Il Corriere della Sera apre con le parole del presidente del Consiglio, che ieri, a Firenze, ha lanciato la campagna per il “sì” al referendum sulle riforme costituzionali: “‘Diecimila comitati per il Sì'”, “”Contestazioni al premier. Giovedì vertice con Merkel. Voto di fiducia sulle unioni civili”.
E di fianco su questo tema l’intervista di Aldo Cazzullo all’ex presidente Napolitano: “Napolitano: se non passa è la fine del rinnovamento”.
Sulla colonna a destra: “Svolta sui marò. Girone a casa. Pinotti: vedrà crescere i figli”. Con un’intervista di Fiorenza Sarzanini alla ministra della Difesa Roberta Pinotti: “‘Confermata la nostra tesi ma siamo solo a metà'”.
L’editoriale in apertura è firmato da Paolo Mieli: “La doppia partita Libia-Egitto”.
A centro pagina: “Banche in Borsa sotto pressione. Stop a Vicenza”, “Nuovi timori sulle sofferenze”.
In prima anche una grande foto di Claudio Ranieri, allenatore del Leicester: “Ranieri re d’Inghilterra. Il Leicester è campione”.
A fondo pagina, una sentenza della Cassazione: “‘Ha rubato per fame. non è un reato'”, “Sentenza della Cassazione assolve un clochard. Aveva sottratto wurstel e formaggio”. A raccontare questa vicenda è Goffredo Buccini: “Rubare non è sempre reato. Così la Cassazione ha scelto di non punire un clochard che si era infilato in tasca una confezione di wurstel e due pezzi di formaggio (per un valore di 4 euro e 7 centesimi). Motivo? Ha rubato per fame”. I giudici l’avevano condannato a seri mesi e 100 euro di multa. Ma la Cassazione ha accolto il ricorso del Procuratore generale.
Sulle amministrative a Milano: “Sala-Parisi, duello sulle coalizioni”.
Infine, sui fondi per la cultura: “Un miliardo ai tesori d’Italia”, articolo di Paolo Conti.
La Repubblica: “Referendum, via alla sfida. Unioni civili in aula subito”, “Renzi: dopo 63 governi si cambia. Il fronte del No vuole dividere il quesito”.
A questo tema è dedicato un commento di Salvatore Settis (“L’equivoco del plebiscito”.
Sulla probabile nomina di Chicco Testa al Ministero dello Sviluppo economico: “Un colpo di Testa alla rottamazione”, di Filippo Ceccarelli.
A centro pagina “‘Marò, a casa anche Girone, così ora vinceremo l’arbitrato'”, “Decisione dell’Aja, parla Gentiloni: sulla questione solidarietà dell’Ue”. Il ministro, nell’intervista a Vincenzo Nigro, parla estesamente della situazione libica: “Una Libia unita per battere il terrorismo”.
In apertura a sinistra: “Popolare Vincenza, salta la quotazion, in Borsa affondano i titoli bancari”.
E ancora sul tema banche un’analisi di Marcello Esposito: “Atlante non è un bazooka”.
Sulla colonna a destra, con foto di tifosi del Leicester esultanti: “Piccolo Leicester trionfa. Ranieri è re d’Inghilterra”, “Lo scudetto che parla italiano”.
A fondo pagina: “L’intesa Google-Fca per l’auto senza pilota”, “Chrysler fornirà il gigante web”. Ne scrive Paolo Griseri.
Infine, sul caso di Caivano, dove una bimba sarebbe stata uccisa per aver rifiutato l’ennesima violenza e dove i compagni pare abbiano deciso di parlare malgrado i parenti tentassero di dissuaderli, un intervento di Cristina Comencini : “Gli adulti salvati dalla forza dei bimbi”.
La Stampa: “Marò, primo successo dell’Italia”, “Il Tribunale dell’Aja: Girone torni a casa per l’arbitrato. Dehli non ci sta: decidiamo noi”, “Il premier lo chiama: notizia straordinaria. Mattarella: soddisfazione. Il padre del fuciliere: speriamo sia così”.
“Si apre la fase più delicata della trattativa”, scrive su questa vicenda Stefano Stefanini.
