Il Corriere della Sera: “Quirinale, si lavora su tre nomi”. “Oggi Renzi vede Berlusconi: confronto su Amato, Mattarella e Padoan”. “La partita del Colle. Ieri i colloqui del premier con le delegazioni. Passa l’Italicum al Senato”.
L’editoriale, firmato da Angelo Panebianco: “Il Presidente con un doppio profilo”.
A centro pagina: “Bankitalia ora ottimista: possiamo crescere di più”. “Economia, nuove stime sul Pil”. “Bot, anche tassi negativi”.
E poi, con foto: “Giura il governo Tsipras”. “Chi tratta con l’Europa? Un ministro marxista”, con riferimento alla scelta di Varoufakis alle Finanze.
In alto, la sentenza al processo ai No Tav: “Condannati in 47. Violenze dei No Tav, 145 anni di carcere”.
La Repubblica: “Colle, prima intesa, ‘Sarà un politico’. Italicum, sì al Senato”, “Parla la Boschi: con la riforma mai più inciuci con Berlusconi”, “Fuga da Grillo, via altri nove. Aggredito uno dei fuoriusciti”.
Sul caso Grecia: “Merkel gela Tsipras: ‘Nessuno sconto sul debito greco’”.
La foto nella parte alta della pagina è per il Giorno della Memoria: raffigura il regista Steven Spielberg, in visita ad Auschwitz e tra i sopravvissuti, 70 anni dopo. Il quotidiano riproduce il testo del discorso da lui pronunciato a Cracovia ieri: “Ciò che ho capito da Auschwitz”.
In taglio basso: “No Tav, 47 condannati. Cortei e blocchi in Val di Susa”.
E “la polemica”: “’La Lombardia blocca la costruzione di moschee’”.
La Stampa: “Renzi pensa a Mattarella”, “Ma avverte: ‘Potrei fare una renzata’. Domani il primo voto per il Colle”, “Oggi l’incontro tra il premier e Berlusconi. Intanto la legge elettorale passa al senato”.
Sulla Grecia: “La linea rossa di Merkel sui negoziati con Atene: ‘Non ci saranno sconti’”, “Tsipras vara la sua squadra: solo dieci ministri, niente donne e tanti ‘falchi’. Kammenos: l’Ue respinga i clandestini”.
La foto a centro pagina: “I curdi in festa per Kobane liberata dall’Isis”, “Migliaia in piazza in Turchia dopo la ripresa della città simbolo della resistenza ai terroristi”. E si mostrano i festeggiamenti a Suruc, lungo il confine tra Turchia e Siria.
Di spalla, un commento di Elena Cattaneo: “Stamina, patteggiare è un rischio”.
In apertura a sinistra: “Torino, 47 condanne per l’assalto alla Tav”.
Il Fatto: “Trattativa Stato-Mediaset. L’ultimo ricatto di B.”, “Berlusconi tiene appeso il premier e rinvia ad oggi l’incontro. Sul Quirinale si gioca tutto: con le larghe intese l valore del Biscione è salito di 3 miliardi. Ora il caimano vuole vendere per passare all’incasso”.
In basso, “il primo giorno di Tsipras”: “Salario minimo sì, donne al governo no”.
Il Giornale: “Quirinale, l’accordo non c’è”. “Berlusconi diserta l’incontro al Nazareno perchè Renzi vuole un sì a scatola chiusa su un suo uomo”. “Oggi un nuovo faccia a faccia, o si trova un nome oppure…”. “Se il premier tira troppo la corda” è il titolo dell’editoriale firmato da Adalberto Signore.
E poi: “L’ultimo assalto dei pm di Milano: no allo sconto per il Cav”.
A centro pagina: “I terroristi ci minacciano: ‘Veniamo in Europa con gli immigrati’. Il latitante Abu Omar fa il macellaio al Cairo ma nessuno pensa di chiedere l’estradizione”.
E poi: “La ‘nuova’ sinistra si è già spaccata”. “Il falco antiausterità al ministero delle Finanze fa tremare la Borsa di Atene”.
Il Sole 24 Ore: “Debito greco, no ai tagli, cade Atene e bond al 10 per cento”. “Apertura Ue su tempi e tassi, stop della Merkel alla cancellazione”.
