Il Corriere della Sera: “Renzi e i sindacati, rottura totale. Il premier duro: non tratto. Lettera dell’Italia all’Europa, rallenterà il calo delle tasse. Apertura di Bruxelles”. “Le banche trascinano al ribasso la Borsa: -2,4 per cento. Crollano Montepaschi e Carige”.
Un articolo di Salvatore Bragantini è dedicato alle “debolezze nascoste” della nostra economia: “Perché non riusciamo ad avere credito”.
A centro pagina: “Visite per Ebola. I soldati Usa portati a Vicenza”. In prima anche un “diario dalla Sierra Leone” firmato da Gino Strada: “Malati sotto la pioggia in attesa di un letto”.
A fondo pagina: “Le tangenti al Comune e alla Camera. L’inchiesta a Roma su Gesconet: 300 mila euro in due anni per ottenere appalti”.
In alto anche le elezioni in Tunisia: “Scelta laica in Tunisia. Cede il partito islamico. Governo di unità nazionale”.
La Repubblica: “Guerra senza fine sindacati-Renzi. Banche, crolla Mps”, “Camusso: surreale e irrispettoso il vertice con i ministri”, “Il premier: non faccio le leggi con loro, non sono deputati”, “Padoan scrive all’Ue: deficit ridotto dal fondo taglia-tasse”.
A centro pagina una foto della Cappella Sistina, con la nuova illuminazione per gli affreschi: “La Sistina a numero chiuso, ‘Troppi turisti, va protetta’”.
In taglio basso, le notizie sull’ostaggio dell’Is John Cantlie: “Video-shock, l’ostaggio diventa reporter” , “Cantlie costretto dall’Is a raccontare la vittoria di Kobane”.
Di spalla a destra un intervento del fondatore del quotidiano Eugenio Scalfari: “Francesco e il coraggio di sfidare la Verità”.
La Stampa: “Renzi-sindacati, ultimo scontro”, “Vertice senza risultati. Cgil: surreale. Il premier: non tratto con loro”.
La foto a centro pagina riguarda le notizie sul virus Ebola: “Ebola, a Vicenza soldati Usa in quarantena”, “Sono 11 militari appena rientrati dalla Liberia. Le autorità: ‘Nessun sintomo, solo precauzione’”.
Sotto la testata: “L’ostaggio diventa reporter per l’Isis”, “Propagnada a Kobani”, “L’inglese Cantlie ‘inviato’ dai suoi carcerieri nella città contesa ai curdi, ‘Lo Stato islamico ha già vinto’”.
Il Sole 24 Ore: “Borse, banche sotto tiro. Piazza Affari maglia nera. Fuga da Mps (-21 per cento) e Carige (-17 per cento). Renzi: casi da affrontare”. “Ondata di vendite sui listini Ue (Milano -2,4 per cento). Tensione sui Btp”.
Di spalla la legge di Stabilità: “L’Italia alla Ue: correzione alla manovra per 4,5 miliardi. Apertura da Bruxelles: bene la collaborazione”. “Sindacati contro i ministri: non hanno trattato. Il premier li gela: giusto così. Le imprese: più innovazione”.
In prima la notizia che anche la Francia ha corretto i conti, dopo la lettera della Ue: adotterà misure per ridurre il deficit di 3,6-3,7 miliardi”.
A centro pagina: “Stato-mafia, oggi i giudici al Colle. Testimonianza senza diretta”
Il Fatto: “Stato-mafia, Napolitano parla nella stanza oscura”, “Oggi al Quirinale il presidente testimonia al processo sulla Trattativa. Domande sugli ‘indicibili accordi’ che gli svelò il suo consigliere Loris D’Ambrosio. E sul ruolo di presidente della Camera negli anni delle stragi quando fu bloccato il decreto sul 41bis e quando i Servizi parlarono di ‘trattative’ e progetti di ucciderlo. Polemiche sui cronisti tenuti fuori dal Palazzo. Il salone è chiamato così perché non ha finestre sull’esterno”.