Più in basso i titoli sul referendum costituzionale: “Renzi lancia la campagna del sì. Obiettivo diecimila comitati”, “Verdini in soccorso del Pd alle amministrative. Ma ricuce con Berlusconi: ‘A Roma scelta giusta’”. Sulla mobilitazione dei comitati per il sì un commento di Giovanni Sabbatucci: “Il governo alla sfida più difficile”.
A centro pagina, foto dalla presentazione del minivan “Pacifica” al Salone dell’auto l’anno scorso a Detroit: “Auto senza guidatore, accordo Fca-Google”, “Entro fine anno il Lingotto realizzerà un centinaio si prototipi, partendo dal minivan ‘Pacifica’”.
Il “Buongiorno” di Massimo Gramellini commenta la sentenza della Corte di Cassazione: “Il diritto di avere fame”. “Roman Ostriakov, senzatetto ucraino di trent’anni -ricostruisce Gramellini- e novello miserabile alla Jean Valjean, si era preso sei mesi si carcere per avere rubato due pezzetti di formaggio e un pacchetto di wurstel in un supermercato di Genova. Ma la Corte di Cassazione ha annullato la sentenza, sostenendo che non è punibile chi ruba piccole quantità di cibo spinto dall’appetito”; “per i giudici supremi il diritto alla sopravvivenza prevale su quello di proprietà”.
Il Fatto ha un reportage dal Cairo di Pierfrancesco Curzi: “‘Qui nella casa di Regeni abbiamo ancora paura’”, “Per la prima volta nell’appartamento di Giulio”, “I coinquilini di via Yanbo -Mohamed e tre ragazze- sono spaventati. Il cellulare del giovane italiano forse clonato. Associated Press: ‘Sparatoria-farsa: i sospetti sequestratori eliminati a sangue freddo dalla polizia’”.
Il quotidiano dedica il titolo di maggiore evidenza a centro pagina all’ultima tornata di nomine da parte del governo e in particolare su quella di Giorgio Toschi alla guida della Guardia di Finanza: “Toschi: Mercedes e contanti”, “L’inchiesta. Nelle carte dell’archiviazione molte ombre sul nuovo capo della Gdf”, “Il generale è stato nominato venerdì. Ma dagli anni in cui era numero uno della Guardia di Finanza a Pisa, tra il 1991 e il 1995, emerge un’indagine a suo carico. Nelle carte, le storie di tre auto a prezzi scontatissimi, strani cambi di banconote (che lui nega) e spese irrisorie di manutenzione ordinaria della famiglia. Intanto i controlli fiscali per una serie di aziende erano praticamente inesistenti. Elementi che il pm non ritenne sufficienti per una richiesta di rinvio a giudizio. L’alto ufficiale interpellato dal ‘Fatto’: ‘Non voglio commentare'”. Ne scrive Ferruccio Sansa.
Ancora sulle “Nomine scamdalo”, il caso di Chicco Testa: “Testa, il lobbista che non può fare il ministro”, di Giorgio Meletti.
Di fianco: “L’ultimo bluff”, “I fondi alla ricerca sono gli stessi stanziati da Letta”.
A centro pagina: “Renzi lancia il suo plebiscito ‘porta a porta’ sulla Carta”, “Contestato. Fischi a Firenze Matera”. E sul tema il quotidiano intervista il costituzionalista Gaetano Azzariti: “‘Cita Calamandrei ma non sa che cosa diceva’”.
A questo tema è dedicato l’editoriale del direttore Marco Travaglio: “Signorsì, signore!”.
Il Giornale: “Marò, battaglia vinta”, “Scacco all’India”, “Il tribunale dell’Aja impone il rientro in Italia di Salvatore Girone durante l’arbitrato. Nuova Dehli sconfitta cerca di farci un altro sgambetto. Stavolta il governo non può cedere”. Di fianco, un commento di Giuseppe Marino: “La sinistra ora festeggia per una causa che snobbava”, “Voltagabbana”.
Più in basso, i disegni della bimba di Caivano: “Scandalo pedofilia”, “I disegni di Fortuna che smascherano il palazzo degli orrori”, “Il caso si allarga: chiesta la riesumazione del corpo del piccolo Antonio Giglio”.
A centro pagina: “La Borsa boccia il salvabanche”, “respinta la quotazione della Popolare di Vicenza”, “‘Non ci sono le condizioni’. Crollano i bancari e affossano Piazza Affari.
