Quasi tutti i giornali danno grande rilievo alla notizia della morte di Rita Levi Montalcini. “Una grande italiana” per il Corriere della Sera, “nostra Signora della scienza” per La Repubblica, con articolo di Umberto Veronesi. Su Il Giornale una lettera della stessa scienzata, scritto nel 1961 e raccolto in un suo volume di lettere: “Alla sorella: ‘Hai avuto più talento di me’”.
La Repubblica: “Monti, primo no a Bersani. Il premier: non devo posizionarmi, nostra agenda chiara. Casini attacca il leader Pd. Rissa Berlusconi-Maroni”. E poi: “Parla Montezenolo: non mi candido, né farò il ministro”.
Il Corriere della Sera: “Tensione tra Bersani e Monti. Il leader Pd solleva il caso Bondi. Casini: doppia morale”. “Il premier: sono io che mi sento progressista. Attacco al Professore anche da Berlusconi in tv”.
Sulla prima del Corriere anche: “Un altro massacro in Nigeria: uccisi nel sonno perché cristiani”. “Assalto delle milizie islamiche: le vittime sono quindici”.
La Stampa: “Bersani litiga con il Centro. ‘Monti dica con chi sta’. Casini: ‘Preferisce lo scontro con il Cavaliere’”. “Berlusconi alla Lega: ‘Accordo globale o niente Lombardia’. Napolitalo prepara l’ultimo discorso: priorità ai più deboli’”.
L’Unità apre con le primarie Pd: “Ecco il bello delle primarie. Un milione al voto: successo di giovani e donne. Bene Bindi, Pollastrini e Damiano”. A centro pagina: “Tocca a Casini fare l’avvocato di Monti”:
Il Giornale: “Monti l’intoccabile”, dove si parla di “Regime strisciante” e si scrive che “l’enciclopedia Wikipedia censura le notizie scomode sul premier. Il Sole 24 Ore critica il governo e viene zittito”. A centro pagina: “Fini resterà in Parlamento con un trucco”. “Per il Fli seggi anche con meno del 2 per cento”.
Oggi esce l’ultimo numero di Pubblico. “Grazie”, si legge su una pagina bianca. “La prima vita di Pubblico finisce qui”. Il numero speciale contiene anche un lungo articolo in cui il direttore Telese spiega perché “un giornale progressista può chiedere in tempi di crisi”.
Monti
Il Corriere della Sera in un “retroscena” dà conto di alcune “battute” che Monti avrebbe pronunciato durante il vertice romano con le liste che lo sostengono: se “un’operazione radicale di cambiamento dello Stato” è indifferibile, allora “io mi sento alternativo alla sinistra”; “io mi sento progressista” e “loro mi appaiono i conservatori”.
Su La Repubblica una intervista a Luca di Montezemolo. Alla domanda se si candiderà, risponde: “Lascerò spazio alle tante persone di qualità che si sono impegnate e hanno lavorato per l’associazione in questi anni”. Esclude di entrare a far parte eventualmente come ministro del prossimo governo? “La ringrazio per l’auspicio sull’esito di queste elezioni. Sono convinto che Monti sarà il prossimo presidente del Consiglio, perché la vocazione aggioritaria che ha rivendicato è sostenuta da un progetto forte e persuasivo. Io continuerò a fare il mio lavoro di imprenditore e di manager, senza però tralasciare l’impegno pubblico che ogni persona che sente la responsabilità di essere classe dirigente dovrebbe dare”. Sul suo movimento: “Italia Futura si appresta a trasformarsi in qualcosa di molto più ampio e diverso, di cui non sarò io il leader”. Farete una alleanza con il Pd dopo le elezioni: “Nella mia professione sono abituato a correre per vincere e così credo il presidente Monti. Non lo diciamo con presunzione o pensando che gli avversari politici siano deboli. Comunque saranno gli elettori a decidere che posizione di classifica assegnarci. Per quanto riguarda il Pd ha una idea molto diversa della nostra su quello che serve al Paese. Spesa pubblica e conservatorismo nelle riforme sociali sono inconciliabili con un programma che mette al centro la crescita, la concorrenza, le liberalizzazioni, il merito e la mobilità sociale, e si fonda sulla assoluta necessità che lo Stato faccia un passo indietro lasciando spazio alla iniziativa privata”.
