Il Corriere della Sera: “Loris, svolta nella notte. Fermata la mamma”. E poi: “Sotto accusa per omicidio. Le urla e i pianti senza confessioni per dieci giorni”.
Il titolo più grande: “La mossa del governo sul deficit”. “L’Eurogruppo all’Italia: entro marzo misure efficaci. Padoan: non ci sarà una manovra aggiuntiva”. “L’ipotesi, se la recessione continua: taglio delle tasse, investimenti e sfondamento del 3 per cento”.
Sotto: “Renzi: ‘Fare pulizia a Roma. Non sarà lasciata ai ladri'”.
In evidenza in prima anche una intervista al Ministro delle Infrastrutture Lupi, che risponde ai rilievi di ieri del Garante sugli scioperi Alesse, che ieri aveva parlato di scioperi “arrivati ormai a livello patologico”, e di “istituzioni pavide e autoreferenziali”. Lupi: “Il garante sta sbagliando, si occupi di scioperi, non di politica”.
La Repubblica ha una grande foto in apertura della madre di Loris Stivali sotto il titolo: “Fermata la madre: ‘Ha ucciso Loris’. Il marito: mi cade il mondo addosso”.
In apertura a sinistra: “L’Italia alla Ue: ‘Non servono altre manovre’”, “L’Eurogruppo: sforzi maggiori, Merkel corregge il tiro”, “Intervista a Monti: nuove regole, cambiamo il Trattato”.
Sul caso ‘Mafia Capitale’: “La cupola: ci compriamo mezza Prefettura di Roma”.
In prima l’editoriale del direttore: “Politica, ribellati ai corrotti”.
La Stampa, sotto la testata, con foto di Veronica Panarello: “La madre di Loris fermata nella notte per omicidio”, “La donna non confessa, ma il pm è sicuro. Il marito: ‘Per me può anche morire’”.
In apertura: “’Nel 2015 mancano mancano 6 miliardi’”, “Bruxelles: aggiustare i conti in primavera. Telefonata Renzi-Merkel, caso risolto”, “L’Eurogruppo sollecita ‘subito altri sforzi’. Padoan: nessuna correzione richiesta. Schaeuble elogia il Jobs Act”.
A centro pagina, foto della fiaccolata a New Dehli contro la violenza sulle donne: “Stupro su Uber, in India la rivolta delle donne”.
Il Fatto, su ‘Mafia Capitale’: “’La banda ha inquinato i risultati elettorali’”, “Regionali 2013, il clan Carminati & c. indagato anche per ‘reati elettorali’: si mobilitò per gonfiare le preferenze dei candidati ‘amici’. L’uomo chiave è Luca Gramazio di Forza Italia, che parla di ‘schede ‘da inserire’”.
A centro pagina, foto del presidente del Consiglio sotto il titolo: “L’Ue non si fida più: a marzo Renzi rischia”, “Dopo la Merkel, da Bruxelles l’Eurogruppo dice: ‘Gli sforzi per il pareggio di bilancio potrebbero non bastare’”.
In taglio basso anche il delitto del ragusano: “La mamma di Loris fermata per omicidio”, “Dopo 6 ore di interrogatorio. Ma non ha confessato”.
Il Giornale: “Il boss pagava gli show delle femministe chic”. “Il re delle coop sponsor delle serate di Dandini, Camusso & C. E la Boldrini applaudiva in platea”. “E l’uomo di Veltroni garantiva: ho agganci al Colle”.
A centro pagina la cronaca: “Loris, la mamma sotto torchio. Sospetti sempre più pesanti. Portata in Procura e interrogata per ore per chiarire le bugie. Sotto choc il paese. E il presunto amante querela tutti”.
In prima anche una intervista al cardinale honduregno Oscar Andrés Rodriguez Maradiaga, coordinatore del gruppo di nove porporati che da oggi si riunisce in vaticano: “‘Meno cardinali in ufficio , rivoluzione in Curia e Ior'”.