A centro pagina: “Renzi sbeffeggia i sindacati: ‘Non tratto, mandate un’email”, “Vertice sulla manovra, Camusso: ‘Senza risposte sarà sciopero generale’. Il premier: ‘Fiducia? Guai a chi sgarra nel Pd’”.
Il Giornale: “Le mail segrete dei pm in rivolta contro Renzi. Magistrati in trincea: “Il ‘tifoso viola’ vuole normalizzarci, prontiallo sciopero”. Si tratta delle “email che circolano” tra magistrati in vista di una assemblea dell’Anm prevista per il 9 novembre, scrive il quotidiano.
A centro pagina. “Il premier si rimangia mezzo taglio delle tasse. Una figuraccia o una strategia per raggirare l’Ue? Berlusconi: non sono renziano. A marzo una kermesse per far tornare a sognare il centrodestra”.
In prima anche il voto alle elezioni comunali a Reggio Calabria, dove ha vinto il candidato del Pd e “crolla Grillo”, che “perde quasi venti punti”, fermandosi al 2,5 per cento.
Renzi, sindacati
Il Corriere dà conto del “gelo all’incontro tra governo e parti sociali”, e in particolare della “rabbia di Camusso: ministri surreali”. “La leader Cgil: nessuno era in grado di rispondere”. Su Renzi, “chiude la porta ai sindacati: non devo trattare le leggi con loro”. “Li ascoltiamo, ma è il Parlamento che decide’”, ha detto ieri il premier, ospite di Lilli Gruber ad Otto e mezzo.
“Il piano di Matteo: sterilizzare la Cgil”: con questo titolo La Repubblica offre ai lettori il “retroscena” sull’incontro ieri governo-sindacati, firmato da Francesco Bei. Ad aprire “una voragine” tra il corso attuale di Palazzo Chigi e la Cgil è il proposito politico del premier, secondo Bei: un proposito elaborato e messo in pratica in maniera scientifica in questi giorni: “Rendere questo sindacato ininfluente rispetto al governo”. La frase è citata tra virgolette come attribuibile allo stesso Renzi. Non tutti i sindacati, ma “questo”, ovvero la Cgil di Susanna Camusso, il sindacato che “fa politica”, ovvero l’unico giacimento culturale ed elettorale a cui potrebbe attingere domani un nuovo soggetto di centrosinistra. Un sindacato che deve tornare a “fare il proprio mestiere”, lasciando la scrittura delle leggi a chi è stato eletto. Ieri il presidente del Consiglio al tavolo con i sindacati di Palazzo Chigi non c’era, ma ha subito precisato che “il governo non scrive le leggi trattando con il sindacato”, perché se “i sindacalisti vogliono trattare si facciano eleggere”, avrebbe detto. Quello di ieri è stato, secondo Bei, un “dialogo tra sordi”, con i renziani che accusano la leader Cgil: “non era interessata, a differenza degli altri, a migliorare la legge di stabilità . Voleva solo lo scontro. La Cgil ormai pensa allo sciopero generale e le sue critiche sono state tute politiche. Ma la Finanziaria la facciamo noi, non il sindacato”. La Camusso avrebbe chiesto una Finanziaria “di svolta”, ben oltre i 36 miliardi impostati dal governo. Dove trovare i soldi? “Con una tassa patrimoniale”, è stata la risposta della Camusso. “I ministri in sala si sono guardati esterrefatti”, racconta Bei. Il quotidiano riferisce anche delle critiche della segretaria Cisl Anna Maria Furlan: “Il governo ha detto meno di quello che sapevano dalla lettura dei giornali”. Camusso: “E’ surreale che in un incontro di così alto livello nessuno sia stato in grado di rispondere alle nostre obiezioni, il fatto è che il governo non vuole neanche provare a misurarsi”.
