Regeni, il ricercatore ricercato dalla polizia egiziana

 

Il Corriere della Sera: “Primarie del Pd sotto accusa. Ricorsi e proteste”, “Napoli, aperta un’inchiesta. Bassolino: disgustato”.

L’editoriale firmato da Antonio Polito sulle primarie: “Ora regole per salvarle”.

Di fianco, foto del presidente francese Hollande con Renzi, ieri a Venezia: “Renzi-Hollande: Lubia, fare presto”, “Intesa anche su migranti e Tav”.

A centro pagina: “Debito, all’Italia un richiamo senza sanzioni”, sul vertice Ecofin di ieri a Bruxelles.

E “gli scenari” di Marcello Messori: “La ricetta per la crescita”.

Sulla colonna a destra, “L’8 marzo e noi”.

E più in basso: “Alla fine arriva il sì dal Congo per l’adozione di 66 bambini”.

A fondo pagina: “Un mondo di nomi per dire Millennial”, “In Svezia è la generazione ‘sfuggente’, in Spagna quella ‘ni ni’, in Cina la ‘mangia vecchi’”. Ne scrivono Silvia Morosi e Greta Sclaunich.

Sull’omicidio di Roma: “Droga e mattanza, così è morto Luca”.

E sulla “giustizia lenta”: “Il fascicolo al gip. Dopo 10 anni”, di Giuseppe Guastella.

La Repubblica: “Pd, caos primarie. Bassolino ricorre. La procura indaga sui soldi ai votanti”, “A Napoli un altro video scandalo. Il premier: non si torna indietro”. E un commento dell’ex direttore Ezio Mauro sul Pd in relazione a questo tema: “L’anima smarrita”.

Di fianco il titolo in maggiore evidenza: “Così l’Egitto ha depistato la verità sulla fine di Regeni”, “Interrogatori segreti, perquisizioni e schedature per bloccare l’inchiesta. Parla l’amico di Giulio: ‘Noi controllati, la polizia era già venuta a cercarlo’”. L’articolo è firmato dagli inviati al Cairo Carlo Bonini e Giliano Foschini.

Più in basso il reportage di Vincenzo Nigro da Misurata: “Nell’avamposto di Misurata tra i commando americani”.

La foto a centro pagina ritrae un bambino che gioca in una pozzanghera nei pressi di Idomeni, al confine tra Grecia e Macedonia: “Le pensioni salvate dai migranti”, “Il dossier del Ministero dell’Economia”. Se ne occupa Liana Milella.

A centro pagina anche l’incontro tra Renzi e Hollande a Venezia e il vertice dell’Ecofin: “Accordo tra Renzi e Hollande: sì a Orange per Telecom”, “La Ue a Roma: attenti ai conti ma niente sanzioni”.

Poi un’analisi di Ferdinando Giugliano: “Il confine di Draghi”.

A fondo pagina un appello del teologo Hans Kung: “Francesco abolisca l’infallibilità del Papa”.

E di fianco: “Il clochard di Milano che legge Camilleri”, “Lo scrittore: servo a qualcosa”.

La Stampa: “Migranti, la Slovenia chiude i confini”, “Il governo di Lubiana: la rotta balcanica non esiste più. E la Serbia la imita”, “Alfano andrà in Albania per evitare l’ondata di sbarchi in Puglia. L’Onu contro l’accordo tra Europa e Turchia”.

Il commento di Gian Enrico Rusconi è dedicato a “La pericolosa scommessa della Merkel” (sull’emergenza migranti).

E di fianco il reportage di Niccolò Zancan: “Sulla spiaggia di Bodrum si muore ancora”.

Sulla Libia e la “lotta al terrorismo islamico”: “Libia, raid aerei su 40 obiettivi. Il piano anti-Isis del Pentagono”, “La mente della strage al Bardo prima di arrivare a Novara tentò di unirsi ad Al qaeda ma fu incarcerato a Damasco”.

A centro pagina: “La Germania prova a fermare Draghi”, “Le Casse popolari: basta misure espansive”.

Di fianco: “Da dove viene il malessere del ceto medio”, di Giorgio Arfaras.

Sulla politica italiana: “Lega-5Stelle, il patto segreto per le comunali”, “’Affossare Bertolaso’. Primarie napoletane, Bassolino farà ricorso”.

La foto a centro pagina è per Gillis Lundgren, lo svedese che inventò la libreria “Billy” (la più venduta al mondo”: “Addio al papà delle nostre librerie”.

