Il Corriere della Sera: “’Lavoro alle donne, siete i peggiori’”. Si tratta di parole del Direttore generale del Fondo Monetario Internazionale Christine Lagarde, intervistata dal quotidiano milanese, che dice: “Il modello è l’Olanda”. Su Renzi: “Programmi ambiziosi”. A centro pagina: “Accordo sul voto di scambio, ora le pene sono più leggere”.
La Repubblica: “L’ira di Berlusconi: se non mi tutelano saltano le riforme”, “Letta e Verdini da Renzi: Senza agibilità il patto si rompe. Il premier: non vedo il Cavaliere, ma l’accordo reggerà”.
A centro pagina: “Deflazione Draghi pronto alla svolta”, “La Bce potrebbe creare moneta, spread giù”.
In taglio basso: “Province cancellate a metà, ecco le poltrone che resistono”.
La Stampa: “Irpef, 80 euro il tetto massimo. Il governo: crescita dello 0, 8%”, “Voto di scambio, le correzioni della Camera: pene più leggere”.
A centro pagina, la foto è per la regina Elisabetta in Vaticano: “Le regina porta al Papa miele, uova e whisky”.
Il Fatto: “È tutto un voto di scambio”, “Il Caimano non molla: se il 10 aprile scatterà l’arresto, candiderà uno dei figli. Se ci sarà un rinvio, farà campagna elettorale. Ieri due incontri ravvicinati: al Colle sale il Guardasigilli, Verdini dal premier. E la Camera riduce le pene per i politici che trattano con la criminalità”.
A centro pagina: “Il sistema Cosentino, ‘Soldi, voti e chi ha più forza spara’”.
L’Unità: “L’Italia non è una provincia”. “Sì della Camera: la riforma Delrio diventa legge. Renzi: ‘Si viaggia come un rullo compressore’. Voto di scambio: polemica sulla riduzione delle pene. Ma il procuratore antimafia: norme più chiare”. In evidenza la notizia dell’arresto dell’ex parlamentare del Pdl Nicola Cosentino.
Il Giornale: “Province, è una truffa”. “Cancellati 3 mila eletti, spuntano 30 mila nuovi posti di lavoro per i politici”. “E la Consulta spende 514 mila euro in auto blu”. Un richiamo in prima pagina con foto di Berlusconi e Napolitano si occupa del “futuro del Cavaliere”.
Il Sole 24 Ore: “Bce pronta a misure straordinarie”. Si tratta delle dichiarazioni di Mario Draghi, che ha aggiunto: “L’inflazione preoccupa, unanimità in Consiglio sul quantitative easing”. A centro pagina: “Padoan a Renzi: sui tagli scelte politiche. Il ministro chiede l’impegno di Palazzo Chigi per le coperture del cuneo, il 15 il decreto”. “Ocse e Fmi: in Italia il costo del lavoro è troppo elevato”.
Riforme
“Berlusconi non fa saltare il banco. Prevale il realismo di Verdini e Letta”, titola La Stampa ricordando che dopo l’incontro con Napolitano “era tentato di non rispettare gli accordi col premier”. I suoi stessi consiglieri gli avrebbero fatto capire che, mandando all’aria le riforme, il primo a rimetterci sarebbe stato lui, dal momento che Renzi avrebbe marciato lo stesso con una maggioranza risicata, per poi farsi approvare la nuova Costituzione a furor di popolo tramite un referendum confermativo: “D’accordo, andate pure da Renzi a trattare sul Senato e sul resto”, avrebbe detto allora sospirando a Gianni Letta e Denis Verdini. E intanto i sondaggi di Forza Italia precipitano sotto il 20 per cento: “lo so – avrebbe detto Berlusconi – e dipende dal fatto che io non posso andare in televisione a sfogarmi”, “ma mandarci altri è inutile, tanto stiamo come stiamo”. Nella pagina di fianco, il retroscena di Ugo Magri: “Renzi ostenta sicurezza, ‘Forza Italia voterà le riforme’”, “E avverte gli oppositori: se vado a casa io, ci vanno anche loro”. Poi il quotidiano parla di una operazione “occupy tv” del premier, che “imperversa su tutti i teleschermi” e compare in video quasi cinque ore al giorno.
