Il Corriere della sera. “La lettera europea sulle banche”. “Il no di Bruxelles alla linea ‘morbida’. Roma vuole svelare il carteggio. Mattarella riceve Cantone e Vegas. Patuelli (Abi): Berlino e Lisbona usano aiuti di Stato”.
A centro pagina: “Rai, sì alla riforma. Dal canone 420 milioni in più”. “Tutti i poteri a Campo Dall’Orto”.
E poi: “L’assalto contro l’Isis: riconquistata Ramadi”. “La città era da maggio nelle mani del Califfato”.
A fondo pagina: “Niente neve, sciatori artificiali o ciclisti?”. “Quest’anno è una strana montagna: a dicembre sono ancora possibili le ferrate”.
In prima anche un articolo sul caso Cucchi: “’Non fece la spia e fu picchiato’”.
L’editoriale è firmato da Michele Ainis: “La politica dei forni (più di due)”.
La Repubblica: “Banche, mossa Pd, ‘Serve l’inchiesta del Parlamento’”, “Etruria, le carte di Bankitalia: tutti i trucchi del direttorio”, “Passa la manovra, Renzi: pagheremo meno tasse”, “Dal Senato via libera alla riforma Rai: più potere all’ad”.
E “il retroscena” di Carmelo Lopapa sul caso banche: “Matteo: si indaghi sui premier passati”.
Sulle elezioni municipali a Milano, un appello di Gad Lerner: “Perché la sinistra rischia di cancellare a Milano il laboratorio di Pisapia”.
La rubrica “il punto” di Stefano Folli: “L’azzardo dell’Italicum”.
A centro pagina: “Il killer del giudice preso 32 anni dopo”, “delitto Caccia, smascherato a Torino: è stata la ‘ndrangheta”.
In prima anche un articolo di Federico Rampini: “Il grande patto Google-Ford: ‘nel 2020 l’auto senza pilota’”, “La Silicon Valley si allea con Detroit”.
In basso, “la storia”: “Il mistero di quei 46mila morti in più, così l’Italia torna al tempo della guerra”. Ne scrivono Michele Bocci e Chiara Saraceno.
“Il caso”: “Green economy, arriva la legge. Sigaretta in terra? Multa di 300 euro”.
A fondo pagina un articolo di Caterina Pasolini dà conto di una sentenza della Corte di Cassazione: “’Non è un diritto nascere sani’. No al risarcimento per il figlio down”.
Di spalla a destra, dalle pagine R2 cultura: “Kundera: ‘Dialogo con il mio traduttore’”, “Lo scrittore rievoca gli esordi: da Praga ai russi che non odio più”.
La Stampa: “Torino, dopo 32 anni una trappola incastra il killer di Bruno Caccia”, “Rocco Schirripa accusato dell’omicidio del Procuratore nell’83”, “Dalla polizia falsa lettera anonima per prenderlo”.
A questa notizia sono dedicati i commenti di Cesare Martinetti (“Ucciso perché aveva già capito”) e della figlia del procuratore, Cristina Caccia (“Solo un passo in direzione della verità”.
A raccontare “la storia” dell’omicidio Caccia, cui il quotidiano dedica le prime 5 pagine, sono Massimo Numa, Paolo Coccorese, Giuseppe Legato, Gianni Armand-Pilon, Marco Neirotti: “Il patto di ferro tra ‘ndrangheta e mafia catanese”, “Negli anni ’80 il magistrato cercò di fermare il salto di qualità della malavita”.
A centro pagina: “Banche, arriva la commissione”, “Il Pd propone un’inchiesta parlamentare”, “Mattarella vede Cantone e Vegas”.
Sulla legge di stabilità: “Ok alla legge di Stabilità da 35 miliardi. Renzi: adesso giù le tasse”, “Il governo incassa la fiducia al Senato. Dal canone Rai alla casa: cosa cambia”.
Di spalla a destra: “Migranti, arrivi record: un milione in Europa”, “Nel 2015, metà dalla Siria”.
Da segnalare anche, da Israele, un’intervista di Maurizio Molinari allo sceicco Raed Salaj Abu Shakra, leader del Movimento islamico del Nord: “Il leader islamico: ‘Libereremo Gerusalemme’”.