Il “Buongiorno” di Massimo Gramellini: “Il virus esclamativo”. E’ dedicato alla guerra del governo britannico all’abuso che del punto esclamativo fanno le nuove generazioni.

Il Fatto, sulle primarie a Napoli: “FI e Verdini portano voti al Pd. La Procura indaga le primarie”, “Bassolino ricorre contro la vittoria della Valente: ‘Mercimonio disgustoso’”, “I pm aprono un fascicolo sui filmati dei capibastone ai gazebo. Ma non solo ‘buttadentro’ interni ai democratici: nuovi video mostrano in azione anche gli ‘oppositori’ forzisti e di Ala. Orfini: ‘Risultato non in discussione, al 99 per cento votazioni impeccabili’. Si ripete la farsa del 2011. C’è anche un protagonista che ritorna: il consigliere Cierro all’epoca fu accusato di aver portato molti cinesi”.

A centro pagina: “Finalmente primi in Europa: per corrotti e truffatori impuniti”, “Colletti bianchi. Solo 228 detenuti per reati finanziari contro i 6271 della Germania”, “Un dossier dell’Università di Losanna fotografa lo stato delle carceri europee. Da noi, per chi commette reati tributari o contro la Pubblica amministrazione, esiste la ‘grande scappatoia’ della prescrizione. Per gli altri, come per chi fa bancarotta, le pene alternative scattano praticamente subito”.

Libero: “Il Pd imbroglia anche sui brogli”, “La procura apre un’inchiesta sulle primarie comprate a Napoli, ma il partito tira dritto pur di far fuori Bassolino. Nel 2011 Renzi tuonava contro i capibastone, ora fa lo gnorri”. A questo tema è dedicato l’editoriale del direttore.

Più in basso: “Scandalo in Sicilia: a libro paga della Regione 3.500 delinquenti”, “Condannati per mafia assunti come forestali dallo Stato”. Di Mario Giordano.

Sulla colonna a destra: “L’euro ha devastato tutte le regioni del Centro-Nord”, “I dati choc di Eurostat”. Ne scrive Franco Bechis.

Più in basso: “E Bruxelles prepara la super Europa guidata dai tecnocrati”, “Ecco il piano”, spiega Francesco Borgonovo.

Sul vertice Ue-Turchia: “Ma sugli immigrati la Ue si fa ricattare dal dittatore islamico”, “In mano alla Turchia”, di Gianluigi Paragone.

A fondo pagina: “E Santoro ora rimpiange Berlusconi”, “L’ex conduttore si scaglia contro la Rai renziana”. Firmato da Enrico Paoli.

Di fianco: “Gli assassini sono loro, non la cocaina”, “Niente alibi per i due romani che han ucciso per noia”, scrive Filippo Facci.

Poi un commento di Fausto Carioti: “I democratici affossano la legittima difesa: tutto il potere ai giudici” (si riferisce alle modifiche alle norme sulla legittima difesa all’esame dell’aula di Montecitorio in questi giorni).

 