La Repubblica: “L’avvertimento di Berlusconi: ‘Se non vengo tutelato non garantisco le riforme’”, “Dopo il no di Napolitano il leader forzista cade nello sconforto. Ma Renzi, Verdini e Gianni Letta confermano l’accordo”.
Secondo Il Giornale, “sulla grazia a Berlusconi Napolitano prende tempo”. Scrive il quotidiano che “stando a quanto trapela, nell’incontro dell’altra sera al Quirinale non si è parlato neanche di un’intervento di Giorgio Napolitano sui giudici di sorveglianza, quelli che dovranno decidere se il Cav andrà agli arresti domiciliari o se sarà affidato ai servizi sociali. Il presidente non sembra disposto. E poi, anche volendo, gli darebbero retta? Così, evitando di pretendere l’impossibile sulla sua vicenda giudiziaria, il Berlusconi visto sul Colle ha portato a casa il possibile sul piano della ‘agibilità politica’”. Il rapporto con il Presidente, “dopo mesi di polemiche e di gelo”, è “ improvvisamente migliorato” e il Capo dello Stato ha concesso udienza a Berlusconi perché “c’è anche il riconoscimento plastico, visivo, del suo ruolo fondamentale per riformare il Paese”.
Il Corriere si sofferma sull’incontro Renzi-Verdini, e scrive che “tutto continua a ruotare sull’asse partito Democratico-Forza Italia”, e che Renzi dice di aver “fiducia nel patto”.
Il Fatto: “Il costituente è pregiudicato. Il Guardasigilli sale al Colle”. Dove si fa rifermento al fatto che il ministro Orlando ieri abbia incontrato il capo dello Stato: il sogno di un atto di clemenza non è mai tramontato, scrive il quotidiano, riferendo però che il Guardasigilli ha smentito nel modo più categorico (“Era un appuntamento fissato da tempo. Abbiamo parlato di carceri e altri temi ma non di Berlusconi e del 10 aprile”, ovvero la data in cui il Tribunale di sorveglianza dovrà decidere tra arresti domiciliari e servizi sociali per Berlusconi). E sulla stessa pagina, un hashtag “silviostatisereno”, ovvero: “Renzi blandisce lo statista”, “Il premier vede Verdini e Letta, va in tv e usa toni soft sull’ex Cavaliere: tutto pur di arrivare alle Europee senza danni”.
Il Corriere: “La rabbia di Berlusconi. Ma non farò saltare il tavolo”. Dove si racconta di un Berlusconi amareggiato e rassegnato dopo l’incontro al Quirinale, consapevole che “il Quirinale non può nulla”, “non ora, non con queste condizioni… ‘Magari più avanti se Berlusconi si terrà il più possibile lontano dalla scena politica, chissà…’”. Ma si ribadisce da Forza Italia che “il nostro patto con Renzi regge, piuttosto è il Pd che rischia di farlo saltare”, come dice Daniela Santanché.
Da segnalare, sulla riforma del bicameralismo L’Unità intervista Vannino Chiti, che dice: “Per noi il Senato deve essere di garanzia, e va eletto direttamente dai cittadini. Con una Camera eletta con l’Italicum servono dei contrappesi”. Perché questa proposta? Volete fermare il disegno del premier Renzi?
“Di testi ne sono stati presentati diversi, dal governo, dal Pd e da altri partiti. Questa è una riforma costituzionale, non una legge ordinaria…”, risponde.
Con il voto favorevole di 260 deputati la Camera ha approvato il disegno di legge vergato dal sottosegretario Graziano Delrio che prevede l’abolizione di questi enti territoriali.
Il Giornale dà rilievo alla opposizione di Forza Italia. Ieri il capogruppo Brunetta ha invocato l’intervento di Napolitano: “Il Quirinale non si renda complice di questa porcata. È una vera truffa ed è manifesta la sua incostituzionalità”.
“Sulla stessa linea i parlamentari grillini”, aggiunge il quotidiano. Il M5S al momento del voto ha esposto in aula cartelli con su scritte due cifre: ‘+26.096 e + 5.600’. Rappresenterebbero, secondo quanto riferito da Giuseppe D’Ambrosio nel suo intervento, il numero di consiglieri comunali in più e di assessori che saranno nominati in seguito all’entrata in vigore del ddl Delrio. Almeno questa è la stima del Movimento 5 Stelle”.