Di spalla: “Via libera del Senato all’Italicum, non votano 24 Pd e 12 Forza Italia”. “Bagarre in Aula, poi 184 sì e 66 no”. “Renzi: il coraggio paga”.
“Governi più coesi” è il titolo del commento di Roberto D’Alimonte.
Sotto: “Colle, oggi l’incontro Renzi-Berlusconi”. “Il premier cercherà una convergenza in mattinata nel Pd”.
A centro pagina: “Finmeccanica, sì al piano”. “In rialzo i conti 2014. Stretta su Ansaldo Breda. Hitachi favorita sulla cordata cinese”.
Quirinale
La Repubblica, sulla successione al Colle, pagina 2, sottolinea che una prima intesa c’è stata ieri nel corso degli incontri di Matteo Renzi e il Pd al Nazareno (tra gli altri con Angelino Alfano, Giorgia Meloni, la Lega): al Colle andrà un politico. E Alfano ha confermato che alle prime tre votazioni l’indicazione sarà quella della scheda bianca.
Nel “retroscena” di Goffredo De Marchis si ricorda che oggi Renzi incontrerà Pierluigi Bersani e, con ogni probabilità, Silvio Berlusconi. L’obiettivo del premier, secondo De Marchis, è anche svelare un’operazione che lo sta preoccupando non poco e che viene riassunta in qualche frase che avrebbe rivolto ai suoi interlocutori: “C’è un pressing fortissimo per Amato. La verità è che a favore di quella candidatura si è saldato un asse di ferro tra Berlusconi, D’Alema e Bersani. Vediamo se nei colloqui decidono di battezzarlo”. Per il premier è più di un fantasma, “è un’ombra che si allunga sul suo futuro”, perché se è vero che sta diventando il candidato di alcuni dei suoi “avversari”, più interni che esterni, è vero che al momento giusto, un presidente della Repubblica che sia frutto di tale accordo potrebbe essere una trama alle spalle del suo governo. In sintesi, il timore è che al primo inciampo o in caso di un braccio di ferro con l’Europa, “Amato sarebbe in grado di organizzare un cambio di fase” per sostituire il suo governo. “A quel punto io devo subito contrapporre un’alternativa”, avrebbe detto Renzi. Due gli schemi che starebbero prendendo piede: “Nel primo blocco dei miei candidati metto Mattarella e Padoan”. Ipotesi non semplice, perché a Mattarella si oppone Berlusconi (lo considera uno Scalfaro 2.0). Quanto a Padoan, secondo lo stesso Renzi sconta i dubbi della minoranza Pd (“Non vogliono un tecnico”). Il problema, dice De Marchis, è che Berlusconi sta “alzando l’asticella”, forte del ruolo decisivo sulle riforme e dei numeri che al Senato hanno salvato l’Italicum.
Alla pagina seguente: “L’altolà del Cavaliere: ‘Se loro non accettano veti, io rifiuterò imposizioni’. Il leader Fi boccia Mattarella: ‘E’ come Scalfaro. Ora si scoprano le carte’. E insiste su Amato e Casini”.
“Ma ora il premier teme il contropatto” è il titolo dell’editoriale di Stefano Folli, secondo cui il rebus del Quirinale si sta complicando per l’aggressività dell’ex Cavaliere e “si avverte il profumo di un possibile contropatto anti-renzi”. Insomma, poiché Renzi teme un’intesa alle sue spalle tra la minoranza Pd (D’Alema e Bersani) con Berlusconi per fare blocco sul nome di Giuliano Amato, il nome di Mattarella potrebbe essere usato per fermare la candidatura di Amato.
Su La Stampa, pagina 4: “Berlusconi diserta le consultazioni. Ncd: serve un politico”.
E, alla pagina seguente: “Renzi gioca la carta Mattarella per uscire dal forcing su Amato”. Scrivono Carlo Bertini e Ugo Nagri che “all’unisono, come ai vecchi tempi”, Berlusconi e Alfano insistono per insediare sul Colle un “moderato” a scelta tra Amato e Casini e il premier soffre il pressing sempre più asfissiante: come mai, si domandano al Nazareno, i ‘compagni’ sono così scatenati per Amato?