Su La Stampa: “Camusso attacca. E Renzi: non tratto con i sindacati”, “La Cgil: surreale, Poletti è senza mandato”. I ministri presenti all’incontro, ovvero il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Delrio, i titolari dell’Economia Padoan, del Lavoro Poletti e della Pubblica amministrazione Madia, “si sono limitati ad illustrare di nuovo le slides sulla manovra”, scrive il quotidiano. Hanno ribadito che non ci saranno cambiamenti significativi. Sulla stessa pagina il “retroscena” di Fabio Martini: “Così finisce l’era della concertazione, ‘Piazza e scissione non fanno paura’”, “Il premier sterilizza il fuoco amico: ‘A sinistra non c’è più spazio’”.
Su Il Fatto: “Il governo ai sindacati: ‘Con voi non trattiamo’”, “Dopo un incontro ‘surreale’ dell’esecutivo con Cgil, Cisl e Uil, in serata il premier spiega in tv il suo concetto di dialogo: ‘Mandatemi una e-mail’”.
Sul Messaggero: “Nuovo scontro tra governo e Cgil. Renzi: ‘Non tratto con i sindacati”. Un articolo del quotidiano si sofferma anche su uno dei tagli previsto nella legge di Stabilità: “I Patronati: con i tagli a rischio 5 mila posti”. “I Patronati si appellano al Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano” dopo l’annunciato taglio di 150 milioni di euro al fondo alimentato dai contributi dei lavoratori contenuto nella Stabilità. La lettera è firmata dai coordinatori dei Patronati di sindacati ed Acli.
Due pagine de La Repubblica sono dedicate anche oggi alle vicende del Partito Democratico: “Renzi esclude la scissione. Ma la sinistra Pd lo attacca: ‘Cerca lo scontro per votare’”, “Fassina: ‘Voglio risposte, non battute’. Boschi: ‘Bindi astiosa’. Consulta, possibile un incontro con i 5Stelle”.
Sulla stessa pagina: “Bersani boccia lo strappo: ‘La ditta non si molla’”. Ieri una parte della sinistra dem si è incontrata per un seminario a porte chiuse sull’euro, organizzato dalla rivista on line ‘Idee in controluce’: c’erano Pierluigi Bersani, Gianni Cuperlo, Stefano Fassina. (“Non molliamo il Pd, la ‘ditta’ non si abbandona”, avrebbe detto Bersani). Il quotidiano intervista Massimo Cacciari, che dice: “Matteo abbatte i simboli della socialdemocrazia per sedurre il centrodestra con il Partito della Nazione”, “Il premier agita bandiere ideologiche e di fatto allontana le due anime del Pd. Una scissione? Non la teme e, forse, sotto sotto la desidera”. Il Partito della Nazione non gli piace: “lo detesto”, “è una boutade populistica per arraffare voti e conquistare un’egemonia attorno alla figura di un leader”. Da La Repubblica segnaliamo anche un intervento di Guido Crainz: “Il fantasma delle due sinistre”.
Anche la nota di Massimo Franco sul Corriere si sofferma sulle divisioni nel Pd: “La realtà è che Renzi è riuscito a dividere la minoranza interna”, e la minoranza interna sembra agire per favorire quel ricorso alle urne che dice di non volere. “Il capo del governo potrebbe rivolgersi al Paese e chiedere una vera legittimazione popolare, non quella spuria delle europee”, scrive il quotidiano.