A fondo pagina, sulla festa del Natale: “Quel posto in più al tavolo della festa” (di Enzo Bianchi) e “Babbo Natale sulle spalle dei bambini” (di Enrica Tesio).
In prima, con foto del “Falcon 9” decollato da Cape Canaveral: “L’ultima magia nello spazio: il razzo torna in retromarcia”, di Giovanni Bignami.
Il Fatto: “Renzi si è preso anche la Rai”, “Il Caimanino. È legge la ‘riforma’ della tv pubblica che dà pieni poteri all’Ad”, “Il fido Campo Dall’Orto potrà piazzare chi vuole il premier ai tg e alle reti”, “Cambia la governance dell’azienda di Stato: pieni poteri al nuovo uomo solo al comando scelto dal Matteo. Protestano Fnsi e Usigrai: ‘Colpo all’autonomia del servizio pubblico’”.
E il quotidiano intervista il direttore del Tg La7: “Enrico Mentana: ‘E se l’avesse fatto Berlusconi?’”.
Più in basso, con foto del ministro dello Sviluppo economico Federica Guidi: “Il ministro lo fa papà Guidi: le nomine arrivano per telefono”, “I segreti del potere. L’avvocato della Lega commissario di GeoAmbiente”, “Nell’inchiesta Breakfast di Reggio Calabria le conversazioni tra il capofamiglia Guidalberto e Aiello, fedelissimo di Maroni, con la proposta di incarico. Poi la figlia Federica ratifica e firma il decreto”. Di Marco Lillo.
Sul caso banche: “Etruria & C: i banchieri che ci guadagneranno”,“Crac e squali. 2 miliardi ai soliti noti”.
E un articolo sul procuratore di Arezzo Roberto Rossi: “Csm, sempre più nei guai il pm di Arezzo consulente del governo”.
Sotto la testata: “Assassinio Caccia, in manette il killer venuto dal 1983”, “Il trabocchetto. Arrestato grazie a una finta lettera anonima”.
Da Parigi, un articolo di Luana De Micco: “Le Pen, nuovi guai: ‘60% del patrimonio non è dichiarato’”, “Adesso Marine rischia l’ineleggibilità”.
L’editoriale del direttore Marco Travaglio è dedicato all’annuncio di Sandro Bondi e della compagna Manuela Repetti di un loro ingresso nel gruppo dei verdiniani alla Camera: “Passerotto non andare via”.
Il Giornale apre con l’editoriale di Alessandro Sallusti: “Rai, la tassa per pagare Telematteo”. Accanto, due articoli e due foto: una per Renzi “finto patriota” durante la sua missione in Libano (“Tutte le caporetto del caporale Renzi”), l’altra per Sala che saluta a pugno chiuso, “nuovo comunista”: “Il pugno chiuso del voltagabbana”.
A centro pagina: “La convivenza impossibile. Islam: in galera chi festeggia il Natale”. Si parla del sultanato del Brunei che “mette la festività fuorilegge”.
Il Sole 24 ore: “La manovra è legge: meno tasse, più deficit”. “Stop all’Imu sulla prima casa e sconti per chi investe”. “Il Senato vota la fiducia: disco verde definitivo. Ora il test europeo”.
Di spalla il quotidiano pubblica una intervista di Giovanni Minoli a Marco Tronchetti Provera, ceo di Pirelli “Prospetti più chiari sui rischi dei bond delle banche”.
Sotto: “Etruria, rischi già nel 2013”. “Il Csm convoca il Pm Rossi”.
In evidenza anche la riforma della Rai: “Cda snello e poteri al ceo”.
A centro pagina un’altra intervista: “’Meccanici, spazio al welfare in azienda’”. “La proposta di Federmeccanica ai sindacati: nel contratto nazionale salario minimo di garanzia”. “Storchi: da assistenza sanitaria e formazione più benefici rispetto agli aumenti lordi”.
Il killer di Caccia
Ieri, in seguito ad un’inchiesta della Procura di Milano, è stato arrestato Rocco Schirripa, 64 anni, con l’accusa di esser stato l’autore dell’omicidio del Procuratore di Torino Bruno Caccia, il 26 giugno del 1983 a Torino.