Il caso Regeni in Egitto

Su La Repubblica, le pagine 2 e 3 sono dedicate al caso Regeni. Se ne occupano gli inviati al Cairo Carlo Bonini e Giuliano Foschini. “Regeni. I depistaggi sulla morte. ‘La polizia cercava Giulio dalla fine di dicembre’”. A parlare è un amico, F., che resta anonimo per ragioni di sicurezza e che la procura di Giza vorrebbe interrogare. E’ stato convocato il 3 febbraio nella stazione di polizia di Dokki, a qualche centinaio di metri dall’abitazione di Regeni. Non sapeva ancora che il corpo del ricercatore era stato ritrovato qualche ora prima. In quelle ore vennero convocati tutti gli amici di Regeni. “Mi interrogarono in sei. Non c’erano magistrati”. Perché interrogare immediatamente tutti gli amici più intimi di Regeni senza avvisare il nostro ambasciatore Massari, che il 26 gennaio aveva denunciato la scomparsa? Si chiedono Bonini e Foschini. E perché non era stato detto all’amico F. che il corpo era stato ritrovato? F. è il custode del segreto di Giulio: è stato infatti testimone oculare di quanto accaduto l’11 dicembre a un’assemblea al Cairo insieme a Regeni: “eravamo insieme in una sala con un centinaio di persone. L’assemblea era stata convocata da una Ong che si occupa di diritti dei lavoratori per riunire il fronte dei sindacati indipendenti: in discussione c’era la legge sul pubblico impiego e c’era da affrontare il nodo delle libertà sindacali. Non si trattava di una riunione particolarmente a rischio. Anzi. La notizia era circolata anche sulla stampa nei giorni precedenti, ed erano presenti anche diversi giornalisti. Giulio cercava materiale per la sua ricerca. Furono registrati tutti gli interventi e al termine fu lui a fare le interviste singole. Una cosa però ci inquietò. Giulio si accorse che durante la riunione era stato fotografato da una ragazza egiziana, con un telefonino. Pochi scatti. Strano. Ne parlammo a lungo. Una delle possibilità che fossero presenti informatori delle forze di sicurezza”. I cronisti scrivono poi che due diverse fonti riferiscono che nel mese di dicembre ebbero modo di raccogliere le confidenze di un inquilino molto informato del palazzo, secondo cui la polizia egiziana cercò Giulio nella sua abitazione senza fortuna. In un caso minacciando una perquisizione. Un particolare che nessuno dei testimoni egiziani formalmente sentiti ha voluto confermare. Ma che non sorprende affatto, scrivono, anche riferendosi alle considerazioni di F., che sottolinea il clima di estrema tensione di quel 25 gennaio, anniversario di Piazza Tahrir e giorno della scomparsa di Regeni: “c’erano stati controlli a tappeto negli appartamenti abitati da stranieri. Temo possa esserci stato un cortocircuito- Nel clima di paranoia e di xenofobia è possibile che alcuni corpi, reparti, gruppi, abbiano scambiato Giulio, il suo lavoro, per chissà cosa”, “a volte basta essere stranieri e parlare arabo per destare sospetti”.

Sul Corriere: “Caso Regeni, cancellate le immagini delle telecamere”, “I nostri investigatori -scrive Ilaria Sacchettoni- non sono riusciti neppure a ottenere il traffico telefonico attorno all’abitazione”.

Primarie Usa

Sul Corriere: “Usa, Bloomberg si tira indietro, ‘Non voglio far vincere Trump’”, “E migliaia di latinos chiedono la cittadinanza per votare contro il magnate”, scrive Giuseppe Sarcina.

Su La Stampa Paolo Mastrolilli, da Washington, dà conto di un “summit segreto dei vip per sbarrare la strada a Trump”: si sarebbe riunito in un resort esclusivo di un’isola della Georgia e vi avrebbero partecipato, tra gli altri, il capo della Apple Tim Cook, il cofondatore di Google Larry Page, lo speaker della Camera dei deputati Paul Ryan, il leader repubblicano del Senato Mitch McConnell, l’editore del New York Times Arthur Sulzberger, il guru elettorale di George Bush Karl Rove, la mente dei neocon americani Bill Kristol, il parlamentare democratico John Delaney e l’imprenditore miliardario Philip Anschutz. L’occasione è venuta dall’appuntamento annuale dell’American Enterprise Institute, think tank legato al mondo conservatore e repubblicano. Rove ha presentato i risultati di un focus group su Donald Trump. Sono emersi i suoi principali punti deboli: gli elettori faticano a immaginarlo ‘presidenziabile’ e hanno paura di mettere il bottone nucleare nelle mani di una persona così imprevedibile. Se il 15 marzo vincesse in Florida, e magari in Ohio, impedire la sua nomination sarebbe impossibile. Diversi donatori in questi mesi hanno già raccolto finanziamenti, che sono stati usati per una campagna tv in corso proprio in Florida per bloccare Trump. Le ipotesi: coalizzarsi su un’alternativa (Ted Cruz) o limitare le vittorie di Trump, impedire che raggiunga il numero magico di 1.236 delegati che farebbe scattare automaticamente la nomination, e poi contestarlo alla Convention di luglio a Cleveland per scegliere al suo posto un candidato di consenso.

Ne scrive anche Federico Rampini su La Repubblica: “La Silicon Valley si allea con i neo-con, un vertice segreto per fermare Trump”, “Da Cook a Page, erano presenti tutti i fondatori dei colossi hi-tech. Con loro i maggiorenti della destra al Congresso”.

