Il voto alle elezioni amministrative è al centro di tutti i titoli di prima pagina.
Il Corriere della Sera. “Vince l’astensione, perde Grillo, sale il Pd. Marino in netto vantaggio a Roma su Alemanno, 5 Stelle fuori dai ballottaggi nei capoluoghi”. Un riquadro sintetizza i risultati nelle principali città, mentre a centro pagina si dà conto della “soddisfazione” che si respira a Palazzo Chigi: “’Premiate le larghe intese’. La soddisfazione di Letta”. A fondo pagina il via al processo per la trattativa tra Stato e Mafia: “Mancino, sfogo in aula. E dai pm nuove accuse”:
La Repubblica: “La rivincita del Pd, crolla Grillo. A Roma Marino stacca Alemanno. Il Pdl arretra al nord. Astensione record: 4 su 10 non hanno votato. Il candidato del centrosinistra al ballottaggio con 12 punti di vantaggio. Epifani: adesso il cambiamento. In rivolta la base M5S: dobbiamo andare in tv”. A centro pagina: “Stato-mafia, Mancino contro i pm: ‘Non potete processarmi con i boss’”.
La Stampa: “Fuga dal voto, flop dei grillini. Il Pd risale. A Roma affluenza al 52 per cento. Marino avanti, va al ballottaggio con Alemanno”.
Il Giornale:”Grillo arrenditi. Dalle Stelle alle stalle. Alle Comunali flop dell’antipolitica, blog in rivolta contro il comico. Affluenza disastrosa. Calo di Pd e Pdl: ballottaggio in 15 città. A Roma Marino in vantaggio”.
Libero: “Pallone sgonfiato. Alle amministrative clamoroso tonfo del M5S che in appena tre mesi ha dimezzato i consensi e resta fuori da tutti i ballottaggi. Pdl e Lega non confermano i sondaggi, mentre la tenuta del Pd allunga la vita al governo Letta”.
L’Unità: “Avanti centrosinistra. Netto distacco a Roma. Vittorie a Vicenza, Pisa, Massa, Imola. Vantaggio in tutti i ballottaggi”. A centro pagina: “Tsunami su Grillo. Base in rivolta”. E poi: “Letta respira: gli elettori hanno capito”.
IL Fatto quotidiano: “Mezza Italia contro i partiti. Bene Marino, male Grillo”. A fondo pagina il quotidiano parla dell’Ilva, e affida a Romano Prodi una risposta alle dichiarazioni di ieri del patron dell’azienda Riva, che aveva affermato che quando comprò lo stabilimento dall’Iri era un “ferrovecchio”: “”Ilva, l’accusa di Prodi. ‘Da Riva solo bugie’. ‘Altro che ferrovecchio, gli lascia un vero gioiello’”.
Il Sole 24 Ore: “Piano del governo ‘salva Ilva’. Squinzi: ‘Su questa vicenda si gioca uan partita decisiva per il futuro del Paese. Commissario per l’ambiente, ipotesi di gestione straordinaria. Allarme dell’azienda: in pericolo 40 mila posti”. Di spalla il voto: “A Roma vota uno su due. Marino stacca Alemanno. Grillo arretra ovunque”.
Amministrative – 1
“Scomparsi 4 elettori su dieci”, titola il Corriere della Sera, scrivendo che “l’astensione è il primo partito”. Il quotidiano dà conto anche della reazione del Ministro Alfano, secondo cui “nella gran parte dei Comuni dove ieri e l’altroieri si è votato, nel 2008 le comunali si erano svolte insieme alle politiche, e ciò potrebbe aver trascinato in su l’affluenza”.
Su La Repubblica: “In fuga dalle urne 4 elettori su 10”, “crollo di 15 punti. Nelle regioni rosse disaffezione a due cifre”. 52,8 è la cifra relativa ai votanti di Roma, rispetto al 73,7 per cento del 2008. A Pisa si è passati dal 79.5 per cento del 2008 al 55,8 di ieri. Meno 18 per cento di votanti in Emilia Romagna, ultima la Toscana con -20,5 per cento.
Su La Stampa: “Borgata o Roma bene, Alemanno perde ovunque”. “Marino riconquista le periferie perdute dalla sinistra, e tiene nei quartieri borghesi”.
Ancora su La Repubblica: “A Roma in vantaggio Marino di 12 punti, la rivincita del Pd in tutte le città. Crollo del Movimento 5 Stelle, fuori dai ballottaggi”. E di fianco: “E Letta tira un sospiro di sollievo: ‘Le larghe intese non fanno male, ma bisogna dare risposte agli italiani”.