La Stampa, pagina 2: “Il killer del procuratore Caccia arrestato dopo trentadue anni”, “Una lettera anonima e una spia elettronica nei telefonini ‘incastrano’ Schirripa, ‘ndranghetista’ che confessa. Temeva di essere scoperto per mano di un pentito”. Massimo Numa spiega l’escamotage adottato dagli investigatori: a settembre inviano a cinque pregiudicati calabresi una lettera anonima. C’è il presunto killer, Rocco Schirripa, i fratelli Domenico, Giuseppe e Salvatore Belfiore e Placido Barresi. Legati alle cosche radicate da decenni in Piemonte. Tutti, in qualche modo, sono da anni sospettati di aver fatto parte del gruppo di fuoco che uccise Caccia, uscito a passeggio con il cane, senza scorta, la sera del 26 giugno 1983. La busta bianca a loro inviata, con gli indirizzi scritti con il normografo, contiene la fotocopia di un articolo de La Stampa datato 5 marzo 1987 con il titolo “delitto Caccia, scoperti i quattro mandanti”. E sul retro, scritto con il normografo: Se parlo io, andate tutti alle Vallette. Esecutori: Domenico Belfiore e Rocco ‘Barca Schirripa’. Mandanti: Placido Barresi, Giuseppe e Sasà Belfiore”. Tutti, appena letta la lettera, la strappano. Gli investigatori, utilizzando uno spyware nel loro telefonino, recepiscono le conversazioni fra loro. E il quotidiano cita alcune delle frasi captate. “Chi me lo ha fatto fare”, dice Schirripa. L’amico Barresi, coinvolto nel delitto e poi assolto: “Hai fatto trent’anni liberi e ne farai altrettanti…”. Schirripa: “Chi ha parlato lo tolgo di mezzo”.
Al “personaggio” di Rocco Schirripa detto “Barca” è dedicato un articolo sulla stessa pagina: “’Barca’, quel soldato di periferia col fantoccio del padrino in giardino”, La figlia era fidanzata con il nipote di un superboss”.
A pagina 3, “l’inchiesta”: “’Cercate chi ha parlato’. Così i boss si sono traditi”, “Nelle intercettazioni dei boss la paura di essere stati scoperti. ‘Quelli in Calabria sapevano, ora non facciamo errori’”.
“Quel giudice che aveva capito tutto”, è il titolo di una ricostruzione firmata da Marco Neirotti: “Nella Torino criminale degli anni ’80 ‘ndrangheta e clan dei catanesi in guerra. Caccia intuì dalle indagini sul riciclaggio che la mala stava facendo il salto di qualità”.
E Paola Italiano intervista Marcello Maddalena, Procuratore generale di Torino, che lavorò con Caccia e dice: “da quell’omicidio scoprimmo che le mafie erano già forti”, “Allora c’era percezione della presenza nel gioco d’azzardo e nel contrabbando. Poi, sono arrivate la droga e le estorsioni”.
Da segnalare in prima anche un commento di Cesare Martinetti (“Ucciso perché aveva già capito”) e un intervento della figlia Cristina Caccia (“Solo un passo in direzione della verità”).
Su La Repubblica, alle pagine 16 e 17: “Il killer del giudice Caccia incastrato da una lettera anonima 32 anni dopo”, “Torino, in manette un panettiere affiliato alla ‘ndrangheta. La missiva inviata dalla polizia, poi si è tradito da solo:’Non ci dormo più la notte’. Boccassini: diede lui il colpo di grazia”.
Del personaggio di Rocco Schirripa scrive Piero Colaprico: “E Rocco il muto disse ai boss: ‘Non sono stato io a parlare’”.
A pagina 17 un’intervista alla figlia del procuratore Caccia, Paola: “Mio padre e la pista casinò, i veri mandanti nell’ombra”, “Indagava sul riciclaggio di denaro e le complicità nelle banche”.