Su Il Fatto: “B. alza il prezzo e gioca con Renzi”, “Oggi Berlusconi pranza a Palazzo Chigi con Verdini e Letta e rilancia Giuliano Amato e Anna Finocchiaro”. Fabrizio D’Esposito racconta così la decisione di Berlusconi di non recarsi di persona agli incontri di ieri alla sede Pd: “Il Condannato dixit: ‘Io non posso mettermi in coda con tutti gli altri e fare questo teatrino in cui non si decide nulla’”, “’Io sono un socio del Nazareno, non subalterno. Renzi non può venire da me e impormi un nome. Il Presidente lo scegliamo insieme’”. Alla pagina seguente: “Ecco l’effetto Nazareno: Mediaset è già in vendita”, “Il valore di Borsa si è triplicato nell’ultimo biennio. Da Arcore adesso si punta a capitalizzare prima che le tv diventino un problema per gli eredi”.
Sul Corriere un “retroscena” di Maria Teresa Meli e Francesco Verderami si sofferma sul “gioco dei veti incrociati” e sulla trattativa arenata. “Decisivi saranno gli incontri con Bersani stamattina e con Berlusconi a pranzo”. I nomi sono quelli di Amato, Mattarella e Padoan, ma “proprio su questi tre nomi i kingmaker non riescono a mettersi d’accordo”. Amato sarebbe contrario ad Amato: “‘Non posso accettare che mi venga imposta la candidatura di Amato sulla quale c’è già l’accordo tra Berlusconi e D’Alema’”, mentre Berlusconi “da giorni gli fa sapere di essere indisponibile a votare per un candidato di area Pci-Pds-Ds-Pd”. Nel frattempo “Alfano si è incaricato di tagliare la strada all’ipotesi Padoan”, perché il futuro presidente “dovrà essere un politico”.
Ancora sul Corriere una intervista al professor Salvatore Settis: “Ascoltino anche noi cittadini, io dico Amato”. “Il nuovo Capo dello Stato dovrà stimolare il governo a destinare risorse alla cultura”. All’argomento che Amato potrebbe “essere impopolare perché ha troppe pensioni” Settis risponde che “viceversa è stato uno dei pochi a rinunciare a pensione e vitalizio, in quanto giudice costituzionale”, ed ha presieduto la Treccani senza emolumenti “senza dirlo ai quattro venti”. “Non è il solo” possibile Presidente “ma ho voluto citarlo come caso di una irragionevole espulsione dal novero dei possibili candidati per via di una presupposta impopolarità nata da motivazioni discutibili”.
Su Il Giornale si legge: “Renzi frena sull’arbitro e Berlusconi diserta il vertice” previsto ieri tra i due. Secondo il quotidiano il premier “vuole imporre Mattarella”, mentre da Forza Italia e Ncd (“che minaccia lo strappo di governo”) ci sarebbero “pressioni per Amato”.
Sul Sole 24 Ore: “Berlusconi non si fida. Oggi il faccia a faccia per scoprire le carte. Sul Colle asse con Alfano”. Secondo il quotidiano Alfano non ha la forza per tenere testa al premier da solo, e Berlusconi ha bisogno dei voti di Alfano per evitare che il Presidente sia frutto di una intesa di maggioranza. “Il dubbio dell’ex premier” è che Renzi potrebbe rimpiazzare le eventuali perdite dall’Ncd utilizzando “la pattuglia degli ex M5S”, “sempre più numerosa”.
Sul Giornale: “I dieci grillini fuggitivi si rifugiano al Nazareno”. “Di Maio, Di Battista e Taverna lanciano accuse infamanti (‘venduti e traditori’) contro i nove deputati e il senatore. E in serata Rizzetto viene aggredito mentre va da Renzi”.
Sul Corriere si racconta che tre parlamentari ex grillini della neonata formazione “Alternativa libera” (con Rizzetto c’erano Mara Mucci e Marco Baldassarre) tentavano di entrare nella sede del Pd ieri sera, ma sono stati bloccati da militanti del M5S e “costretti a tornare indietro”. Secondo il quotidiano il movimento di Grillo e Casaleggio avrebbe come opzione principale il voto su Prodi, anche se “la certezza” che i bersaniani lo votino “non c’è ancora”.