E un’analisi di Nicola Porro sul “paracadute di Atlante”: “Il premier non perde la faccia ma resta il rischio di contagio”.
L’editoriale del direttore Alessandro Sallusti è dedicato al referendum sulle riforme costituzionali: “Non cadiamo nella trappola del referendum”.
Referendum costituzionale
Sul Corriere, a pagina 2, si dà conto delle parole di Renzi che ieri, da Firenze, ha lanciato la campagna per il “sì” al referendum costituzionale di ottobre: “Ho bisogno di voi, 10 mila comitati in tutta Italia, composti da un minimo di 10 a un massimo di 50 persone”, “sono certo che vinceremo”, occorrerà “coinvolgere la popolazione” perché la sfida non appartiene “solo ai dotti professori”. Bisognerà finanziare la campagna “dal basso”, “se non riesco vado a casa”. Massimo Franco, che ne scrive nella sua “Nota” sottolinea che l’appello alla mobilitazione sembra una prova generale per le Politiche: il presidente del Consiglio con le sue parole ha confermato che si tratterà, di fatto, di un voto sulla sua persona. Prevale la parola d’ordine dell’Italia del “sì” opposta all’Italia del “no”: slogan efficace, nel quale il Senato è solo una delle poste in gioco. Quella vera sono le elezioni politiche, che si dovrebbero tenere nel 2018, ma potrebbero precipitare nel 2017. I 10mila comitati per il “sì” e la mobilitazione per portare la gente alle urne sembrano tappe di una prova generale: “se l’operazione riesce, vorrà dire che l’Italia si riconosce nel premier”. Il fronte degli oppositori “è eterogeneo, per non dire contraddittorio” ma la politicizzazione del referendum potrebbe provocare una mobilitazione del no insidiosa: accomuna FI, Lega, M5S, frammenti del Pd e sinistra radicale: li accomuna “l’ostilità contro il premier”.
A pagina 5, intervista all’ex presidente Napolitano di Aldo Cazzullo: “‘Se a ottobre vince il no per le riforme è finita. Sbagliato personalizzare ma è in gioco il governo'”. Ma Renzi non ha sbagliato a legare le sorti del governo alla vittoria del sì? “Renzi non avrebbe dovuto dare questa accentuazione politica personale, ma solo un’ipocrita può dire che, se ci fosse un rigetto su una questione così importante, su cui il governo si è tanto impegnato in Parlamento, non si porrebbe una problema per le sue sorti. Renzi ha sbagliato a metterci una tale carico politico: se vince il sì vince la riforma, vince l’interesse del Paese; non è un trofeo che Renzi possa impugnare, non è un’incoronazione personale”. L’intervista tocca molti altri temi, dalla Libia ad Obama, dall’Ue alla questione migranti. Definisce “storico” l’ultimo intervento di Obama: “si è rivolto ai popoli europei e alle leadership. Ha fatto capire che gli Usa non vogliono più trattare con i singoli Stati europei, ma con l’Europa nel suo insieme” ed ha messo “gli impulsi neonazionalistici sullo stesso piano degli istinti tribali”. Sui Paesi dell’Est europeo: “Il problema è come i Paesi dell’Europa centro-orientale sono entrati nell’Unione. Quando si decise l’allargamento non si ebbe un chiarimento pieno sui principi e valori fondamentali dell’integrazione: la cessione di sovranità, l’esercizio di una sovranità condivisa, l’interesse comune europeo”.
Su La Stampa: “Renzi: via alla campagna per il sì. Boschi testimonial, 10 mila comitati”, “Referendum costituzionale, volontari ‘modello testimoni di Goeva’. Per il ministero dello Sviluppo economico ha scelto Chicco Testa”.
In basso un’analisi di Fabio Martini: “I sondaggi danno i contrari in testa. Al premier servono 20 milioni di voti”, “Il tema della ‘mobilitazione’ al centro del primo comizio”. E il commento di Marcello Sorgi nella rubrica “Il taccuino”: “La strategia ora è evitare il plebiscito personale”. Poi un articolo di Francesco Maesano si occupa degli oppositori: “Una Babele di voci nel fronte del ‘no’. La sinistra dem indecisa”, “Gotor: libertà di coscienza. Bersani: voto sì”.