Su Il Fatto, due pagine dedicate al caso. Pagina 11: “I trent’anni tranquilli del padrino-panettiere”. E il quotidiano intervista Paola Bellone, magistrato onorario, che da anni studia gli atti dei processi istruiti dal capo della procura assassinato: “’Dietro le cosche un livello superiore”. Nella seconda sentenza con cui Belfiore fu condannato c’era – secondo Bellone – un capitolo sulle relazioni pericolose sui suoi legami con i magistrati. Quando Caccia divenne procuratore capo-dice la Bellone- alcuni pm se ne andarono perché lui era “inflessibile”.
A pagina 11 un intervento di Giancarlo Caselli, che pure lavorò con Caccia: “Era accanito contro le mafie. Ma Torino lo ha dimenticato”.
Sul Giornale Vittorio Feltri: “Ma la giustizia ‘ meglio tardi che mai’ è ancora giustizia?”. Feltri si chiede “come mai per decenni l’omicida (ammesso e non concesso che le accuse siano fondate) anziché in galera ha trascorso la propria esistenza sfornando pane?”. “Ci auguriamo di non trovarci di fronte a un altro errore giudiziario”. Feltri scrive che non è sua intenzione impegnarsi in una difesa d’ufficio dell’arrestato ma “è opportuno domandarsi cosa sia successo dal 26 giugno 1983”, anche perché “non sarà facile incastrare con prove inconfutabili Rocco Schirripa, personaggio non limpido e con alle spalle un carrierone da ‘ndranghetista”.
Etruria, Banche
Sul Corriere, Federico Fubini e Lorenzo Salvia scrivono che il governo potrebbe pubblicare il carteggio con la Commissione europea in cui l’esecutivo proponeva un decreto per “salvare” le quattro banche “al capolinea” (con Etruria anche CariFerrara, CariChieti e Banca Marche) usando il fondo interbancario mentre i commissari a concorrenza e stabilità Vestager ed Hill “bocciano senza appello” l’ipotesi. “Alla fine il governo sembra orientato verso lo strappo”, scrive il quotidiano. Il governo italiano sostiene che il fondo interbancario, essendo alimentato dalle banche, è privato e dunque un suo utilizzo non configurerebbe un “aiuto di stato”. L’Europa risponde che se lo Stato prende quei soldi e dispone dove debbano andare attraverso un atto di legge attua comunque un aiuto di Stato. Hill e Vestager “dosano ogni parola perché sanno che il rischio di ricorsi legali contro di loro è sempre presente” e sostengono che “esiste una giurisprudenza della Corte di giustizia europea a sostegno della loro posizione”. Dunque il governo alla fine decide di varare il decreto con l’unico strumento consentito: il Fondo di risoluzione europeo, pure alimentato dalle banche, che esclude azionisti e obbligazionisti subordinati. Se avesse aspettato fino al 2016 l’Italia avrebbe dovuto penalizzare anche gli obbligazionisti ordinari e i correntisti oltre i 100 mila euro di depositi. La tentazione di pubblicare la lettera di Bruxelles “è forte”, scrive il Corriere: pare che ieri sera si fosse deciso di metterla sul sito del ministero dell’Economia. “Infrangere la riservatezza del carteggio può senz’altro aiutare Matteo Renzi nelle polemiche sulle banche che divampano in queste ore” ma “neanche il premier sa quanto dovrà aspettare” prima “che altri dall’Europa abbiano voglia di scrivere di nuovo a lui”.
La Repubblica, pagina 2: “Banche, mossa del Pd, ‘Subito un’inchiesta in Parlamento’”, “Oltre quaranta democratici firmano la proposta di legge. Mattarella vede Cantone e Vegas”. A firmare la proposta di legge per l’istituzione di una commissione di inchiesta è stato Andrea Marcucci, senatore toscano “vicinissimo al premier”. E il quotidiano lo intervista: “Bisogna fare luce, troppi risparmiatori sono stati danneggiati”.
Sulla stessa pagina “il retroscena” di Carmelo Lopapa sull’atteggiamento adottato dal presidente del Consiglio sulla proposta di istituzione di una commissione di inchiesta: “Il via libera del premier dopo gli attacchi: ‘Ma ora si indaghi sugli ultimi venti anni’”, “L’ira della Banca d’Italia sull’iniziativa dei dem: così ci umiliano, ci trattano come Sindona”, “Il capo dello Stato: è materia parlamentare. Il governo lavora a due decreti per i rimborsi”.
