Polverini va da Monti

Il Corriere della Sera: “La Polverini sotto assedio. Il Governatore da Monti. Berlusconi chiama e la ferma. Lasciano tutti i consiglieri regionali Pd, Idv e Sel. Le indagini: i partiti del Lazio votavano per spartirsi i fondi”.

L’editoriale, firmato da Angelo Panebianco, è titolato “Tutti complici del declino”

 

Il Giornale: “Polverini vicina all’addio. La governatrice informa Monti. I gruppi Pd, Idv e Sel si dimettono in blocco. Ma la maggioranza resiste. Il Pdl prepara la svolta: ‘Partito da rifare’”. A centro pagina, in evidenza, le parole di ieri del sindaco di Milano Pisapia, che ha parlato di unioni civili e adozioni per i gay: sempre meglio averli, i genitori, ha detto. “Pisapia come Vendola, ‘Sì alle adozioni gay’”, il titolo. In prima pagina anche l’editoriale di Vittorio Feltri a difesa del direttore Sallusti, che rischia il carcere per una condanna per diffamazione. “E adesso serve un decreto salva Sallusti”, il titolo.

 

La Repubblica: “Scandalo Lazio, Polverini da Monti. La Governatrice ricevuta in serata a Palazzo Chigi. Anche l’Udc firma a favore della presidente. Ma Casini vuole prendere le distanze”. “Torna l’ipotesi dimissioni, poi la maggioranza fa quadrato. Pd, Idv e Sel via dal consiglio”

In prima pagina si parla anche di Fiat: “Slitta il nuovo piano. Fiat ora diventa un po’ più americana. I dubbi dei sindacati e Bersani sugli impegni di Marchionne”.

 

La Stampa: “Lazio, si dimettono le opposizioni. Polverini da Monti. Alemanno: azzerare tutto. Ma la maggioranza resiste”. A centro pagina: “Un piano per spingere l’export. Le aziende: un fisco più leggero e un sistema di agevolazioni per esportare il made in Italy”. “I sindacati: bene se la Fiat resta qui, ma è l’ora degli investimenti”.

 

L’Unità: “Fiat, il buio dopo il vertice”. “Reazioni negative da sindacati e partiti dopo l’incontro tra Lingotto e governo”. In prima pagina anche le primarie del centrosinistra, con una foto di Bersani e Vendola: “Bindi: sosteniamo Bersani. E Vendola parla di partito unico”. A centro pagina un richiamo al dibattito nel centrodestra a partire dal caso Lazio: “E Alemanno diss: ‘azzeriamoci’. Udc incerta, Casini: fortissimo disagio. In serata la presidente Polverini per un consulto con il presidente Monti”.

 

Politica

 

Esterino Montino, capogruppo del Pd alla Regione Lazio, viene intervistato da La Stampa. Il titolo è sull’Udc, che appoggia Polverini in Regione: “Casini scelga, ora sono loro l’ago della bilancia”. Alla domanda “perché avete deciso di presentare solo ora le dimissioni” Montino risponde che “noi ci siamo posti il problema già all’atto della variazione del bilancio 2011 che ha innalzato di sette milioni di euro le dotazioni per le attività divulgative e le iniziative istituzionali. Preso atto che esiste un buco normativo sui controlli ridotti a una sorta di autocertificazione, abbiamo proposto di istituire la figura di un tesoriere e di affidare la revisione contabile a società esterne di verifica”.

 

Su La Repubblica una conversazione di Emma Bonino con Concita de Gregorio: “Nel 2010 il Pd mi isolò e salvò la spartizione”. Bonino cita una precedente intervista a Montino: “Non dubito che con quei soldi il Pd non abbia fatto festini, magari avrà fatto concerti di musica classica. Tuttavia, vede, non è una questione, come dire, di eleganza. Il nodo è che quei soldi, quando arrivavano al gruppo, venivano utilizzati come fossero proprietà privata. Sono destinati alle esigenze dei consiglieri, non a quelle della comunità”. Bonino ricorda di aver concentrato la sua campagna elettorale sull’anagrafe pubblica degli eletti, e “molti compagni del Pd mi dicevano ‘vacci piano con la trasparenza. Spaventi’. Non capisco, spavento chi? Dal meccanismo di spartizione unanime ora si capisce che spaventavo tutti: i beneficiati e i beneficiandi”. Bonino ricorda la sua candidatura da sola, poi l’endorsement di Bersani, Franceschini e Bindi che aggiunsero “non è la candidata ideale”, la “freddezza” del Pd romano “molto legato a D’Alema”, il fatto che il comitato elettorale fu costituito ad un mese dal voto.