Sul Corriere della Sera, intervista alla ministra del welfare e delle pari opportunità Elsa Fornero, che spiega che non si candiderà, anche perché ritiene necessario che vi sia un “rinnovamento generazionale”. Significa che non è d’accordo con la Lista Monti? “Sono molto d’accordo con l’Agenda Monti, e ritengo importante, e anche coraggioso, quello che ha fatto Mario Monti, ossia rompere lo schema politico che per quasi 18 anni ha caratterizzato la vita pubblica di questo Paese”. Dice Agenda e non Lista, perché? “Perché penso che una cosa siano il programma e la visione strategica in esso contenuta, e un’altra sia l’attività pratica di aggregazione del consenso, nella quale c’è il rischio che si perda molta di quella carica ideale e che si dia spazio al trasformismo”.
Il Corriere della Sera intervista il giornalista Oscar Giannino, leader del movimento “Fermare il declino”. Annuncia che il 2 gennaio presenterà lista e simbolo, e che il partito si chiamerà “Fare”. Racconta di aver spedito una lettera aperta a Mario Monti circa 20 giorni fa, il cui succo era più o meno questo: “sappiamo che la sua ‘Agenda’ è un cantiere aperto, noi abbiamo già un programma in dieci punti, forse potremmo pensare di lavorare insieme…”. Risposta? “Silenzio assoluto”. Il giorno dopo il discorso di Monti, a Natale, una telefonata ufficiale a Palazzo Chigi, con richiesta formale di esser ricevuti come Movimento. Risposta? “Zero… come non esistessimo”.
La Repubblica intervista Pietro Grasso, Procuratore nazionale antimafia dimissionario, in lista con il Pd. Antonio Ingroia lo ha attaccato, Giancarlo Caselli ha ricordato di aver subito una legge “contra personam”, che ha spianato a Grasso la strada di Procuratore Nazionale. Ennesima lite nell’Antimafia? “Io non sto litigando con nessuno, semmai ho subito una aggressione”, risponde Grasso. Da Ingroia “la cosa che sta venendo fuori è che gli scontri tra magistrati, le diverse visioni sul modo di fare il nostro lavoro e i rancori personali, possano essere riportati sul piano politico. Questo spaventa i cittadini”. Grasso sottolinea di aver “riconosciuto a Ingroia che è un collega valoroso, che abbiamo bisogno di schiene dritte”, e su questo “c’è la possibilità di aprire colloqui con chiunque”. La legge antiCaselli fu fatta e lei divenne capo della Procura Nazionale Antimafia: “Non escludo che sia stata fatta una legge per bloccare Caselli, ma è certo che non è stata fatta per favorire me”. Sulla stessa pagina, una lettera dello stesso Antonio Ingroia che punta sulla necessità della unità nella lotta ai boss: “Cosa nostra, la n’drangheta, la Camorra, possono essere sconfitte, non solo contenute ma sconfitte, anche dalla convergenza dell’area progressista. Dispiace che da una grande forza come il Pd siano invece giunte risposte di freddezza e di ostilità nei confronti di questa mia nuova proposta politica, impegnata su settori così sensibili, a cominciare dalla mafia, passando per la questione ambientalista e la difesa dei diritti civili e del lavoro. Non siamo stati noi a volere divisioni”.
La Stampa intervista Nando dalla Chiesa, che considera la candidatura di Ingroia un errore: dice di volergli bene, ma Ingroia “non è un magistrato qualsiasi”. E il rischio è che poi uno si chieda: “Ma allora Contrada cosa è stato? E Dell’Utri? E l’inchiesta sulla trattativa Stato Mafia? Proprio perché sei stato su un terreno così minato, devi garantire agli occhi di tutti una personale condizione di terzietà”. Poi spiega: “Grasso ha fatto bene il Procuratore Antimafia e non ha interferirto con le indagini più scomode, comprese quelle di Ingroia. E dire che è stato scelto da Silvi oBerlusconi è davvero ingeneroso. Io c’ero nella commissione giustizia che lo nominò. E’ vero, venne scelto dal Pdl per fare un dispetto a Caselli che nella testa di certi deputati doveva ‘pagare’ il processo ad Andreotti. Ma alla prima audizone di Grasso in Commissione pensai: ‘Vi sta bene!’. Per dire che se pensavano di avere il ‘loro’ magistrato, si sbagliavano”. Cosa pensa della candidatura di Grasso? “Sono perplesso anche di questo. E’ vero che da anni non è più in prima linea, ma è pur sempre un simbolo. La cosa migliore sarebbe stata che Bersani dicesse. Se vinciamo le elezioni sarà il ministro della giustizia. Stop. Quella era la via maestra”.