Su La Repubblica: “Renzi lancia la sfida del referendum: ‘L’Italia può uscire dall’incantesimo’”, “La campagna porta a porta del premier: ‘Dopo 63 governi, adesso si cambia’”. A pagina 3 il “retroscena” di Carmelo Lopapa sul fronte del no: “Mossa per spacchettare i quesiti: ‘Pronti a ricorrere alla Consulta’”, “nel fronte del No crescono i favorevoli a votare per parti separate. Dai costituzionalisti ai parlamentari d’opposizione. M5S: ‘Presentiamo un referendum per ogni capitolo’. La minoranza Pd: ‘Sì a comitati anti-riforma’”. E in basso un intervento di Salvatore Settis: “La Costituzione non si cambia con un plebiscito”, “E’ stato uno svarione istituzionale cucinare in un unico testo una riforma tanto estensiva”, “E’ ancora possibile rimediare in parte segmentando i quesiti: così c’è più rispetto per elettori e democrazia”.
Ne scrive anche Stefano Folli nella sua rubrica “Il punto”: “La scommessa del premier”. “Il premier si sta giocando una partita politica che è molto nelle sue corde e , a quanto pare, le sfumature lo infastidiscono. Come non lo preoccupa affatto la divisione degli italiani. Anzi, egli stesso scava un solco profondo tra il ‘sì’ e il ‘no’. Un solco che solo in apparenza riguarda le misure costituzionali -dove c’è altro oltre la riforma del Senato- ma in realtà mira a generare una maggioranza di veri riformatori, protesi verso il futuro, soldati del premier (l’esercito del ‘sì’) e una minoranza di conservatori, ‘gufi’, amici dei sindacati e nemici del progresso (la forza oscura del ‘no’)”; ed è ovvio che “questa logica plebiscitaria alimenti già da settimane contrasti”, ma “Renzi adora il conflitto e lo ritiene -non del tutto a torto- essenziale alla lotta politica”.
“Non cadiamo nella trappola del referendum”, scrive il direttore de Il Giornale Alessandro Sallusti: “non è infatti vero che si andrà ad abolire il Senato o i suoi costi astronomici, semplicemente i senatori saranno un po’ meno e diversamente eletti con meccanismi regionali che a tutt’oggi restano un mistero”; “il governo Renzi non darà alcun colpo mortale alla casta della politica” e “un centinaio di illustri costituzionalisti di ogni colore e appartenenza politica ha di recente sottoscritto un appello per invitare gli italiani a votare no e bloccare il pasticcio”. Quella di Renzi è una tattica collaudata: ogni volta che si profila un problema bisogna parlare d’altro, scrive Sallusti. “le previsioni sul risultato delle amministrative alle porte si mettono al brutto per Pd e governo? E lui parla di referendum, con una spruzzatina di unioni civili (‘le approveremo entro il 12 maggio’) e di volontariato (‘presto la nuova legge’)”.
Su Il Fatto: “La gioiosa macchina da guerra di Renzi per il sì al referendum”, “Vuole 10 mila comitati, come alle Primarie, dai 100 ai 500 mila ‘soldati’ per salvare ilò ddl Boschi: ‘Se perdo, me ne vado’. Ma manca ancora il presidente del Comitato”, scrive Wanda Marra. E il quotidiano intervista il costituzionalista Gaetano Azzariti: “Se cita Calamandrei e Dossetti cerchi di capire cosa dicevano davvero”, “Arruola i padri costituenti con una lettura almeno incompleta”.
Marò
Sul Corrriere, intervista alla ministra della Difesa Pinotti: “‘Confermata la nostra tesi, ma siamo soltanto a metà”, “A casa tra poche settimane, potrà veder crescere i suo figli”.
La Repubblica intervista il ministro degli Esteri Gentiloni: “L’arbitrato sui marò ci darà ragione, solidarietà dalla Ue'”. Gentiloni parla anche del caso Regeni (“la ricerca della verità si Regeni non può essere cancellata da interessi o preoccupazioni geopolitiche”), della situazione in Libia (“Deve rimanere unita: le spinte centrifughe devono essere respinte”), delle tensioni con l’Austria al Brennero (“La costruzione della barriera sarebbe una sconfitta per l’Europa”) e di immigrazione (“Gli altri Paesi dell’Unione sono interessati al nostro Migration compact”).