Ancora sul Corriere: “Dissidenti, ex 5 Stelle, Forzisti: il sudoku delle maggioranze”. “I possibili incroci intorno ai fedelissimi di Renzi per avere il quorum”.
Su La Stampa: “Contrordine M5S. Oggi le Quirinarie, nella rosa c’è Prodi”, “Dall’assemblea emerge solo quel nome”.
Il Fatto: “Grillo fa le Quirinarie. Prodi tra i quattro candidati”, “Il web voterà i nomi proposti dai Cinque Stelle. Ufficializzata l’uscita dei dieci parlamentari di Rizzetto (contestato sotto la sede del Pd”). Walter Rizzetto faceva parte della delegazione ex-M5S che si è recata ieri agli incontri alla sede del Nazareno e, in un’intervista a La Repubblica, racconta l’aggressione subita e dice: “Liciaggio fascista, ho preso anche botte. Beppe non diceva che siamo gandhiani?”
Secondo Il Giornale Giorgio Napolitano avrebbe telefonato a Walter Veltroni, che si trova in Cile, per chiedergli di “farsi trovare a Roma” per giovedì. “E Re Giorgio si muove per Veltroni”, il titolo. Veltroni sarebbe “abbastanza renziano, votabile dalla minoranza, potabile pure per il centrodestra”.
Infine, ancora sul Corriere della Sera, l’editoriale di Angelo Panebianco spiega che il nuovo Presidente dovrà essere “disposto a fare da spalla a Matteo Renzi per il periodo in cui costui resterà un leader forte. Ma anche dotato dell’esperienza necessaria per ‘subentrare’, con energia e saggezza, il giorno in cui la leadership di Renzi comincerà a vacillare”.
Italicum
Su La Repubblica, un’intervista alla ministra delle Riforme istituzionali Maria Elena Boschi nella pagina dedicata all’approvazione, ieri al Senato, della nuova legge elettorale: “Sì all’Italicum, i ribelli Pd via dall’aula”, “Ventitré senatori democratici non partecipano al voto finale. Il quorum più basso evita che Forza Italia sia determinante. Ma gli azzurri rivendicano: politicamente decisivi. Lite sulle aggiunte ‘tecniche’ al testo. Sel. Lega e M5s: forzatura grave”. Il ministro Boschi, nel corso dell’intervista, alla domanda “se al Senato la minoranza Pd avesse scelto il no invece di astenersi sul voto, i senatori di Forza Italia sarebbero stati determinanti. Questo impone una verifica di governo?”, risponde: “Non ce n’è alcun bisogno, fin dall’inizio è stato chiaro a tutti che le riforme le avremmo fatte con Forza Italia. Il governo è un’altra cosa”. Ma Forza Italia, chiede il cronista, è stata sostitutiva e non aggiuntiva rispetto alla maggioranza. Boschi: “Al voto finale la maggioranza è stata numericamente sufficiente, ma lo dico senza nulla togliere al contributo positivo e fondamentale dato dai senatori di Forza Italia”. E sull’Italicum: “per la prima volta c’è la certezza, grazie al ballottaggio, di un vincitore la sera delle elezioni, senza inciuci”. Sul Quirinale, si chiede un politico più che un tecnico. Boschi: “mi auguro che il presidente della Repubblica sia eletto con la più ampia maggioranza possibile e che sia condiviso da tutto il Partito democratico”, “ci vuole un garante della Costituzione. Ma anche una persona esperta e conoscitrice del Parlamento”.
La Stampa: “Renzi incassa l’Italicum. Ma il Pd ormai è spaccato”, “I senatori dissidenti confermano la scelta e non partecipano. Gotor: un’altra soluzione non è stata neanche cercata”.
Il Sole 24 Ore, con Roberto D’Alimonte (“Governi più coesi”), scrive “ci siamo quasi”, “nel gennaio 2014 pochi avrebbero scommesso che saremmo arrivati fin qui”. Nella legge è rimasto “il nocciolo”, ovvero “premio di maggioranza e doppio turno”, ma “molto è cambiato”, “in meglio”, a partire dalla introduzione del “premio di lista” invece che di coalizione.
Sul Corriere Massimo Franco: “La legge elettorale rafforza il patto con gli azzurri”. Si ricorda però che ieri 24 senatori Pd hanno votato contro la legge elettorale, e che dunque resistere anche “la fronda del Pd”.
