Il Corriere della Sera ha in prima la foto del Papa che, di ritorno dal Messico, in aereo ha concesso un’intervista ai giornalisti che hanno seguito il suo viaggio. Il titolo: “Il Papa e Trump, un caso sul voto Usa”, “Le parole in aereo: ‘Non è un buon cristiano’. La replica: ‘Fa politica’. E su Zika Bergoglio apre alla contraccezione”, “Francesco: ‘Le unioni civili? L’Italia non è il primo Paese, i cattolici decidano in coscienza’”.
Sulle parole dedicate dal Papa a Trump il commento di Massimo Franco: “Il monito alle democrazie che costruiscono i muri”.
Più in basso, intervista di Giuseppe Sarcina al filosofo cattolico Michael Novak: “Novak: ma l’America teme l’immigrazione illegale”.
A centro pagina, il Consiglio europeo iniziato ieri a Bruxelles: “Migranti, sale la tensione sulle richieste di asilo tra Bruxelles e l’Austria”, “La Commissione: tetto illecito. Vienna tira dritto”.
Su titoli di Stato e garanzie, alla luce delle dichiarazioni del nostro presidente del Consiglio: “La trappola dei veti sulle banche”, di Federico Fubini.
Sulla politica italiana e in particolare le elezioni amministrative a Roma: “Salvini ci ripensa su Bertolaso. Lite con gli alleati”, “Berlusconi protesta: così non va”.
Sullo scontro due giorni fa in Senato tra Matteo Renzi e l’ex presidente del Consiglio Mario Monti in occasione del dibattito sulle comunicazioni in vista del Consiglio europeo di Bruxelles: “Renzi-Monti, le due Italie”, di Aldo Cazzullo (“hanno due visioni opposte: da una parte l’aspirazione all’autonomia dall’establishment, dall’altra l’élite transnazionale”).
A fondo pagina: “Il diritto a non essere connessi. Per legge”, “Troppe mail fuori dall’orario di lavoro, la Francia discute un testo per salvare il riposo”. Ne scrive Stefano Montefiori.
Il dibattito sull’Islam in Italia viene ripreso da un commento di Goffredo Buccini: “Valori e condivisione”, “I passi che l’islam deve percorrere”.
Poi, sul tema corruzione, Gian Antonio Stella: “Corruzione, c’è chi dice no”.
Il fondo in apertura a sinistra è firmato da Massimo Gaggi e riguarda il caso Apple e la giustizia, dopo che l’azienda ha rifiutato alla magistratura l’accesso all’Iphone dell’attentatore di San Bernardino: “La privacy e il dilemma digitale”.
La Repubblica riproduce la foto dell’australiano Warren Richarson che ha vinto il World Press Photo 2016: ritrae un uomo che fa passare attraverso un filo spinato al confine tra Serbia e Ungheria, nell’agosto del 2015. Il titolo rimanda quindi al vertice europeo, che deve decidere su rifugiati e Brexit: “Ue, scontro sugli immigrati, l’Italia minaccia: meno fondi”, “Accuse all’Austria e al blocco dell’Est. Il tesoro rivede i conti”.
L’analisi di Claudio Tito torna sui rapporti tra il governo Renzi e l’Ue: “La sindrome del complotto”.
Poi il “retroscena” di Alberto D’Argenio da Bruxelles: “Padoan e Moscovici e il deficit a cena”.
Di fianco, i dati di uno studio Bankitalia: “Il lavoro cresce, delude il Jobs Act”.
In apertura a sinistra: “Il Papa: ‘Neutrale sulle unioni civili e Trump non è un buon cristiano’”, “Epidemia Zika, sì alla contraccezione, ‘E’ il male minore, no all’aborto’”.
Alle parole del Papa sulle unioni civili è dedicato il commento di Alberto Melloni: “La lezione di Francesco”.
A fondo pagina: “’Apple mi nega il diritto ai ricordi’”, “Il padre di un ragazzo morto: datemi le foto del suo Iphone”. E il tema del contrasto tra Apple e giustizia viene analizzato da Juan Carlos De Martin: “I confini della privacy”.