Primarie all’italiana

Su Il Messaggero: “Roma e Napoli, ombre sul voto”, “Primarie Pd, nella Capitale un migliaio di schede bianche ‘aggiunte per alzare l’affluenza’. Bassolino fa ricorso sui consensi pagati, aperta inchiesta. Veleni dem, convocata la Direzione”. Il quotidiano riferisce le parole di “un dirigente nazionale del Pd”, sui gazebo delle primarie a Roma. Dice: “Qualcuno di noi pensava di fare del bene: così tra la notte di domenica e il pomeriggio di lunedì ha gonfiato virtualmente le schede bianche e le nulle. Per far aumentare l’affluenza, per non far vedere che stavamo di poco sopra i 40 mila ma molto più vicini ai 50 mila votanti. Insomma, per evitare ulteriore accanimento sul flop”. Giancarlo D’Alessandro, coordinatore del comitato organizzativo delle primarie, sottolinea che il risultato -l’ampia vittoria di Roberto Giachetti, con il 64,1%, su Morassut (28,25- non cambia: “nessuno infatti ha contestato i voti validi”. E il quotidiano evidenza che, per l’appunto, quel che è in discussione è la partecipazione.

Ne scrive anche Il Mattino: “Nella Capitale gonfiato il numero dei votanti con le schede bianche”, “Quelle senza preferenze erano schizzate al 7,8% dei voti: poi la verità emersa dai verbali”.

Sul Corriere, pagina 2, articolo di Ernesto Menicucci: “Scontro nel Pd per il caos primarie. Ricorso di Bassolino e i m indagano”, “Roma, convocata la direzione. Napoli, nuovo video: esponenti di destra pro Valente (Valeria Valente, la candidata che ha sconfitto Bassolino per 452 voti) ai seggi”.

In basso, sulla stessa pagina: “L’ex cosentiniano al gazebo di Scampia: ‘Ero lì a controllare, sto con Scelta civica e ho votato Valeria’”. A parlare è Claudio Ferrara, consigliere circoscrizionale eletto con Forza Italia, assessore di quartiere al Patrimonio e al Commercio. A pagina 3 un’analisi di Marco Demarco su Napoli e il Pd: “Tra veleni e signori delle tessere. Un partito scalabile con 21 mila euro”, “Nel capoluogo campano iscritti ridotti a 2.800 e il potere di veto è nelle mani di pochi”, “Era stata fissata a 30 mila l’asticella dei votanti e guarda caso tanti sono stati”, “Quei 452 voti. Come ha fatto la Valente a parlare di vittoria così in anticipo, con uno scarto così basso?”.

Sul Fatto, pagina 2, scrive l’inviato a Napoli Vincenzo Iurillo: “Le primarie finiscono dal pm e Bassolino corre ancora”, “Nuovi video di Fanpage.it: cosentiniani ai seggi. L’ex governatore fa ricorso (oggi nella decisione decisivi i bersaniani) e non rinuncia alla candidatura” (scrive il quotidiano che la commissione di garanzia esaminerà oggi il ricorso di Bassolino a mezzogiorno e che decisivi potrebbero essere i due componenti vicini ad Area riformista, la corrente di Pierluigi Bersani e Roberto Speranza). A pagina 3: “Piccoli capibastone di destra e di sinistra passati al renzismo”, “Dall’assessore di Scampia per Forza Italia al capogruppo di epoca Iervolino: ecco chi ha truccato i gazebo”. Due i personaggi nel mirino: Antonio Borriello (già capogruppo ai tempi di Rosa Russo Iervolino, accusato di aver consegnato l’euro di sottoscrizione al seggio) e Gennaro Cierro (consigliere di municipalità a Villa San Giovanni, “recidivo”, scrive il quotidiano, perché già nel 2011 fu al centro dei caso dei cinesi portati ai seggi per sostenere la candidatura di Andrea Cozzolino contro Umberto Ranieri).

Su La Repubblica, a proposito di Bassolino: “‘C’è l’ombra della camorra’, l’ex sindaco fa il detective”, “Nell’esposto si parla di ‘controlli con metodi criminali’ fuori da un seggio. L’ipotesi di un piano B: invece di azzerare, rivotare dove c’è contestazione”.

Su La Stampa, intervista al presidente Pd Matteo Orfini, che dice: Sono casi singoli, Valente non si tocca. Da Speranza cinica meschinità sull’affluenza’”, “‘Raccontano Roma come se non ci fosse stata Mafia Capitale'”.

Su La Repubblica: “D’Alema spinge Bray, torna l’ipotesi di scissione”, “Se il direttore della Treccani si candiderà a Roma fuori dal Pd l’ex premier lo voterà. Ma la minoranza lo gela: ‘Stiamo con Giachetti'”. Gianni Cuperlo, scrive il quotidiano, è stato duro sull’ipotesi di sostegno occulto di D’Alema a Bray: “In politica non puoi fare a lungo cose che non puoi dire”. E Roberto Speranza: “Abbiamo fatto le primarie. Adesso stiamo tutti con Giachetti”.