La Stampa, pagina 6: “Banche, inchiesta parlamentare”, “proposta Pd su input di Renzi. Mattarella vede Cantone e poi il presidente Consob”.
E si riferiscono le parole dello stesso Vegas: “Errori sui bond? Non da parte nostra”, “La colpa è di chi non legge i prospetti”.
A pagina 7 il “retroscena” di Gianluca Paolucci: “Quei bond a rischio venduti alle famiglie rendevano meno dei titoli di Stato”, “Le manovre dei quattro istituti falliti sotto gli occhi di Bankitalia e controllori”.
Il Fatto, pagina 5, articolo di Stefano Feltri: “La Consob teme di diventare il capro espiatorio”, “Scaricabarile. Vegas prova a salvarsi”, “Il Quirinale ha chiarito che Bankitalia non va criticata ma resta scettico sul ruolo dell’Autorità di Cantone” (l’Anticorruzione, cui dovrebbero essere affidati gli arbitrati, ndr.).
Su La Repubblica, pagina 6: “Prestiti a clienti a rischio e audit interni aggiustati, così un gruppo di manager ha sbancato l’Etruria”, “Nelle carte di Bankitalia i metodi usati dalla cerchia di Rosi e Boschi per comandare alle spalle del cda. Impedita la discussione della fusione con Vicenza”, di Fabio Tonacci da Arezzo.
Il Fatto: “Esproprio da 2 miliardi ai clienti di Etruria & C.”, “Spolpati. Azzerare i risparmi di obbligazionisti e piccoli azionisti è stata una scelta deliberata realizzata grazie alla valutazione dei ‘crediti deteriorati’. Ecco le prove”. Di Giorgio Meletti.
E a pagina 6, ancora sul procuratore di Arezzo che coordina l’indagine sul caso Etruria, Roberto Rossi: Etruria, sotto esame al Csm il rinnovo dell’incarico al pm”, “Il procuratore di Arezzo difende la consulenza per il governo: ‘Solo pareri tecnici’. Il vicepresidente Legnini: ‘Nomina legittima, da verificare eventuali incompatibilità successive’” (Rossi ha ottenuto una consulenza nel 2013, con il governo Letta. Poi gli è stata prorogata nel 2014 e nel 2015).
E il quotidiano intervista Aldo Morgigni, consigliere del Csm di “Autonomia e Indipendenza”: “Regole chiare: evitare ogni interferenza”.
Sul Corriere (“Le spese pazze dell’Etruria”) si parla di stipendi, rimborsi e compensi esterni a Banca Etruria . Per esempio “all’ex presidente Giuseppe Fornasari hanno pagato gli avvocati, nonostante il reato di cui era accusato fosse legato al dissesto dell’istituto” e “ai manager che lasciavano l’incarico hanno assegnato ‘buonuscite’ da oltre un milione di euro”. Anche di questo dovranno rispondere i componenti del cda in carica da maggio 2014. Il quotidiano scrive anche che pochi giorni dopo la nomina il cda approva un documento che prevede un taglio del 20 per cento dei compensi del presidente e dei due vicepresidenti ma “non accade nulla e anche questa è adesso materia di contestazione. Secondo gli ispettori, questo dimostra infatti che non è stato rispettato ‘il dichiarato intento di voler rappresentare un punto di discontinuità nella vita aziendale’”.
Ancora sul Corriere una intervista ad Alfredo Berni, in Popolare Etruria dal 1971, è stato direttore generale e poi vicepresidente vicario “nei dieci caldissimi mesi prima del commissariamento”. Dice che c’erano problemi anche per i crediti clientelari concessi e per i miliardi di sofferenze ma “l’operazione che ha ammazzato” è stata l’aumento al 66 per cento della copertura delle sofferenze “per farci azzerare il patrimonio e giustificare il commissariamento”. “Qui credo che ci sia stata una componente di vendetta perché loro volevano che andassimo con Zonin” (Popolare Vicenza) per coprire i problemi della Vicenza, ignorati dal 2001”. Parla di “fallimento pilotato e premeditato”. Berni dice che anche lui ci ha rimesso parecchi soldi (quasi 900 mila euro) in titoli. Di Fornasari, presidente della Banca, dice che “da vecchio politico Dc forse ha utilizzato qualcuno per avere qualche corridoio a Bankitalia” e che “non è piaciuto”. Ma “era lui che per la Dc faceva le nomine bancarie 25 anni fa”.