Sulla colonna a destra, R2/La copertina, dedicata all’annuncio del presidente Usa: “Il viaggio di Obama nella Cuba che verrà”, “Un presidente Usa all’Avana dopo 88 anni, ‘Incontrerò i dissidenti’”. Ne scrive Vittorio Zucconi.
E Omero Ciai racconta “la storia”: “In Florida anticastristi divisi tra la rabbia e la voglia di affari”.
La Stampa: “Francesco scomunica Trump”, “Il Papa: chi pensa ai muri non è cristiano. Il candidato Usa: vergognoso dubitare della mia fede”, “Il Pontefice sul contagio Zika apre alla contraccezione: ‘E’ il male minore’. ‘Le unioni civili? Non mi immischio’”.
Sulle parole del Papa sul candidato repubblicano alle primarie Usa Donald Trump l’analisi di Francesco Semprini da New York: “Si riapre la vecchia ferita”.
Anche su La Stampa troviamo in grande evidenza la foto vincitrice del premio World Press Photo: “Il bimbo della speranza è la foto più bella”, “premiato lo scatto al confine serbo-ungherese. Tetto ai profughi, Bruxelles stoppa Vienna”.
Ancora sull’Ue e i rapporti con il nostro governo: “Banche e conti, l’affondo anti Italia. Ma Renzi apre al dialogo con Merkel”.
Di fianco, un intervento di Jacques Delors e Hans-Gert Pottering: “’Più Europa contro la crisi’”.
Più in basso: “Baby scafisti arruolati in Libia. L’ultima sfida dei trafficanti”, di Fabio Albanese.
E la storia raccontata da Alessandro Alviani, da Berlino: “’Io, figlio di migranti turchi non vendo filo spinato a Orban’”.
A fondo pagina, “I personaggi” raccontati da Luigi La Spina (“La preside antidroga che non rinuncia a educare”, all’istituto alberghiero Colombatto) e da Andrea Rossi (“Il matematico di Harvard rifiutato dal Politecnico”, ovvero Vincenzo Dimonte, “un cervello in fuga”).
Il Fatto: “Europa, altri due ceffoni a Renzi su pre-vertice e quote per i migranti”, “Isolato. I dubbi dalla Corte dei Conti e dall’Ocse sul bilancio”. A destra: “Il Riesame: ‘Arrestate il forzista De Siano’. Ma Pd-Ncd lo salvano”, “Immunità. La Giunta per le autorizzazioni in Senato dice no”.
Il titolo in maggiore evidenza riguarda però la sanità lombarda: “Tutti i politici di Lady Dentiera. ‘Qui si tratta meglio coi rossi’”, “Non c’erano solo i leghisti per il business delle Asl”, “Nell’agenda di Paoletta Canegrati gli appuntamenti con Sergio Chiamparino e Claudio Burlando. Sul tema ‘denti’ non va bene neanche alla nipote di Berlusconi, Luna: è nel cda di ‘dental International’, società finita nel mirino della magistratura in Spagna”.
Sul tema delle unioni civili: “Unioni, il Papa ai vescovi: ‘La Chiesa non s’impicci’”, “Coppie gay. Francesco più laico dei partiti”. Poi, ancora sulle unioni civili: “Così, in quattro mosse i Dem hanno affossato la Cirinnà”.
Sull’Is un commento di Massimo Fini: “Il Califfo in Kosovo grazie a Usa e Italia”.
E sulla candidatura di Roma alle Olimpiadi: “Con questo prefetto parliamo di Olimpiadi?”. Di Antonio Padellaro.
A fondo pagina le parole del capo dei servizi segreti esteri (Aise), Alberto Manenti, ieri ascoltato dal Copasir sul caso Regeni: “’Giulio finito nella faida tra 007 e bande egiziane’”.
L’editoriale del direttore Marco Travaglio è dedicato alle nomine Rai: “E Cdo (Campo Dall’Orto, direttore generale e amministratore delegato Rai, ndr.) creò la donna”.
Il Foglio intervista oggi il senatore Mario Monti, protagonista delle scontro con Renzi nell’aula del Senato nel corso del dibattito sul vertice Ue di Bruxelles: “Vi spiego le mie sberle a Renzi”, “’La rappresentazione ostile dell’Europa è un gioco distruttivo a cui l’Italia sta partecipando più di ogni altro Paese. L’Europa si sta spezzando. La nascita di due euro diversi? Ora non possiamo escluderla’”.