Alle sortite del premier contro gli intellettuali sono invece dedicate le analisi di Gian Enrico Rusconi su La Stampa (“Intellettuali. Un bersaglio sbagliato”, ma forse i premier ce l’ha con alcuni intellettuali di partito che frequentano gli ambienti da dove peraltro proviene lui stesso) e di Antonello Caporale su Il Fatto (“Intellettuali dei suoi stivali: Matteo come Craxi”)
Secondo Il Giornale, che cita una stima fatta dal sondaggista Nicola Piepoli, “il partito della ‘vecchia guardia’ vale il 10 per cento”. “Per i sondaggisti un quarto degli elettori democratici potrebbe seguire Bersani & Co”. Si segnala anche un sondaggio fatto per valutare l’operato del sindaco di Roma. “Nel sondaggio che boccia Marino c’è anche Nicola Zingaretti, governatore Pd del Lazio” che “batte Renzi nel gradimento dell’elettorato Pd romano. Sarà lui l’anti Renzi del Pd-s?”.
Legge di Stabilità
Ieri, scrive Il Giornale, il ministro dell’Economia Padoan ha replicato agli appunti dell’esecutivo europeo sulla legge di Stabilità ed ha “usato toni da resa”, impegnando il governo ad “adottare misure addizionali nel 2015 per rafforzare lo sforzo già previsto” nella Legge. Sono “4,5 miliardiche portano la correzione allo 0,3 per cento2, e la parte più importante è “lo spostamento a riduzione del deficit del ‘fondo originariamente destinato alla riduzione della pressione fiscale’ (3,3 miliardi)”. “Destinato all’Europa e non alla reiduzione delle tasse”, sintetizza il quotidiano.
Sul Sole 24 Ore: “‘Deficit, nuove misure per 4,5 miliardi’. Padoan alla Ue: risorse da fondo tasse, cofinanziamento e reverse charge. Governo fiducioso sull’intesa”. La lettera inviata a Bruxelles è “la solzuione di compromesso maturata nei contatti informali con la vecchia e la nuova Commissione”, in risposta ai rilievi contenuti nella lettera spedita da Bruxelles giovedì scorso. Un altro articolo: “Apertura da Bruxelles: ‘Collaborazione costruttiva con Roma’. Domani il giudizio, verso un sì”.
Stress test
Una analisi del Sole si sofferma sul “paradosso del test” Bce che ha “penalizzato il credito all’economia reale. Nelle banche italiane i crediti pesano il 56,3 per cento dell’attivo, in quelli tedeschi solo il 30,5 per cento”, ma i parametri della Bce “sembrano battere più duro sull’economia reale che sulla finanza”. E dunque le banche tedesche, “poco esposte sulla economia reale”, escono meglio di quelle italiane. “L’esame ‘sotto sforzo’ ha valutato molto lo scenario avverso di recessione mentre ha pesato poco i rischi finanziari”, secondo il quotidiano.
Secondo Salvatore Bragantini, che scrive un commento sul Corriere, “sarebbe strano che, avendo noi peerso l’11 per cento del Pil dal 2008, le banche italiane fossero promosse con lode” e “se si ha la febbre è sciocco prendersela con il termometro”. E se Deutsche BAnk ha una percentuale di attivi molto inferiore, per esempio, ad Intesa dipende dal fatto che “i titoli complessi rendono più del credito”, attività nella quale le nostre banche sono più impegnate. E “se le banche non guadagnano abbastanza non fanno credito”. Da qui la necessità che sia il mercato a finanziare l’economia, supplendo alla carenza di quelle”.
In un “retroscena” lo stesso quotidiano ricorda che il 31 terrà il suo consueto intervento alla giornata del risparmio il governatore Visco, e si ricorda che dal 4 novembre la vigilanza bancaria passa da Roma a Francoforte, con l’ampliamento del terreno di confronto delle banche all’interno dell’Europa.
Trattativa
Sul Corriere: “Il giorno delle domande a Napolitano”. Dove si scrive che i pm hanno preparato “una ventina di quesiti” e che l’avvocato di Riina Cianferoni ne ha pronti altrettanti. “In qualunque momento il presidente potrà sottrarsi. il legale di Riina non gli chiederà del carcere duro”, scrive il quotidiano.