Il Corriere intervista Roberto Giachetti : “Bray mi sfida? Con le scelte tafazziane vince il M5S”; “sarebbe utile un albo degli elettori, come nell’adorata America. Lì funzionano e sono regolate per legge”; “su Napoli si faccia chiarezza e, se necessario, intervenga la magistratura. Serve rigore. Ma sia chiaro; le primarie restano uno strumento bellissimo”.

Primarie e partiti, le regole che mancano.

In prima sul Corriere un editoriale di Antonio Polito invoca: “Ora regole per salvarle”. “Non c’è da fidarsi” di queste primarie, “eppure dovremmo poterci fidare. Perché, soprattutto grazie al Pd, che ha introdotto questa novità in Italia, le primarie sono diventate parte integrante del nostro processo democratico”. Ma “non possono essere più considerate un fatto interno a un’associazione privata, come tuttora sono per la legge i partiti politici. Producono conseguenze pubbliche, erga omnes, ma nel loro attuale stato non è neanche chiaro se sono sottoposte al diritto penale”; “la materia è controversa e delicata, e si iscrive nel più generale tema di una legge sui partiti, che da tempo viene chiesta in attuazione e completamento dell’articolo 49 della nostra Costituzione. Un intervento legislativo potrebbe infatti anche trasformarsi in una limitazione della libertà di associazione politica: se una maggioranza parlamentare l’usasse come una clava per mettere fuorilegge, per esempio, le regole interne dei Cinquestelle, questi potrebbero giustamente lamentare una discriminazione (e l’hanno già fatto in occasione di una recente proposta Pd)”; “non siamo l’America, e non si può obbligare per legge tutti i partiti a selezionare i propri candidati con le primarie. Ma si può fissare uno standard minimo di correttezza cui chi sceglie questo strumento ha l’obbligo di attenersi”.

Sul Messaggero ne scrive Massimo Teodori: “Una legge sui partiti per garantire trasparenza”. “Con la fine dei vecchi partiti -nota- è finito anche il sistema che selezionava il ceto politico attraverso il cursus honorum nelle cariche pubbliche, locali e nazionali”; “l’introduzione della primarie dopo gli anni ’90, soprattutto ad opera del centro-sinistra, non è sempre stata accompagnata da regole adatte a garantire la trasparenza nei partiti e i diritti degli elettori”; e citando i casi di distribuzione di denaro ai seggi, Teodori sottolinea che “sono questi i guai che nascono quando di imita in pezzo del sistema politico-elettorale di un altro Paese. Nella democrazia elettorale degli Stati Uniti le primarie hanno rafforzato il potere di scelta dei cittadini a scapito dei boss di partito. Nei primi sei mesi dell’anno presidenziale possono votare alle primarie solo gli elettori che si sono registrati nelle liste dello Stato come democratici o repubblicani di modo che vengono abilitati a votare, oltre che alle primarie di partito, anche alla fase finale che elegge a novembre il presidente”; “è urgente disciplinare le modalità con cui gli elettori o gli iscritti ai partiti scelgono i candidati” e “occorre una legge che regolamenti le funzioni pubblicistiche dei partiti come chiede l’art. 49 della Costituzione; la selezione dei candidati alle cariche pubbliche, il finanziamento pubblico e privato, e le garanzie per tutti gli iscritti e i registrati, siano essi di maggioranza o di minoranza”.

Su Il Giornale un commento di Vittorio Feltri: “Le primarie senza regole sono elezioni di Pulcinella”. “Il concetto che debba essere la base, tramite il voto, a decidere coloro che debbono essere i rappresentanti dei cittadini, è giusto, direi sacrosanto -scrive Feltri- Si dà però il caso che negli Usa le citate primarie siano regolate per legge dallo Stato”.

Milano

Sul Corriere, intervista alla vicesindaca di Milano Roberta Balzani che, scrive Maurizio Giannattasio, “spiazza il centrosinistra”: “Mi impegnerò ma non mi candido”, dice. Sostenuta dal sindaco Pisapia ma sconfitta di misura alle primarie da Giuseppe Sala, non guiderà la lista a sinistra del Pd a suo sostegno. In questo modo si aprono le porte -scrive Giannattasio- a una candidatura alternativa alla coalizione di centrosinistra come quella di Gherardo Colombo. “Sosterrò il centrosinistra ma non mi candido”, dice Balzani. “Non lascio il campo libero a nessuno. Dovrà essere il candidato sindaco (Sala) ad andare avanti nella costruzione della coalizione facendo sì che le forze a sinistra si coagulino intorno a una politica forte. E’ la grande sfida di Sala: dare il giusto protagonismo a tutte le anime della coalizione”.