La prima colonna a sinistra de Il Foglio è dedicata al tema Brexit, visto dall’Italia: “Perdere il regno Unito conduce a un’Europa troppo filotedesca”, “Mondo del business imperturbabile. Diplomazia filocomunitaria e realisti pro Cameron per contenere Berlino”, “Parlano Dassù e Crosby”.
Di fianco, “Tra Erdogan e Putin”: “L’Europa in stato confusionale è schiacciata tra il sultano e lo zar e non trova una strategia sulla Siria”. Intanto in Libia: “Obama dice no al Pentagono: per ora nessuna accelerazione contro lo Stato islamico. Europei avvertiti”.
Sotto la testata, l’editoriale del direttore Claudio Cerasa: “Dalla Rai alla nascita dell’Aspen renziano. Può il renzismo essere qualcosa di diverso dal ‘nuovismo’? Cercasi egemonia culturale”.
Libero: “Ora Renzi vuole le elezioni”, “Premier spalle al muro”, “L’economia non va e quindi il governo sarà costretto a fare una pesante manovra correttiva che farà precipitare il consenso (già calante) di Matteo. Ma prima lui vuole portarci al voto anticipato: entro la prossima settimana”.
Al tema è dedicato l’editoriale del direttore Maurizio Belpietro.
Al centro della pagina, una foto di Papa Francesco: “Il Papa scrive a Socci: ‘Grazie per le critiche’”.
Sulle unioni civili: “Piagnistei della Cirinnà”, “La politica bestiale della senatrice ‘vittima’ del mondo”, di Mario Giordano.
Sul caso Regeni: “’A uccidere Regeni sono stati i Fratelli Musulmani’”, “La Procura di Giza”, di Maurizio Stefanini (in serata, secondo alcuni quotidiani, la notizia è stata smentita dalla stessa Procura di Giza, ndr.).
A fondo pagina: “Salvini scarica Bertolaso, alleati furiosi”, “Rottura nel centrodestra sulla candidatura per Roma”. Ne scrive Paolo Emilio Russo.
Di fianco, sul “caso Di Matteo”: “Un finto pentito per un attentato fantasma”, di Filippo Facci.
Infine, intervista di Francesco Borgonovo al politologo Edward Luttwak: “’La Ue ha creato la Turchia islamista. Ora vincerà Putin’”.
Papa Francesco (Trump, migranti, virus Zika e unioni civili)
Sul Corriere della Sera e su La Stampa i lettori troveranno l’intervista che Papa Francesco ha concesso ai giornalisti sull’aereo, di rientro dal suo viaggio in Messico. Sul Corriere l’inviato è Gian Guido Vecchi, pagina 2: “Il Papa: Trump non è cristiano”, “’Unioni civili? Non mi immischio, si voti secondo coscienza’”, “Francesco e la pedofilia: ‘Se un vescovo si limita a spostare altrove un altro prete dovrebbe dimettersi’”, “L’apertura alla contraccezione per il virus Zika: ‘Evitare la gravidanza non è un male assoluto’”, “’Una donna può fare bene alla vita di un prete e a quella della Chiesa, nel senso di aiuto e sana amicizia’”.
Su La Stampa, a pagina 2, l’intervista di Andrea Tornielli: “’Il Papa a Trump: ‘Chi pensa solo a fare muri non è cristiano’”, “Francesco sul volo dal Messico: ma io non voto. ‘Sogno un viaggio in Cina’. ‘Le unioni civili? Non m’immischio nella politica, dissi ai vescovi: fate voi’”; sul virus Zika e l’aborto: ‘L’aborto non è un male minore, è un crimine, è far fuori come fa la mafia. I medici facciano di tutto per trovare i vaccini contro il virus’”; sull’Europa: ‘L’Europa ha una storia, una cultura che non si può sprecare, dobbiamo fare di tutto perché abbia la forza e l’ispirazione di andare avanti’”; sulle donne e la Chiesa: ‘Le donne ancora non sono ben considerate nella Chiesa, non abbiamo ancora capito il bene che possono fare alla vita di un prete’”.