Il Sole 24 Ore: “I Btp passano il test del rating. Il declassamento italiano da parte di S & P non spaventa il mercato: i tassi scendono all’1,94, spread a 122”. “L’Eurogruppo chiede misure efficaci entro marzo. Padoan: nessuna manovra”.
Di spalla l’inchiesta su Mafia Capitale: “Riciclaggio, la pista del Lussemburgo. Fondi sospetti anche alle Cayman”.
Eurogruppo
Sul Sole 24 Ore si spiega che l’Eurogruppo “si è allineato” alla Commissione europea nel valutare i bilanci previsionali dei Paesi europei per il 2015. In inglese, si chiedono “effective measures”, che potrebbero essere necessarie. Nella dichiarazione i ministri mettono l’accento sugli impegni dell’Italia, sia in termini di finanza pubblica che di riforme economiche. La dichiarazione non parla di misure efficaci ma di misure addizionali”, e quindi “non chiede nuovi ed espliciti sforzi di finanza pubblica al governo”, a differenza del caso francese. Insomma: “l’Eurogruppo si è dimostrato più assertivo nei confronti della Francia che dell’Italia nel valutare il bilancio previsionale e il ritardo rispetto a quanto richiesto dal Patto di stabilità”.
Sotto: “Padoan: la Ue non ci chiede una manovra aggiuntiva”. Secondo Padoan il documento dell’Eurogruppo contiene anzi “un esplicito riconoscimento” allo sforzo messo in campo dall’Italia” e “uno stimolo ad accelerare l’agenda delle riforme”.
Anche sul Corriere: “L’Eurogruppo dei 18 ministri finanziari fa pressione su Matteo Renzi per convincerlo a fare di più nel risanamento dei conti pubblici, rispetto a quanto già indicato, in vista dell’esame della legge di Stabilità 2015, rinviato dalla Commissione europea al marzo prossimo”. Ieri il presidente Dijsselbloem ha ufficializzato che l’Italia, la Francia, il Belgio ed altri quattro Paesi rischiano di non rispettare i vincoli di bilancio Ue e dunque “dovrebbero attuare tempestivamente misure addizionali adeguate a fronteggiare i rischi identificati”, in modo da rispettare gli impegni su deficit e debito.
Su Il Giornale: “L’Italia resta nel mirino Ue: serve una manovra da 5 miliardi. L’Eurogruppo invia un messaggio chiaro: correggere il deficit e abbattere il debito. A marzo si rischia la procedura di inflazione. Ma Padoan frena: misure sufficienti”. Il quotidiano sottolinea che è soprattutto il livello del debito pubblico italiano a preoccupare l’Eurogruppo. “Sono tre anni che i vari governi italiani assicurano una riduzione del debito dello 0,7 per cento l’anno, attraverso le privatizzazioni. E di quei dieci miliardi attesi non sono entrati che spiccioli”.
Sul Corriere Massimo Franco scrive della “tentazione di Renzi”, che sarebbe quella di estendere il bonus di 80 euro a pensionati e autonomi e “impostare un piano triennale di investimenti sociali”. Un piano che costerebbe oltre 50 miliardi all’anno. Una “iniezione di denaro pubblico”, “a costo di una impennata della spesa del debito” per dare una scossa all’economia italiana.
La Repubblica: “Eurogruppo all’Italia: ‘Maggiori sforzi’. Padoan: ‘Non ci chiede manovra extra’”, “I ministri confermano il rinvio a marzo del giudizio sul nostro Paese e su Francia e Belgio. Berlino corregge il tiro: ‘Rispetto per le vostre riforme’”.
Su La Stampa, Tonia Mastrobuoni scrive del ministro delle Finanze tedesco: “L’ex falco si fa colomba. Schaeuble: ‘Notevole la riforma del lavoro’”. Lo ha detto entrando al vertice dell’Eurogruppo: “L’Italia ha approvato una riforma notevole sul mercato del lavoro”.
Sulla stessa pagina: “L’Ue: nel 2015 servono sei miliardi in più”.