Accordo Ue-Turchia, Migranti

Il Fatto intervista Panayotis Kouroumplis, ministro della Sanità del governo Tsipras: “Migranti, ricatti e filo spinato: così muore l’Europa”. La Turchia, dice, 2ha un atteggiamento ricattatorio e ambiguo specialmente nei confronti di Atene,visto che geograficamente la Grecia è il confine esterno della Ue di fronte alle coste turche”; alcune richieste “sono irricevibili, soprattutto per lo scambio profughi-ingresso in Europa”. “Anche noi Greci, che ci troviamo tra l’incudine e il martello, riceveremo i soldi promessi dagli altri Paesi membri dell’Ue nel corso di un paio d’anni e nonostante la crisi economica che il nostro governo ha ereditato abbiamo già speso 130 milioni di euro per contenere l’emergenza, più gli 80 milioni già versati alle Nazioni Unite”. Ma i turchi -fa notare Roberta Zunini, che lo intervista- danno ospitalità a ben due milioni di profughi. Risponde il ministro: “Sì, ma loro sono quasi 80 milioni, noi dieci milioni su un territorio incomparabilmente meno esteso e ospitiamo 34 mila persone. Inoltre l’economia turca è andata a gonfie vele fino a un paio d’anni fa”.

Sul Corriere l’inviato a Idomeni, al confine tra Macedonia e Grecia, Francesco Battistini: “La paura dei rifugiati bloccati nel Balcani. ‘Indietro? Mai’”.

Su La Stampa, a pagina 2: “La Slovenia blocca i migranti, ‘La rotta balcanica è chiusa’”, “Il premier Cerar: un messaggio chiaro a trafficanti e irregolari. E la Serbia blinda le frontiere con Bulgaria e Macedonia: non siamo un campo profughi”. In basso: “Allarme sbarchi dal Canale di Otranto. Missione di Alfano in Albania”, “Il ministro dell’Interno lavora a un accordo con Tirana. Roma fornirà mezzi e attrezzature per i controlli in mare”. A pagina 3 il reportage di Niccolò Zancan da Akyarlar, in Turchia: “Sulle spiagge di Aylan si muore ancora. Da settembre annegati 340 bambini”, “La tragedia del bimbo siriano emozionò il mondo e convinse i Grandi ad agire. Ma sei mesi dopo quella foto è solo ricordo e il dramma continua nel silenzio”.

Libia

Sul Corriere Guido Olimpio traccia “lo scenario militare”: “I quaranta obiettivi sulla mappa Usa”, “Droni, caccia, forze speciali per stanare l’Isis. Ma la situazione interna del Paese frena (per ora) i vertici politici americani”. Il Dipartimento di Stato, scrive Olimpio, non ha nascosto le proprie perplessità. E lo stesso hanno fatto alcuni autorevoli analisti ascoltati dal Congresso. C’è il timore che i bombardamenti rendano ancora più fragili le debolissime istituzioni libiche: l’ormai famoso governo di unità nazionale è sempre più un miraggio nel deserto, le rivalità interne sono profonde e la diplomazia fatica a trovare una strada che porti davvero a un risultato.

Su La Stampa: “‘Raid aerei in Libia su 40 obiettivi’. Ecco il piano anti-Isis del Pentagono”, “Il New York Times: Obama valuta le opzioni con l’Italia e gli alleati. Depositi di munizioni e campi di addestramento individuati anche grazie al lavoro sul campo dei nostri uomini”. Ne scrive Paolo Mastrolilli da Washington.

Jihad d’Europa

Su La Stampa il reportage di Francesca Paci da Lunel: “A Lunel, fabbrica della jihad in Francia. ‘Solo i reclutatori si occupano dei giovani'”, “La piccola cittadina ha la più alta percentuale di foreign fighters del Paese”. Parla il consigliere comunale socialista Philippe Moissonnier: “Abbiamo guardato inermi la tempesta arrivare e oggi il silenzio è il nostro nemico. C’è stato un cambio dall’Islam tradizionale dei genitori algerini e marocchini a quello transnazionale dei figli francesi. Fino all’86 i musulmani non si vedevano, poi è stata aperta la moschea. I giovani non sono rappresentati e, specie i musulmani, non votano: nessuno si occupa di loro tranne i reclutatori”.

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