Alessandro Sallusti firma l’editoriale su Il Giornale e definisce “una truffa” la legge votata ieri, perché l’abolizione degli enti provinciali fa “sparire” 3500 eletti ma ne preannuncia altri 30 mila, che saranno consiglieri comunali o assessori aggiunti nei comuni e nelle Citta Metropolitane.
Le Aree Metropolitane create sono quindici, un “vero record europeo”, perché “Germania e Francia ne hanno un paio a testa, la Gran Bretagna una sola”, ma “si sa, quando c’è da spartire la torta l’appetito vien mangiando”.
Il Sole 24 Ore dedica un approfondimento al trasferimento – con le funzioni – anche dei debiti delle Province, che ammontano a 10,3 miliardi. Comuni e Città metropolitane dovranno dunque accollarsi anche questo onere. Alla Città Metropolitana di Roma toccheranno 773 milioni di debiti della Provincia di Roma, a Milano 710, a Torino 530 e così via.
Ieri la Camera ha anche approvato il disegno di legge sul voto di scambio politico-mafioso. L’Unità scrive che la legge deve ora tornare al Senato in quarta lettura, essendo stata modifica in alcuni punti cruciali. Il via libera è frutto di un accordo raggiunto nella maggioranza e il Comitato dei nove ha varato alcuni emendamenti, poi approvati dall’aula con l’opposizione del Movimento 5 stelle.
La norma più contestata è quella che determina un abbassamento delle pene per i politici responsabili del voto di scambio: finora erano equiparati ai componenti dell’organizzazione criminale e puniti con la reclusione da sette a dodici anni, con la nuova norma la pena minima diventa di quattro anni, la massima di dieci. Altra norma modificata rispetto al testo del Senato è quella relativa ai politici che si mettono genericamente “a disposizione” dei boss. Infine viene reinserita la parola “consapevolmente”, per definire in modo più preciso la responsabilità dei politici nelle intese con i rappresentanti dei gruppi criminali.
Il momento di maggiore tensione in aula si è concretizzato quando i deputati del Movimento 5 stelle hanno lanciato accuse di contiguità con le mafie ai parlamentari del Pd e di Forza Italia.
Il ministro della Giustizia Orlando viene intervistato da La Repubblica, che ne riassume così il pensiero: “Sulla giustizia niente patti con Silvio, bisogna fare presto sul voto di scambio”. Spiega Orlando: “Sul voto di scambio tra politici e mafia il Parlamento ha trovato un accordo per recepire alcune osservazioni venute da più parti al testo del Senato e per fare sì che le modifiche non compromettano la sua entrata in vigore prima della prossima campagna elettorale”. Abbassare la pena a 4-10 anni al politico che prende voti dalla mafia non è uno sconto rispetto ai 7-12 anni di chi è mafioso? Risponde il ministro: “Sono scelte che competono al Parlamento. In ogni caso si tratta di pene severe. D’altronde il procuratore nazionale antimafia Roberti ha definito la norma come ‘perfetta’”.
Il giudizio positivo del Capo della Direzione Antimafia Franco Roberti sulle norme approvate dalla Camera sullo scambio politico mafioso viene confermato da una intervista concessa a Il Fatto: dice che “è una norma veramente utile a contrastare uno dei punti di forza di tutte le mafie, che è il rapporto con la politica”. Roberti ricorda di aver apprezzato lo sforzo definitorio fatto sul concetto di ‘disponibilità’, criticato “da molti colleghi e giuristi perché vago”: “la disponibilità è un concetto troppo generico e urta contro il principio costituzionale della tassatività della norma. E poi, parliamoci chiaro, ai pubblici ministeri interessano norme che ben definiscano le condotta incriminata”.