Leggiamo dal Corriere della Sera le parole su Trump. La domanda: a Ciudad Juàrez lei ha parlato di immigrazione e che il candidato alle primarie repubblicane Donald Trump ha detto che lei è un uomo politico e forse una pedina del governo messicano, che ha affermato di voler costruire 2.500 chilometri di muro e deportare 11 milioni di immigrati illegali, cosa pensa di queste accuse? E un cattolico americano può votarlo? Risposta: “Grazie a Dio, ha detto che sono politico: Aristotele ha definito la persona umana come ‘animale politico’, almeno sono una persona umana! Pedina? Mah, forse, non so, lo lascio al giudizio della gente. E poi una persona che pensa soltanto a fare muri e non ponti, non è cristiana. Questo non è nel Vangelo. Quanto a votare o non votare, non m’immischio. Dico solo: quest’uomo non è cristiano, se dice così. Bisogna vedere se ha detto così, perciò do’ il beneficio del dubbio”. Poi, sul tema unioni civili: “Prima di tutto, non so come stanno le cose nel Parlamento italiano. Il Papa non si immischia nella politica italiana. Nella prima riunione coi vescovi italiani, a maggio del 2013, una delle cose che ho detto è stata: col governo italiano arrangiatevi voi, perché il Papa è per tutti e non può mettersi nella politica interna di un Paese. Questo non è il ruolo del Papa. L’Italia non è il primo Paese che fa questo, sono tanti. Io penso ciò che la Chiesa ha sempre detto”. Un documento del Sant’Uffizio del 2003 dice che i parlamentari cattolici non devono votare queste leggi, ha ancora valore? Il Papa risponde: “Io non ricordo bene quel documento, ma un parlamentare cattolico deve votare secondo la propria coscienza ben formata”. Sul virus Zika e la proposta di alcune autorità alle donne di evitare la gravidanza o abortire: per la Chiessa in questi casi c’è un male minore? “L’aborto non è un male minore, è un crimine”. Poi però ricorda che “il grande Paolo VI, in una situazione difficile in Africa, ha permesso alle suore di usare contraccettivi per i casi di violenza”. Sulla crisi dell’Europa: “non so chi la approvi o no, ma ho sentito una parola che mi è piaciuta: la ‘rifondazione’ dell’Europa. E ho pensato ai grandi padri. Oggi dov’è uno Schumann? Un Adenauer? I grandi che nel dopoguerra hanno fondato la Ue? Mi piace questa idea della rifondazione, magari si potesse fare. Perché l’Europa ha una forza, una cultura, una storia che non si può sprecare”.
La risposta di Trump (e dei repubblicani)
Su La Stampa, pagina 3: “E Donald contrattacca: ‘Vergognoso dubitare della mia fede religiosa’”, “Il magnate repubblicano replica dalla South Carolina, ‘Preghi perché io sia presidente, lo difenderei dall’Isis’”. L’articolo è firmato da Francesco Semprini, che si trova in South Carolina con gli elettori di Trump a Kiawah Island. Le parole di Trump: “Il Papa? E’ un presonaggio molto politico. Per un leader religioso mettere in dubbio la fede di una persona è vergognoso”, “Io sono orgoglioso di essere cristiano e come presidente non permetterò alla nostra religione di essere continuamente attaccata e indebolita, proprio come sta avvenendo ora, con l’attuale presidente”, “Tutti sanno che l’obiettivo ultimo dell’Isis è attaccare il Vaticano, il Papa dovrebbe pregare perché Trump diventi presidente, perché solo così questo non accadrà”, “Stanno usando il Pontefice come una pedina, e dovrebbero vergognarsi di farlo, il governo messicano ha fatto diverse dichiarazioni denigratorie nei miei confronti con il Papa, perché vogliono continuare a fregare gli Stati Uniti sul commercio e i confini”, “Bergoglio ha ascoltato solo una parte della storia. Non ha visto il crimine, il traffico della droga e l’impatto economico negativo che le attuali politiche hanno sugli Stati Uniti”. La tesi di Trump -sottolinea Semprini- qui convince, specie tra le fila degli evangelici. E cita Albert Mohler, presidente del Southern Baptis Theological Seminar che, in occasione di un precedente affondo di Trump contro il Papa, aveva detto: “Il Papa sta trascinando la chiesa a sinistra”.