Berlusconi si è esibito ieri in quello che il Corriere definisce un “affondo”, nel corso della intervista al Tg5, parlando di Mario Monti: “Aveva dato la sua parola che non sarebbe mai sceso in politica. Poi, come dice lui, è salito in politica insieme ad una anomala piccola armata Brancaleone che servirà solo da ruota di scorta della sinistra”, “tutti i sondaggi lo accreditano di numeri esigui. Questo centrino vale meno del dieci per cento”. Poi ha parlato della trattativa in corso con la Lega Nord, che al momento pare in una situazione di stallo, sebbene il Cavaliere si definisca “ottimista”. Ha però avvertito Maroni, segretario della Lega: “Un accordo non può che essere globale, locale e nazionale. Altrimenti non c’è ragione di sostenere un candidato leghista in Lombardia”. La Stampa punta l’attenzione sul tweet dello stesso Maroni: “Tosi premier, ovviamente”.
“Maroni non cede e lancia Tosi candidato premier”, scrive La Repubblica. In un altro tweet lo stesso Maroni ha spiegato di essersi candidato a governatore della Lombardia perché “ci crede davvero”. “Roma viene dopo”. L’ostacolo principale della trattativa sembra proprio Berlusconi, scrive La Repubblica, perché i leghisti insistono su un suo passo indietro nella corsa a Palazzo Chigi: per il Carroccio andrebbe bene il Cavaliere come capo politico della coalizione, ma non come candidato premier. Ruolo che potrebbe essere occupato da Alfano o dal “fuoriuscito” Giulio Tremonti, ora alleato della Lega. La Repubblica intervista il leghista Roberto Calderoli: “a Silvio conviene ritirarsi, persino la Coca Cola si è inventata la versione light”. “E’ lo stesso elettorato del Pdl che si aspetta qualcosa di diverso. Farsi da parte conviene anche a lui”. Lei ha qualche idea? “Penso che spetti al partito di maggioranza indicare un nome. Io ho fatto quello di Tremonti ma a loro non va bene”. Tra le ipotesi avanzate da Calderoli c’è quella di Giuliano Ferrara, “mi rendo conto che è fantapolitica”.
Il Giornale scrive che con un “trucco” contenuto nel Porcellum Futuro e Libertà resterà in Parlamento: si tratta di un emendamento battezzato ai tempi “salva Moroni” perchè fatto inserire dall’ex esponente socialista, ora nel Fli, Chiara Moroni. Futuro e Libertà, nei sondaggi, arranca all’1.5 per cento. Ma la clausola salva Moroni consentirebbe il ripescaggio del partito più forte della coalizione che non abbia raggiunto il 2 per cento se il raggruppamento supera la quota dell’8. E poiché la coalizione Monti è accreditata attorno al 10, Fli potrebbe usufruirne.
Internazionale
Prosegue il conto alla rovescia del Fiscal Cliff, il baratro fiscale, negli Usa: è il rischio cui va incontro il Paese se entro la mezzanotte non si troverà un accordo bipartisan per scongiurare i rialzi generalizzati alle tasse e i tagli generalizzati alla spesa. La Repubblica offre ai lettori una intervista al presidente Obama della Nbc. Spiega il Presidente che “alla mezzanotte dell’ultimo dell’anno, se il Congresso non agirà, le tasse aumenteranno per tutti gli americani. Per la famiglia media potrebbe voler dire una riduzione del reddito di duemila dollari”, “se vogliamo seriamente ridurre il disavanzo di bilancio, dobbiamo fare in modo che i più ricchi paghino un po’ di più, e combinare questi con tagli alla spesa”.
Gli viene chiesto come mai non abbia più parlato, dopo la strage di Newtown, di nuove leggi per il controllo delle armi da fuoco. Obama dice che è stato “il peggior giorno da Presidente”, e di non volere che “possa ripetersi”: “Vorrei riuscire a far approvare queste leggi nel primo anno di mandato”.