In un altro articolo il quirinalista Marzio Breda si sofferma sul luogo della deposizione, che “nel Settecento chiamavano la Sala Oscura” perché priva di finestre, e sul fatto che non ci sarà il collegamento video o audio. “Il pericolo di essere travisato. L’attesa tra carte, dossier e appunti”.
Dura è la polemica ingaggiata da Marco Travaglio sulla prima pagina de Il Fatto in relazione alla udienza del processo per la cosiddetta Trattativa Stato-mafia oggi al Quirinale per ascoltare il capo dello Stato: “L’altro giorno -scrive Travaglio- anche i giornali italiani hanno celebrato Ben Bradlee, il leggendario direttore del Washnigton Post scomparso a 93 anni che era entrato nella storia del giornalismo e della politica pubblicando i Pentagon Papers sulla sporca guerra in Vietnam e poi l’inchiesta di Bernstein & Woodward che scoperchiò lo scandalo Watergate”, “Sono gli stessi giornali che da due anni tacciono su uno scandalo che fa impallidire il Watergate e riguarda non la Casa Bianca, ma il Quirinale”, poiché “hanno nascosto il ruolo di Giorgio Napolitano nelle manovre del consigliere D’Ambrosio per sottrarre l’inchiesta alla Procura di Palermo”. Ma ora quei quotidiani “non dicono una parola sull’ultima vergogna: il divieto di accesso imposto dal Quirinale alla stampa (cioè ai cittadini)”. Solo il Corriere, scrive Travaglio, ieri è intervenuto per chiedere che i giornalisti possano assistere alla scena, mai accaduta prima, di un Capo dello Stato italiano sentito come teste in un processo di mafia”. Una richiesta di trasparenza condivisibile, ma “supportata da motivazioni assurde: ‘conviene alla massima istituzione del Paese’, ‘per evitare interpretazioni fuorvianti’”.
Su La Repubblica, a pagina 19, Salvo Palazzolo firma “l’inchiesta” basata sui documenti desecretati del Viminale che documentano la cronaca delle riunioni d nove comitati nazionali della sicurezza, riunitisi tra il 1992 e il 1993, in cui si discusse più volte del 41 bis ai boss mafiosi. Nel dicembre 1993, in particolare -ministro dell’Interno Nicola Mancino- il procuratore nazionale antimafia Bruno Siclari avrebbe lanciato l’allarme: “preoccupa molto il pericolo degli attentati, ma preoccupa anche il regime carcerario, per il rallentamento del rigore nei confronti dei detenuti”, “sarebbe opportuno anche un segnale de governo per delineare un alinea più dura”.
Su Il Giornale Alessandro Sallusti scrive che “la presunta trattativa – a occhio – nulla ha a che fare con l’affronto che la procura di Palermo oggi mette in scena contro il capo dello Stato” e comunque “lo Stato ha il diritto-dovere di trattare con chiunque se c’è in ballo la vita di persone”, e “siccome è vero che dopo quella trattativa con la mafia cessò la mattanza di magistrati e poliziotti”, e che “nessuna bomba scoppiò più nelle piazze e nei musei;” e che “vennero poi arrestati dopo anni vissuti impunemente in latitanza i padrini Riina, Provenzano e praticamente tutti i loro uomini, mi chiedo: ma di che parliamo? Benedetta dovrebbe essere una simile trattativa e benemeriti gli uomini che l’hanno condotta”.
Consulta
Il Corriere: “Sto a Violante per la Consulta. Spinta all’accordo con M5S. Il premier: lo sa anche lui, sì a un nome diverso se ci sono le condizioni”. Se il Pd davvero lo metterà da parte, i nomi possibili sono quelli del professor Massimo Luciani mentre Forza Italia sta “ragionando su una rosa di nomi”, “non solo femminile”, come ha detto Brunetta. Il M5S avrebbe in cambio il voto del Pd al candidato al Csm Alessio Zaccaria.