La Repubblica: “Mancano all’appello 6-7 miliardi, ma Roma resta in trincea: ‘Altre misure sarebbero dannose’”.
E sullo stesso quotidiano compare un’intervista all’ex presidente del Consiglio ed ex commissario Ue Mario Monti, che dice: “Regole Ue sul deficit ormai poco credibili, cambiamo il Trattato per fare investimenti”, “Oggi si fa finta che le regole europee siano rispettate, ma non è così. Vi è una flessibilità che viene erogata discrezionalmente a seconda dei momenti e dei Paesi. Una migliore considerazione degli investimenti può aiutare anche a uscire da contraddizioni altrimenti destinate a minare la credibilità dell’Europa”. Sul piano Draghi: “Acquisti di titoli di Stato da parte della Bce? Giusti, ma non saranno il rimedio di tutti i mali”. Dice Monti: “In Europa ci piace pensare che le regole siano nel complesso rispettate, ma non credo si possa parlare di rispetto quando ci sono Paesi che anno dopo anno chiedono rinvii nel rispettare gli obiettivi e li ottengono senza difficoltà. Penso, quanto al Patto di Stabilità, alla Francia e alla Germania nel 2003 e, negli ultimi anni, alla Spagna, di nuovo alla Francia, al Belgio. O ancora alla Germania oggi per i limiti agli squilibri macroeconomici eccessivi”. Serve “migliorare alcune regole, in particolare considerando gli investimenti pubblici in modo più favorevole, sia pure a certe condizioni”.
Mafia capitale
La Repubblica intervista l’ex sindaco di Roma Gianni Alemanno. Nei giorni scorsi i media avevano parlato di valigie di soldi che avrebbe portato in più viaggi in Argentina: un particolare smentito dalla Procura stessa, come ricorda il quotidiano. Mai avuto conti all’estero? “Mai in vita mia. E anche la storia dell’Argentina, si capiva subito che era una colossale balla”, “Io non faccio parte del romanzo criminale, ne verrò fuori”. Si sente colpevole di qualcosa? “Di aver sottovalutato l’importanza della squadra in un compito di governo gravoso qual è fare il sindaco di Roma”, “ho sbagliato i collaboratori. Ma è capitato pure a Veltroni con Odevaine, che era il suo vice capo di gabinetto”. Ribadisce di non aver mai conosciuto Massimo Carminati: “anzi, pensavo fosse morto oppure in pensione”.
Su La Stampa il retroscena di Guido Rutolo: “Ma i pm avvertono: ‘Dalle intercettazioni anche millanterie’”. Scrive Ruotolo: “conoscendo il procuratore Giuseppe Pignatone, la strategia processuale degli inquirenti è molto chiara: ‘Contestare solo quello che siamo in grado di dimostrare’”.
Il “caso” raccontato sulla stessa pagina si occupa anche in questo caso di Gianni Alemanno, le cui dichiarazioni vengono così sintetizzate: “Avevo avvertito i miei di stare lontani da Carminati”. Dice Alemanno: “Difendo l’onore della destra romana, che è stata ed è fatta di tanti giovani che fanno un percorso di legalità, Carminati è più Banda della Magliana che politica e io non l’ho mai conosciuto”, “che era ancora in circolazione, l’ho letto sull’Espresso e così ho messo in guardia i miei collaboratori”.
Il Fatto: “Alemanno non vedeva, non sentiva e non parlava”, “Adesso dice di aver consigliato ai propri uomini di non avere contatti con Carminati. Eppure tutto il suo cerchio più stretto era in affari con lui”.
Su Il Fatto: “Renzi usa Mafia Capitale per riprendersi il partito”, “Alla ‘Leopoldina’ dei giovani democratici (un tempo opposizione interna) si presenta con maglione rosso-sinistra e difende Poletti: ‘Un selfie con Buzzi non è una tangente’”.
Su La Stampa: “Renzi: non lasceremo la Capitale ai ladri. Chi sbaglia paga”, “Il premier: linea dura, ma un selfie non è una tangente. Orfini ‘blinda’ Marino: se si vota lo ricandidiamo”.