Su L’Unità si dà conto delle reazioni, “dalle parti del governo”, riferendo le parole che avrebbe pronunciato il premier Enrico Letta: “I risultati dimostrano che gli elettori del centrosinistra comprendono le scelte che il Pd ha fatto”.
Su Il Fatto: “Tutti a casa, flop di Grillo, nessun comune a 5 Stelle”. L’Unità scrive che “’la decrescita felice del Movimento 5 Stelle ha il suo epicentro a Roma, ma è un fenomeno che tocca tutta l’Italia, compreso quel nordest dove alle politiche i grillini avevano fatto il botto”. L’Unità evidenzia che nei capoluoghi neppure un candidato grillino è arrivato ai ballottaggi. A Roma il candidato sindaco M5S De Vito resta inchiodato al 13 per cento, la metà dei voti presi meno di tre mesi fa. Peggio al nord, a partire dal Veneto, dove i 5 Stelle non solo restano fuori dai ballottaggi, ma ampiamente sotto il 10 per cento sia a Treviso che a Vicenza. A Siena, la capitale di Mps, uno dei temi più battuti da Grillo in chiave anti Pd, i 5 Stelle non arrivano al ballottaggio e si fermano all’8,4 per cento.
Su Europa, focus su Siena che si avvia al ballottaggio: “Dopo il grande scandalo e il terremoto Pd, l’uomo di Renzi si avvia a vincere”. Si tratta di Bruno Valentini, considerato vicino a Renzi, della cui vicenda il Corriere della Sera ricorda l’ostracismo del Pd senese (“Lo odiava così tanto che gli aveva impedito di partecpare ale primarie del mese prima”). Valentini sarebbe al 39,6 per cento, contro il candidato del centrodestra Neri (23,2). Qui, il candidato 5 Stelle Michele Penassi ha ottenuto il 3,66 per cento. A Siena ha votato il 68,4 per cento degli elettori. Un calo dell’8,2 per cento rispetto al 2008.
Su Il Fatto, intervista a Paolo Feltrin, politologo e docente all’Università di Trieste, che si sofferma sul radicamento del Movimento 5 Stelle in Veneto, dove la media ottenuta dai grillini è il 7 per cento (solo nella provincia di Venezia ha raggiunto il 15 per cento). Per Feltrin non c’è stato un “crollo” del M5S, che si conferma essere un punto di riferimento per elettori che un tempo votavano centrodestra o Lega. Il movimento rappresenta un treno su cui salire, perché è l’unico disponibile per protestare, come fu la Lega negli anni 90.
Amministrative – 2
Stefano Folli sul Sole 24 Ore definisce “attesa ma bruciante” la “sconfitta” del sindaco di Roma Alemanno. “Berlusconi sembrava saperlo per quanto poca convinzione ha messo nel comizio di venerdì al Colosseo. Ma il Pd di Epifani, che esce in apparenza semi-vincitore dal primo turno, deve stare attento a non cantar vittoria. Il quadro generale racconta di un distacco dalla politica persino accentuato, almeno nella capitale. E il Pd si salva solo perché gli altri vanno peggio”.
Quanto al risultato del Movimento 5 Stelle, scrive Folli, “le larghe intese avrebbero dovuto alimentare la crescita impetuosa della opposizione, secondo una certa ‘vulgata’. Ma la realtà è un’altra. I ‘grillini’ perdono slancio e fascino agli occhi dei loro elettori che preferiscono tornare all’astensione in attesa di tempi migliori”.
Dunque in questa fase “è l’opposizione frontale a dover rivedere molte cose nella sua strategia”, e “non è detto che Grillo sia in grado di cambiare strategia come si cambia una camicia”.
Sull’astensione, una analisi di Roberto D’Alimonte sullo stesso analizza i 16 comuni capoluogo in cui si votava: “facendo il confronto con le precedenti elezioni in cui gli elettori sono andati alle urne in questi comuni, il calo della partecipazione è vistoso”, scrive l’analista. “La partecipazione è stata, per esempio a Roma, del 56,2 per cento, con un calo di 19 punti rispetto alle precedenti comunali (75,4 per cento). Se escludiamo Roma, il calo negli altri 15 comuni è di 14,4 punti percentuali”. Ma, dice D’Alimonte, il confronto va fatto con gli otto comuni capoluogo in cui non si è votato nel 2008 insieme alle politiche: in questo caso il calo sarebbe meno marcato, poiché nei comuni in cui si è votato l’anno scorso il calo alla partecipazione è stato di circa 8 punti. Significa che nel nostro Paese si è innescato un trend negativo nella partecipazione elettorale, che riguarda tutti i tipi di elezione. Anche sul calo dei voti di Grillo, secondo D’Alimonte, occorre cautela, perché se è vere il M5S ha perso molti voti rispetto alle politiche del 2008, è pur vero che le amministrative sono una arena in cui il M5S deve fare i conti con altri fattori che giocano a suo sfavore: il calo della partecipazione rispetto alle politiche danneggia il M5S più degli altri, perché gli elettori di Grillo hanno probabilmente l’astensione come seconda opzione rispetto al voto per il loro partito; il secondo fattore riguarda la natura del voto amministrativo, che è più orientato al candidato che al partito. Infine, il sistema di elezione diretta del sindaco fa sì che pesi molto il voto perché decide chi vince e gli outsider come i candidati del M5S sono sfavoriti in questo tipo di competizione.