La Stampa si occupa di New York e del suo record: mai così pochi omicidi. E’ il più basso numero di omicidi dell’ultimo mezzo secolo, mentre Chicago deve fare i conti con un record di opposto tenore. New York termina il 2012 con 415 omicidi, ovvero il dato più basso dal 1963 (anno in cui si inizò un conteggio con criteri affidabili). E’ un 19 per cento in meno rispetto al 2011. Il titolare del Police Department di New York assegna il merito alla tattica del “stop ad frisk”, ovvero la possibilità di fermare e perquisire chiunque, sebbene la pratica abbia causato quasi 8882 denunce di maltrattamenti da parte di cittadini contro la polizia, e il pagamento di danni per complessivi 185 milioni di dollari. Diversa l’opinione dei sindaci. Il primo cittadino di Chicago, Rahm Emanuel, dice: “Quando la gente mi chiede la differenza tra noi e New York ricordo sempre che i nostri Stati hanno leggi diverse sulle armi”, poiché in Illinois non è in vigore il bando sui fucili d’assalto che invece esiste a New York e in California. Il sindaco di New York, Bloomberg, al suo ultimo anno di mandato, dice: “Non c’è alcun dubbio che sia necessario partire da questi dati per fare del 2013 un anno di campagna contro le armi da fuoco”.
Il Corriere della Sera dedica attenzione alla ennesima strage in Nigeria, con quindici cristiani sgozzati. Principale indiziata resta la setta di Boko Haram, estremisti islamici il cui nome si può tradurre con “l’educazione occidentale è peccato”. A questo gruppo terrorista è dedicato un approfondimento (“Quei nemici giurati dell’Occidente e dell’islam moderato”).
L’Unità, come altri quotidiani, riferisce di una ennesima bufera che potrebbe arrivare ad abbattersi sul settimanale satirico francese Charlie Hebdo. Manderà in edicola a gennaio un volume speciale a fumetti intitolato “La vita di Maometto”. Il sociologo religioso franco marocchino Zineb, coautore del libro su cui è basata, spiega che non si tratta di irridere il Profeta: “Non è una caricatura né una satira, ma una storia basata su una bibliografia approfondita e rigorosa”, è stata “redatta da musulmani: l’abbiamo semplicemente tradotta in immagini”. Lo stesso direttore, che vive sotto scorta, spiega che si tratta di un “progetto perfettamente halal” (lecito, che rispetta i principi musulmani ndr) perché “realizzato sulla base di quanto è stato scritto sulla vita di Maometto dai cronisti musulmani e semplicemente rappresentato in immagini”. Ma per molti musulmani non sarà così, perché considerano la rappresentazione fisica del Profeta e dello stessso Allah severamente proibita. Il direttore non è d’accordo e afferma che questo divieto è solo una tradizione non citata dal Corano, basata solo sugli hadith.
Se ne occupa anche La Stampa, riferendo del paragone fatto dallo stesso direttore del settimanale: “Non vedo perché non si possa leggere la nostra Bd (Bande Dessinée, ovvero fumetto) come al catechismo si legge la vita di Gesù.
L’Unità intervista il primo ministro dell’Autorità Palestinese Salam Fayyad. Tra tre settimane Israele va alle urne, “la nostra speranza è che il voto non crei ulteriori ostacoli al dialogo”. Nell’ultimo mese, si ricorda, il governo israeliano di Netanyahu ha deciso di bloccare il trasferimento delle tasse che riscuote per conto dell’Anp, come previsto dall’accordo di Parigi del 1995: 100 milioni di dollari al mese. Si tratta di una ritorsione a tutti gli effetti nei confronti della Anp, dopo il voto di riconoscimento della Palestina da parte dell’Assemblea generale Onu. Fayyad ha chiesto, in risposta al blocco dei fondi, al popolo il boioccottaggio dei prodotti israeliani. “Si tratta – dice – di una risposta pacifica nonviolenta che segnala la determinazione dei palestinesi a non piegare la testa e a non restare in silenzio di fronte all’ennesimo sopruso”. Poi si appella ad Obama: “Ha ripetuto piuù volte di sostenere la pace fondata sulla base del principio ‘due popoli due stati’. Ora è giunto il tempo di praticare questo obiettivo. Per quanto ci riguarda, siamo pronti a fare la nostra parte”.