Il direttore de La Repubblica Ezio Mauro, scrive nel suo editoriale: “Adesso che il cupolone del malaffare romano è scoperchiato, si scopre che le primarie erano truccate, che il tesseramento del Pd è infiltrato, che i criminali manipolano le elezioni comunali come gli allibratori con i cavalli”, “il governo Renzi non può affidare soltanto ad un’authority la lotta ad una corruzione introiettata da un sistema politico gregario. E’ la apolitica in prima persona che deve ribaltare metodi, uomini, abitudini e regole, partendo dalla selezione dei candidati, ad ogni livello, proseguendo col falò delle tessere fasulle, commissariando i territori compromessi”, “cominci il Pd, se la destra fa finta di niente, Sta qui la credibilità del cambiamento: da sola, la camicia bianca non basta”.
La Stampa intervista Marco Pannella, che dice: “Le infiltrazione erano note. Finalmente se ne sono accorti…”, “Il leader radicale: da anni denunciavamo le associazioni a delinquere”.
Su La Repubblica, pagina 10, la carte dell’inchiesta: ‘Ci stiamo comprando mezza Prefettura di Roma’”. Il 29 gennaio di quest’anno, Massimo Carminati parla con salvatore Buzzi dei possibili appalti del Centro richiedenti asilo (Cara) di Castelnuovo di porto e chiede: “Il Cara si muove?”. Con loro c’è anche Paolo Di Ninno, ritenuto il direttore finanziario dell’organizzazione, che chiede a sua volta: “La prefettura non doveva chiamò per firmà er caso?”. Buzzi fa presente che c’è un “grosso problema”, probabilmente uno dei contraenti per una condanna. Ma il problema sarebbe in via di risoluzione perché Buzzi afferma “se stamo a comprà mezza Prefettura”. Due mesi più tardi, Buzzi discute con Luca Odevaine (fino a una settimana fa componente del coordinamento per i rifugiati del Viminale) per organizzare un incontro con Gianni Letta e discutere dei progetti bloccati della cooperativa di Buzzi stesso, la ’29 giugno’: “allora gli si può chiedere a Pecoraro -il prefetto di Roma- che sbloccasse la situazione e Letta interverrà perché il filo c’è, se glielo dice lui si sblocca in un secondo”, dice Odevaine. E di nuovo è Odevaine a citare il sottosegretario Castiglione, che da presidente della Provincia di Catania aveva assunto il ruolo di subcommissario all’emergenza immigrazione. Si tratta dell’appalto per il Cara di Mineo: “Quando io ero andato giù, mi è venuto a prendere lui all’aeroporto, mi ha portato a pranzo”. E tr4a le conoscenze vantate da Buzzi c’è anche “una persona al Quirinale”.
Il Giornale si sofferma sul fatto che “quando c’è da sponsorizzare gli eventi culturali degli artisti organici al Pd il boss della Coop 29 giugno Salvatore Buzzi, quello che al telefono con Carminati dice ‘tu c’hai idea di quanto ce guadagno io sgul immigrati? Il traffico de droga rende meno'” (…) “rivela davvero un cuore d’oro”. E si citano le sponsorizzazioni di eventi contro il femminicidio, con Serena Dandini e di uno sui rifugiati con l’attore Giobbe Covatta. “La coop 29 giugno di Buzzi sponsor dello show della Dandini. Sul palco pure Camusso, De Gregorio &C. E la Boldrini applaudiva in prima fila”.
Un altro articolo: “Le consulenze d’oro che spaventano la giunta Zingaretti”. Si scrive che durante la presidenza del Pd Zingaretti in Regione Lazio sono “quasi raddoppiati i dirigenti esterni, e sono dicentati 63”: “Tutti piazzati in posti strapagati, con uno stipendio medio tra i 100 mila e i 180 mila euro all’anno e scelti attraverso bandi rigorosissimi – i cui vincitori venivano ampiamente anticipati dagli addetti ai lavori della Pisana – tra indagati e trombati alle elezioni del Pd”. Si cita l’ultima puntata di Report, “davvero un brutto colpo” per Zingaretti.