E sulla stessa pagina lo stesso Semprini firma un’analisi su questo tema: “Evangelici contro cattolici. L’America riscopre l’antica ferita”, “La disputa tocca il complicato rapporto tra le due comunità. E potrebbe influenzare l’esito delle presidenziali di novembre”.
Sul Corriere, a pagina 5: “L’ira del magnate che sfida Francesco: ‘Se l’Isis lo attacca, cambierà idea’”, “’Mette in dubbio la mia fede? Vergognoso’. Da Rubio a Bush: lo rispettiamo, ma non ci capisce”. Ne scrive Giuseppe Sarcina, sottolineando che “Donald Trump non cambia tono neanche con il Papa” da Kiawah e “risponde a Francesco come se stesse litigando con Ted Cruz o Marco Rubio”. Riferendo poi le parole di risposta di Trump, Sarcina sottolinea che questo scontro ha inevitabilmente monopolizzato l’attenzione dei media e si vedrà presto, già con le primarie di sabato in South Carolina, se ci sarà un impatto diretto anche sulla campagna elettorale. Nei sondaggi nazionali, per la prima volta, Trump è stato superato da Ted Cruz. Tra gli altri candidati repubblicani, Jeb Bush commenta un po’ imbarazzato: “Rispetto l’opinione del Papa, ma dobbiamo trovare il modo di controllare i nostri confini”. Più netto Marco Rubio: “Nutro enorme ammirazione per il Papa. Detto questo il Vaticano ha il diritto di controllare i suoi confini e lo stesso diritto hanno gli Stati Uniti”. Insomma, tanto Rubio che Bush, “in corsa per rappresentare l’ortodossia conservatrice, non possono permettersi di regalare altro spazio politico a Trump. Ciò significa una cosa molto semplice: anche il centrodestra più moderato pensa che il vero estremista sia il Papa e non l’outsider di New York”.
Sulla stessa pagina, intervista al filosofo cattolico Michael Novak dello stesso Sarcina. Dice Novak: “E’ vero che un cristiano deve costruire i ponti, ma talvolta i muri sono necessari”, “Trump ha sbagliato a rivolgersi al Papa in quel modo esagerato. Come fa sempre, del resto, con chiunque”. Ma “Francesco -dice Novak- non è entrato nella complessità della questione. Non ha distinto tra l’immigrazione legale e quella illegale”, “Il Papa non conosce bene gli effetti dell’immigrazione sulla vita delle persone. E ha parlato proprio alla vigilia del voto repubblicano in South Carolina, dove molte fabbriche hanno chiuso perché l’attività è stata trasferita in altri Paesi. Un territorio dove l’arrivo incontrollato, illegale dei migranti, ha fatto abbassare i salari, impoverendo tutti”.
Le parole del Papa cui La Repubblica dà maggior rilievo sono quelle sulle unioni civili. Pagina 2: “La linea di Francesco: ‘Non mi immischio nella politica italiana’”. E a pagina 3: “Così Bergoglio gela i tifosi dell’ingerenza e spinge i vescovi alla piena autonomia”, scrive Paolo Rodari. Il tema è poi al centro della riflessione di Alberto Melloni: “La lezione di Francesco”, “Ai vescovi il papa ha dato come buon esempio il divieto di immischiarsi”.
A pagina 4: “Il Papa a Trump: ‘Non sei cristiano’. E per Zika apre alla contraccezione”, “Il candidato repubblicano: parole vergognose . Il Pontefice: ‘In questi casi è il male minore’”.