Su La Stampa Stefano Stefanini scrive che “la decisione del Tribunale dell’Aja di autorizzare il rientro di Salvatore Girone in Italia in pendenza dell’arbitrato internazionale sulla giurisdizione nel merito, è un successo, politico e diplomatico oltre che giuridico, del nostro governo. Premia la scelta del Presidente del Consiglio e del ministro degli Estreri Gentiloni di adire le vie della giustizia internazionale, dopo aver esaurito quelle della diplomazia bilaterale con l’India”.
A pagina 3 l’articolo di Carlo Pizzati da New Dehli: “Ma l’India va al contrattacco: ‘Via libera solo con garanzie'”, “La tesi: è sotto la nostra autorità, serve l’ok della Corte costituzionale. Sui giornali l’attenzione è però per il caso degli elicotteri Augusta”.
Il caso Regeni
Su Il Fatto un reportage di Pierfrancesco Curzi dal Cairo: “Nell’appartamento di Giulio tra paure e mezze verità”, “I coinquilini e lo studente che ha preso il posto di Regeni. Un’olandese: ‘Per prima cosa mi hanno raccontato della sua morte'”. E alla pagina seguente Roberta Zunini riferisce dell’intervista concessa alla Associated press da Rasha Tarek, figlia di colui che sarebbe stato il “capobanda” ucciso assieme ad altri componenti di quel gruppo accusato dalle autorità egiziane di aver derubato e ucciso Regeni: “accuso il ministero di tentare di colpire le proprie malefatte uccidendo la mia famiglia”. L’Associated press ha raccolto le testimonianze di chi ha assistito alla sparatoria: due testimoni hanno confermato che si trattò di una esecuzione a freddo e che nessuno del gruppo era armato. I 5 uomini, tutti incensurati tranne un imbianchino non legato da parentela alla famiglia Tarek, sarebbero stati crivellati di colpi dagli agenti della polizia scesi da ben sette veicoli. Mentre la polizia si trovava sul minibus, il gruppo ha tentato di salvarsi uscendo dal mezzo.
Islam, Germania
Sul Corriere: “La destra xenofoba lancia il manifesto anti immigrati”. E’ Maria Serena Natale ad occuparsi del congresso di AfD a Stoccarda: 2.440 delegati hanno approvato il primo manifesto programmatico. Dove si legge che “L’Islam non appartiene alla Germania”. Il testo prevede il divieto di costruire minareti e chiamare i fedeli alla preghiera con il canto del muezzin, di indossare il velo integrale, di finanziare con fondi stranieri moschee e fondazioni musulmane. A questo tema è dedicata anche un’analisi di Donatella Di Cesare: “La sfida a Merkel”, “Islam, i dubbi e l’integrazione”, “Occultare l’ambivalenza di alcuni musulmani avvantaggia le forze populiste”. Dove si sottolinea che “integrazione” è stata la parola chiave della politica seguita finora dalla Germania di Angela Merkel. Il sui progetto è fare della Germania uno Stato multietnico in cui le differenze di origine e di religione possano essere via via ridotte. Ma i tedeschi condividono il progetto Merkel? E ci si sofferma sul AfD che, a soli tre anni dalla sua fondazione, si presenta come la nuova destra: nuova perché, pur se contigua agli ambienti del radicalismo nero, è populista quanto basta per compiere due mosse decisive: convogliare tutta l’inquietudine identitaria dei tedeschi in senso xenofobo e lasciarsi alle spalle di fantasmi del passato. Secondo sondaggi AfD raggiungerebbe il 14% dei consensi. E questo spiega perché Peter Tauber, segretario della Cdu, si sia affrettato a definirla “un partito anti tedesco”. Merkel si è mossa nel solco di quella integrazione che negli anni Settanta ha permesso di dare lavoro a tanti immigrati e negli anni Novanta ha consentito di accogliere milioni profughi dall’Europa orientale. Oggi in Germania vivono circa quattro milioni di musulmani: un mondo variegato e per molti versi già ben integrato. A loro spetterà un ruolo decisivo, scrive Di Cesare.