Arresti
Su La Repubblica i lettori troveranno parti dei verbali relativi all’interrogatorio, da parte della Procura di Napoli, dell’imprenditore Luigi Gallo, che rappresenta se stesso come vittima delle pressioni dei fratelli Cosentino: avrebbero in questo modo evitato che aprisse un distributore di carburante nel loro “feudo”; ma soprattutto brani delle intercettazioni di Giovanni Cosentino, fratello dell’ex deputato Pdl (“Se ci vuole la politica, c’è Nicola. Se ci vogliono i soldi, ci sto io. E se ci vuole la forza c’è la forza”). Sullo stesso quotidiano, l’autore di ‘Gomorra’ Roberto Saviano, in prima pagina scrive: “Cosentino in carcere ora dica ciò che sa”.
Su Il Fatto: “Affari & benzina”, “La legge dei Cosentino: ‘Chi ha più forza spara’”. E si descrive “l’impero”: “i 300 distributori della Nick Family”.
La Stampa si occupa della “retata di secessionisti” decisa dalla Procura di Brescia ed ha inviato “nel Paese del tanko”, ovvero il trattore trasformato in “tank”, Fabio Poletti: la località è Casale di Scodosia, “cinquemila abitanti e troppi giornalisti”: “Nel paese del tanko: ‘Ma quale rivoluzione, sono dei bravi tosi’”. La Repubblica intervista Geremia Gerry Agnoletti, l’uomo che riscattò ad un’asta del 2006 il tanko, “simbolo di lotta”.
Da segnalare un articolo sulla prima del Corriere su un presunto “maxi-ammanco milionario” nei conti della Comunità ebraica di Milano, il cui tesoriere (sino al giugno 2013) è indagato per truffa dalla Procura di Milano su denuncia della Comunità, e tre giorni fa ha tentato il suicidio con il tubo del gas. Il quotidiano parla di un “intreccio tra un giallo finanziario, un ambito religioso e una parabola umana” che da mercoledì “scuote i 6.000 ebrei milanesi della Comunità. Ossia da quando oltre 500 di loro hanno risposto alla convocazione straordinaria di un’assemblea urgente nella quale il presidente Walker Meghnagi ha annunciato che ‘al nostro interno dobbiamo affrontare la scoperta di una situazione che non avremmo mai ritenuto potesse verificarsi. Negli ultimi mesi è stata sottoposta a controllo generale tutta la contabilità della Comunità: il controllo è ancora in corso ma fin d’ora permette di provare che, approfittando della buona fede di tutti, sono stati sottratti, nel corso degli anni, alcuni milioni di euro dalle casse della Comunità con modalità subdole e ingannevoli, rivelatesi idonee a vanificare i controlli previsti e costantemente posti in essere dagli uffici’”. Si è fatto “esplicito riferimento al ragioniere Sergio Lainati, milanese, non iscritto alla Comunità, assunto come impiegato 38 anni fa ancora fresco di diploma, e poi promosso sino a essere da molto tempo il direttore amministrativo”.
Eurozona, economia
Oggi il Corriere offre una lunga intervista a Christine Lagarde, direttore generale del FMI. Dei propositi del governo italiano dice che quello di Renzi “è un programma molto ambizioso che, se tradotto in provvedimenti e attuato con determinazione, produrrà un significativo miglioramento delle condizioni economiche dell’Italia”.
“Mi pare che la sua sia un’impostazione di politica fiscale che guarda più alla riduzione delle spese che all’aumento delle entrate tributarie, grazie anche agli obiettivi della spending review di Carlo Cottarelli che era con noi a Washington fino a non molto tempo fa. Mentre al Tesoro c’è un altro ex del Fondo: Pier Carlo Padoan. Io allora non c’ero ma l’ho conosciuto a Parigi, nei suoi anni all’Ocse”. E sul tetto del deficit? “Tocca all’Unione europea decidere su questo, ma chiaramente la cosa importante è che si imbocchi un positivo sentiero di consolidamento fiscale e che il tutto sia poggiato su un solido piano a medio termine che renda credibile il pacchetto di misure varate”. Lagarde segnala il tema del lavoro femminile, e dice che l’Italia “uno dei Paesi della zona euro che incoraggiano meno la partecipazione delle donne al mercato del lavoro. Un cambiamento di rotta, a parte ogni considerazione di progresso sociale, potrebbe avere effetti benefici sulla produzione di reddito aggiuntivo e, quindi, sull’uscita da un periodo di stagnazione”. Cita come esempio positivo “il Giappone: il premier Abe ha già cambiato rotta. E ha capito che creando una rete di centri per la cura dell’infanzia può aiutare le donne nipponiche a entrare nel mercato del lavoro, dando una spinta a un’economia che viene da anni molto difficili. Un Paese che ha avuto molto successo in questo campo è l’Olanda che ha dato la possibilità di creare lavori flessibili part time senza alcuna restrizione. Anche la Corea si sta muovendo in questa direzione”.