 

Il Corriere della Sera, sulle indagini in corso: “Così i partiti decidevano come dividersi i soldi”, “Anche Pd e Idv d’accordo per passare da 1 a 14 milioni”. Il primo provvedimento preso dopo l’elezione della nuova giunta guidata dalla Polverini risale al dicembre 2010: il denaro per i partiti viene aumentato fino a 5,5 milioni di euro. Il 10 febbrario 2011 l’ufficio di presidenza decide all’unanimità che quello stanziamento è congruo. Sono presenti il presidente del Consiglio regionale Abbruzzese, il vicepresidente D’Ambrosio dell’Udc, il consiglierie della Lista Polverini Gatti, Isabella Rauti del Pdl, Claudio Bucci dell’Idv. Due mesi dopo il funzionario Stracuzzi segnala che la disponibilità al momento non consente di soddisfare le obbligazioni. Nel luglio 2011 la scena si ripete, manca solo, dall’ufficio di presidenza, D’Ambrosio: ma c’è l’altro vicepresidente, Astorre, del Pd. E via dicendo.

Su Il Messaggero una intervista a Matteo Renzi: “Bene le dimissioni del Pd. Ma ora basta soldi a tutti i partiti. Via ogni contributo, ai parlamentari lo stipendio dei sindaci”.

 

Nadia Urbinati firma l’editoriale de La Repubblica, e prende le mosse dall’affermazione del segretario regionale del Lazio del Pd (“c’è bisogno di un elettroshock”, “di rigenerare la politica”) per ricordare che la seconda Repubblica “è stata inaugurata dalla decapitazione di quasi una intera classe dirigente per mano della giustizia penale, non di quella politica politica”. “Enrico Berlinguer parlò di ‘questione morale’ e fu sommerso dalla critica, quasi unanime, di moralismo”, e la seconda Repubblica è nata all’insegna della ragione del più forte, avendo cancellato l’idea che una democrazia non può a fare a meno della morale. “Se di un elettroshock c’è bisogno questo non potrà che significare ritornare a far parlare i principi del nostro vivere civile, la Costituzione e le leggi, la consapevolezza che la differenza tra giusto e sbagliato ha un senso non sofistico e relativo a chi ha potere, e che chi fallisce si deve ritirare”.

 

Angelo Panebianco, sul Corriere della Sera (“Tutti complici del declino”), scrive che l’eccessivo peso della burocrazia e la demagogia di chi promette senza “tener conto dei dati di realtà” sono i veri responsabili del “declino italiano”. E cita i ricorsi della Fiom sui contratti Fiat, che costringerebbero la Fiat a “prender su baracca e burattini”, e dunque produrrebbero tutto meno che una vittoria dei diritti dei lavoratori, “non essendoci più lavoratori”; la campagna dei grillini a Parma, che hanno detto no all’inceneritore senza spiegare ai cittadini di quella città che il costoper le finanze comunali, in termini di penale, sarebbe stato altissimo; Berlusconi, che promette di cancellare l’Imu, senza dire dove reperire le risorse, o coloro che propongono una patrimoniale “in un Paese già super-tassato”. “Magari (chissà) si è aperto uno spiraglio per l’anti-demagogia, quella vera, che consiste nello spiegare dettagliamente cosa di intende fare, con quali costi, e con quali conseguenze prevedibili, tenendo conto degli stringenti vincoli posti dalla realtà”.

Fiat

Nicola Porro su Il Giornale si occupa della Fiat e sotolinea: l’amministratore delegato Marchionne ha fatto il massimo, gli Agnelli forse no. “Si confonde il manager che gestisce l’azienda” con “il padrone della stessa”. Quando Marchionne arriva a Torino la Fiat era talmente un disastro che gli americani della General Motors gli danno un mucchio di quattrini per evitare di portarsi a casa, cioè a Detroit, l’intera baracca. Lo pagano per tenersi il bidone”. A Marchionne è stato chiesto di salvare la Fiat e lo ha fatto; gli è stato chiesto di “dare un futuro alla casa automobilistica e lo ha fatto”. Un manager “fa il lavoro brutto e sporco, ma chi gode dei benifici sono gli azionisti”. Porro invita la politica anon “sbagliare bersaglio”: “le scelte industriali le facciano i manager. Ma dagli azionisti si pretendano investimenti e maggior attenzione verso l’Italia”.

Pubblico intervista il segretario generale della Fiom Maurizio Landini. Dopo l’incontro Monti-Marchionne “io spero che Monti convochi presto anche noi”, “perché stando al comunicato e ai giornali, l’unica cosa certa è che, come avevamo previsto, Fabbrica Italia non esiste più”, “dire che gli investimenti arriveranno quando sarà il momento idoneo vuol dire in realtà rinviarli, ancora una volta, con l’unica conseguenza dell’aumento del ricorso alla cassa integrazione”. Fiat ha detto però che non ha chiesto nulla al governo, che farà da sé: “E’ propaganda. La verità è che se Marchionne non farà investimenti nel giro di sei mesi, ci sarà urgentemente bisogno di ammortizzatori sociali. Fiat non ha chiesto finanziamenti pubblici perché sa che a breve dovranno darglieli spontaneamente”.