Grecia
Ieri ha giurato il nuovo esecutivo greco. Dieci ministri, nessuna donna, al leader di Anel Panos Kammenos il ministero della Difesa. Il ministro delle finanze è Yanis Varoufakis, mentre Yanis Dragasakis sarà vicepremier.
La Repubblica: “Un economista anti-troika per Tsipras. Merkel gelida: ‘Debito, niente sconti’”, “Alle Finanze va Yanis Varoufakis, comunista a metà tra utopia e pragmatismo. Ma nell’esecutivo non ci sono donne”, scrive l’inviato Matteo Pucciarelli. Ettore Livini, sulla stessa pagina, racconta di come la nomina al ministero della Difesa del segretario di Anel, formazione di destra nazionalista Panos Kammenos, abbia rassicurato i militari e le forze dell’ordine, “nemici di sempre”, tra le cui fila sono stati molti i sostenitori di Alba Dorata. Anni di contrapposizioni nelle piazze greche, ferite aperte che risalgono fino agli anni del regime dei Colonnelli (“Il sospiro di sollievo nelle caserme: ‘In Parlamento ci sono quelli che manganellavamo, ma con questa nomina siamo salvi”). E Dmitri Dalaklogu, che guida un think tank di politiche sociali ad Atene, dice: “Tsipras non vuole finire come Allende in Cile”.
La Stampa: “Tsipras, una squadra di ‘falchi’ per sfidare il rigore di Bruxelles”. È Tonia Mastrobuoni a raccontare che nel giro di 48 ore Tsipras ha messo in piedi il nuovo esecutivo: snellissimo, solo 10 ministri. Ma già ieri ha dovuto affrontare il primo sgarbo istituzionale da parte del predecessore Antonis Samaras che non aveva partecipato lunedì allo scambio delle consegne e non ha atteso il suo successore nella sede del governo. Gli uomini di Samaraza hanno svuotato la sede dell’esecutivo di computer, carte, documenti e sapone dei bagni. Quanto alla scelta dei ministri, Tsipras ha sistemato la minoranza interna con ben tre incarichi e ha compensato la nomina di un outsider alle Finanze come Yannis Varoufakis – economista 53enne con una brillante carriera nelle università anglosassoni e inventore del termine ‘fiscal waterboarding’ per l’austerità imposta ad Atene – con la scelta di issare il candidato che aspettava quel posto da tempo, Yannis Dragasakis, sulla poltrona di vicepremier. Dragasakis è l’unico rappresentante dell’esecutivo che ha già avuto tre esperienze di governo e che negozierà, insieme a Varoufakis, con la troika per ottenere una riscrittura radicale dei piani di salvataggio e un alleggerimento del debito.
Ed è Tonia Mastrobuoni ad intervistare il nazionalista Kammenos: “L’Europa? Prima ci aiuti a respingere i clandestini”, “dobbiamo pattugliare i confini”. Tsipras è d’accordo? Il governo condivide questa posizione? Kammenos risponde: “Concordiamo sul fatto che l’Europa ci debba aiutare, anche finanziariamente, a controllare meglio le frontiere”.
Il Fatto: “La falange di Tsipras. Pochi e tutti uomini nel governo anti-Ue”, “ieri sera il giuramento, oggi il primo consiglio dei ministri che innalzerà il salario minimo. La Borsa di Atene perde il 5%. La Merkel avverte: ‘Niente sconti sul debito’”.
Su Kamennos, Roberta Zunini scrive che l’intesa con il partito Anel, xenofobo e fissato con la lobby sionista sembra destinato a durare.
Su La Repubblica, è ancora Ettore Livini a spiegare che “le promesse di Syriza costano 11,5 miliardi, ma nelle casse di Atene ne rimangono solo 4”.
Il Manifesto sottolinea la riduzione del numero dei ministeri “che nessun premier precedente ha avuto il coraggio di realizzare”. Si legge che Yannis Varoufakis, ministro delle Finanze, ieri aveva preannunciato la sua nomina sul suo blog, ed aveva scritto che le trattative con i creditori internazionali sono già iniziate. Varoufakis lavorererà a fianco di Yannis Dragasakis, nominato vicepresidente del consiglio, con delega alle trattative di Atene con i partner europei.