Sul Giornale si torna sulla vicenda delle crisi delle coop di consumo Cooperative Operaie e Coop Carnica in Friuli: “Nessuno qui, è sceso in piazza a manifestare. Nessuna delegazione grillina ha guidato una protesta sotto Montecitorio con al collo la cifra dei risparmi perduti. Il popolo coop ha pianto nel silenzio per mesi, soffocando la rabbia nella ‘vergogna di essere finito sulla soglia della povertà’”.
Rai
Sul Sole è Marco Mele a spiegare la riforma Rai: intanto si applicherà al nuovo cda, dal 2018. Ma il servizio pubblico “avrà da subito un amministratore delegato: l’attuale direttore generale, Antonio Campo Dall’Orto”. Con le nuove regole “l’esecutivo in carica proporrà, attraverso l’assemblea dei soci, il nome dell’amministratore delegato al cda, deciderà direttamente la nomina di due consiglieri su sette, manterrà la proprietà delle azioni Rai e detterà gli indirizzi, d’intesa con l’Agcom, del contratto di servizio quinquennale della Rai, compito a cui finora era estraneo. Il cda potrà revocare il mandato dell’amministratore delegato, sentita l’assemblea dei soci. Saranno ridefiniti e ridimensionati i poteri del presidente e del consiglio di amministrazione, nominato per l’ultima volta, a luglio, con la legge Gasparri, una volta recepita la legge nello statuto della Rai, intorno alla fine di gennaio”. Forza Italia denuncia “profili di incostituzionalità nella nomina di un amministratore delegato con pieni poteri nominato dall’esecutivo”. Critici anche i sindacati dei giornalisti. Insieme alla riforma della governance sono arrivate anche, con la legge di Stabilità, le risorse del canone “con la previsione di un importo fisso versato alla Rai sino al 2018, circa un miliardo e 650 milioni, depurato del 5% ma aumentato del 50% di quanto oltrepasserà tale cifra nel 2016. Percentuale che scende al 30% nel 2017 e nel 2018”. Previsto anche un “piano per la trasparenza” che i vertici Rai dovranno varare per rendere pubblici “gli stipendi lordi di tutti i dirigenti della Rai e dei suoi amministratori e dei ‘non dipendenti’ che superano i 200mila euro annui, giornalisti inclusi, ma star artistiche escluse”.
Lo stesso quotidiano intervista il sottosegretario alle Comunicazioni che ha seguito la riforma, Antonello Giacomelli: “La Rai da oggi è più azienda”. “Vogliamo sintonizzare la Rai verso le istituzioni e non verso i partiti. La missione dev’essere quella di interpretare il Paese, non di essere la sommatoria di visioni particolari”.
Sul Giornale l’editoriale è firmato da Alessandro Sallusti: “TeleRenzi è la seconda fase, temo non l’ultima, di quel processo di sospensione della democrazia innescato da Napolitano”. Si legge che “un Parlamento dichiarato illegittimo dalla Corte Costituzionale” ha nominato Renzi (mai eletto) come presidente del Consiglio. Renzi ha “chiuso il Senato e cambiato a colpi di maggioranza” la legge elettorale. “Per completare l’opera – la storia delle dittature insegna – mancava la presa della tv pubblica per controllare informazioni, coscienze, costumi”.
Milano
Ieri la Repubblica intervistava Giuseppe Sala, che ha sciolto la riserva e si candiderà alle primarie a Milano, sottolineando che il Pd è il suo partito di riferimento.
Oggi il quotidiano intervista Pierfrancesco Majorino, che è assessore della giunta Pisapia ed è stato il primo ad insistere per le primarie: “Il più a sinistra sono io, mi ispiro a Ken il Rosso. Nessun patto con Sala”, “È da mesi che mi propongono di tutto per non farmi candidare. Ma io vado avanti con decisione”, Fossi in Renzi, proporrei a Pisapia, una delle figure più belle del centrosinistra, di fare il presidente del Pd”.