Federico Rampini, in un commento, si occupa del “fattore immigrati sul voto americano”. E scrive: “Cuba, immigrazione: tra la destra repubblicana e il Vaticano il disaccordo è totale. Papa Francesco s’intromette nella campagna elettorale? Di certo le strade di questo pontefice incrociano sempre più spesso la politica (estera e interna) degli Stati Uniti”. “Almeno in questa fase -scrive Rampini- i repubblicani sono soggiogati dalla xenofobia del Tea Party e coltivano il consenso di una minoranza bianca che vorrebbe un’America meno multietnica. I democratici puntano invece alle constituency elettorali in crescita, ispanici e asiatici: ex immigrati o figli di immigrati, che negli Usa acquisiscono la cittadinanza e il diritto di voto e non dimenticano le proprie origini né rinnegano i valori di una società aperta. Ma le parole del Papa sono un richiamo anche per l’amministrazione Obama, che per rintuzzare le accuse dei repubblicani ha ripreso le deportazioni di massa dei clandestini”.
Sul Corriere un commento di Massimo Franco sulle parole del Papa: “Quel monito alle democrazie così bisognose di meticciato”, “Bergoglio ha cambiato il punto d’osservazione della Chiesa cattolica, non la sua dottrina”. L’insofferenza verso l’atteggiamento “inclusivo” del Papa non si registra solo nel candidato repubblicano Trump: lui è “il capofila di un populismo in ascesa: una filiera culturale che ha epigoni in molti Paesi dell’Europa orientale, soprattutto; ma anche in Francia, Italia, Danimarca, Scandinavia. Ed esprime un risentimento e un odio verso lo ‘straniero’ che nascono dalla paura e dall’insicurezza economica”.
Ue, migranti e Brexit
Due giorni fa l’Austria ha preannunciato che accoglierà d’ora in poi solo 80 richiedenti asilo al giorno e al massimo 3200 passaggi ogni 24 ore.
Sul Corriere: “Quote sui migranti, Bruxelles accusa Vienna”, “La Commissione europea definisce ‘illegali’ le misure austriache. La replica: ‘Noi andiamo avanti’. Brexit, si tratta. La cancelliera: evitare l’uscita degli inglesi. Renzi: niente fondi a chi blocca i ricollocamenti”. Quest’ultimo messaggio di Renzi, spiega Ivo Caizzi, era indirizzato ai Paesi dell’Est.
La Stampa: “Tetto ai profughi, l’Ue stoppa Vienna, ‘Pronti a procedure d’infrazione’”, “L’Austria vuole limitare a ottanta i richiedenti asilo al giorno e blindare i confini. Merkel: niente limiti. La Commissione: così salta il sistema. Renzi: riformare Dublino”.
Su La Repubblica: “Brexit, tagli al welfare e integrazione, ecco i nodi tra Londra e l’Europa”. A spiegare i nodi della trattativa è Andrea Bonanni.
Caso Regeni
Sul Corriere: “Regeni, dall’Egitto caos e smentite. I dubbi degli investigatori italiani”, “I media: il killer è dei Fratello musulmani. La Procura del Cairo: non ci sono prove”. Spiega Virginia Piccolillo che ad annunciare che la procura egiziana si stesse avvicinando ieri all’identificazione dei killer era stato il portale egiziano filogovernativo “Youm7”, che aveva fatto sapere: “Regeni sarebbe stato ucciso da agenti segreti sotto copertura, molto probabilmente appartenenti alla confraternita terrorista dei Fratelli musulmani, per imbarazzare il governo egiziano”. Ma la stessa Procura di Giza, in serata, in qualche modo ha smentito: “Al momento ci stiamo concentrando sull’analisi dei suoi spostamenti e delle sue frequentazioni, questo perché non sappiamo ancora dobe sia andato dopo essere uscito di casa il 25 gennaio scorso”.
Su La Stampa: “’Regeni ucciso da spie dei Fratelli musulmani’. Poi la Procura tira il freno”, “Fonti delle indagini accusano gli islamisti. ‘No, non abbiamo prove’”.
Sulla stessa pagina un intervento di Federico Varese, professore di criminologia all’università di Oxford: “Giulio mandato allo sbaraglio dai suoi docenti inglesi”, “Il ragazzo era un outsider senza protezione: chi ha approvato la sua tesi di dottorato sapeva a quali rischi andava incontro”.
Siria e Turchia
Su La Stampa: “Così Erdogan prepara la guerra ai combattenti curdi della Siria”, “Nel piano una ‘fascia di sicurezza’ profonda 10 km al confine. Intanto Ankara invia colonne di rinforzi ai ribelli filo-turchi”, scrive Giordano Stabile.