Il Corriere: “Governo Tsipras, un marxista alle Finanze”, “‘Irrealistico ripagare tutto il debito’. Merkel ‘contraria’. Nessuna donna entra nell’esecutivo”.
La frase sul debito è del portavoce del vicepremier Dragasakis, Euclid Tsakalotos. Il quotidiano scrive anche che ieri la Grecia non ha dato l’assenso a nuove sanzioni nei confronti della Russia, e scrive di una “nota imbarazzata” del Consiglio europeo: “‘Atene avrà modo di spiegare la sua posizione'”.
Il Corriere intervista Pierre Moscovici, Commissario europeo per gli affari economici: “Atene resterà nell’euro; Italia, ancora flessibilità”. Secondo Moscovici “la Grecia ha la capacità di creare lavoro e ripagare i debiti” e “non mostra segni di instabilità”. Alla domanda “state già negoziando con Atene” risponde “no, i colloqui inizieranno”, e non risponde ad altre domande sul debito greco. Dice anche: “Noi non vogliamo cambiare le regole del Patto ma interpretarle così da introdurre poi un reale livello di flessibilità”.
Secondo Il Sole “partono le trattative sul debito greco”. Secondo il quotidiano l’esecutivo greco presenterà probabilmente “un’ipotesi di riscadenziamento o ristrutturazione”.
Ancora Il Sole 24 Ore: “Nasce il governo Syriza, crolla la Borsa”. “Il mercato azionario perde il 3,7 per cento, euro in rialzo. Alle Finanze va il falco anti-austerity Varouflakis”. Si legge che “gli investitori guardano con cautela il nuovo esecutivo sottolineando che il programma di aiuti della troika scade a fine febbraio e deve ancora essere sborsata l’ultima tranche di 7 miliardi ma non c’era accordo con il governo Samaras sui nuovi tagli chiesti da Ue e Fmi”. Secondo il quotidano il governo greco si è opposto alle sanzioni alla Russia “perché non ne era stato informato”.
Sullo stesso quotidiano Carlo Bastasin si sofferma sulla novità rappresentata dal governo greco e riflette sul rapporto tra formazioni autonomiste e disuguaglianza, e scrive che in Europa ormai ci sono “generazioni di elettori che sembrano non dare più per scontate le ragioni storiche dell’auto-determinazione nelle associazioni statuali se esse implicano squilibri permanenti nella redistribuzione fiscale”. Lo stesso sembra accadere a livello europeo, tra Paesi, e “l’emergere di forze politiche centrifughe, come la nuova coalizione di Atene o come il Fronte nazionale, non favorisce un maggiore coordinamento delle politiche attive europee”.
Sul Corriere Michele Salvati torna ad intervenire sul tema dell’Europa e delle “tre illusioni” da evitare per poter ristrutturare l’edificio dell’Europa. Salvati aveva scritto qualche giorno fa che era stato un errore per l’Italia aderire al trattato di Maastricht (“l’Europa dell’euro non è l’area valutaria ottimale e dunque un’unione monetaria vincolante non è facilmente sostenibile”, scrive), e oggi torna sul tema, ribadendo che è stato una illusione credere che la situazione economica favorevole europea sarebbe durata indefinitivamente, credere che sarebbe stato facile riparare ai guasti di un passato di cattiva gestione economica perché l’euro avrebbe indotto i governanti a una gestione più responsabile, credere che si poteva “scambiare il sogno di una Europa federale con la realtà”, visto il “demos europeo molto debole”.