Sui problemi dell’economia europea, si sofferma sulla “bassissima inflazione” che “comporta rischi aggiuntivi rendendo ancora più difficile per alcuni Paesi della zona euro migliorare la situazione economica, particolarmente dal punto di vista del debito. Ma anche il cronicizzarsi di una situazione di bassissima inflazione — oggi siamo allo 0,5% in Europa, 0,4 in Italia — è pericoloso. Per questo è necessario un sostegno anche da parte delle banche centrali. Detto questo so bene che le politiche monetarie hanno i loro limiti e sono già state usate ampiamente in Europa, così come so che anche le politiche fiscali hanno i loro limiti. E anche qui i Paesi dell’eurozona hanno già fatto molto. Resta la terza cassetta degli attrezzi: quella delle riforme strutturali, a partire dal mercato del lavoro”.
Sull’Ucraina: “Abbiamo agito con tempestività, mandando un team fin dal 10 marzo a monitorare la situazione a Kiev. I nostri tecnici hanno aggiornato il quadro che era stato fatto recentemente e hanno avviato il negoziato con le autorità locali. Ci siamo presi dei rischi? Certo: il nostro mestiere è prestare denaro e quando lo fai assumi sempre qualche rischio. Loro li hanno minimizzati accettando una serie di impegni. L’Ucraina ora deve compiere delle azioni per mostrare la determinazione a implementare il programma. Noi controlleremo periodicamente la situazione e l’adempimento delle riforme prima di fornire i finanziamenti a ogni revisione del programma”
Sulla disuguaglianza, Lagarde cita gli studi del Fondo, che “sono arrivati a due conclusioni”: “Primo: le diseguaglianze dei redditi non favoriscono una crescita sostenibile. Secondo: l’idea che la redistribuzione del reddito non contribuisce a sostenere le economie è con ogni probabilità infondata. Certo, poi non tutti i metodi di redistribuzione sono accettabili: bisogna concentrarsi su quelli efficienti e ben calibrati”.
Intanto ieri la Bce ha deciso di mantenere fermi i tassi di interesse allo 0,25. Ci si aspettava anche qualche “misura non convenzionale”, anche dopo l’intervento di Lagarde sul rischio dovuto alla bassa inflazione che minaccia la crescita. Mario Draghi – scrive Il Sole 24 Ore – ha detto: “Monitoreremo molto da vicino – gli sviluppi sui prezzi e resteremo pronti ad adottare tutti gli strumenti a nostra disposizione”, tra cui l’acquisto di titoli, cioè il “quantitative easing”, su cui il Consiglio della Bce ha avuto una “ampia discussione”, confermando il suo “impegno unanime a usare anche misure non convenzionali”. Ma Draghi ha anche detto di non vedere “rischi aumentati” di deflazione nell’eurozona. Ed ha spiegato che mentre se è la Fed ad intervenire comprando “asset o titoli pubblici” l’effetto sul credito è “diretto”, “perché negli Stati Uniti la maggior parte dei finanziamenti all’economia passa attraverso il mercato dei capitali, da noi passa attraverso le banche e l’effetto finale di queste misure sull’economia europea dipende sopratutto dallo stato di salute del sistema bancario”. Insomma: se il sistema bancario non è in salute l’economia dell’Eurozona non potrà tornare a crescere davvero. E dunque sarà cruciale lo stress test sulle banche. Draghi ha anche polemizzato con il Fondo Monetario Internazionale, che “è stato molto generoso nel suggerirci quello che dovremmo o non dovremmo fare, e gli siamo grati di questo. Ma il punto di vista del nostro direttivo va in un’altra direzione”. Draghi ha detto anche che avrebbe preferito analoghe prese di posizione del FMI anche alla vigilia di riunioni della Fed.