Su Il Fatto: “Sala raddoppia: da candidato Pd resta uomo Expo”, “Il commissario posticipa di un mese la scadenza delle sue cariche nella Spa: farà campagna elettorale stipendiato dall’Esposizione”, scrivono Gianni Barbacetto e Marco Maroni.
Su La Repubblica, una lettera di Gad Lerner: “Attenti, stanno boicottando il laboratorio milanese”.
Sul Giornale si parla del “pugno chiuso del voltagabbana”. “Mr Expo ufficializza la candidatura a sindaco di Milano con il Pd. ‘Sono di sinistra’. Ma era l’uomo della Moratti”. Il quotidiano ricorda il suo ruolo di city manager del capoluogo lombardo durante la sindacatura di Letizia Moratti.
Metalmeccanici
Sul Sole una intervista a Fabio Storchi, presidente di Federmeccanica, impegnata in questi giorni nelle trattative sul rinnovo del contratto dei metalmeccanii. “La ricchezza va distribuita là dove essa viene generata. Cioè nell’impresa. La ricchezza va distribuita soltanto dopo che essa è stata effettivamente generata. La contrattazione di secondo livello va estesa”. Nella sua proposta Federmeccanica propone un “salario minimo” e aggiunge “novità sul welfare e sull’assistenza sanitaria”. Nella proposta si “garantisce il minimo salariale e si sviluppano nuove iniziative, come l’assistenza sanitaria e la formazione, che danno benefici superiori rispetto agli aumenti lordi. Con il vecchio modello i lavoratori si ritrovano salari reali inferiori a quelli dei loro colleghi europei e gli imprenditori gestiscono aziende con costi industriali maggiori rispetto a quelli dei loro concorrenti degli altri Paesi. C’è qualcosa che non va”. Le trattative riprendono il 21 gennaio.
Anche sul Corriere: “Federmeccanica: sanità e salari legati ai risultati. La proposta sui contratti. Gli industriali: recupero dell’inflazione solo sotto i minimi”. Dove si legge che più che di riforma del contratto si dovrebbe parlare di “riforma della contrattazione” visto che l’associazione presieduta da Storchi propone un modello contrattuale nuovo.
Cucchi
Il Corriere offre novità sul caso Cucchi e parla di una “testimonianza chiave di un detenuto di cella del 31enne romano, sentito dal pm Musarò nella inchiesta bis” sulla morte del giovane. “Ai militari-investigatori che cercavano informazioni sulla droga venduta (provenienza, fornitori, nascondigli), il trentunenne morto dopo una settimana di reclusione oppose un silenzio che potrebbe essere la causa delle percosse. Lo ha rivelato un nuovo testimone, ascoltato per la prima volta dalla Procura di Roma nel novembre 2014: Luigi L. ha 46 anni, è un ex detenuto che incontrò il geometra (tossicodipendente-spacciatore) nel centro clinico di Regina Coeli all’indomani dell’arresto; a confidargli la ragione delle botte, dice, fu proprio Stefano”. Il detenuto riferisce: “Io in passato ho avuto diversi problemi con la polizia penitenziaria, per cui dissi al Cucchi che se era stata la Penitenziaria a ridurlo in quelle condizioni noi avremmo fatto un casino… Cucchi mi rispose che era stato picchiato dai carabinieri all’interno della prima caserma da cui era transitato nella notte dell’arresto. Aggiunse che era stato picchiato da due carabinieri in borghese, mentre un terzo, in divisa, diceva agli altri due di smetterla”. A rendere credibile la testimonianza il riferimento ai due carabinieri in borghese, “svelato solo dalle nuove indagini; i due in borghese non comparivano nemmeno nei verbali d’arresto, non erano stati interrogati durante la prima inchiesta né al processo, e ora sono fra i nuovi indagati”.
Spagna
Sul Sole: “Rajoy tende la mano ai socialisti. Appello ai rivali storici per la stabilità e la governabilità del Paese dopo il voto”. “Il premier uscente riceverà un mandato esplorativo dal re ma per un esecutivo, anche di minoranza, serve il via libera di Sanchez”. Si ricorda che Sanchez una settimana fa aveva definto “indecente” la candidatura di Rajoy alla Moncloa e che ieri “i suoi fedelissimi hanno fatto sapere che non aiuteranno Rajoy. Ma la trattativa, per quanto improbabile, non sembra essere esclusa del tutto”.