Su Il Fatto Marco Travaglio legge quella che definisce la “disfatta” dei Cinque stelle ed elenca gli errori fatti dal movimento: la scelta di Grillo di non mettere piede in tv va bene per le politiche, ma è un “suicidio” per le comunali, perché chi vota vuole conoscere i candidati; il non-partito dei non-candidati, degli anonimi “portavoce” va bene per opporsi in Parlamento, ma quei non candidati sono inadatti per l’elezione diretta e personalizzata dei sindaci (“De Vito, a Roma, si presentava ai dibattiti in tv leggendo un foglietto prestampato”); sul fronte delle scelte nazionali, i balbettii delle consultazioni al Quirinale e degli incontri in streaming con Bersani e Letta hanno fatto sì che i 5 Stelle non riuscissero a far capire la loro proposta di un governo fuori dai partiti con Rodotà o Zagrebelsky; per quel che riguarda la selezione della classe dirigente, via votazioni online o meetup, tiene alla larga impresentabili e riciclati “ma porta a galla troppi personaggi mediocri, se non addirittura imbarazzanti”. Travaglio attribuisce però alcuni meriti a 5 Stelle, che aiutano a spiegare la batosta: se tre mesi fa avesse prestato “sottobanco” quindici senatori a Bersani, o se si fosse imbarcato “nell’immondo carrozzone Letta-Alfano”, il movimento si sarebbe guadagnato i favori dei giornaloni, e le battaglie e i consensi del Movimento hanno comunque costretto gli elettori e i candidati del Pd a cambiare in meglio.
Il Corriere della Sera, in prima pagina, offre ai lettori un editoriale di Massimo Franco, che parte da questa constatazione: “Ha vinto l’astensionismo, ha perso Beppe Grillo”. Ma aggiunge che il problema evidenziato da queste elezioni è la esistenza di “una massa di elettori in attesa di rappresentanza”: si coglie la vistosa incapacità dei partiti di ritrovare il proprio ruolo, per cui sembra di assistere a una “gara a chi cala di meno”. La svolta arriverà solo quando qualcuno riuscirà a riportare a votare una parte di astenuti. E scrive ancora Franco: “Le difficoltà del Pdl un po’ ovunque e il tramonto del potere leghista in una città roccaforte come Treviso dicono che nessuno ha più a disposizone un blocco sociale acquisito per sempre. C’è un elettorato parcheggiato, nel limbo, pronto ad appoggiare ora l’uno ora l’altro a seconda del momento”.
Alle pagine interne si dà conto del “crollo in Veneto” della Lega, dove lo “sceriffo di Treviso” Gentilini è “costretto ad inseguire”. Qui il candidato M5S Alessandro Gnocchi si è fermato al 6,9 per cento, e rispetto al febbraio scorso ha perso due voti su tre.
Giancarlo Gentilini – Pdl, Lega e Liste Civiche – è al 34,8 per cento (qui alle comunali 2008 il candidato di centrodestra Gobbo aveva ottenuto al primo turno il 50,4). Il candidato del centrosinistra Giovanni Manildo ha su Gentilini oltre 8 punti di vantaggio (42,7 per cento). Nel 2008 al primo turno delle comunali il candidato del centrosinistra Rosi aveva ottenuto il 27,4.
Su Libero: “Senza Berlusconi… Allarme centrodestra, si è ristretto il Nord. Azzurri e Lega arrancano in tutte le roccaforti storiche. Se manca la spinta del Cav le urne piangono”. Il quotidiano scrive che il Cavaliere, irritato per il deludente risultato ottenuto nella capitale da Gianni Alemanno, mostra distacco preferendo puntare il dito su astensioni e flop del Movimento 5 Stelle”. Si legge poi del centrodestra costretto sulla difensiva “addirittura a Brescia, città dove Berlusconi aveva tenuto uno dei pochi comizi di questa campagna elettorale”.
