una situazione difficile, dovrà garantire stabilità dei prezzi e banche forti”.
Internazionale
Sul Corriere Guido Olimpio: “Iraq, i caccia iraniani contro l’Isis. Guerra parallela al fianco degli Usa. Primi raid oltreconfine di Teheran. Cresce la (tacita) collaborazione tra i due avversari”. Il Pentagono ha confermato che a fine novembre raid iraniani hanno colpito postazioni dell’Isis in Iraq, nella provincia di Diyala. I raid sono stati fatti da aerei da caccia Phantom 4, acquistati dagli Usa ai tempi dello Scià. Teheran nelle settimane scorse aveva anche ostentato la presenza a fianco di curdi e sciiti del generale Soleimani. responsabile della famosa divisione Qods. Ieri il segretario di Stato Usa Kerry ha smentito che vi sia una cooperazione con Teheran ma ha definito “un fatto positivo” i raid.
Su La Stampa: “Raid antisemita, choc a Parigi”. L’assalto è avvenuto nella banlieue di Créteil: le vittime sono state legate mani e piedi e derubate di tutti i loro averi. Le vittime: una giovane coppia che è stata aggredita in casa. La ragazza è stata abusata e ci sono tre arresti: il blitz era stato premeditato. La gang che li ha aggrediti avrebbe gridato: “siete ebrei, avete i soldi”.
Negli Usa un altro Gran Giurì ha deciso di non chiedere l’incriminazione di un poliziotto. Il Sole 24 Ore racconta che “Eric Garner è stato soffocato da un poliziotto”, e che “la presa al collo usata dall’agente, la cosiddetta ‘chokehold’, è vietata dalle stesse regole della polizia di New York. Il medico legale ha dichiarato la morte un omicidio, dovuta a strangolamento e alla pressione esercitata sul torace. E tutto è stato ripreso da video di passanti, compreso il disperato, inutile ultimo grido di Garner: ‘Non riesco a respirare’. Eppure un Grand Jury ieri sera non ha trovato sufficienti prove, dopo quattro mesi di indagini e testimonianze, per incriminare l’agente bianco Daniel Pantaleo che lo scorso agosto, nel quartiere di Staten Island a New York, ha tolto la vita a un 43enne afroamericano disarmato e sospettato di vendere abusivamente qualche sigaretta. E che a casa ha lasciato moglie e figli”. La reazione al verdetto è stata “composta e pacifica”, con sit in tra Gran Central, la stazione ferroviaria, e Times Square. Il quotidiano cita anche le statistiche, come quella di Pew: “un giovane afroamericano, a conti fatti, ha 21 probabilità più di qualunque coetaneo bianco di essere ucciso dalla polizia”.
E poi
“Il caso” raccontato da Giancarlo Bosetti alle pagine R2 de La Repubblica, riguarda l’uscita di un libro postumo di Jacques Dupuis “Perché non sono eretico”: “L’affaire Dupuis, l’ultimo eretico messo al bando dal Vaticano”, “Esce l’autodifesa del gesuita morto nel 2004, accusato per aver sostenuto il dialogo interreligioso”. Scrive Bosetti che il libro postumo “costringe a riaprire il dossier relativo a Dupuis, teologo cattolico belga del pluralismo religioso, trattato e ‘notificato’ come un eretico dal cardinale Ratzinger, allora prefetto della fede. Era il 2000, lo stesso anno, gli stessi giorni in cui usciva la Dichiarazione ‘Dominus Jesus’, il più criticato documento pontificio degli ultimi decenni, acclamato solo dagli ‘atei devoti’. Dupuis è morto a ottantuno anni nel 2004, accasciandosi nella mensa dell’Università Gregoriana, depresso per le accuse di eresia”.