Internazionale
“La Tunisia cambia volto, islamisti sconfitti alle urne, il governo andrà ai laici”, è il titolo di un articolo di Giampaolo Caladanu che compare oggi su La Repubblica. Su quotidiano i lettori troveranno anche una lunga analisi di Bernardo Valli, in cui si evidenzia come la Tunisia resti “un’oasi politica” dove la transizione continua: dopo tre anni i militari sono di nuovo al potere in Egitto, mentre a Tunisi la “primavera” in qualche modo continua: “era facile deragliare qui, perché come al Cairo i Fratelli musulmani (il partito Ennahda è la versione tunisina) hanno scippato la rivoluzione, il cui carattere all’origine tra il liberale e il libertario ha stentato a resistere all’irruzione religiosa”. Come al Cairo, qui gli islamisti arrivati al potere non sono stati capaci di gestire l’economia. E non hanno saputo tenere a bada i salafiti. Ma hanno imparato “l’arte del compromesso” trattando con le forze non islamiste, anche in occasione della stesura della Costituzione.
Su La Stampa: “Svolta in Tunisia, la vittoria ai laici”, “Gli islamici di Ennahda accettano la sconfitta: unità nazionale”.
Il GIornale: “Un raggio di primavera: in Tunisia vincono i laici. Nettamente battuti gli islamici moderati di Ennahda, che avevano trionfato alle prime elezioni libere del 2011”. Ennahda ha ammesso la sconfitta. Nel partito che ha vinto, Nidaa Tounes, ci sono “laici, liberali, vecchi volti noti nell’era dell’ex rais Zine Al Abidin Ben Ali ma anche membri dei sindacati. Il suo leader, l’ex premier della transizione Beji Caid Essebsi, è stato ministro degli esteri negli anni del dittatore”.
Il Corriere: “Lo acolta laica della nuova Tunisia. Islamici sconfitti: ‘Governo d’unità”. “Perde slancio il partito Ennahda, che era salito al potere dopo la rivoluzione del 2011”. Di Essebsi l’inviato scrive che è “di nonni sardi, di studi parigini, già ministro con Bourghiba”. Entra in Parlamento la vedova di Moahmed Brahimi, uno dei “cadaveri eccellenti che nel 2013 riportarono la folla in piazza e costrinsero Ennahda a lasciare il governo”, ma ci tornano anche esponenti del vecchio regime, scrive il quotidiano.
Sul Sole grande spazio alle elezioni in Brasile: “Roussef vince, ma i mercati la bocciano. Crollano la Borsa e il real nel giorno in cui viene rieletta la presidente brasiliana. Strada in salita per il Capo dello Stato: un modello economico in crisi e (quasi) tutto da reinventare”.
Roussef – scrive il quotidiano – ha già annunciato che cambierà la squadra di governo, e che al ministero dell’Economia sostituirà Guido Mantega, economista, non osteggiato dai mercati “ma forse condizionato dalla macchina del Pt, il potente Partito dei lavoratori cui Dilma appartiene”. “La promessa di Dilma: più impulso all’inustria”. Secondo gli analisti tuttavia il Paese è avviato verso una “lunga fase di stagnazione”.
E poi
Il Giornale pubblica il “discorso programmatico, da vero capo di Stato” tenuto dal presidente russo Putin lo scorso 24 ottobe “alla sessione plenaria el Club Valdai, la fondazione no profit che da anni si occupa del ruolo geopolitico della Russia nel mondo”. “Non è una dichiarazione di guerra ma un duro messaggio all’Occidente, e in particolare agli Stati Uniti”. Il titolo: “Altro che isolarci. Gli Stati Uniti aiutano i terroristi, la Russia aiuta gli imprenditori”.”Servono nuove regole internazionali o rischiamo l’anarchia globale. Le ingerenze di Washington riportano il mondo alla Guerra Fredda”. “Ora siamo noi a batterci per un mercato libero”.