Sul Sole 24 Ore: “Flop Grillo, ora urne più lontane”. Dove si legge che il buon risultato del Pd allenta le tensioni congressuali, e la frenata del Pdl gela i falchi che puntavano alle elezioni.
Ilva
Al pre-vertice organizzato ieri al Ministero dello Sviluppo dal ministro Zanonato, dopo il maxi sequestro di oltre 8 miliardi dei beni della holding di famiglia Riva Fire e le successive dimissioni del cda dell’azienda si è studiata la situazione dell’Ilva, in vista dell’incontro programmato per oggi a Palazzo Chigi dal premier Letta. Ieri il premier ha incontrato i leader sindacali e oggi dovrebbe definire un piano: si parla di nomina di un commissario ad acta per l’Aia, fino all’amministrazione straordinaria, e ad interventi specifici sul tema più generale della siderurgia.
Internazionale
Su L’Unità si dà conto delle accuse comparse su Le Monde, dove due inviati speciali hanno offerto la propria testimonianza dalla Siria: hanno trascorso quasi due mesi con i ribelli nella capitale siriana e nella regione circostante, e sostengono che le forze del presidente Assad hanno usato armi chimiche. Non si tratta di semplici gas lacrimogeni, ma di prodotti molto più tossici. Uno dei medici ha descritto agli inviati i sintomi dei pazienti che arrivano in ospedale: problemi respiratori, pupille ristrette, alcuni vomitano, non sentono o nulla, non parlano più, i loro muscoli respiratori sono inerti.
Intanto a Bruxelles, scrive ancora L’Unità, nella riunione dei ministri degli esteri della Ue è emersa una spaccatura sulla revoca dell’embargo per quanto riguarda la fornitura di armi agli oppositori di Assad. La Gran Bretagna, appoggiata dalla Francia, preme in questa direzione per dare un segnale al regime. Il fronte dei contrari nella Ue è guidato dall’Austria, e rischia di portare a una rottura che farebbe crollare l’intero impianto sanzionatorio dei 27 sulla Siria, che scade venerdì prossimo. Per la titolare della Farnesina, Emma Bonino, occorre “lavorare velocemente alla ipotesi” di un allentamento dell’embargo con la fornitura di armi alla opposizione “ma solo con precisi criteri e garanzie”. Il quotidiano riferisce anche delle preoccupazioni suscitate dai contrasti interni alla Coalizione nazionale siriana, il cartello dell’opposizione riunito da 4 giorni ad Istanbul.
Sul Corriere della Sera: “Armi ai ribelli siriani. L’Europa divisa cancella l’embargo. Nessun aiuto militare prima di agosto”. Si spiega che dopo una lunga trattativa il consiglio dei ministri degli esteri Ue ha trovato un accordo di compromesso sul rinnovo dell’embargo alla Siria. Ora diventa possibile inviare materiale bellico ai ribelli in guerra, anche se non subito. Tutte le altre restrizioni (sanzioni economiche al regime, in scadenza l’1 giugno) vengono prorogate di 12 mesi. Le vendite di armi alla opposizione sono state stralciate per lasciarle alle decisioni dei singoli Paesi membri: devono però essere rispettate limitazioni come controlli sull’export, caso per caso”. Clausole di garanzia, o “l’uso per la protezione dei civili”. I governi dei 27 si impegnano a non inziare subito le forniture militari. La responsabile esteri della Ue Ashton ha annunciato che “il consiglio rivedrà la sua posizione entro il 1 agosto, dopo aver consultato il segretario Onu sugli sviluppi della iniziativa Usa-Russia di una conferenza di pace a Ginevra il mese prossimo”. Il ministro degli esteri britannico Hague, principale sostenitore dell’aiuto ai ribelli, ha esultato: “l’embargo di fatto è finito”.
Alle pagine R2 de La Repubblica ci si occupa di Turchia, e si descrive “la rivolta dei baci contro gli islamisti”. E’ Marco Ansaldo a scrivere che i religiosi impongono il divieto di effusion e che i giovani hanno detto di no, protestando su metro e piazze. Qualche giorno fa ad Ankara i passeggeri della metro hanno trovato dei cartelloni con su scritto: “Attenetevi ad un comportamento in linea con le leggi morali”. Era accaduto che le telecamere di sicurezza interne avevano immortalato alcune coppie di giovani che si baciavano.
E poi
Il Foglio pubblica ampi stralci della lezione del giudice costituzionale Usa Antonin Scalia, che ieri è stato a Torino: “Contro la politica in toga. L’arringa di Antonin Scalia contro gli eccessi giudiziari è una lezione per entrambe le sponde dell’Atlantico. L’ipertrofia dello stato e il tradimento dei Padri fondatori”.