L’Unità titola: “Stavola nessuno crede agli impegni di Marchionne”. “’Il problema resta aperto’, dice Bersani, ma sono tutte le forze politiche a mostrare scetticismo sull’esito del vertice Fiat-governo”. Scrive L’Unità: “Un intenditore come Cesare Romiti, che in curriculum può vantare decine e decine di incontri con il governo, anzi, con i tanti governi che si sono succeduti”, da manager Fiat, “ha sintetizzato mirabilmente: ‘Non si è combinato nulla’”.

Il quotidiano intervista il sociologo Luciano Gallino (“Se anche il mercato si riprendesse, Fiat arriverebbe in ritardo”). Gallino spiega anche che è difficile immaginare nuovi incentivi: “in passato si usò l’arma della rottamazione. Adesso si finirebbe con il favorire i produttori stranieri più che la Fiat. Se la Fait non avesse chiuso Irisbus, si sarebbe potuto pensare a un intervento di Stato e Regioni per rinnovare un parco autobus obsoleto e inquinanate”.

Internazionale

Su La Repubblica si racconta “l’ira” di Daniel Cohn-Bendit: “Con i Verdi francesi ho chiuso”. Da convinto europeista, è furioso per la loro decisione di votare contro il fiscal compact. I Verdi hanno deciso di votare contro il Trattato europeo, ma di approvare la Finanziaria che applicherà le nuove regole comunitarie: “C’è un’incoerenza totale, votare contro il trattato e in favore del bilancio significa fare le cose a vanvera”.

Il Corriere ha inviato a Bengasi Lorenzo Cremonesi: dopo la rivolta popolare contro alcuni gruppi radicali, il governo libico ha ordinato lo smantellamento entro 48 ore delle milizie.

La Stampa riproduce un’intervista della Cbs a Bill Cliton: “ancora quattro anni e Barack raddrizzerà l’economia”, sintetizza il qutidiano. Hillary candidata nel 2016? “Sarebbe la migliore, ma sarà lei a decidere”. Sulla ripresa: “penso che questa Amministrazione porterà prosperità soprattutto alla classe media”.

E poi

 

Da segnalare sul Sole 24 Ore del lunedì un focus dedicato a come le autonomie locali hanno attuato il contenimento dei costi della politica, con le riforme dello scorso anno. Secondo i dati, solo due Regioni hanno ridotto assessori e consiglieri, tutte le altre attendono una sentenza della Consulta che potrebbe decretare l’incostituzionalità della norma nazionale che prevedeva la riduzione.

 

Su La Stampa un “inedito” di Carlo Maria Martini: “Il domani sarà di chi saprà prenderselo”.

 

“Grillini divisi? Solo marketing”: dalle pagine del quotidiano ‘Pubblico’ Carlo Freccero risponde a Enrico Sassoon, che ieri, in un intervento sul Corriere della Sera, preannunciava la sua uscita dalla Casaleggio Associati (anima del blog di Beppe Grillo). Sassoon se la prendeva con lo stesso Freccero, inserendolo tra quanti lo avevano associato a non precisati ‘poteri forti’. Freccero risponde: “Mi dispiace che Sassoon abbia capito il mio intervento come una denuncia di complottismo nei suoi confronti. Al contrario, io volevo mettere in luce l’uso strumentale che del complottismo fa Casaleggio”. Sul ruolo della Rete, accusata da Sassoon di essere veicolo di amplificazione di finte informazioni, Freccero scrive: “alle spalle di Grillo c’è un guru, che manipola l’opinione pubblica attraverso tecniche di marketing virale. Cosa significa marketing virale? Significa che in rete, proprio come un virus si riproduce di passaggio in passaggio diventando un’epidemia, un’idea può diffondersi ed imporsi con il semplice passaparola”. Chiunque conosca la Rete, sa che si fronteggiano lì due grandi miti che impersonano il Bene e il Male: “il Bene è la Rete stessa”, un luogo dove si genera conoscenza fino alla creazione di “una sorta di grande cervello comune, di intelligenza collettiva per cui il sapere non è privilegio di pochi”. Il Male “è invece costituito da un oscuro complotto per cui una ristretta cerchia di privilegiati, aderenti al gruppo Bildeberg che si riunisce periodicamente per decidere le sorti del mondo”. Casaleggio, semplicemente, “fa il suo mestiere e come esperto di comunicazione non può permettere istanze democratiche che compromettano il successo del suo lavoro”.

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