Mafia capitale: il 416 bis
Sul Foglio, l’editoriale di Giuliano Ferrara critica l’intervista di ieri a Giovanni Fiandaca su La Stampa: “Una strana intervista di Fiandaca, una stima troppo diffusa”. Fiandaca diceva che ha stima di Pignatone, il procuratore capo di Roma, e forse per questo “si è lasciato andare a un teorema troppo semplice per non attirare la nostra maliziosa attenzione. Ha detto che il carattere ‘mafia’ e ‘cupola’ attribuito alla rete corruttiva romana delle cooperative turbosolidali e dell’amministrazione capitolina, fra mala ‘de destra’ e operatori della redenzione ‘de sinistra’ alla fine delle fini, non gli sembra forzato, gli sembra che regga”. Ferrara scrive che la “stima per il dottore Pignatone è universale”, ma che “i suoi uomini potrebbero essere meno equilibrati”, e cita uno dei Pm, Luca Tescaroli, “che ha scritto molti libri per dimostrare editorialmente quello che giudiziariamente continuava a sfuggirgli”, ovvero l’esistenza di “mandanti e registi occulti dello stragismo, da identificare con il famoso uomo nero di nome Silvio Berlusconi”.
Sul “nodo giuridico del 416 bis” da segnalare un approfondimento del Sole 24 Ore, che cita il parere di Costantino Visconti, docente di diritto penale all’Università di Palermo ed autore di un saggio sulla materia dell’articolo 416 bis. Secondo Visconti nei “due livelli” rivelati dalla inchiesta romana, quello del “mondo di sotto” e quello del “mondo di sopra”, c’è l’intimidazione, che è “premessa necessaria per far comprendere la portata di questa inchiesta” ai fini del reato di associazione mafiosa. La novità è che in questa inchiesta non ci sono indagati calabresi, napoletani o siciliani. Il giurista spiega che la Cassazione ha recentemente ribadito che “occorre sempre e comunque dimostrare che il sodalizio disponga di una capacità effettiva di incutere timore e soggezione attorno a sé”, e che insomma i criminali si siano davvero avvalsi della forza dell’intimidazione, che costituisce il “connotato tipizzante del reato associativo”. E l’inchiesta romana secondo Visconti ha queste caratteristiche.
Politica
Il Giornale cita l’intervista di ieri a Roberto Giachetti su La Stampa, in cui faceva un appello a Renzi a non introdurre le preferenze nella nuova legge elettorale perché “rischiamo di espandere il marcio di Roma su scala nazionale”. Il Giornale sottolinea che i dubbi di Giachetti e di altri Pd “trovano ampio consenso nel campo dell’altro contraente del Patto'”, ovvero Berlusconi. E si cita Maria Rosaria Rossi, “fedele portavoce del Cavaliere”, che dice che lo scandalo di Roma dimostra “che le preferenze non risolvono il problema della selezione di una classe dirigente degna”.
Sul Corriere: “No alle preferenze. Berlusconi vuole rinnovare partito e candidati”.
Sul Sole 24 Ore: “Il caso Roma sembra fare da spartiacque anche nella partita sulla legge elettorale, spingendo il premier Matteo Renzi a blindare no dei punti cardine dell’intesa sull’Italicum siglata con Silvio Berlusconi: quello dei capilista bloccati con le preferenze solo per i secondi e i terzi in lista”.
Sul Corriere un lungo articolo è dedicato al Movimento 5 Stelle dopo l’assemblea organizzata da Pizzarotti a Parma. “Nogarin gela i dissidenti: io sto con Grillo. Svolta del sindaco di Livorno dopo l’assenza a Parma. Ma Pizzarotti tira dritto: ora un incontro unitario”. Le indiscrezioni – scrive il quotidiano – parlando di contatti e turbolenze tra Milano, Genova, Roma, Parma, Livorno, dopo l’open day di Parma.