Un altro articolo del quotidiano di Confindustria segnala lo “spread a minimi sull’ipotesi di intervento della Bce”, mentre un commento di Alessandro Merli si sofferma sull’annuncio della possibilità di acquistare titoli pubblici e privati da parte della Bce, che segnala un “atteggiamento che pare lontano anni luce da quello di solo pochi mesi fa”. Significa che la Bce si è resa conto che la “situazione è più grave del previsto”.
Internazionale
La Stampa si occupa delle elezioni presidenziali che si terranno domani in Afghanistan. “Il dopo Karzai comincia dalle donne”, “Tutti a caccia del voto femminile: migliaia le candidate, una alla vicepresidenza”. E poi la “cartolina da Kabul” firmata da Jawad Joya, 26 anni, vive a Kabul ma ha studiato negli Usa: “Le nostre prime elezioni libere. E questa volta a decidere non sarà (forse) l’America”.
Anche su L’Unità: Afghani al voto sotto la minaccia dei talebani”. Gli elettori sono 13 milioni, i candidati alla presidenza 3, in testa nei sondaggi per succedere a Karzai il candidato Abdul Ghani Ahmadzai, ex funzionario della Banca Mondiale, ex ministro delle Finanze nei primi anni di governo Karzai, che però sostiene un altro candidato, l’ex ministro degli esteri Abdullah Zalmai Rassoul.
Su La Repubblica l’inserto R2 è dedicato al Ruanda e all sua “alba”, con un reportage di Pietro Veronesi: “Dai cento giorni di sangue dell’immensa carneficina degli Hutu e dei Tutsi sono passati vent’anni. Il Paese, che si appresta a ricordare con dolore, è cambiato: Kigali è oggi una delle capitali più linde e ben organizzate d’Africa, l’economia è un piccolo miracolo. Il merito? Soprattutto delle donne”. E un “ricordo” della scrittrice Scholastique Mukasonga: “I miei mausolei di carta per chi non c’è più”.
Su La Stampa un’intervista a Henrique Capriles, il capo dell’opposizione venezuelana: “Maduro faccia un gesto o scoppia la guerra civile”, “disarmi le milizie, noi in piazza finché non si cambia”.
Da La Repubblica segnaliamo un reportage dalla Cirenaica di Vincenzo Nigro: “Fra le tribù del petrolio ‘Mezza Libia è nostra’”, “La Cirenaica, crocevia del business dell’oro nero, è in rivolta contro Tripoli. Dalla caduta di Gheddafi la regione è in mano ai ribelli di Ibrahim Jadran che chiedono federalismo e la loro fetta di ricavi”.
Da Il Fatto, una corrispondenza dalla Corea del Sud di Mattia Eccheli: “Il luna park della guerra”, “Alla frontiera tra Corea del Sud e del Nord, il muro che divide la penisola dal 1953 è divenuto attrazione turistica tra schermaglie, provocazioni e ricordi delle vittime”. Ci sono tour guidati e La calamità” diventa “calamita”: la tensione fra i due Stati porta valuta nelle casse di Seul, e anche i binocoli sono a pagamento.
Dal Corriere una pagina dedicata alle manifestazioni nella provincia cinese del Guandong contro la costruzione di un impianto petrolchimico per la produzione di parxilene, che serve tra l’altro a fare le bottiglie di plastica. “Cina, la rivolta in nome dell’ambiente. Le autorità hanno promesso che il progetto si fermerà se i cittadini non saranno d’accordo. Ma la rivolta si sta estendendo, e – dicono le autorità – “da qualche parte la fabbrica va costruita”, perché “è un elemento base importante per l’industria nazionale”. La Cina è il primo consumatore mondiale di questa sostanza, e ne importa da Corea del Sud e Giappone oltre la metà.
Su La Stampa Maurizio Molinari torna ad occuparsi del negoziato di pace israelo-palestinese: “L’ultima sfida di Abu Mazen: ‘Dateci Gerusalemme Est’”, “Israele rifiuta di liberare i detenuti palestinesi e scatena la reazione dell’Anp”. Tra i 1200 detenuti di cui si chiede la liberazione c’è Marwan Barghouti. La preoccupazione della Casa Bianca, che ah parlato attraverso il portavoce Jay Carney: “la decisione israeliana di cancellare la liberazione dei detenuti è una sfida al negoziato”.