Sul Giornale viene intervistato Fernando Garcia Sanz, storico. Dice che il futuro del suo Paese è “nebuloso”, che è possibile anche un ritorno alle urne se non si riuscirà a formare un governo di minoranza e che a rischiare di più sono i socialisti che “con queste votazioni hanno raggiunto il minimo storico”: se si alleano con Rajoy “rischiano una figuraccia”, “allearsi con Podemos non basterebbe”, dovrebbe allearsi anche con gli indipendentisti e rischierebbe di sparire di scena. Rajoy ha pagato “la corruzione, gli scandali che ci sono stati nel suo partito” ma “a votarlo sono stati sette milioni di spagnoli”, “la sua carta vincente è stata la marcia economica”. Podemos: “Non mi piacciono, sono una sorta di riciclaggio, in tanti provengono dal comunismo e pensano di essere moderni e innovativi”.
Sul Corriere un reportage dopo il voto in Spagna firmato da Aldo Cazzullo: “L’indipendenza catalana primo scoglio di Podemos”. Si parla di Barcellona dove “vince Podemos contrario alla secessione (ma per un referendum)”.
Russia
Sul Corriere si parla di uno sondaggio realizzato da Ipsos per conto di Ispi e Rainews sulle preoccupazioni degli italiani, in cui si parla anche di Putin: “Piace agli italiani l’interventismo di Putin. La Russia è considerata “il Paese più influente sugli equilibri mondiali” dal 66 per cento degli intervistati (più dell’Europa e degli Stati Uniti) e Putin è considerato “il personaggio più influente” dal 28 per cento degli intervistati. Obama è al 27 per cento e Putin lo “sorpassa clamorosamente” rispetto all’anno scorso, quando il presidente Usa era al 40 per cento.
Sul Sole: “Due sfide per Putin: riforme e petrolio”. “È sempre più difficile per la Russia adeguare i conti pubblici ai prezzi del greggio”.
Iraq, Israele
Sul Corriere: “Battaglia in Iraq, Ramadi strappata all’Isis”, “le forze governative entrano nella città strategica”. Intanto ieri a Baghdad è arrivato il presidente del Senato Grasso per una visita al contingente italiano che oggi si concluderà a Erbil.
Alla stessa pagina il quotidiano torna ad occuparsi della diga di Mosul con un reportage di Lorenzo Cremonesi: “’Italiani? Siete benvenuti ma mandateci più armi’”.
Su La Stampa, pagina 12: “Assalto a Ramadi, l’Isis messo all’angolo”, “Truppe irachene sostenute dagli addestratori Usa entrano nel centro della roccaforte sunnita”, “All’offensiva hanno partecipato 15 mila uomini di Baghdad, milizie sciite e tribù locali. Uno schema che potrebbe riproporsi per riconquistare Mosul”. A firmare l’articolo è Giordano Stabile.
Sulla stessa pagina, intervista di Maurizio Molinari a Raed Salah Abu Shakra, leader del Movimento islamico: “’Noi arabi-israeliani in prima linea per i luoghi sacri di Gerusalemme’”, “Il leader del Movimento islamico condannato a undici mesi di carcere. ‘Ci ispiriamo a Erdogan, non all’Isis, l’occupazione israeliana deve finire’”.
Su La Repubblica, pagina 19: “Is e Ue, la regina sorprende gli inglesi”, “Nel discorso di auguri Elisabetta pronta a inviare un ‘messaggio coraggioso’”, scrive Anna Lombardi da Londra.
Sulla stessa pagina, il reportage di Giampaolo Caladanu da Baghdad: “Il Natale di Baghdad: ‘Noi cristiani tra le bandiere nere ma resisteremo’”, “le feste senza luci dei fedeli minacciati da violenze e islamizzazione. L’angoscia del patriarca caldeo Sako: ‘Vogliono allontanarci, qui il nostro futuro è oscuro’”.