L’Islam e noi
A pagina 27 un intervento di Goffredo Buccini sul tema “Religione e sicurezza”: “Una carta dei valori con l’Islam per combattere l’integralismo”, “Un governo riformista non può non riprendere la questione: bisogna tornare al lavoro iniziato da Giuliano Amato con lo scopo di arrivare al riconoscimento dei musulmani italiani in cambio dell’adesione ai principi della nostra Costituzione”, “No alle zone d’ombra. Vanno favorite le moschee di quartiere con imam che seguano percorsi trasparenti”.
E poi
Sul Corriere, alle pagine 12 e 13: “Il risiko cinese che fa paura”, “Missili negli atolli e molta pazienza. Aveva ragione Kissinger: Pechino prepara una lunga partita di ‘Weiqi’”, “La Repubblica popolare continua la militarizzazione del Mar cinese meridionale e ribadisce il suo ruolo centrale nel Pacifico. Washington grida al ‘tradimento’ della parola data (a Kerry) da Xi Jinping ma per ora può solo osservare gli sviluppi e cercare nell’area un ‘equilibrio delle forze’”. Ne scrivono Guido Olimpio e Guido Santevecchi. A pagina 13, intervista al fondatore del centro di ricerca “Eurasia”, Ian Bremmer, che dice: “Nessuno può contenere il Dragone: i giochi sono già fatti”, “Al momento non vedo rischi di guerra all’orizzonte. Gli usa sembrano aver accettato la situazione”.
Su La Stampa: “Polonia, accuse a Lech Walesa: ‘Collaborava con gli 007 sovietici’”, “Alcuni documenti inchioderebbero l’eroe di Solidarnosc: ‘Durante il comunismo era un informatore dei servizi segreti’. Lui si difende: ‘Tutte bugie, lo dimostrerò’”. La notizia è stata diffusa, spiega Monica Perosino, dall’Ipn, l’Istituto per la memoria nazionale, di orientamento ultraconservatore. E non è un segreto -sottolinea- che il leader del Pis, Jaroslaw Kaczynski, da anni “combatte” Walesa e gli eroi di Solidarnosc, accusandoli di esser dei “traditori”.
Su La Repubblica l’articolo di Andrea Tarquini: “’Walesa fu spia dei comunisti’. Veleni del governo contro il Nobel”, “Dossier dell’Istituto per la memoria. Lui replica: ‘Tutto falso, lo proverò’”.
Di fianco, in un’intervista, Karol Modzelevski, padre storico del dissenso e fondatore, con Jacek Kuron del Kor, il Comitato di difesa degli operai: “Accuse da verificare, c’è chi firmò sotto minaccia”, “io ero nel vertice di Solidarnosc e nel dicembre 1981 fummo tutti arrestati e separati. I comunisti cercavano di dividerci anche con documenti falsi. La maggior parte di questi documenti falsi erano appunto contro Walesa”; “non so se collaborò negli anni ’70 o no: allora era giovane, creammo Solidarnosc molti anni dopo. Negli anni ’70 molti non sapevano come comportarsi se arrestati dalla polizia segreta”.
Su La Repubblica, alle pagine R2: “Il Presidente va all’Avana”, “La Casa Bianca annuncia: ‘Viaggio di Obama il 21 e 22 marzo’. Un’altra tappa decisiva, del disgelo e della Primavera caraibica. I giovani reagiranno con un sospiro di sollievo, gli irriducibili con qualche mugugno. Ma è dall’altra parte del muro d’acqua che la visita sposta gli equilibri. Con un occhio anche alle elezioni”, “In agenda un incontro con dissidenti, ma non una stretta di mano con Fidel”, “E’ un Paese giovane: i due terzi degli abitanti sono nati dopo la Baia dei Porci”, “Due candidati repubblicani, Ted Cruz e Marco Rubio, vengono da famiglie di esuli”. Di Vittorio Zucconi. A pagina 35 Omero Ciai si occupa delle reazioni della comunità di Miami: “’Ora Cuba cambi’, gli anticastristi tra odio e business”.