Sul Giornale si legge: “Grillo in crisi anche online: a Battista e Di Maio più ‘mi piace’ di lui”.
Usa e Cia
Su La Repubblica Federico Rampini racconta il “rapporto shock sulle torture Cia” e l’allarme nel modo per gli americani. Potrebbe avvenire a breve la pubblicazione del primo rapporto ufficiale sulle torture della Cia, che “può scatenare rappresaglie”, come si teme a Washington.
Il Giornale scrive di un rapporto “potenzialmente esplosivo” sulle “brutali tecniche di interrogatorio della Cia dopo l’11 settembre 2001”. “Molti plaudono a questa iniziativa, ma cresce il timore che il documento possa innescare all’estero una nuova ondata di sentimenti antiamericani” e il Dipartimento di Stato Usa ha fatto rivedere le misure di sicurezza in ambasciate e postazioni militari Usa nel mondo. “Assist agli jihadisti: dossier sulle torture della Cia”, è il titolo del quotidiano.
Il Foglio: “A Washington comincia la resa dei conti con la Cia di Bush. La Casa Bianca teme che il report sulle torture scateni violenze nei Paesi arabi. I Servizi contro il Congresso. Ambasciate americane chiuse”.
Il Corriere spiega che il rapporto è di ben 6300 pagine, e che oggi verrà resa nota una sintesi, di circa 480 pagine. Il rapporto è stato sottoscritto solo dalla maggioranza democratica uscente del Senato, dove tra venti giorni si insedireà la nuova assemblea a maggioranza repubblicana, e contiene una “critica serata delle tecniche di interrogatori non convenzionali usate prima del 2009. L’agenzia federale di spionaggio si è sempre difesa sostenendo di aver informato l’autorità politica e di aver usato tecniche non ortodosse “solo quando indispensabili” per salvare vite umane. “Il documento nega che le cose siano andate in questo modo”. I repubblicani si preparano a divulgare un contro-rapporto di minoranza.
Russia, Ucraina
Sul Sole 24 Ore un articolo di Leonardo Maugeri si sofferma sulla “vecchia ossessione di Putin”, ovvero il tentativo di aggirare l’Ucraina sul gas”. Maugeri cita un suo incontro con il leader russo nel 2000 (Magueri era un alto dirigente Eni), e dice che in quella circostanza Putin disse che la Russia non poteva accettare che un Paese come l’Ucraina avesse un potere di ricatto formidabile dovuto al transito del gas nel suo territorio, né poteva accettare che Kiev “continuasse a rubare gas alla Russia prelevandolo dai gasdotti o non pagando le fatture dovute”. E in quella circostanza propose a Eni e Gazprom di lavorare insieme per costruire un nuovo gasdotto che aggirasse l’Ucraina, “l’idea di fondo che avrebbe ispirato sia il North Stream che il South Stream. “Il primo a restare sorpreso”, dice Maugeri, fu il capo di Gazprom. L’idea poi entrò in un “cono d’ombra”, ma oggi “l’Ucraina è destinata a rimanere un problema permanente per il modo in cui Putin considera il ruolo russo nel mondo, una “ossessione difficile da sopprimere”.
Su Il Giornale si legge che “i dicasteri chiave del nuovo esecutivo” ucraino sono stati “affidati a tre naturalizzati” per “combattere meglio Putin”, e “senza che nessuno gridi al golpe”. Al ministero delle finanze c’è Natalie Jaresko, “una ex funzionaria del Dipartimento di Stato americano trasformata in cittadina ucraina con un decreto d’urgenza che sembra non incuriosire nessuno”, mentre la poltrona di ministro dello sviluppo economico è finita ad Aivaras Abromavicius, “uno specialista di investimenti in mercati emergenti proveniente da quella Lituania pronta a rifornire Kievi di armi e munzioni”.
Da segnalare sul Sole 24 Ore: “Salvini in Russia: ‘Basta sanzioni'”. Il leader della Lega continua la sua “campagna di Russia”.