Internazionale
Sul Sole 24 Ore si parla dell’attentato ieri al Corinthia Hotel di Tripoli, in un’area “protetta e blindata”, albergo in cui alloggiano i giornalisti, le missioni internazionali, gli uomini d’affarri. “Il grave attentato sferrato ieri mattina, e rivendicato da un gruppo jihadista libico affiliato all’Isis,costato la vita ad almeno nove persone, tra cui quattro stranieri, rappresenta una grave escalation”. I terroristi, “circondati dalle forze di sicurezza, avrebbero azionato i giubbotti esplosivi, ma altre fonti hanno invece dichiarato che sarebbero fuggiti e che un terrorista sia stato catturato. Tra le vittime straniere ci sarebbero un cittadino americano, un francese, due filippini e un sudcoreano. All’interno dell’hotel si trovavano anche degli italiani, che sono riusciti a fuggire. Il gruppo che ha rivendicato l’attentato -la Provincia di Tripoli dello Stato islamico – sarebbe una costola dei jihadisti attivi a Derna”. Confusione sull’obiettivo: secondo alcune fonti l’assalto doveva colpire Omar al-Hasi, il premier del Governo ombra creato a Tripoli in agosto che però è riuscito a fuggire. Altri esponenti dell’apparato di sicurezza hanno puntato il dito contro cellule di gheddafiani”. Il quotidiano ricorda l’ultimo “accorato appello” sui timori per la Libia, che era venuto sabato mattina dal presidente dell’Assemblea Costituente libica Ali Tarhouni a Davos, che aveva parlato di avanzata dall’Isis verso il porto di Zawiyah e poi verso Zuara, da cui partono spesso i migranti diretti in Italia. “Forse Tarhouni ha calcato la mano nel tentativo di scuotere gli ascoltatori. Ma le recenti immagini di miliziani che sventolavano bandiere dell’Isis a Zawiya rendono più credibile il suo allarme. Se anche il porto di Zuara fosse controllato dai jihadisti il pericolo che nascondano i loro uomini tra i disperati in fuga per l’Europa sarebbe reale”.
Su Il Giornale si citano le parole di Tahrouni assieme a un “rapporto dello Stato Islamico – la cui autenticità, va detto, non è verificabile – rilanciato anche da media libici”, secondo il quale obiettivo del Califfato “sarebbe infatti quello di sfruttare le partenze dei migranti dalle coste libiche per ‘arrivare in Europa e trasformarla in un inferno’. L’Italia, è ovvio, sarebbe la meta privilegiata”.
Il Sole 24 Ore scrive che “sarà una riunione difficile quella che i ministri degli Esteri dei Ventotto terranno domani a Bruxelles per decidere se adottare nuove misure contro la Russia per il suo atteggiamento in Ucraina, dove la guerra tra i separatisti di Donetsk e Luhansk e le forze governative è riesplosa senza più finzioni di tregua”. Oltre alla notizia che “la Grecia non dà il suo consenso” il quotidiano spiega che “tra le possibili nuove sanzioni ipotizzate anche dagli stessi media russi c’è la possibilità di escludere Mosca dal circuito internazionale Swift di pagamenti interbancari (cosa che metterebbe in difficoltà le imprese esposte all’estero) e l’allungamento della lista di persone o società che si vedranno imporre limiti di spostamento o di condurre attività economiche nella Ue”.
Sul Foglio: “Sulla Russia Tusk smentisce Mogherini e chiede più sanzioni”. “Il ‘paper’ della capa della diplomazia europea puntava sull’appeasement. Ora l’Ue accusa direttamente Putin”. Secondo il quotidiano l’intenzione del Presidente del Consiglio europeo Tusk di “sottrarre alla Mogherini il dossier Russia era già emersa la scorsa settimana”, e si ricorda un tweet scritto da Tusk qualche giorno fa, dopo i razzi su Mariupol, in cui aveva criticato l’appeasement nei confronti di Mosca.
E poi
Il Corriere intervista Maria Carmela Lanzetta. Ieri sembrava che lasciasse il governo per entrare come assessore nella nuova Giunta regionale calabrese. Invece, dopo aver accettato, ha deciso di non entrare in Giunta. Dice che non ha apprezzato “il metodo”, e che non entra in Giunta perché con lei c’è anche “Nino De Gaetano, citato in un’informativa della Mobile: i suoi ‘santini’ elettorali furono trovati in un rifugio della cosca Tegano”. “‘Non ho firmato la mia nomina a assessore regionale appunto per la presenza di De Gaetano, va contro le mie scelte di vita e politiche. In totale accordo con il sottosegretario Graziano Delrio, giudico poco opportuna la nomina fatta e chiedo a Oliverio di rivedere la sua scelta: il procuratore di Reggio, Cafiero De Raho, nel dicembre scorso, ha affermato che sulla vicenda sono ancora in corso accertamenti'”.